Ove intervenga una transazione tra le parti, senza previsione di risoluzione dell’accordo in caso d’inadempimento, onde verificare la natura novativa o non dell’accordo, è necessario ricostruire la volontà presumibile o effettiva delle parti che dovrà essere individuata in base alle vicende preesistenti e coeve alla conclusione dell’accordo ed alle modalità di esecuzione e svolgimento del rapporto.
La Corte di Cassazione con la pronuncia numero 7208 depositata il 27 marzo 2014, si è pronunciata in materia di accordo transattivo, con particolare riferimento alla sua portata novativa o non novativa. In tale occasione i giudici hanno individuato talune linee guida cui deve ricorrere l’interprete per la ricostruzione della reale volontà delle parti. A tale proposito è utile ricordare come la dottrina prevalente non manifesta perplessità alcuna in ordine alla natura negoziale e, in particolar modo, contrattuale della novazione oggettiva di una precedente obbligazione in virtù della sua sostituzione con una nuova. È inoltre opinione diffusa che la causa della novazione, che può dedursi dal tenore letterale dell'articolo 1230 c.c., debba individuarsi nell'interesse delle parti alla sostituzione del rapporto obbligatorio preesistente con un nuovo rapporto. Il fatto. L’appaltatore incaricato della ristrutturazione di una villa, conveniva in giudizio l’appaltante chiedendone la condanna al pagamento dell’integrale saldo delle opere. Costituitosi nella procedura, l’appaltante negava la fondatezza della domanda sostenendo di aver risolto il contratto nel 2000 a causa di inadempimenti ascrivibili all’appaltatore, nonché a causa di vizi e gravi ritardi nell’esecuzione delle opere commissionate, opponendo, altresì, in compensazione un credito a titolo di risarcimento danni. In primo grado la domanda era accolta. Anche la Corte di Appello confermava la pronuncia. Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’appaltante affidato a differenti motivi. Per quanto in questa sede preme evidenziare, la doglianza meritevole di essere analizzata è quella relativa alla qualificazione giuridica dell’accordo transattivo intervenuto tra le parti. Occorre premettere che nell’anno 2000, le parti concludevano un accordo, qualificato come transattivo, con cui si conveniva che l’appaltatore avrebbe eliminato i vizi ed i difetti dell’immobile, indicati nella perizia stragiudiziale posta a corredo della scrittura, mentre l’appaltante si impegnava a corrispondere alla ditta appaltatrice una somma di denaro, differente rispetto a quella originariamente pattuita, quale saldo per la realizzazione delle opere. La tesi del ricorrente trattasi di transazione novativa. Il ricorrente sosteneva che tale scrittura non andasse qualificata come transazione, bensì come nuovo contratto giacché, in essa, le parti non addivenivano a delle reciproche concessioni, regolamentandosi invece il pregresso rapporto. L’appaltante sosteneva pure che ove si volesse optare per la qualificazione giuridica dell’accordo come transattivo, si sarebbe dovuto comunque attribuire allo stesso efficacia novativa per diverse ragioni la ditta esecutrice dei lavori, nel testo dell’accordo, non aveva contestato l’esistenza dei vizi rilevati dall’ingegnere incaricato della perizia ed aveva affermato che le somme da pagare si riferissero ai lavori da eseguire, non rilevando alcuna riserva di far valere i crediti pregressi. La Corte di Appello non si pronuncia sulla natura dell’accordo. La Cassazione ha affermato che era emerso in corso di causa come le parti si fossero accordate nel senso che mentre l’appaltatore avrebbe dovuto eliminare i vizi riconosciuti dalla perizia, l’appaltante avrebbe dovuto saldare il pagamento delle opere ad un prezzo differente da quello iniziale. Era pure stato accertato che tale accordo non aveva avuto esecuzione e che l’appaltante era receduto dal contratto, affidando i lavori ad altra ditta. La Corte di Appello aveva di fatto qualificato la scrittura come transazione non novativa. Su questo punto l’organo di legittimità ha precisato che, sebbene l’accordo andasse qualificato come transattivo, essendo emersa dall’istruttoria l’esistenza di reciproche concessioni tra le parti, ciò che non veniva giustificata era l’esclusione della sua natura novativa, stante il mero richiamo alle ragioni espresse dal primo giudice. Gli Ermellini hanno rilevato che, sebbene la Corte di Appello avesse accertato l’inadempimento dell’appaltatore alla transazione, nulla aveva detto con specifico riferimento alla sua efficacia novativa o non novativa, non avendo per altro le parti pattuito la risoluzione del contratto di transazione in caso d’inadempimento ex articolo 1976 c.c. La verifica sulla natura novativa della transazione operata dalla Cassazione. Alla luce del rappresentato vizio motivazionale della pronuncia, i giudici di nomofilachia hanno evidenziato che per verificare se l’accordo abbia o meno portata novativa, occorra ricostruire l’effettiva volontà delle parti, onde accertare le ragioni che le portarono alla conclusione della transazione, tenendo in debito conto i criteri legali d’interpretazione. In altri termini è necessario appurare se l’accordo ha avuto come scopo quello di evitare la lite ed affrettare il pagamento, pur senza riconoscimento alcuno dei vizi lamentati dal committente, ovvero se, a seguito dell’accertamento sull’esistenza dei vizi, abbia determinato il minor valore delle opere realizzate, rispetto alla pattuizione originaria. Concludendo. Ove si accerti che il fatto possa essere sussunto alla prima ipotesi pocanzi prospettata, compatibilmente con gli altri indici interpretativi, si dovrà concludere per il carattere non novativo della transazione, giacché con l’inadempimento viene meno lo scopo che lo stesso intendeva perseguire, cioè quello di affrettare la soddisfazione del suo credito conseguentemente risulterà meritevole di tutela l’interesse del creditore a far rivivere la situazione preesistente. Diversamente, ove si accertasse che il creditore abbia riconosciuto un minor valore alle opere realizzate, avendo egli accettato un importo minore nella scrittura transattiva, si dovrà valorizzare il principio di buona fede ex articolo 1366, con conseguente assegnazione di efficacia novativa alla transazione ed esclusione del diritto dell’appaltatore di pretendere la riscossione dell’intero valore dell’appalto. In questi termini la vicenda è stata cassata con rinvio alla Corte di appello che dovrà uniformarsi ai principi di diritto enunciati.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 29 gennaio – 27 marzo 2014, numero 7208 Presidente Amatucci – Relatore Lanzillo Svolgimento del processo Con atto di citazione in data 15 luglio 2002 M.I.W. , titolare dell'impresa omonima, ha convenuto davanti al Tribunale di Verbania R.A. , chiedendone la condanna al pagamento di Euro 128.437,31, od in subordine di Euro 90.379,96, a saldo dei lavori di ristrutturazione di una villa in , di cui al contratto di appalto stipulato il 16.2.1996. Il convenuto ha resistito alla domanda, affermando di avere risolto il contratto fin dal settembre 2000, a causa di inadempimenti dell'appaltatore e di gravi ritardi e vizi nell'esecuzione delle opere, per cui aveva dovuto rivolgersi ad altra impresa. Ha opposto in compensazione ad ogni ipotetico credito dell'attore il suo credito per risarcimento dei danni. Il Tribunale, accogliendo la domanda principale dell'attore, ha condannato il R. a pagare la somma di Euro 128.437,31, oltre interessi e spese processuali. Il R. ha proposto appello, a cui ha resistito il M. . Con sentenza 18 marzo 2009/22 marzo 2010 numero 413, notificata il 29 luglio 2010, la Corte di appello di Torino ha confermato la decisione di primo grado. Con atto notificato il 10 novembre 2010, il R. propone tre motivi di ricorso per cassazione. Resiste con controricorso la s.r.l. Maulini Impresa Edile, subentrata all'impresa individuale a seguito del decesso di M.I. . Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo, denunciando violazione di norme di legge non meglio specificate e vizi di motivazione, il ricorrente denuncia il capo della sentenza di appello che ha respinto una sua eccezione di mutatio libelli , in relazione alla domanda subordinata, formulata dal M. in primo grado. 1.1.- Il motivo è inammissibile per difetto di specificità. Il ricorrente non precisa quale sia la domanda inizialmente formulata dal M. quale la domanda diversa che questi avrebbe formulato nel corso del giudizio in che data e tramite quali atti sarebbe stata proposta, sì da dimostrarne la tardività. Il ricorrente menziona solo genericamente una domanda del R. ex articolo 2041 cod. civ. e non spiega per quali ragioni sarebbe errata la motivazione della Corte di appello che ha ritenuto non essersi trattato di domanda nuova, ma della mera precisazione della domanda inizialmente proposta. 2.- Il secondo motivo, deducendo violazioni di legge e vizi di motivazione, censura la sentenza impugnata nel capo in cui ha qualificato come transazione l'accordo intercorso fra le parti il 23 giugno 2000, tramite il quale - a seguito di una perizia stragiudiziale redatta dall'ing. D.M. - il M. si è impegnato ad eliminare vizi e difetti dell'immobile, indicati nella perizia medesima, e le parti hanno quantificato in £ 225.000.000 la somma dovuta dal R. per i lavori di ristrutturazione, di cui L. 50.000.000 già versati ed il resto da corrispondere progressivamente, alla realizzazione delle opere. Assume il ricorrente che la scrittura configura un nuovo contratto, non una transazione, in quanto non contiene reciproche concessioni, ma solo una nuova regolamentazione del pregresso rapporto, ormai esaurito che in ogni caso, ove di transazione si tratti, ad essa deve essere attribuita efficacia novativa, in quanto il M. , nel sottoscriverla, non ha contestato l'accertamento dell'ing. D. circa i vizi delle opere ha dato atto che le somme da pagare si riferiscono ai lavori da eseguire e non ha formulato alcuna riserva di far valere i crediti pregressi. 2.1.- Il motivo è fondato, nei termini e per le ragioni che seguono. È stato accertato in corso di causa che, a seguito di una perizia stragiudiziale, le parti si sono accordate nel senso che il M. avrebbe eliminato i vizi riconosciuti dalla perizia ed il R. avrebbe corrisposto a saldo di quanto dovuto la somma di L. 225.000.000, sopra indicata tanto che il M. ha proposto, in subordine, domanda di condanna del R. quanto meno al pagamento della somma concordata in via transattiva detratti gli acconti già versati . L'accordo non ha poi avuto esecuzione perché il R. , nel settembre 2000, ha comunicato il recesso dal contratto di appalto rivolgendosi ad altra impresa. La Corte di appello ha accolto la domanda principale del M. , avente ad oggetto la somma richiesta dall'attore prima della stipulazione dell'accordo, con la motivazione che la transazione intercorsa fra le parti non aveva carattere novativo e che pertanto il R. , avendo ingiustificatamente esercitato il recesso dall'accordo prima ancora che la controparte completasse i lavori, può essere condannato al pagamento dell'intera somma inizialmente richiesta. La decisione va condivisa quanto alla qualificazione dell'accordo come transazione, ma non quanto al suo carattere non novativo. La Corte di appello ha dato atto che l'accordo è sopraggiunto a chiusura di una controversia fra le parti circa la sussistenza o meno dei vizi e ritardi nell'esecuzione delle opere, contestati dal committente, e che a seguito del quale accordo ognuna delle parti ha parzialmente modificato le sue pretese l'appaltatore riducendo la somma richiesta ed impegnandosi ad eliminare i difetti riscontrati dalla perizia il committente impegnandosi a pagare a saldo una somma parzialmente ridotta, anziché contestare l'intera attività. Ha perciò ravvisato gli estremi delle reciproche rinunce e concessioni, che giustificano la qualificazione dell'accordo come transazione. Non emerge invece in alcun modo dalla sentenza impugnata per quali ragioni e sulla base di quali criteri interpretativi sia stata esclusa l'efficacia novativa dell'accordo, considerato che la Corte di appello si è limitata a rinviare, sul punto, alla motivazione della sentenza di primo grado Il Collegio ritiene doversi escludere siffatto carattere, per le ragioni diffusamente esposte dal primo giudice ff. 15-16 della sentenza impugnata , alle quali può operarsi in questa sede integrale richiamo Pur se in linea di principio deve ammettersi la possibilità che la motivazione della sentenza pronunciata in sede di gravame dichiari di voler fare proprie le argomentazioni del primo giudice, occorre tuttavia che siano almeno sinteticamente indicate le ragioni richiamate, con specifico riferimento ai motivi di impugnazione proposti, sì che risulti comprensibile alle parti, ed in particolare al soccombente, quali siano gli argomenti a supporto della decisione Cass. civ. Sez. 3, 2 febbraio 2006 numero 2268, Idem, 11 giugno 2008 numero 15483 Cass. civ Sez. 2, 12 agosto 2010 numero 18625 Cass. civ. Sez. 3,28 giugno 2011 numero 14265 . La Corte di appello si è limitata ad affermare che non può non convenirsi con l'affermazione del primo giudice . a mente della quale dal secondo contratto, esclusa la pretesa ma infondata novazione, il convenuto non può farne [sic] derivare obbligazioni a carico del M. , avendo unilateralmente assunto l’iniziativa di svincolarsi, volontà nella sostanza dei fatti accettata e recepita dal M. . . Tali considerazioni nulla dicono circa la natura novativa o meno dell'accordo transattivo intercorso fra le parti, in quanto sembrano affrontare il problema dell'inadempimento del R. alla transazione e di un suo ipotetico addebito alla controparte di non avere eseguito i lavori per l'eliminazione dei vizi questioni entrambe non proposte dalle parti, ed in particolare dall'appellante, e non oggetto di causa, in quanto qui si trattava solo di stabilire se, a seguito del recesso del R. dall'accordo transattivo, dovesse rivivere la situazione preesistente - quindi il credito originariamente azionato dal M. - o solo il credito inferiore, concordato in sede di transazione. La motivazione della Corte di appello nulla specifica e nulla spiega al riguardo. Accerta l'inadempimento del M. alla transazione, ma l'inadempimento non dimostra di per sé la natura novativa dell'accordo solo accerta il presupposto in presenza del quale si pone il problema di stabilire se la transazione abbia o non abbia efficacia novativa, quindi se il M. possa pretendere l'intera somma originariamente richiesta o solo quella concordata con la transazione, come da lui richiesto con la domanda proposta in subordine, non avendo le parti pattuito la risoluzione della transazione nel caso di inadempimento, ai sensi dell'articolo 1976 cod. civ La sentenza impugnata ha completamente eluso il problema, che dovrà essere riesaminato e risolto alla luce dei principi che regolano l'interpretazione dei contratti. La Corte di rinvio dovrà tenere conto, a tal proposito, dell'effettiva o presumibile volontà delle parti, quale può essere ricostruita in relazione alle vicende preesistenti e coeve alla conclusione dell'accordo ed alle modalità di svolgimento e di esecuzione del rapporto, tenendo presente che nei casi simili a quello di specie, in cui l'accordo transattivo è consistito in una riduzione del prezzo delle opere, a seguito di contestazioni del committente, particolare rilevanza assume l'accertamento relativo all'effettiva sussistenza dei vizi, difetti o ritardi nell'esecuzione delle opere al cui esatto adempimento era stato commisurato il prezzo iniziale. Al fine di ricostruire la volontà delle parti occorre accertare, per esempio, per quali ragioni il debitore abbia preteso una riduzione del prezzo, e il creditore si sia indotto ad accettarla se per esempio l'accettazione sia intervenuta solo dal fine di evitare la lite ed affrettare il pagamento, pur a fronte dell'infondatezza delle contestazioni, o se invece sia dovuta all'effettivo accertamento dei vizi lamentati dal committente, quindi del minor valore delle opere, rispetto a quanto originariamente pattuito. Nel primo caso l'interprete può propendere per il carattere non novativo della transazione - ove ciò sia compatibile con gli altri indici interpretativi - poiché viene meno, con l'inadempimento, lo scopo perseguito dal creditore di affrettare comunque la soddisfazione del suo credito, quindi la giustificazione della sua rinuncia a far valere tutte le sue ragioni. Può ritenersi quindi meritevole di tutela l'interesse del creditore a far rivivere la situazione preesistente. Nel secondo caso per contro - ove cioè l'accordo si fondi sull'accertamento dell'effettiva fondatezza delle doglianze del committente, a fronte delle perizie che hanno preceduto l'accordo transattivo - deve valutarsi se si possa presumere che il creditore, accettando il prezzo minore, abbia implicitamente riconosciuto il minor valore delle opere eseguite donde la maggiore conformità ai criteri legali di interpretazione - ed in particolare al principio di buona fede di cui all'articolo 1366 cod. civ. - della scelta che assegni alla transazione efficacia novativa, sì da escludere che l'appaltatore possa pretendere di riscuotere comunque l'intero, facendo rivivere l'accordo preesistente, nonostante l'accertata fondatezza, in tutto o in parte, dei motivi che avevano sollecitato la conclusione della transazione. 3.- Il terzo motivo, che denuncia violazione degli articolo 111 e 117 Cost. 6, 1^ comma e 3 lett. d CEDU, nonché vizi di motivazione, nel capo in cui la Corte di appello ha ritenuto non provati i difetti delle opere ed ha omesso di procedere ad attività istruttoria sulle sue domande, risulta assorbito, trattandosi di questioni che presuppongono la decisione sulla natura e sugli effetti della transazione. 4.- In accoglimento del secondo motivo, la sentenza impugnata è annullata nel capo corrispondente, con rinvio della causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, affinché proceda all'interpretazione della transazione ed all'individuazione dei suoi effetti, con congrua e logica motivazione, uniformandosi ai principi sopra enunciati. 5.- La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte di cassazione accoglie il secondo motivo di ricorso rigetta il primo motivo e dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.