La nullità per difetto della forma scritta è rilevabile d'ufficio

di Chiara Maria Ciarla

di Chiara Maria CiarlaIl contratto di prestazione d'opera professionale stipulato con una Pubblica Amministrazione, ancorché quest'ultima agisca jure privatorum, deve rivestire, a pena di nullità, la forma scritta, la quale deve essere estesa anche alle modifiche successive dell'incarico che comportino variazioni sostanziali nella natura delle prestazioni affidati al professionista e/o nella misura del compenso dovutogli. Partendo dal suddetto principio di diritto, oramai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, il Sommo Consesso, con la sentenza numero 8539/11, del 14 aprile, prosegue affermando che qualora sia in contestazione l'applicazione o l'esecuzione del contratto, in quanto il professionista incaricato abbia chiesto il pagamento degli onorari, la nullità del contratto per difetto della forma scritta è rilevabile d'ufficio in ogni grado e stato del giudizio.La fattispecie. Nel caso di specie, con ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti del Comune, il professionista de qua chiedeva il saldo del compenso professionale dovutogli per la progettazione di un edificio, producendo in giudizio le delibere adottate dal Comune ai fini del conferimento dell'incarico, nonché quelle successive relative alle modifiche delle prestazioni affidate e alla integrazione dell'originario impegno di spesa.Il Comune, nel proporre opposizione, deduceva la mancata deliberazione circa la modifica e l'integrazione delle prestazioni professionali originariamente affidate e del relativo impegno di spesa.Disattese in primo grado le eccezioni sollevate dall'opponente, quest'ultimo proponeva appello, deducendo - per la prima volta in sede di gravame - l'infondatezza della pretesa avversaria per difetto del requisito della forma scritta del contratto de quo. Precipuamente, il Comune asseriva che, in ogni caso, le delibere prodotte erano inidonee a far sorgere un vincolo contrattuale poiché a tal fine era necessaria la stipulazione di un contratto in forma scritta.Accolto l'appello, il professionista-ricorrente proponeva ricorso per cassazione deducendo che l'omessa stipulazione del contratto in forma scritta veniva ex adverso sollevata per la prima volta in sede di seconde cure e, pertanto,costituiva una non consentita mutatio libelli.La Suprema Corte respinge il ricorso perché infondata la doglianza lamentata.Forma scritta ad substantiam. Invero, per il contratto d'opera professionale, quando ne sia parte una P.A. e pur ove questa agisca iure privatorum è richiesta - in ottemperanza al disposto degli articoli 16 e 17 del R.D numero 2240/23 - come per ogni altro contratto stipulato dalla P.A. stessa, la forma scritta ad substantiam, quale strumento di garanzia del regolare svolgimento dell'attività amministrativa nell'interesse sia del cittadino sia della collettività, costituendo remora ad arbitri ed agevolando in tal modo l'espletamento della funzione di controllo, risolvendosi così in una espressione del generale principio di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione.Il contratto deve pertanto tradursi, a pena di nullità e senza possibilità di alcuna sanatoria, nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell'Organo attributario del potere di rappresentare l'Ente interessato nei confronti di terzi, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere e al compenso da corrispondere. Conseguentemente, in assenza di detto documento contrattuale, ai fini di una valida conclusione del contratto rimane del tutto irrilevante l'esistenza di una deliberazione con cui l'Organo dell'Ente abbia conferito un incarico ad un professionista o ne abbia autorizzato il conferimento , in quanto detta deliberazione costituisce un atto avente efficacia meramente interna all'Ente e non una proposta contrattuale nei confronti del professionista.La forma scritta è richiesta anche per modifiche sostanziali. La necessità della forma scritta deve essere estesa anche alle modifiche successive dell'incarico che comportino variazioni sostanziali nella natura delle prestazioni affidati al professionista e/o nella misura del compenso dovutogli in quanto le stesse, risolvendosi in un mutamento dell'oggetto del contratto, richiedono una nuova manifestazione di volontà espressa nella forma prescritta dalla legge ad substantiam, e non possono quindi essere desunte da comportamenti concludenti delle parti ovvero, come predetto, dalle determinazioni assunte al riguardo dall'Organo deliberante dell'Ente.Orbene, alla luce di tale inquadramento normativo, nel caso in cui sia in discussione l'applicazione o l'esecuzione del titolo negoziale posto a fondamento della pretesa azionata con il ricorso per decreto ingiuntivo, la nullità è rilevabile d'ufficio ex articolo 1421 c.c. anche in sede di gravame. Difatti, poiché la validità dell'atto si pone come elemento costitutivo della domanda nella specie, il pagamento degli onorari dovuti per la prestazione professionale il giudice è tenuto a verificarne l'esistenza in ogni stato e grado del giudizio nell'ambito dell'indagine ad egli demandata in ordine alla sussistenza delle condizioni dell'azione, senza che ciò comporti violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all'articolo 112 c.p.c.In particolare, nell'opposizione a decreto ingiuntivo e nell'appello avverso la sentenza che l'ha decisa, poiché l'opposto è in realtà attore che chiede di dare esecuzione al titolo posto a base dell'ingiunzione, il giudice può sempre rilevare la nullità di tale titolo ai sensi dell'articolo 1421 c.c. ed, in ogni caso, le deduzioni circa la nullità del titolo de quo da parte dell'opponente quale convenuto sostanziale non integrano una domanda né una eccezione riconvenzionale, bensì costituiscono mere difese volte a sollecitare l'esercizio di un potere ufficioso del giudice e, pertanto, proponibili per la prima volta in grado di appello, senza che la loro deduzione possa qualificarsi come una mutatio libelli non consentita.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 24 gennaio - 14 aprile 2011, numero 8539Presidente Vitrone - Relatore MercolinoSvolgimento del processo1. - Con sentenza del 30 marzo 2001, il Tribunale di Bergamo accolse l'opposizione proposta dal Comune di Serina avverso un decreto ingiuntivo emesso su ricorso dell'arch. A C., revocando il decreto ma condannando il Comune al pagamento della somma di Lire 14.878.122, a titolo di saldo del corrispettivo per prestazioni professionali rese dal ricorrente.2. - L'impugnazione proposta dal Comune è stata accolta dalla Corte d'Appello di Broscia, che con sentenza del 18 marzo 2004 ha rigettato la domanda proposta dal ricorrente.A fondamento della decisione, la Corte ha affermato l'irrilevanza della documentazione prodotta dall'appellato. attestando la stessa unicamente l'adozione da parte del Comune di delibere aventi ad oggetto l'ampliamento e la ristrutturazione di un complesso scolastico e l'affidamento dell'incarico all'arch. C., nonché l'esecuzione di molteplici incombenti da parte di quest'ultimo, e non anche l'avvenuta stipulazione del contratto di prestazione d'opera professionale in forma scritta.Premesso inoltre che con la comparsa di costituzione in primo grado l'appellato aveva proposto domanda di risarcimento del danno ai sensi degli articolo 1337 e 1338 cod. civ., in ordine alla quale il Comune aveva omesso di rifiutare il con-traddittorio. la Corte d'Appello ha rigettato anche tale domanda, sia per difetto di prova della condotta tenuta dall'Amministrazione, sia perché il C. ora a conoscenza della necessità della forma scritta per il conferimento dell'incarico, trattandosi di requisito prescritto dalla legge.3. - Avverso la predetta sentenza il C. propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria.Il Comune resiste con controricorso.Motivi della decisioneI. - Con il primo motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione degli articolo 99, 112, 115 e 116 c.p.c., nonché l'erronea e carente motivazione su un elemento decisivo della controversia.Premesso che in primo grado il Comune di Serina aveva dedotto due profili di nullità del contratto di prestazione d'opera professionale, consistenti nella mancata deliberazione del conferimento dell'incarico nel suo intero ammontare e nell'assenza dell'impegno di spesa, sostiene che la mancata stipulazione del contralto in forma scritta integrava una diversa causa di nullità, non rilevabile d'ufficio dal Giudice di appello e la cui deduzione in sede d'impugnazione costituiva una non consentila mutatio libelli. Aggiunge che correttamente il Giudice di primo grado aveva accertato l'intervenuta modificazione dell'incarico nel corso del suo svolgimento, in base alla documentazione prodotta, nonché l'avvenuta pattuizione di tali modifiche tra le parti e l'integrazione degli impegni di spesa.1.1. - Il motivo è infondato.È opportuno premettere che l'opposizione a decreto ingiuntivo da luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, il quale, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento monitorio, investe il giudice del potere-dovere di statuire sulla pretesa originariamente latta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni e difese contro la stessa proposte, con la conseguenza che l'opponente, pur assumendo normalmente la veste di attore, viene a trovarsi nella posizione sostanziale di convenuto, mentre l'opposto, formalmente convenuto, dev'essere considerato attore dal punto di vista sostanziale.latito precisato, si osserva che con il ricorso per decreto ingiuntivo il C. aveva chiesto il saldo del compenso professionale dovutogli per la progettazione generale ed esecutiva di un edificio scolastico, producendo le delibero adottate dal Comune ai fini del conferimento dell'incarico professionale e dell'integrazione dell'originario impegno di spesa. Nel proporre opposizione, il Comune di Serina aveva sostenuto che le maggiori prestazioni delle quali il ricorrente aveva chiesto il pagamento si riferivano a lavori non deliberati o per i quali non era stato adottato l'impegno di spesa. Tali deduzioni erano state tuttavia disattese dal Giudice di primo grado, il quale aveva ritenuto sussistenti sia le deliberazioni che l'impegno di spesa, ed aveva pertanto accolto la domanda, sia pure per un importo inferiore a quello riconosciuto con il decreto ingiuntivo. Il Comune aveva pertanto proposto appello, ribadendo le difese svolte in primo grado, ed aggiungendo che in ogni caso le delibere prodotte erano inidonee a far sorgere un vincolo contrattuale, in quanto a tal fine era necessaria la stipulazione di un contratto in forma scritta.In tale contesto, essendo ancora in discussione l'applicazione o l'esecuzione del titolo negoziale posto a fondamento della pretesa azionata con il ricorso per decreto ingiuntivo, la nullità del contratto era rilevabile d'ufficio, ai sensi dell'articolo 1421 c.c., anche in sede di gravame, ponendosi la validità dell'atto come elemento costitutivo della domanda, che il giudice è tenuto a verificare, nell'ambito dell'indagine a lui demandata in ordine alla sussistenza delle condizioni dell'azione, senza che ciò comporti una violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato cfr. Cass. Sez. 1, 21 dicembre 2007, numero 27088 1 ottobre 2007, numero 21141 1 marzo 2007, numero 4853 . Le deduzioni svolte al riguardo nell'atto di appello non integravano dunque una domanda, avendo il Comune la veste sostanziale di convenuto, né un'eccezione riconvenzionale, non facendosi valere con esse un controdiritto idoneo a paralizzare il diritto fatto valere dal ricorrente, né ancora un'eccezione in senso stretto, non essendone prevista dalla legge la deduzione ad esclusiva iniziativa della parte. Esse, in quanto volte a sollecitare l'esercizio di un potere ufficioso del giudice, costituivano mere difese, proponibili per la prima volta anche in grado d'appello senza che la loro deduzione potesse qualificarsi come mutai io libelli, inammissibile in sede di gravame cfr. Cass. Sez. II, 30 luglio 2004, numero 14570 18 luglio 2002, numero 10440 .1.2. - Quanto poi alla riconducibilità delle prestazioni di cui il ricorrente ha chiesto il pagamento alle modifiche dell'incarico originariamente conferitogli, la Corte d'Appello ne ha escluso la rilevanza, nonostante l'avvenuta produzione in giudizio delle relative de li bere, in virtù della considerazione che le stesse non erano state seguite dalla stipulazione del contratto d'opera professionale nella forma scritta richiesta dalla legge.Questa conclusione appare conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai sensi degli articolo 16 e 17 del regio decreto 18 novembre 1923, numero 2440. il contratto di prestazione d'opera professionale stipulato con una Pubblica Amministrazione, ancorché quest'ultima agisca jure privatorum deve rivestire, a pena di nullità, la forma scritta l'osservanza di tale requisito, che risponde ad evidenti finalità di garanzia del regolare svolgimento dell'attività amministrativa, presuppone la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell'organo legittimato a manifestare la volontà dell'ente pubblico nei rapporti esterni, nonché l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e dell'entità del compenso, non risultando a tal fine sufficiente la delibera con cui l'organo competente a formare la volontà dell'ente abbia autorizzato il conferimento dell'incarico, la quale ha natura di alto meramente interno cfr. ex plurimis, Cass. Sez. I, 6 luglio 2007, numero 15296 26 gennaio 2007, numero 1752 . La necessità della forma scritta, quale strumento per evitare arbitrii nell'interesse del cittadino e per favorire l'esercizio della funzione di controllo, dev'essere estesa anche alle modificazioni successive dell'incarico che comportino variazioni sostanziali nella natura delle prestazioni affidate at professionista e nella misura del compenso dovutogli, in quanto le stesse, risolvendosi in un mutamento dell'oggetto del contratto, richiedono una nuova manifestazione di volontà, espressa nella forma prescritta dalla legge ad substantiam, e non possono quindi essere desunte da comportamenti concludenti delle parti o dalle determinazioni assunte al riguardo dall'organo deliberante dell'ente cfr. Cass., Sez. III, 9 gennaio 2007. numero 209 12 aprile 2006. numero 8621 Cass. Sez. II, 4 giugno 1999. numero 5448 .Nella specie, pertanto, la mancata consacrazione delle modifiche dell'incarico in un contratto stipulato in forma scritta costituiva un motivo sufficiente ad escludere la fondatezza della domanda proposta dal ricorrente in via contrattuale, indipendentemente dalla forma rivestita dall'originario contratto di prestazione d'opera professionale, la cui stipulazione per iscritto appare peraltro quanto meno dubbia, non avendone il ricorrente fatto alcuna menzione, e nulla di preciso emergendo al riguardo dalla sentenza impugnata.2. - Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli articolo 1337 e 1338 c.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.Osserva infatti che la Corte d'Appello ha omesso di esaminare la corrispondenza intercorsa tra le parti, dalla quale emergeva la scorrettezza del comportamento del Comune, che, dopo aver pagato una parte delle competenze professionali, aveva contestato l'avvenuta redazione di un progetto definitivo, per poi chiedere la stesura di un nuovo disciplinare recante l'indicazione soltanto di una parte delle opere, e successivamente interrompere ogni trattativa. Sostiene che. proprio in base alla condotta risultante da tale documentazione, egli aveva maturato un'aspettativa alla stipulazione del contratto per la parte eccedente l'incarico iniziale, in quanto i progetti da lui redatti erano stati recepiti ed approvati, e sulla scorta degli stessi erano stati richiesti finanziamenti.2.1. - Il motivo è inammissibile.Com'è noto, gli articolo 1337 e 1338 c.c. contemplano distinte fattispecie di responsabilità precontrattuale, l'una di carattere generale, riguardante la violazione del dovere di buona fede nello svolgimento delle trattative, in funzione di tutela dell'affidamento delle parti nella conclusione del contratto, e l'altra, che ne costituisce una specificazione, avente ad oggetto la mancata comunicazione preventiva di eventuali cause d'invalidità, in funzione di tutela dell'affidamento delle parti in ordine alla validità del contratto.La sentenza impugnata ha ritenuto infondata la domanda di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, rilevando da un lato l'assoluto difetto di materiale probatorio idoneo a fondare una pretesa ispirata ad una condotta che nulla consente di conoscere nelle sue manifestazioni , ed osservando dall'altro che la conoscenza della necessità della stipulazione di un contratto scritto per il conferimento di un incarico professionale da parte della Pubblica Amministrazione, ben nota al Comune, non poteva non esserlo anche per l'architetto. Lo specifico riferimento di quest'ultima affermazione alla fattispecie di cui all'articolo 1338 rende evidente la riconducibilità della prima a quella di cui all'articolo 1337, in ordine alla quale la Corte d'Appello, con espressione sintetica ma chiaramente percepibile nella sua portata, non si è limitata a riscontrare l'assoluta mancanza di prova, ma ha stigmatizzato, più radicalmente, la mancata allegazione da parte del ricorrente delle modalità di manifestazione della condotta antidoverosa ascritta all'Amministrazione.Il ricorrente, pur denunciando la violazione sia dell'articolo 1337 che dell'articolo 1338. ha censurato la sentenza impugnata nella sola parte in cui ha escluso la responsabilità del Comune in riferimento alla prima disposizione. Egli, peraltro, si è limitato a dolersi dell'omesso esame dei documenti prodotti in giudizio, da cui risulterebbe la condotta dell'Amministrazione contraria al dovere di buona lede. senza però contestare il rilievo della Corte d'Appello relativo all'inadempimento dell'onero di allegazione, e senza indicare in particolare la sede in cui sarebbero stati individuati i fatti dai quali dovrebbe desumersi la violazione del dovere di buona fede nello svolgimento delle trattative contrattuali, con la conseguenza che nessuna verifica risulta possibile compiere in ordine al carattere decisivo dei documenti prodotti, ai fini della prova dei fatti tempestivamente introdotti nel giudizio.3. È parimenti inammissibile la domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado, proposta dal Comune di Serina con il controricorso.3.1. - L'omessa pronuncia da parte del giudice di appello sulla domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza impugnata, in caso di accoglimento totale del gravame, si traduce infatti in una violazione dell'articolo 112 c.p.c., che, in caso di proposizione del ricorso per cassazione ad opera della parte soccombente, dev'essere fatta valere, quale errar in procedendo, nelle forme del ricorso incidentale cfr. Cass. Sez. III, 24 aprile 2008. numero 10765 .Tali forme, nella specie, non risultano osservate, essendosi il Comune limitato a lamentare l'omessa condanna del ricorrente alla restituzione, sul presupposto della mancata contestazione dell'avvenuto pagamento da parte del C., ed a dedurre la violazione dell'articolo 112 c.p.c., senza però fare alcun accenno all'avvenuta proposizione di un'apposita domanda nel giudizio d'impugnazione, e senza chiedere la cassazione sul punto della sentenza di appello.L'assenza di quest'ultima richiesta, posta anche in relazione con la discordanza degli elementi allegati a fondamento della domanda, non consente di attribuire al controricorso, così come formulato, la valenza di ricorso incidentale sebbene, infatti, non sia necessaria a tal fine l'adozione di formule sacramentali, il principio di strumentalità delle forme esige che l'atto contenga i requisiti prescritti dall'articolo 371 in relazione agli articolo 365, 366 e 369 c.p.c., ed in particolare la predetta richiesta, specificamente prevista dall'articolo 366 numero 4 c.p.c., la quale risulta essenziale per individuare nell'atto in questione un mezzo di impugnazione, alla luce dei principi della domanda, del contraddittorio e della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, implicanti, rispettivamente, la chiara indicazione del mezzo processuale azionato, il diritto della controparte di essere messa in condizione di difendersi e di replicare e il potere-dovere del giudice di identificare la domanda senza incertezze, per non andare oltre il limite della stessa cfr. Cass. Sez. I, 21 ottobre 2005. numero 20454 Cass., Sez. III, 11 novembre 2005, numero 22901 .4. - Il ricorso va pertanto rigettato, mentre la domanda proposta dalla controricorrente va dichiarata inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, in qualità di principale soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come dal dispositivo.P.Q.M.La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile la domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado, e condanna C.A. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 2.700.00, ivi compresi Euro 2.500,00 per onorario ed Euro 200.00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.