Indagine bancaria valida, anche se l’autorizzazione non è motivata

In tema di accertamento dell’Iva, l’autorizzazione prescritta dall’art. 51, comma 2, n. 7, d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, ai fini dell’espletamento delle indagini bancarie risponde a finalità di mero controllo delle dichiarazioni e dei versamenti d’imposta e non richiede alcuna motivazione.

Pertanto, la mancata esibizione della stessa all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite dall’ufficio o dalla Guardia di Finanza, potendo l’illegittimità essere dichiarata soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell’autorizzazione, e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16579 depositata il 2 luglio 2013. Il caso. Gli Ermellini hanno annullato la pronuncia del giudice del gravame secondo cui, alla luce dell’art. 3, legge n. 241/1990 e dell’obbligo generale di motivazione dei provvedimenti che la pubblica amministrazione adotta, il provvedimento prodromico di autorizzazione all’espletamento delle indagini bancarie avrebbe dovuto essere specificamente motivato, così come motivata avrebbe dovuto essere la richiesta formulata ai fini di detta autorizzazione. In difetto di questi presupposti, ha precisato il giudice di secondo grado, l’intera indagine doveva essere considerata nulla e nullo anche l’esito di accertamento per invalidità derivata. La suprema Corte di Cassazione ha condiviso la tesi del fisco secondo cui l’autorizzazione per fare le indagini bancarie sul conto del contribuente non era affatto un requisito fondamentale ai fini dell’accertamento fiscale. La Sesta Sezione Civile - T della Cassazione ha rinviato la causa alla CTR della Lombardia, la quale, in diversa composizione, dovrà riesaminare la controversia e provvedere sulle spese. Motivazione non necessaria. Il provvedimento che autorizza le indagini bancarie e la propedeutica istanza non necessitano di motivazione analitica. L’atto impositivo basato sulle movimentazioni bancarie del contribuente è nullo solamente ove il provvedimento di autorizzazione manchi del tutto, sempreché tale mancanza abbia cagionato un concreto pregiudizio al soggetto accertato. L'atto autorizzativo. L'atto autorizzativo alle indagini bancarie non rientra tra quegli atti che, se non allegati, producono, ai sensi dell'art. 42, D.P.R. n. 600/1973, la nullità dell'avviso di accertamento. La suddetta autorizzazione deve essere considerata atto istruttorio e prodromico alla attività investigativa, ma completamente estraneo alla motivazione dell'avviso di accertamento, non potendo riguardare, né incidere sulla sostanza dello stesso. L'art. 42, D.P.R. n. 600/1973, infatti, prevede esplicitamente la nullità dell'avviso di accertamento se non viene allegato un atto a cui la motivazione fa riferimento e, poiché non deve ritenersi che tra l'atto di autorizzazione bancaria e la motivazione di un avviso di accertamento possa esserci questo riferimento sostanziale richiesto dalla norma, deve escludersi che la stessa autorizzazione debba essere allegata all'avviso a pena di nullità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 22 maggio - 2 luglio 2013, n. 16579 Presidente Cicala – Relatore Caracciolo Osserva La CTR di Milano ha accolto l'appello di C. B., appello proposto contro la sentenza della CTP di Como n. 34-05-2010 che aveva disatteso il ricorso di detto contribuente avverso avviso di accertamento ai fini IVA-IRPEF per l'anno 2002, emesso a seguito di PVC nel quale erano stati contestati omessa dichiarazione di ricavi, sulla scorta delle acclarate movimentazioni bancarie. La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che - alla luce dell'art. 3 della legge n. 241/1990 e dell'obbligo generale di motivazione dei provvedimenti che la P.A. adotta - il prodromico provvedimento di autorizzazione all'espletamento delle indagini bancarie avrebbe dovuto essere specificamente motivato, così come motivata avrebbe dovuto essere la richiesta formulata ai fini di detta autorizzazione. In difetto di ciò, l'intera indagine doveva essere considerata nulla e nullo anche l'esito di accertamento. L'Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo. La parte intimata non si è difesa. Il ricorso - ai sensi dell'art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore - può essere definito ai sensi dell'art. 375 cpc. Infatti, con il motivo di censura sostanzialmente improntato alla violazione dell'art. 32 comma 1 n. 7 del DPR n. 600/1973 , la ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia ritenuto imprescindibile la motivazione analitica del provvedimento autorizzativo e della propedeutica istanza ai fini delle indagini bancarie sui conti correnti del contribuente. Il motivo appare fondato e da accogliersi. Invero, il ribadito indirizzo di questa Corte a proposito della questione oggetto del motivo di ricorso appare perfettamente coerente con le ragioni invocate dall'Agenzia. Sez. 5, Sentenza n. 16874 del 21/07/2009 In tema di accertamento dell'IVA, l'autorizzazione prescritta dall'art. 51, secondo comma, n. 7 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 nel testo, applicabile ratione temporis , risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 18, secondo comma, lett. c e d , della legge 30 dicembre 1991, n. 413 ai fini dell'espletamento delle indagini bancarie risponde a finalità di mero controllo delle dichiarazioni e dei versamenti d'imposta e non richiede alcuna motivazione pertanto, la mancata esibizione della stessa all'interessato non comporta l'illegittimità dell'avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite dall'Ufficio o dalla Guardia di Finanza, potendo l'illegittimità essere dichiarata soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell'autorizzazione, e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente conforme Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14023 del 15/06/2007 più recentemente anche Cass. 5849/2012 . Consegue da ciò che la censura debba essere accolta e che la controversia vada rimessa al medesimo giudice di secondo grado che - in diversa composizione - tornerà a pronunciarsi sulle questioni assorbite oggetto dell'atto di appello proposto dalla parte contribuente e regolerà anche le spese del presente grado di giudizio. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza - che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti - che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie - che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto - che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio. P.Q.M. Accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Lombardia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.