Il diritto alla pensione di inabilità sorge con il requisito sanitario e contributivo

La rinuncia ai trattamenti previdenziali sostitutivi od integrativi della retribuzione e la cancellazione dagli elenchi ed albi indicati dall’articolo 2 legge numero 222/1984 non integrano requisiti costitutivi ulteriori per il sorgere del diritto alla pensione di inabilità in aggiunta al requisito sanitario ed a quello contributivo, ma sono soltanto condizioni di erogabilità della pensione, in relazione ad un diritto già sorto.

Lo afferma la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza numero 9734 pubblicata il 6 maggio 2014. La vicenda domanda di riconoscimento di pensione di inabilità lavorativa, contestata dall’INPS per mancanza dei requisiti necessari. Un lavoratore aveva richiesto al Tribunale del lavoro l’accertamento del diritto alla pensione di inabilità prevista dall’articolo 2 legge numero 222/1984. Il Tribunale adito accoglieva la domanda, previo espletamento di c.t.u., ritenendo sussistenti i requisiti di patologia invalidante. Proposto appello, la Corte d’Appello, confermava la sentenza di primo grado. Proponeva così ricorso in cassazione l’INPS. La pensione di inabilità ex articolo 2 legge numero 222/1984. La pensione di inabilità è prevista dall’articolo 2 legge numero 222/1984. Spetta a quei lavoratori che «a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa». Il comma 2 del medesimo articolo prevede che «la concessione della pensione al soggetto riconosciuto inabile è subordinata alla cancellazione dell'interessato dagli elenchi anagrafici degli operai agricoli, dagli elenchi nominativi dei lavoratori autonomi e dagli albi professionali, alla rinuncia ai trattamenti a carico dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e ad ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della retribuzione. Nel caso in cui la rinuncia o la cancellazione avvengano successivamente alla presentazione della domanda, la pensione è corrisposta a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello della rinuncia o della cancellazione». I requisiti richiesti dalla legge non impediscono l’insorgenza del diritto alla pensione Secondo la Suprema Corte, richiamando un orientamento già in precedenza affermato, i requisiti indicati dal secondo comma dell’articolo 2 in esame non vanno considerati come costitutivi del diritto alla pensione, ma unicamente quali condizioni di derogabilità della pensione, in base ad un diritto già sorto. Affermano infatti i giudici di legittimità che può essere pronunciata una sentenza che riconosca il diritto alla pensione di inabilità, la cui erogazione viene subordinata all’accertamento da parte dell’Istituto previdenziale della sussistenza dei requisiti stabiliti dalla norma. Sono infatti ammesse dal nostro ordinamento sentenze cosiddette condizionali, nelle quali l’efficacia della condanna è subordinata al verificarsi di un determinato evento futuro o entro lo spirare di un termine predeterminato. Rigettato il motivo proposto dall’INPS Uno dei motivi di censura proposti dall’Istituto riguardava la mancata valutazione da parte della Corte di merito dello svolgimento di attività lavorativa subordinata del richiedente la pensione. In base ai principi di diritto sopra enunciati, la Suprema Corte ritiene infondato il motivo proposto, poiché l’accertamento di tale requisito non inficia il riconoscimento del diritto alla pensione richiesta. ma cassata la sentenza per errata individuazione dell’oggetto di giudizio. Tuttavia la sentenza d’appello impugnata è stata cassata in accoglimento di altro motivo di ricorso proposto, riguardante l’errata individuazione dell’oggetto di giudizio, da parte dei giudici di merito. Appare evidente che nelle fasi di merito sia stato ritenuto che la domanda proposta dal ricorrente fosse volta ad ottenere l’assegno di invalidità, previsto dall’articolo 1 legge 222/1984 ed infatti la Corte d’Appello motiva evidenziando che il lavoratore fosse affetto da patologie tali da ridurre di oltre due terzi la capacità lavorativa requisito previsto dall’assegno di invalidità. Al contrario la domanda era di ottenimento della pensione di inabilità, la quale presuppone la totale incapacità lavorativa. Dunque, osserva la Corte di Cassazione, il motivo di censura appare manifestamente fondato e consente, in applicazione dell’articolo 375 c.p.c., numero 5, la decisione del giudizio con pronuncia in camera di consiglio di ordinanza, con la quale, cassata la sentenza impugnata in accoglimento del primo motivo di censura, la causa viene rinviata ad altra Corte d’Appello per la verifica della sussistenza dei requisiti necessari per il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 3 marzo – 6 maggio 2014, numero 9734 Presidente Mammone – Relatore Marotta Fatto e diritto 1 - Considerato che è stata depositata relazione del seguente contenuto Con sentenza numero 2524/2010, la Corte di appello di Lecce, decidendo sull'appello proposto dall'I.N.P.S., confermava la decisione del Tribunale di Lecce con la quale era stata accolta la domanda avanzata da M.B. , intesa ad ottenere la pensione di inabilità di cui all'articolo 2 della legge numero 222/84 con decorrenza dall'1/7/2006. Riteneva la Corte territoriale che le conclusioni del c.t.u. di primo grado, basate sulla presenza di significativo impegno funzionale oculare e di HIV accompagnato da ipovisus grave ed ipoacusia bilaterale, inducessero a ritenere che vi erano le condizioni per la riduzione di oltre due terzi della capacità lavorativa attitudinale del M. in occupazioni confacenti alla sua attività di commesso di banca. Avvero tale sentenza propone ricorso per cassazione l’I.N.P.S. affidato a due motivi. Il M. è rimasto solo intimato. Con il primo motivo l'Istituto denuncia Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione agli articolo 1 e 2 della legge numero 222 del 12 giugno 1984 in relazione all'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ. . Si duole del fatto che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto che oggetto del giudizio fosse il riconoscimento del diritto all'assegno ordinario di invalidità di cui all'articolo 2 della legge numero 222/1984 del quale, peraltro, il M. già beneficiava dal 2005 e non invece il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità di cui all'articolo 2 della stessa legge numero 222/1984 e dunque motivato sulla base del suddetto erroneo presupposto. Con il secondo motivo l'Istituto denuncia Violazione dell’articolo 2 della legge numero 222/1984 in relazione all'articolo 360, numero 3, cod. proc. civ. . Si duole del mancato rilievo attribuito dalla Corte territoriale al fatto che il M. svolgesse attività di lavoro subordinato, circostanza questa ostativa al riconoscimento della pensione di inabilità. Il primo motivo è manifestamente fondato. Si rileva dallo svolgimento del fatto contenuto nella sentenza impugnata che la Corte territoriale ha ritenuto che già la pronuncia del Tribunale avesse riguardato una domanda di assegno ordinario di invalidità laddove, invece, come si rileva da detta pronuncia documento allegato numero 1 del fascicolo di parte I.N.P.S. di secondo grado, ritualmente richiamato dal ricorrente in sede di ricorso per cassazione con indicazione dei dati necessari per consentire a questa Corte di legittimità un agevole reperimento dello stesso , era stato riconosciuto il diritto del M. all'ottenimento della pensione di inabilità con decorrenza dall'1/7/2006. Che l'erroneo presupposto abbia influenzato la motivazione del giudice di appello si rileva, poi, dalle espressioni utilizzate — a suo giudizio non ridurrebbero di più di due terzi la capacità lavorativa . primo periodo dei Motivi della Decisione e ciò induce a ritenere che vi siano le condizioni per la riduzione di oltre due terzi della capacità lavorativa attitudinale del M. terzo periodo dei Motivi della Decisione . Ed infatti non doveva essere valutata la sussistenza di patologie invalidanti tali da provocare una riduzione permanente di due terzi della capacità lavorativa in occupazioni confacenti alle attitudini del lavoratore richiesta per l'assegno ordinario di invalidità e compatibile con lo svolgimento di un'attività lavorativa ma verificata la condizione della assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa necessaria per la pensione di inabilità . È, invece, infondato il secondo motivo. Come da questa Corte già da tempo chiarito la rinuncia ai trattamenti previdenziali sostitutivi o integrativi della retribuzione e la cancellazione dagli elenchi ed albi indicati dal secondo comma dell'articolo 2 della legge 12 giugno 1984, numero 222 non integrano requisiti costitutivi ulteriori per il sorgere del diritto alla pensione di inabilità in aggiunta al requisito sanitario ed a quello contributivo, ma sono soltanto condizioni di erogabilità della pensione in relazione ad un diritto già sorto, ben potendo la sentenza con la quale viene riconosciuto il diritto alla pensione di inabilità, di cui alla norma sopra citata, subordinare l'erogazione del beneficio ad un accertamento da parte dell'Istituto previdenziale della sussistenza dei requisiti relativi all'intervenuta cancellazione degli interessati dagli elenchi anagrafici degli operai agricoli, dagli elenchi nominativi dei lavoratori autonomi e dagli albi professionali, nonché alla rinuncia ai trattamenti a carico dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e ad ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della retribuzione. Nel nostro ordinamento sono infatti ammesse sentenze condizionali, nelle quali l'efficacia della condanna è subordinata al verificarsi di un determinato evento futuro ed incerto, o ad un termine prestabilito o ad una controprestazione specifica, sempreché il verificarsi della circostanza tenuta presente non richieda ulteriori accertamenti di merito da compiersi in un nuovo giudizio di cognizione - cfr. Cass. 1 febbraio 2002, numero 1322 id. 5 dicembre 1997, numero 12385 5 maggio 1995, numero 4883 -. È stato anche precisato che la rinuncia ai trattamenti previdenziali sostitutivi o integrativi della retribuzione e la cancellazione dagli elenchi ed albi indicati dal secondo comma dell'articolo 2 della legge 12 giugno 1984, numero 222 si riferisce unicamente ai predetti trattamenti previdenziali sostitutivi o integrativi della retribuzione e non si estende ai compensi per attività di lavoro autonomo o subordinato svolte fino al provvedimento di concessione della pensione, i quali compensi, ove persistano o abbiano inizio per la prima volta in relazione ad attività svolte dopo la concessione della pensione, ne determinano, al pari delle altre cause di incompatibilità, la revoca, ai sensi del quinto comma dello stesso articolo 2. Né può ritenersi che l'esistenza di un rapporto lavorativo costituisca una presunzione assoluta di esclusione della inabilità ex articolo 2, primo comma, della legge numero 222 del 1984, non potendosi escludere casi in cui soggetti, pur in presenza di uno stato di inabilità, percepiscono compensi di natura retributiva così Cass. 10 settembre 2003, numero 13277 . Per quanto sopra considerato, si propone l'accoglimento del primo motivo di ricorso, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altro giudice, con ordinanza, ai sensi dell'articolo 375 cod. proc. civ., numero 5 . 2 - Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell'articolo 375, numero 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo. 3 - Conseguentemente, va accolto il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, che verificherà la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento in favore del M. del diritto alla pensione di inabilità di cui all'articolo 2 della stessa legge numero 222/1984 e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione.