In caso di ritardo da parte della amministrazione appaltante, l’appaltatore ha solo diritto di ottenere, previa iscrizione di riserva, il compenso per eventuali maggiori oneri derivanti dal ritardo ma non è legittimato a recedere unilateralmente dal contratto stesso.
Il caso. La ditta xx, aggiudicataria di lavori per la demolizione di fabbricati abusivi, conveniva in giudizio il Comune di yy, committente dei lavori, per sentire dichiarato risolto il contratto di appalto per grave inadempimento dell’Amministrazione appaltante che aveva ritardato la consegna dei lavori. Si costituiva in giudizio il Comune di yy, contestando la fondatezza dell’assunto attoreo e denunciando, a sua volta, l'illegittimo comportamento della società attrice che aveva determinato la risoluzione del contratto e la necessità di effettuare una nuova gara per l'aggiudicazione dei lavori con prezzi maggiorati e ritardi nella disponibilità dei suoli occupati. Si applicano le norme di diritto privato. La Prima sezione Civile del Tribunale di Salerno, nella sentenza depositata il 2 febbraio scorso, ha preliminarmente osservato come l’appalto di opere pubbliche costituisce, per la pubblica amministrazione, attività di diritto privato, in quanto la stessa non interviene come autorità ma come parte del contratto, senza che sulla natura di tale attività abbia influenza la normativa speciale vigente c.d. codice degli appalti . Pertanto, l’accertamento di eventuali condotte di inadempimento posto in essere dalle parti, deve essere condotto alla stregua delle norme di diritto privato. L’Amministrazione non avrebbe dovuto consegnare in ritardo i lavori. Nella specie, ha rilevato il Tribunale, è indubbio che costituisse preciso obbligo per la stazione appaltante di procedere nei termini previsti alla consegna dei lavori, termine questo che contrassegna il momento nel quale viene conferita all’appaltatore la disponibilità dell’area. Il ritardo nella consegna dei lavori aveva integrato mora credendi a carico dell’Amministrazione, in quanto è obbligo del creditore di cooperare con il debitore della prestazione perché questa possa essere realizzata nei termini convenuti. L’appaltatore non aveva comunque il diritto di risolvere il contratto. Il ritardo nella consegna dei lavori, secondo anche quanto prevede l’articolo 10 del capitolato generale approvato con il d.P.R. numero 1063/62, non conferiva, peraltro, all'appaltatore il diritto di risolvere il rapporto, né quello di avanzare pretese risarcitorie, attribuendogli, per converso, la sola facoltà di presentare istanza di recesso dal contratto, al mancato accoglimento della quale sarebbe conseguito l'insorgere di un diritto al compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo. La mancata presentazione dell’appaltatore alla consegna dei lavori aveva integrato, a sua volta, una condotta inadempiente, incidente direttamente sull’esecuzione del contratto di appalto. Nel caso di specie, infatti, la manifestazione di recesso inviata dall’appaltatore al Comune committente non era stata accettata dal committente che aveva invitato in due circostanze l’appaltatore a presentarsi per la consegna dei lavori, senza che questi aderisse all’invito. Tale comportamento dell’appaltatore aveva legittimato, secondo il Tribunale, la risoluzione del contratto per suo inadempimento. La decisione di merito è conforme alla giurisprudenza della Cassazione. La sentenza del Tribunale di Salerno, depositata il 2 febbraio scorso, è in linea con l’orientamento della Suprema Corte, secondo cui «negli appalti pubblici regolati dal capitolato generale approvato con il d.P.R. numero 1063 del 1962, la consegna dei lavori costituisce obbligo dell'Amministrazione appaltante, il cui inadempimento, però, è disciplinato in modo diverso rispetto alle norme del codice civile, nel senso che non conferisce all'appaltatore il diritto di risolvere il rapporto né con domanda ai sensi dell'articolo 1453 cod. civ., né a seguito di diffida ad adempiere ai sensi dell'articolo 1454 cod. civ. , né di avanzare pretese risarcitorie, ma gli attribuisce, invece, in base alla norma speciale dell'articolo 10 del capitolato generale cit., la sola facoltà di presentare istanza di recesso dal contratto, al mancato accoglimento della quale consegue il sorgere di un diritto al compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo sicché il riconoscimento all'appaltatore di un diritto al risarcimento può venire in considerazione solo se egli abbia preventivamente esercitato tale facoltà di recesso, dovendosi altrimenti presumere che abbia considerato ancora eseguibile il contratto, senza ulteriori oneri a carico della stazione appaltante. cfr. Sez. I, sent. numero 2148 4 /04 ».
Tribunale di Salerno, sez. I Civile, sentenza 13 gennaio – 2 febbraio 2012 Giudice Di Stasi Fatto e diritto Con atto di citazione notificato in data 19/02/1997, la S.r.L. Elettrica Salernitana, esponendo che a seguito di trattativa privata con contratto del 05/02/1996 repertorio numero 3787 le venivano affidati in appalto dal Comune di Eboli i lavori di demolizione di numero 48 manufatti abusivi realizzati sul proprio territorio e che in data 02/04/1996, in mancanza della consegna dei lavori, notificava all’Amministrazione atto di recesso ex articolo 10 comma settimo DPR 1062/63 al quale seguivano due inviti alla consegna dei lavori aventi contenuto meramente simbolico e, quindi, in data 23/04/1996 la risoluzione del contratto di appalto con delibera numero 367 che, fondata sui predetti inviti, ai sensi dell’articolo 10 DPR 1062/63 era viziata per difetto di presupposto e sviamento di potere, conveniva in giudizio il Comune di Eboli per sentir dichiarare il contratto di appalto risolto per grave inadempimento del predetto Comune con condanna al risarcimento dei danni. Si costituiva in giudizio il Comune di Eboli che eccepiva l’inammissibilità dell’azione perché presupponeva la disapplicazione di atti amministrativi per i quali pendeva impugnazione dinanzi al g.a. e per la previsione di cui agli articolo 31 bis e 32 della legge 109/1994 contestava, poi, la fondatezza della domanda in quanto alcun adempimento era imputabile al comparente e si profilava, invece, l’illegittimo comportamento della società attrice che aveva determinato la risoluzione del contratto e la necessità di effettuare una nuova gara per l’aggiudicazione dei lavori con prezzi maggiorati e ritardi nella disponibilità dei suoli occupati concludeva per il rigetto della domanda e la conferma della declaratoria di intervenuta risoluzione del contratto per inadempimento dell’attrice con condanna al risarcimento dei danni. La fase istruttoria si realizzava con l’ammissione ed espletamento dell’interrogatorio formale del legale rappresentante del Comune di Eboli e l’escussione dei testi Avella Marcello e Sgambati Ciro addotti alla parte attrice. In via preliminare vanno ritenute infondate le eccezioni preliminari di inammissibilità dell’azione sollevate da parte convenuta. Innanzitutto, del tutto incongruo è il richiamo alla procedura di cui agli articolo 31 bis e 32 della legge 109/94, che regola la diversa ipotesi, non verificatasi nella fattispecie in esame, nella quale a seguito dell’iscrizione di riserve sui documenti contabili, l’importo economico dell’opera varia in misura sostanziale e in ogni caso non inferiore al 10 per cento dell’importo contrattuale. Vanno, poi, premesse le considerazioni di carattere generale che seguono. Nel quadro dell’azione della P.A. la conclusione di un contratto di appalto rientra nell’attività mediante la quale essa si procura i beni ed i servizi necessari per l’attuazione delle sue finalità. Tale attività è posta in essere sotto il regime del diritto privato in quanto ha ad oggetto beni e prestazioni che, di per sé, sono idonei a formare materia di scambio tra privati e non costituiscono un oggetto necessariamente pubblico di cui solo la P.A. possa disporre. Nell’esplicazione di tale attività la P.A. interviene non come autorità ma come parte, ponendosi sullo stesso piano del privato si tratta, pertanto, di attività di diritto privato. L’interesse pubblico da soddisfare è tuttavia sempre presente nell’esplicazione di quest’attività e si evidenzia nella procedura che viene seguita per addivenire al contratto procedura dell’evidenza pubblica che consta di due procedimenti paralleli il procedimento amministrativo, che si svolge all’interno della PA e che pone in evidenza le ragioni di pubblico interesse per le quali si intende stipulare un contratto con un determinato contenuto, ed il procedimento negoziale privato di formazione del contratto. L’appalto per l’esecuzione di opere pubbliche, quindi, va ricompreso nella corrispondente figura del diritto privato contenuto della prestazione è una “res” che può formare oggetto di scambio anche tra privati, causa del contratto e la stessa funzione economico-giuridica cui adempie la corrispondente figura di diritto privato, fonte del rapporto è il contratto e cioè l’accordo nel quale si fondono le volontà contrapposte ed omogenee della P.A. e del privato, effetto del contratto è la nascita di reciproche obbligazioni e, cioè, di situazioni giuridiche che si connotano come diritti soggettivi perfetti. Le disposizioni della legislazione speciale previste in materia di appalto di opere pubbliche legge 109/94 e successivamente il dl numero 163/2006 non incidono sulla natura privatistica del rapporto. Ciò premesso, va rilevato, quando all’oggetto della presente controversia, che in data 05/02/1996 il Comune di Eboli e la Elettrica Salernitana s.r.l. stipulavano contratto di appalto avente ad oggetto “lavori di demolizione di opere edilizie abusive ai sensi della legge 47/85”. Subito dopo la stipula del contratto, tra le parti insorgeva controversia in ordine alla consegna dei lavori che determinano la società appaltatrice a notificare al Comune di Eboli dichiarazione di recesso ex articolo 10 comma settimo DPR 1062/63 e, quindi, l’ente appaltante a deliberare la risoluzione del contratto in data 23/04/1996. Le contrapposte doglianze di inadempienza costituiscono l’oggetto della materia del contendere. Il Tribunale, pertanto, deve verificare le situazioni soggettive nascenti dal contratto stesso alla luce della loro natura paritaria ed attraverso un’indagine globale ed unitaria, coinvolgente il comportamento di ciascuna delle parti e l’influenza che questo ha dispiegato su quello dell’altra. Secondo principio generale, infatti, nei contratti con prestazioni corrispettive, quando le parti si addebitino inadempimenti reciproci o una di esse contrasti la domanda di risoluzione avversaria giustificando la propria inadempienza con quella dell’altro contraente, compito del giudice è quello di procedere ad una valutazione unitaria e comparativa dei rispettivi comportamenti inadempienti, che, al di là pur necessario riferimento all’elemento cronologico degli stessi, li investa nel loro rapporto di dipendenza sul piano causale e di proporzionalità, nel quadro della funzione economico-sociale del contratto, in maniera da consentire di stabilire su quale dei contraenti debba ricadere l’inadempimento colpevole idoneo a giustificare quello dell’altro. Va, poi, osservato che anche l’appalto di opere pubbliche, attesa la natura privatistica del contratto, è configurabile, in capo all’amministrazione committente, creditrice dell’”opus”, un dovere – discendente dall’espresso riferimento contenuto nell’articolo 1206 c.c. e, più in generale, dai principi di correttezza e buona fede oggettiva, che permeano la disciplina delle obbligazioni e del contratto – di cooperare all’adempimento dell’appaltatore, attraverso il compimento di quelle attività, distinte rispetto al comportamento dovuto dall’appaltatore, necessarie affinché quest’ultimo possa realizzare il risultato cui è preordinato il rapporto obbligatorio cfr. Cass. 29 aprile 2006 numero 10052 . Nella specie, punto controverso tra le parti è l’imputabilità ad inadempimento dell’una o dell’altra parte della mancata consegna dei lavori. Va osservato, in termini generali, che il contratto di appalto viene posto in esecuzione dall’amministrazione con la “consegna dei lavori”, espressione convenzionale con la quale si indica l’operazione mediante la quale l’appaltatore viene immesso nel possesso dell’area ove debbono eseguirsi lavori appaltanti con la consegna dei lavori viene data all’appaltatore l’effettiva disponibilità dell’area. La consegna dei lavori rientra indubbiamente tra quegli atti di cooperazione che fanno carico al creditore e che sono necessari perché il debitore possa adempiere. Alla consegna dei lavori si procede dopo l’intervenuta approvazione del contratto articolo 117 del rd 23/05/1924 numero 827 articolo 337 e 338 legge sui LL.PP e dopo l’apposizione del visto di registrazione da parte della Corte dei Conti su quest’ultima. L’articolo 10 del cap. genumero Minumero LL.PP. stabilisce che la consegna deve avvenire non oltre 45 giorni dalla data di registrazione alla Corte dei Conti del decreto di approvazione del contratto. Funzione del termine per la consegna dei lavori è quella di contenere entro un limite determinato di tempo la libertà dell’amministrazione su questo punto e di fissare, preventivamente, il momento oltre il quale assume rilievo l’interesse dell’appaltatore. Tale termine costituisce un atto di cooperazione del creditore, la cui inosservanza determina a carico dell’amministrazione non “mora debendi”, ma “mora credendi” cfr Cass. 14/04/2004 numero 7069 negli appalti pubblici regolati da leggi speciali o da capitolati generali con efficacia normativa, la “consegna dei lavori” all’appaltatore, momento essenziale del rapporto, onde consentire la realizzazione delle opere convenute, si configura come obbligo della p.a. il cui inadempimento – ancorché diversamente disciplinato rispetto alle norme del codice civile – è pur sempre fonte di responsabilità contrattuale in quanto il dovere di collaborazione dell’Amministrazione non perde la sua natura contrattuale sol perché derivante dalla legge, essendo questa, viceversa, una delle fonti di integrazione del contratto, ai sensi dell’articolo 1374 c.c. . Tale inadempimento non conferisce, peraltro, all’appaltatore il diritto di risolvere il rapporto, né di avanzare pretese risarcitorie, attribuendogli, per converso, la sola “facoltà” di presentare istanza di recesso dal contratto, al mancato accoglimento della quale consegue l’insorgere di un diritto al compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo. A carico dell’appaltatore che non si presti a ricevere la consegna dei lavori si determina, invece, “mora debendi” perché siffatto comportamento incide direttamente sull’adempimento della prestazione contrattuale cui è tenuto. Tale è il quadro della disciplina delineato dal menzionato articolo 10 del Capitolato. La predetta disposizione regola sia il caso che l’appaltatore non si presenti, nel giorno stabilito, a ricevere la consegna dei lavori sia il caso che quest’ultima non avvenga, nel termine stabilito, per fatto dell’amministrazione. Nel primo caso viene assegnato all’appaltatore un termine perentorio trascorso inutilmente il quale l’amministrazione ha diritto o di risolvere il contratto incamerando la cauzione o di procedere all’esecuzione d’ufficio. Nel secondo caso l’appaltatore può chiedere di recedere dal contratto notificando un’apposita istanza. Tale recesso, però, non si configura come un diritto potestativo, ma è subordinato alla accettazione da parte dell’amministrazione se l’istanza viene accolta l’appaltatore ha diritto al rimborso delle spese di contratto e delle altre spese effettivamente sostenute, mentre se l’istanza non viene accolta e si procede tardivamente alla consegna dei lavori, l’appaltatore ha diritto ad un compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo, previa iscrizione della corrispondente riserva per i maggiori oneri derivanti dal ritardo. La consegna tardiva dei lavori da parte del committente, quindi, non conferisce all’appaltatore il diritto di risolvere il rapporto, né di richiedere prestazioni risarcitorie, ma unicamente gli attribuisce la “facoltà” di presentare istanza di recesso dal contratto ed il diritto di pretendere, se tale istanza non è accolta, un compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo oltre a un congruo prolungamento del termine originariamente fissato cfr. Cass. sent. nnumero 1818-80 4392-86 7536-90 43441-91 3801-91 4869-94 11329/1997 2004/21484 2004/7069 2005/7691 2008/26916 . Così delineati i principi giuridici e giurisprudenziale applicabili alla fattispecie in esame, va rilevato che, innanzitutto, non risulta comprovato che il Comune di Eboli abbia proceduto alla consegna dei lavori in ritardo rispetto al termine di legge. Va, poi, rilevato che, pur volendo ritenere che il Comune si trovasse effettivamente in mora al momento della notifica dell’atto di recesso da parte della società appaltante 02/04/1996 , tale atto non veniva accolto dal Comune che con un telegramma ricevuto in data 04/04/1996 fissava per la consegna dei lavori il giorno 10/04/1996. In data 10/04/1996 veniva redatto verbale di mancata consegna dei lavori per la mancata presentazione della società attrice. Indi, con successivo telegramma ricevuto in data 12/04/1996, il committente Comune fissava per la consegna dei lavori l’ulteriore data del 18/04/1996. In data 18/04/1996 veniva redatto verbale di mancata consegna dei lavori per la mancata presentazione della società attrice. Pertanto, pur volendo ritenere che vi sia stata una consegna tardiva dei lavori da parte dell’amministrazione appaltante, tale circostanza avrebbe determinato solo il diritto della società appaltatrice di ottenere, previa iscrizione di riserva, il compenso per eventuali maggiori onere derivanti dal ritardo. La mancata presentazione della società appaltatrice, invece, si configura quale atto di inadempimento dell’obbligazione di esecuzione dei lavori a suo carico e legittima la risoluzione del contratto da parte della amministrazione, come avvenuto. Le circostanze allegate dalla società attrice che lamenta che il Comune non avrebbe preventivamente estromesso gli occupanti dei manufatti abusivi, non avrebbe preventivamente interrotta l’energia elettrica a servizio dei predetti manufatti, non avrebbe garantito adeguata forza pubblica a protezione del proprio personale, risultano, innanzitutto non comprovate. Esse non trovano alcun riscontro nei verbali negativi di consegna dei lavori e le dichiarazioni testimoniali rese dai testi escussi sono generiche. Inoltre, come evidenziato, avrebbero avuto rilievo esclusivo ai fini del riconoscimento di un compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo. La domanda principale va, quindi, rigettata e, conseguentemente, accolta la domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto Comune. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda risarcitoria avanzata in via riconvenzionale dal Comune, rimasta del tutto sfornita di prova. Le spese processuali seguono la soccombenza e, nella misura liquidata in dispositivo, vanno poste a carico della parte attrice. P.Q.M. il Tribunale di Salerno – Prima Sezione Civile – in composizione monocratica e nella persona del giudice dott.ssa Antonella Di Stasi, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta dalla Elettrica Salernitana S.r.l., in persona del legale rappresentante pt nei confronti del Comune di Eboli, in persona del Sindaco pt, con atto di citazione notificato il 15/02/1997, nonché sulla domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto, uditi i difensori delle parti, ogni altra istanza, difesa, eccezione e deduzione respinta, così provvede - rigetta la domanda principale - in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale dichiara che il contratto di appalto per cui è causa si risolveva per inadempimento della parte appaltatrice Elettrica Salernitana S.r.L. - condanna la Elettrica Salernitana S.r.L., in persona del legale rappresentante pt, al pagamento in favore del Comune di Eboli, in persona del Sindaco pt delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 3.900,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, Euro 2.900,00 per onorario, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e Cassa nella misura e come per legge. Così deciso in Salerno, 13/01/2012