La laurea non basta per farsi dare il «braccialetto elettronico»

Il braccialetto elettronico rappresenta una cautela che il giudice può adottare, non già ai fini della adeguatezza della misura più lieve, e quindi per rafforzare il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione, ma ai fini del giudizio sulla capacità effettiva dell’indagato di autolimitare la propria libertà personale di movimento, assumendo l’impegno di installare il braccialetto e di osservare le relative prescrizioni.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 26275, depositata il 17 giugno 2013, in occasione di un ricorso contro il rigetto dell’istanza di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, in relazione al delitto di tentato omicidio. Rigetto richiesta attenuazione misura cautelare. La Corte d’appello ha rigettato la richiesta per aver ritenuto ostative alla richiesta di attenuazione del regime custodiale la gravità dei fatti e la pericolosità dell’istante, attestata da numerosi precedenti penali. Ad avviso del ricorrente non vi è alcuna spiegazione in merito alla ragione per la quale gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico non siano stati ritenuti idonei a garantire il rispetto delle prescrizioni imposte. La Suprema Corte ha ritenuto che il Tribunale ha ragionevolmente valorizzato i precedenti penali a carico dell’appellante per gravi reati comuni e di criminalità organizzata, attestanti, unitamente alla sua sottrazione alla esecuzione di provvedimenti coercitivi, la sua pericolosità sociale. Elementi positivi vs elementi negativi. Gli Ermellini hanno constatato che tale analisi non è stata disgiunta da una congrua valutazione delle deduzioni difensive, infatti è stata evidenziata la subvalenza – rispetto agli elementi negativi riscontrati – del conseguimento da parte dell’appellante della laurea triennale . Secondo i giudici di legittimità, il ricorrente ha opposto censure che si risolvono in espressioni di dissenso di merito dalle valutazioni svolte in ordine alle ravvisate esigenze cautelari, inoltre la doglianza che riguarda l’omessa considerazione dell’applicabilità del braccialetto elettronico” per garantire il rispetto delle prescrizioni imposte dall’Autorità giudiziaria è stata considerata estranea ai limiti dell’effetto devolutivo dell’appello, non risultando già proposta in sede di merito. Il braccialetto elettronico” non è una nuova misura coercitiva. Alla luce di tali considerazioni, Piazza Cavour ha rigettato il ricorso,considerando la censura comunque infondata, in quanto la previsione di particolari modalità di controllo, quali i mezzi elettronici, non ha introdotto una nuova misura coercitiva, ma unicamente una modalità di esecuzione di una misura cautelare personale, la cui applicazione viene disposta dal giudice contestualmente agli arresti domiciliari in considerazione della natura e del grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, e subordinatamente al consenso dell’indagato all’adozione dello strumento elettronico.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 dicembre 2012 - 17 giugno 2013, n. 26275 Presidente Zampetti – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 29 giugno 2012, il Tribunale di Catania, costituito ai sensi dell'art. 310 cod. proc. pen., ha confermato l'ordinanza del 22 maggio 2012, con la quale la Corte d'appello di Catania aveva rigettato l'istanza di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, già applicata ad A.A. con ordinanza della stessa Corte del 3 febbraio 2012, in relazione al delitto di tentato omicidio in danno di M.F. . 1.1. La Corte d'appello, che aveva disposto la misura cautelare ai sensi dell'art. 275, comma 2-ter, cod. proc. pen., aveva rigettato la richiesta per aver ritenuto ostative alla chiesta attenuazione del regime custodiale la gravità dei fatti e la pericolosità dell'istante, attestata da numerosi precedenti penali, e insussistenti elementi o circostanze di fatto sopravvenuti o nuovi rispetto a quelli già valutati. 1.2. Il Tribunale, che condivideva tale valutazione, rilevava che - la dedotta risalenza temporale dei precedenti penali era stata già valutata, in termini contrari a quelli prospettati dall'appellante, dallo stesso Tribunale che, in sede di riesame dell'ordinanza genetica, aveva posto in luce le già riportate condanne per gravi reati comuni e di criminalità organizzata e la condotta del medesimo, resosi più volte non rintracciabile all'atto della esecuzione dei provvedimenti coercitivi - l'appellante aveva riportato altre condanne, non ancora definitive, per associazione mafiosa nel 2010, per estorsioni aggravate dall'art. 7 legge n. 203 del 1991 e per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, oltre a ulteriori condanne per plurime violazioni della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., per reati contro l'amministrazione della giustizia e per episodi di danneggiamento commessi durante il periodo di detenzione carceraria - tali emergenze unitamente al tentato omicidio per cui si procedeva, commesso nel con l'uso di arma da fuoco e in concorso con altro correo pure inserito nell'associazione mafiosa, evidenziavano la pervicace e spiccata attitudine criminale dell'appellante alla consumazione di reati contro l'ordine pubblico e la incolumità individuale, il suo inserimento in un circuito di criminalità organizzata di stampo mafioso e la sua inaffidabilità a fronte delle prescrizioni imposte dall'Autorità giudiziaria - le condanne per reati di criminalità organizzata e gli ulteriori elementi negativi sopravvenuti al decreto del 2009, con il quale era stato revocato l'obbligo di soggiorno collegato alla sorveglianza spedale, dimostravano il carattere recessivo del conseguimento di titolo di studio universitario e del giudizio di minore pericolosità sociale formulato con l'indicato decreto. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente A.A. , che ne chiede l'annullamento sulla base di tre motivi. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce travisamento dei fatti, ex art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., nella parte in cui si richiamano i suoi precedenti penali, poiché la condanna per associazione mafiosa ha riguardato il periodo temporale fino all'1 dicembre 2005, data della sentenza di primo grado non ha riportato condanna per estorsione aggravata dall'art. 7 legge n. 203 del 91 dopo il 2005, né ha oltraggiato alcun uomo politico, ma solo un corpo giudiziario e non nel 2010 la condanna per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti è stata annullata da questa Corte l’11 novembre 2011 l'applicazione della pena per reati di danneggiamento nel 2004 e nel 2006 non equivale a prova della sua colpevolezza la condanna per associazione mafiosa del 2010, suo iudice in questa sede di legittimità, è suscettibile, a sua volta, di annullamento. Ad avviso del ricorrente, alla stregua di tali emergenze, la motivazione dell'ordinanza è manifestamente illogica, e, in ogni caso, anche ove fosse vero quanto dedotto nella stessa, la motivazione non rende conto delle ragioni dell'affermata sua pervicacia criminale e del dedotto suo inserimento in circuito di criminalità mafiosa, essendo, invece, dal 2005 lontano dagli ambienti criminali, come affermato dagli ultimi due collaboratori di giustizia T. e Ta. e da dieci anni in regime di detenzione speciale senza soluzione di continuità. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce manifesta illogicità e travisamento dei fatti, ex art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., nella parte in cui si afferma che le ragioni evidenziate da esso ricorrente revoca dell'obbligo di dimora e conseguimento della laurea sono superate dalle sopravvenute condanne e da ulteriori elementi negativi, non essendovi stata alcuna condanna ed essendovi solo elementi positivi. 2.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce mancanza di motivazione, ex art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., sulla circostanza, dedotta con uno specifico motivo di appello, di avere già scontato l'intera pena. Né, ad avviso del ricorrente, vi è alcuna spiegazione in merito alla ragione per la quale gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico non siano idonei a garantire il rispetto delle prescrizioni imposte. Peraltro, la insussistenza delle esigenze cautelari è dimostrata dal decreto della Corte di appello di Catania del 20 maggio 2009, dal conseguimento della laurea mentre era in vinculis, dalla lunga detenzione, dalla risalenza del fatto e dalla sua prescrizione, tuttavia non chiesta volendosi il riconoscimento giudiziale della innocenza. Considerato in diritto 1. Il ricorso, depurato da riferimenti eccentrici e non pertinenti al thema decidendum, che attiene al solo profilo delle esigenze cautelari, è infondato in ogni sua deduzione. 2. Il convincimento manifestato dal Tribunale, circa la permanenza di esigenze cautelari a carico dell'appellante, appare, infatti, immune da vizi logici e giuridici, perché espressione di un percorso argomentativo coerente con le emergenze processuali richiamate nella decisione e con l'esatta interpretazione e la corretta applicazione dei principi di diritto che riguardano la revoca/sostituzione delle misure cautelari e il sistema giurisdizionale di controllo che si attua mediante l'appello dei provvedimenti confermativi, modificativi o di revoca delle stesse. Il Tribunale, procedendo nei limiti segnati dall'effetto devolutivo dell'appello, ha adeguatamente giustificato gli elementi individuati come rilevanti al fine del mantenimento del presidio cautelare in atto e della conseguente negazione della più attenuata misura richiesta a fronte di un quadro indiziario, la cui gravità aveva già trovato un suo riscontro nella sentenza non definitiva di condanna emessa nel corso del procedimento principale, preclusiva di ulteriore valutazione in sede di procedimento incidentale de libertate tra le altre, Sez. 1, n. 29107 del 14/07/2006, dep. 10/08/2006, Barra, Rv. 235267 Sez. 6, n. 41104 del 19/06/2008, dep. 04/11/2008, Scozia, Rv. 241483 Sez. 1, n. 44081 del 11/11/2008, dep. 26/11/2008, De Rosa, Rv. 241851 Sez. 1, n. 2350 del 22/12/2009, dep. 19/01/2010, Sidari, Rv. 246037 . 2.1. Nell'analisi valutativa condotta il Tribunale ha, in particolare, ragionevolmente valorizzato i precedenti penali a carico dell'appellante per gravi reati comuni e di criminalità organizzata, attestanti unitamente alla sua sottrazione alla esecuzione di provvedimenti coercitivi, la sua pericolosità sociale, richiamando quanto già rappresentato dallo stesso Tribunale in sede di riesame della ordinanza genetica e condividendone l'analisi, ritenuta ostativa alla prospettazione in termini di novità dei profili a essi relativi ha illustrato, rinviando alla posizione giuridica in atti, le pendenze giudiziarie dell'appellante per condanne non ancora definitive in relazione a condotta associativa mafiosa, a estorsioni aggravate dall'art. 7 legge n. 203 del 1991, e a condotta associativa finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti ha evidenziato le ulteriori condanne che hanno contraddistinto la sua biografia giudiziaria ha rimarcato la gravità del fatto per il quale è stata adottata la misura custodiale, commesso in concorso in contesto associativo, e ha tratto dagli indicati elementi conclusivi rilievi afferenti sia all'attitudine a delinquere dell'appellante nei settori dell'ordine pubblico e della incolumità individuale, sia al suo inserimento in un circuito associativo mafioso, sia alla sua insofferenza alle prescrizioni imposte dall'Autorità giudiziaria incidenti sulla sua affidabilità nella esecuzione di misure meno afflittive. Tale analisi non è stata disgiunta dalla congrua valutazione delle deduzioni difensive, afferenti agli elementi prospettati come influenti positivamente sulle esigenze cautelari, dei quali è stata esclusa la fondatezza con esaustive argomentazioni, che hanno posto in evidenza la subvalenza - rispetto agli elementi negativi evidenziati - del conseguimento da parte dell'appellante della laurea triennale e della revoca nei suoi confronti nel giudizio di appello dell'obbligo di dimora, già imposto in primo grado unitamente alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. 2.2. A fronte del giudizio strutturalmente coerente, espresso dal Tribunale, e sicuramente contenuto entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, dep. 06/02/2004, Elia e altri, Rv. 229369 , il ricorrente ha opposto censure che si risolvono in espressioni di dissenso di merito dalle valutazioni svolte in ordine alle ravvisate esigenze cautelari, senza correlarsi con le stesse e con le emergenze processuali che le sostengono, e prospettando - in termini generici e assertivi - una diversa lettura dei dati processuali e una diversa valutazione della loro rilevanza e concludenza in contrapposizione argomentativa a quelle esaustivamente operate con l'ordinanza impugnata, e non sindacabili in questa sede. Tali censure, che infondatamente ravvisano affermate illogicità e asseriti travisamenti nella indicazione dei pregiudizi e delle pendenze penali, conforme, quanto ai primi, al contenuto della indicata ordinanza del 17 febbraio 2012 e, quanto alle seconde, alle risultanze della posizione giuridica in atti, sfociano nella genericità laddove introducono riferimenti alla prescrizione del reato e oppongono la già intervenuta espiazione da parte del ricorrente della intera pena, da prospettare, ove sussistente, al giudice procedente. 2.3. È estranea ai limiti dell'effetto devolutivo dell'appello, non risultando già proposta in sede di merito, la doglianza che riguarda, infine, l'omessa considerazione dell'applicabilità del braccialetto elettronico per garantire il rispetto delle prescrizioni imposte dall'Autorità giudiziaria. Si tratta di censura che è, in ogni caso, infondata. Questa Corte ha, infatti, condivisibilmente già affermato che, in tema di misure cautelari personali, la previsione di cui all'art. 275-bis cod. proc. pen., introdotta dall'art. 16 d.l. n. 341 del 2000, convertito nella legge n. 4 del 2001, non ha introdotto una nuova misura coercitiva ma unicamente una modalità di esecuzione di una misura cautelare personale, la cui applicazione viene disposta dal giudice contestualmente agli arresti domiciliari in considerazione della natura e del grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, e subordinatamente al consenso dell'indagato all'adozione dello strumento elettronico, e ha puntualizzato che il braccialetto rappresenta una cautela che il giudice può adottare, se lo ritiene necessario, non già ai fini della adeguatezza della misura più lieve, e quindi per rafforzare il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione, ma ai fini del giudizio - da compiersi nel procedimento di scelta delle misure - sulla capacità effettiva dell'indagato di autolimitare la propria libertà personale di movimento, assumendo l'impegno di installare il braccialetto e di osservare le relative prescrizioni Sez. 2, n. 47413 del 29/10/2003, dep. 10/12/2003, Bianchi, Rv. 227582 Sez. 5, n. 40680 del 19/06/2012, dep. 17/10/2012, Bottan, Rv. 253716 . 3. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria dovrà provvedere all'adempimento prescritto dall'ari . 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento del Direttore dell'Istituto penitenziario, ai sensi dell'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen