Il sequestro preventivo si estende al profitto del reato

Il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, disposto nei confronti della persona sottoposta ad indagini per uno dei reati previsti dall'articolo 640 quater c.p. può avere ad oggetto beni per un valore equivalente non solo al prezzo, ma anche al profitto del reato, in quanto la citata disposizione richiama l'intero articolo 322 ter c.p È dunque infondata la tesi che esclude la confiscabilità per equivalente del profitto dei reati contemplati dall'articolo 640 quater c.p., negando la riferibilità diretta e non analogica del rinvio di cui ivi al secondo comma dell'articolo 322 ter c.p

Questi i principi di diritto ribaditi dalla seconda sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza numero 8838, depositata il 24 febbraio 2014. La confisca per equivalente La pronuncia in esame richiama diffusamente la giurisprudenza di legittimità formatasi in merito all’istituto della confisca per equivalente, cioè a quella che è stata definita una vera e propria sanzione, disposta su somme di denaro, beni o altre utilità di cui il reo abbia la disponibilità per un valore corrispondente al prezzo, al prodotto e al profitto del reato. Mediante tale istituto, viene assolta una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l'imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile. Essa è, pertanto, connotata dal carattere afflittivo, e da un rapporto consequenziale alla commissione del reato proprio della sanzione penale, mentre esula dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione, che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza. La confisca per equivalente può essere applicata unicamente con riguardo a somme percepite anteriormente all’entrata in vigore delle norme che la consentono. In altri termini, essa non può essere applicata retroattivamente, in quanto – come detto – ha natura sanzionatoria, e non di misura di sicurezza patrimoniale. Proprio su tali basi è stata ritenuta manifestamente infondata, dalla Corte Costituzionale sentenza numero 97/2009 , la questione di legittimità degli articolo 200, 322 ter c.p. e 1, comma 143, l. numero 244/2007, censurati, in riferimento all'articolo 117, comma 1, Cost., nella parte in cui prevedono la confisca obbligatoria cosiddetta per equivalente di beni di cui il reo abbia la disponibilità, con specifico riguardo ai reati tributari commessi anteriormente all'entrata in vigore della citata legge del 2007. Il problema si era posto, nella giurisprudenza di legittimità, sulla base della duplice considerazione che il comma 2 dell'articolo 25 Cost. vieta l'applicazione retroattiva di una sanzione penale, e che la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto in contrasto, con i principi sanciti dall'articolo 7 CEDU, l'applicazione retroattiva di una confisca di beni, riconducibile proprio ad un'ipotesi di confisca per equivalente. Al riguardo, si è confermato che la mancanza di pericolosità dei beni che sono oggetto della confisca per equivalente, unitamente all'assenza di un «rapporto di pertinenzialità» tra il reato e detti beni, conferiscono all'indicata confisca una natura eminentemente sanzionatoria, che impedisce l'applicabilità, a tale istituto, del principio generale dell'articolo 200 c.p., secondo cui le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione, e possono essere, quindi, retroattive. Altra caratteristica fondamentale dell’istituto de quo è che la confisca non può avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato, il che sta a significare che la motivazione del provvedimento che la dispone dovrà dare atto della valutazione della equivalenza fra il valore dei beni confiscati e l’entità del profitto riveniente dal reato. e l’interpretazione letterale della legge. Nella decisione in commento, i Giudici della seconda sezione penale hanno richiamato l’articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, il cui primo comma stabilisce che, nell'applicare la legge, non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. La Corte ha disatteso le deduzioni ed argomentazioni della difesa degli indagati, riportandosi alla lettera dell’articolo 640 quater c.p., a norma del quale, nei casi di cui agli articoli 640, comma 2, numero 1, 640 bis e 640 ter, comma 2, del medesimo codice, con esclusione dell'ipotesi in cui il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nell'articolo 322 ter c.p Dalla semplice lettura della norma citata, appare in effetti evidente che il legislatore ha inteso ampliare l’ambito di applicabilità dell’istituto della confisca per equivalente al profitto dei reati previsti dall’articolo 640 quater c.p., oltre che al prezzo dei medesimi, non essendo affatto desumibile, dall’interpretazione letterale del precetto penale in esame, l’intenzione di circoscrivere il rinvio all’articolo 322 ter c.p. al solo primo comma di tale articolo.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 20 novembre 2013 – 24 febbraio 2014, numero 8838 Presidente Carmenini – Relatore Iasillo Osserva In data 09/04/2013, il G.I.P. del Tribunale di Cagliari emise decreto di sequestro preventivo finalizzato alla successiva confisca per un valore equivalente al profitto del reato - ai sensi dell'articolo 640 quater del c.p. - dei beni mobili, immobili e dei crediti appartenenti a M.F. e M.comma imputati del reato di truffa aggravata ai danni dello Stato. Avverso tale provvedimento i predetti imputati proposero istanza di riesame, ma il Tribunale di Cagliari, con ordinanza del 21/05/2013, la respinse. Ricorre per cassazione il difensore degli imputati eccependo che il rinvio operato dall'ari. 640 quater c.p. all'ari. 322 ter c.p. deve essere inteso come riferito solo al primo comma di tale ultimo articolo che consente il sequestro per equivalente e la successiva confisca solo per il prezzo del reato. A sostegno della sua tesi il difensore degli imputati cita una decisione di questa Suprema Corte Sez. U, Sentenza numero 38691 del 25/06/2009 Cc. - dep. 06/10/2009 - Rv. 244189 e la novella del primo comma dell'ari. 322 ter c.p. operata dal Legislatore con la Legge 06.11.2012 numero 190 con la quale dopo la parola prezzo è stata aggiunta anche la parola profitto . Il difensore dei ricorrenti conclude, quindi, per l'annullamento dell'impugnato provvedimento. In data 05.11.2013 il difensore dei ricorrenti deposita una memoria con la quale evidenzia di nuovo le ragioni a sostegno del ricorso. Motivi della decisione Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. Invero il Tribunale ha correttamente risposto alla doglianza del difensore dei ricorrenti e con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione ha esposto le ragioni e i principi di diritto che lo hanno portato a rigettare la richiesta di riesame. Dunque, il difensore dei ricorrenti ha sostenuto - e sostiene ancora nel ricorso e nella memoria, nonostante quanto esposto dal Tribunale - che il rinvio operato dall'ari 640 quater c.p. all'articolo 322 ter c.p. deve essere inteso come riferito solo al primo comma di tale ultimo articolo che consente il sequestro per equivalente e la successiva confisca solo per il prezzo del reato quindi nel caso di specie non sarebbe stato possibile il sequestro preventivo per equivalente essendo i ricorrenti imputati per truffa aggravata ai danni dello Stato. Orbene il Tribunale, come già accennato, ha in primo luogo richiamato il principio di diritto di questa Suprema Corte a Sezioni Unite secondo il quale il sequestro preventivo, funzionale alla confisca, disposto nei confronti della persona sottoposta ad indagini per uno dei reati previsti dall'articolo 640 quater cod. penumero può avere ad oggetto beni per un valore equivalente non solo al prezzo, ma anche al profitto del reato, in quanto la citata disposizione richiama l'intero articolo 322 ter cod. penumero Sez. U, Sentenza numero 41936 del 25/10/2005 Cc. - dep. 22/11/2005 - Rv. 232164 . Lo stesso Tribunale sottolinea, poi, come dal 2005 la giurisprudenza di questa Corte è univoca nel confermare il suddetto principio si vedano ex plurimis e solo a titolo esemplificativo Sez. 6, Sentenza numero 37090 del 30/05/2007 Cc. - dep. 08/10/2007 - Rv. 237608 Sez. 2, Sentenza numero 26792 del 03/03/2011 Cc. - dep. 08/07/2011 - Rv. 250757 Sez. 2, Sentenza numero 20976 del 22/02/2012 Cc. - dep. 31/05/2012 - Rv. 252842 Sez. 2, Sentenza numero 10265 del 21/02/2013 Cc. - dep. 05/03/2013 - ricorrente Antro, non massimata . Il difensore dei ricorrenti con il ricorso e con la memoria difensiva cerca di contrastare quanto deciso dal Tribunale con argomenti che o non tengono assolutamente conto di quanto questa Corte ha affermato costantemente sul punto dal 2005 ad oggi, o che risultano in netto contrasto con la sua stessa tesi. Infatti, ad esempio 1 richiama la giurisprudenza e la dottrina precedente alla decisione delle Sezioni Unite del 2005 si veda pagina 3 del ricorso 2 denuncia la genericità del richiamo dell'articolo 640 quater all'intero articolo 322 ter c.p., ma poi cita la sentenza della Corte Costituzionale del 19.07.1989 numero 472 e non del 1979 come indicato a pagina 6 del ricorso che nell'affrontare una questione ritenuta dal difensore analoga a quella di cui ci occupiamo oggi la decide in modo contrario a quanto da lui sostenuto questione relativa al fatto che l'articolo 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, numero 898, confliggerebbe con l'articolo 25, secondo comma, della Costituzione, coordinato con l'articolo 1 del codice penale perché la fattispecie prevista dalla norma denunciata presenterebbe una indeterminatezza sia del precetto sia della sanzione, in palese violazione del principio di legalità . Invero, con tale sentenza si dichiara l'inammissibilità della questione di illegittimità costituzionale sollevata statuendo, tra l'altro, che scegliere la soluzione preferibile alla stregua del sistema, come si è preoccupata dialetticamente di fare la dottrina occupatasi del problema, è compito specifico dell'interprete e, quindi, nella specie, del giudice ordinario, in conformità a quanto accade ogni volta in cui si debbano applicare disposizioni dalla lettura non pacificamente univoca . Il difensore dei ricorrenti supera l'evidente contrasto tra quanto deciso dalla Corte Costituzionale e quanto da lui sostenuto affermando apoditticamente unicamente che tuttavia la pronuncia - basata su argomentazioni fragili e superabili - è stata ampiamente criticata dalla dottrina si veda pagina 6 del ricorso 3 evoca la sentenza delle Sezioni Unite del 2009 che afferma in tema di peculato, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente disciplinata dall'articolo 322 ter, comma primo cod. penumero , può essere disposto, in base al testuale tenore della norma, soltanto per il prezzo e non anche per il profitto del reato Sez. U, Sentenza numero 38691 del 25/06/2009 Cc. - dep. 06/10/2009 - Rv. 244189 sentenza che correttamente il Tribunale ha ritenuto ininfluente sulla questione che si affronta oggi lo stesso discorso è stato fatto dal Tribunale per la modifica al primo comma dell'articolo 322 ter del c.p. dall'articolo 1, comma 75 lett. O, della L. 06.11.2012, modifica ritenuta dal difensore dei ricorrenti favorevole alla sua tesi in quanto tale decisione delle Sezioni Unite così come la novella di cui sopra tra parentesi ha prodotto effetti esclusivamente nell'ambito interno del primo comma dell'articolo 322 ter, ma non ha inciso in alcun modo sul secondo comma dello stesso articolo, né sul significato e l'ampiezza del rinvio contenuto nell'articolo 640 quater . A proposito della sentenza delle Sezioni unite del 2009 evocata dal ricorrente è opportuno sottolineare che in tale sentenza si perviene alla decisione di cui sopra facendo esplicito riferimento al testuale tenore della norma , riferimento che - come si vedrà - costituisce il punto di partenza anche della decisione della sentenza delle Sezioni Unite del 2005 che afferma a favore di tale tesi quella di cui alla massima che ritiene legittimo il sequestro e la confisca per equivalente nel caso de quo nds milita anzitutto la lettera di tale norma, che fa un rinvio indifferenziato in quanto applicabili alle disposizioni contenute nell'articolo 322 ter cod. penale . Si è voluto rimarcare quanto sopra perché nel ricorso - ed anche nelle decisioni contrarie precedenti al principio ormai consolidato fissato dalle Sezioni Unite nel 2005 - sembra essere stato completamente dimenticato il primo canone ermeneutico per l'interpretazione della legge e cioè quel il significato proprio delle parole - primo criterio dell'articolo 12 delle preleggi - che non deve essere disgiunto dal criterio logico sistematico al quale si riferisce espressamente la sentenza - evocata dal ricorrente - della Corte Costituzionale del 19.07.1989 numero 472 nell'affrontare il caso - di cui si è sopra detto - analogo a quello di cui ci occupiamo oggi. Per concludere è opportuno ricordare i punti fondamentali della motivazione della sentenza delle sezioni Unite del 2005 - di cui si è sopra riportata la massima - per la chiarezza con la quale risolve il problema dopo aver ricostruito la genesi della confisca per equivalente, la sua natura e ciò che ha precisato su di essa la giurisprudenza di questa Corte, dopo aver specificato la differenza tra prezzo, prodotto e profitto del reato e il carattere onnicomprensivo della locuzione provento del reato nella sentenza si richiamano anche i lavori preparatori delle varie leggi che si sono succedute sul punto e le importanti convenzioni internazionali sulla materia . In tale sentenza si afferma La questione giuridica rimessa a questo Collegio è se, in forza del richiamo all'articolo 322 ter cod. penumero , contenuto nell'ari. 640 quater cod. penumero , la confisca di beni per un valore equivalente al profitto del reato possa e debba essere disposta anche nel caso di condanna per uno dei delitti previsti dall'articolo 640 c.p., comma 2 numero 1, articolo 640 bis c.p. e articolo 640 ter cod. penale. Orbene, va rilevato che l'articolo 322 ter, oltre a rendere obbligatoria per taluni delitti anche la confisca del profitto secondo una linea di rigore, che troverà il suo completamento nell'articolo 335 bis c.p., introdotto dalla L 27 marzo 2001 numero 97 , ha previsto anche, per gli stessi delitti, la confisca obbligatoria per equivalente o di valore , differenziandone però la disciplina, fra il primo e il secondo comma, in relazione al suo collegamento al prezzo ovvero al profitto del reato. Venendo ora specificamente al contrasto che ha determinato la rimessione del ricorso a questo Collegio, si osserva che la tesi che esclude la confiscabilità per equivalente del profitto dei reati indicati nell'articolo 640 quater c.p. si basa essenzialmente sull'assunto che il rinvio operato dall'articolo 640 quater c.p. riguarderebbe soltanto le disposizioni di tipo generale contenute nel primo comma dell'articolo 322 ter, in cui si prevede la confisca per equivalente del prezzo del reato, e non quelle invece del secondo comma, che sarebbero state dettate esclusivamente per il delitto di cui all'articolo 321 c.p. e non sarebbero quindi estensibili in ragione dell'inciso in quanto applicabili alle diverse fattispecie di truffa. Stante poi la ricordata differenza sostanziale sotto il profilo giuridico dei termini profitto e prezzo del reato, il profitto dei reati di frode di cui all'articolo 640 quater c.p. quale è indubbiamente quello conseguito, in ipotesi accusatoria, dal Mu. non potrebbe in ogni caso coincidere con il concetto di prezzo del reato. In tal senso si è espressa la Corte con Sez. 1^, 28/05/2003, dep. 18/06/2003, est. Chieffi, ric. P.M. in proc. Silletti, RV. 226137, alla quale si è riportata espressamente di recente Sez. 2A, 1 marzo 2005, dep. 18 marzo 2005, numero 10875, est. Cardella, rie. Geremicca, non massimata. Anche secondo Sez. 2^ 28/4/2004, dep. 09/02/2005, nnumero 4852 e 4853, est. Conzatti, ric. Napolitano G., non massimale, la confisca del tantundem prevista dall'articolo 640 quater c.p. non può essere riferita al profitto del reato per cui si procede, stante la limitazione di tale forma di confisca, nel richiamato articolo 322 ter c.p., alla sola fattispecie di cui all'articolo 321 c.p La tesi in esame viene corroborata dalle sentenze numero 8717 e 8718, della Sez. 2^, 15/02/2005, rie. Napolitano, non massimate, col richiamo ai lavori parlamentari della L. 29 settembre 2000, numero 300, che, nell'autorizzare la ratifica di vari atti internazionali, avrebbe, per quel che riguarda la confisca, dato specifica attuazione all'articolo 3, comma 3, della Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione, prevedendo la confisca per equivalente essenzialmente con riferimento alla tangente della corruzione ed ai benefici che dal patto corruttivo sono derivati. In tale ricostruzione, l'eliminazione dal primo comma dell'articolo 322 ter del riferimento al profitto, originariamente previsto nel testo del disegno di legge presentato dal Governo, fu l'effetto non di un semplice errore di coordinamento, ma di una precisa scelta, derivante dall'allargamento della platea dei reati presi in considerazione e dalla ritenuta esigenza di differenziare il regime della confisca proprio in ragione della diversa tipologia delle fattispecie considerate. In particolare, l'inserimento del nuovo delitto previsto dall'articolo 316-ter c.p. fra quelli per i quali operava il regime particolare stabilito dall'articolo 322-ter c.p., avrebbe reso necessaria la previsione di un regime di analogo rigore per la figura finitima prevista dall'articolo 640 bis c.p. La diversa formulazione del D.lgs. 8 giugno 2001 numero 231, ari. 19, che ha espressamente previsto la confisca per equivalente avente ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato, confermerebbe che nei casi in cui la confisca per equivalente può riguardare tanto il profitto che il prezzo del reato, ciò deve emergere univocamente dal testo della norma. Né, ovviamente, alla clausola di compatibilità - enunciata dall'articolo 640-quater c.p. nel richiamo all'articolo 322 ter c.p. - potrebbe essere annessa una portata di estensione analogica dell'eccezionale istituto della confisca per equivalente, estensione costituzionalmente inibita in campo penale. A favore della confiscabilità per equivalente del profitto dei reati contemplati dall'articolo 640 quater c.p. si è schierata invece altra giurisprudenza, sviluppata in particolare da Sez. 1^, 12/01/2005, dep. 09/03/2005, numero 9395, est. Giordano, ric. Cacciavillani, RV. 231063, che considera la tesi negativa contraria alla ratio della citata norma, tendente a più efficacemente contrastare il fenomeno criminoso della indebita percezione di fondi, e ritiene legittimo, sotto il profilo tecnico-giuridico, il collegamento del richiamo contenuto nell'articolo 640 quater c.p., comma 2, articolo 322 ter c.p., escludendo che a tanto possa ostare la circostanza che tale ultima disposizione contenga, ai fini della determinazione dei beni confiscabili, anche un riferimento a un termine di raffronto - il denaro o altra utilità dati o promessi per realizzare la corruzione - estraneo alla fattispecie di cui all'articolo 640 bis c.p. e ciò in quanto l'applicazione a tale delitto della parie della norma funzionale al suo principale obbiettivo, che è quello di rendere suscettibili di confisca beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a quello del profitto del reato commesso, è autonoma dalla operatività della disposizione secondo cui tale valore non deve comunque essere inferiore a quello individuabile solo mediante il suddetto termine di raffronto. Ad avviso del Collegio, è fondata la tesi che sostiene la confiscabilità per equivalente del profitto dei reati contemplati dall'ari. 640 quater c.p., in forza della riferibilità diretta e non analogica del rinvio di cui ivi all'ari. 322 ter, c.p. comma 2. A favore di tale tesi milita anzitutto la lettera di tale norma, che fa un rinvio indifferenziato in quanto applicabili alle disposizioni contenute nell'ari. 322 ter cod. penale. Né può sostenersi che il primo comma dell'articolo 322 ter c.p. rappresenterebbe la norma di carattere generale, disciplinante la confisca per equivalente, mentre il secondo comma riguarderebbe solo una fattispecie delittuosa specifica. Anche la norma del primo comma, infatti, è formulata non in termini generali ma con specifico riferimento a singole fattispecie delittuose. Neppure ha pregio, in senso contrario, l'obiezione che fa leva sulla circostanza che ai delitti compresi nell'articolo 640 quater c.p. non è applicabile l'ultima parte del secondo comma dell'articolo 322 ter c.p., relativa al limite minimo rappresentato dal quantum dato o promesso al pubblico operatore. L'inciso in questione, infatti - come ha correttamente rilevato la sentenza Cacciavillani, sopra ricordata -, non è per nulla essenziale ai fini dell'autonoma operatività del resto della disposizione, e la sua disapplicazione ai casi di cui all'articolo 640 quater c.p. è perfettamente coerente con l'espressa previsione della clausola di compatibilità in quanto applicabili contenuta in tale ultima norma. Ma a favore della tesi affermativa qui sostenuta, al di là del pur significativo trend internazionale inteso a estendere l'istituto della confisca di valore, milita in modo decisivo l'esame dei lavori preparatori della legge, con cui furono introdotte le norme di cui agli articolo 322 ter e 640 quater cod. penale. Com'è noto, le norme innovative de quibus sono state introdotte nel nostro ordinamento con la L numero 300 del 29 settembre 2000, che autorizzò la ratifica di una serie di importanti convenzioni internazionali, fra cui, in particolare, la Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, la Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionali delle Comunità Europee o degli Stati membri dell'Unione Europea, fatta a Bruxelles il 26 maggio 1997, e la Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, con annesso, fatta a Parigi il 17 dicembre 1997. In quest'ultimo atto, sulla scia del già ricordato indirizzo inaugurato negli anni '80, volto a impegnare gli Stati all'adozione di strumenti più incisivi per colpire i vantaggi economici derivanti dall'attività criminosa, facendo anche ricorso, oltre che alla confisca in forma specifica dei proventi c.d. confisca di proprietà , a quella ricadente su beni di valore ad essi equivalente c.d. confisca di valore , si prevedeva, fra l'altro all'articolo 3, par. 3 , che ciascuna parte adottasse le misure necessarie affinché la tangente ed i proventi proceeds, nel testo originale derivanti dalla corruzione di un pubblico ufficiale straniero, o i beni il cui valore corrisponde a quello di tali proventi, fossero soggetti a sequestro e a confisca o comunque a sanzioni pecuniarie di analogo effetto. Il Rapporto esplicativo chiariva che con il termine proceeds dovevano intendersi i profitti o gli altri benefici derivati al corruttore dalla transazione o gli altri vantaggi ottenuti o mantenuti attraverso la corruzione. Nella Relazione illustrativa del progetto di iniziativa governativa A.comma 5491 della legge di ratifica dei suddetti atti internazionali, presentato alla Camera dei deputati il 4 dicembre 1998, si sottolineava, con riferimento alla Convenzione OCSE sulla corruzione dei funzionali stranieri, la necessità di un apposito intervento di adeguamento sia per stabilire l'obbligatorietà della confisca dei proventi dei fatti di corruzione - in quanto la disposizione generale dell'articolo 240 c.p., comma 1, prevedeva la confisca del profitto del reato soltanto come meramente facoltativa -, sia per introdurre la possibilità della confisca cosiddetta di valore, destinata ad operare nei casi in cui la confisca diretta della tangente o dei proventi della corruzione fosse risultata, per qualunque ragione, non praticabile, ed avente ad oggetto beni del reo di pregio corrispondente. Il progetto di legge, nel prevedere l'introduzione della confisca di valore, ne aveva esteso il campo di applicazione - per non dar luogo a disparità di trattamento prive di razionale giustificazione - a tutte le ipotesi di corruzione e di concussione già contemplate dall'ordinamento, non limitandolo a quelle specificamente prese in considerazione dallo strumento internazionale, riguardanti il solo funzionario straniero. Il testo del D.L. con riferimento all'articolo 322 ter c.p. era per l'esattezza il seguente Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per alcuno dei reati previsti dagli articoli da 317 al 322-bis, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale profitto o prezzo. Nei successivi passaggi dei lavori parlamentari la disposizione sulla confisca contenuta nell'articolo 322 ter c.p. fu oggetto di ripetuti assestamenti. Il primo significativo passaggio si ebbe nel corso dei lavori del Senato, dopo che la Camera aveva approvato la versione dell'articolo 322 ter c.p. proposta dal disegno di legge. In seno alle Commissioni riunite 2^ Giustizia e 3^ Affari esteri del Senato, il Comitato ristretto presentò una nuova versione dell'articolo 322 ter c.p., nella quale si introdusse una distinzione formale e sostanziale fra la disciplina della confisca relativa alla fattispecie del pubblico ufficiale corrotto e quella riguardante invece il corruttore. Per il primo, la confisca obbligatoria veniva estesa, oltre che al prezzo ed al profitto, alle altre utilità indebitamente ricevute, e la confisca per equivalente veniva parametrata al valore corrispondente a quello del denaro o delle altre utilità ricevute. Nella diversa ipotesi del corruttore di cui all'articolo 321 c.p. , la confisca obbligatoria riguardava il solo profitto del reato, e quella per equivalente era commisurata al valore corrispondente a quello di detto profitto ed in ogni caso non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale corrotto. Il nuovo testo proposto era precisamente il seguente 1. Nel caso di condanna, o di applicazione della pena a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per alcuno dei reati previsti dagli articoli da 317 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati nell'articolo 322 bis c.p., primo comma, è sempre ordinata la confisca del denaro, dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo, delle altre utilità indebitamente ricevute, ovvero quando ciò non è possibile, di somme di denaro, di beni ed utilità facenti parie del patrimonio del reo per un valore corrispondente a quello del denaro o delle altre utilità ricevute. 2. Nel caso di condanna, o di applicazione della pena a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per il reato previsto dall'articolo 321 c.p., anche se commesso ai sensi dell'articolo 322-bis c.p., secondo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono il profitto del reato, ovvero, quando ciò non è possibile, di somme di denaro o beni facenti parte del patrimonio del reo per un valore corrispondente a quello di detto profitto e, comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio o agli altri soggetti indicati nell'articolo 322- bis c.p., comma 2. Nei casi di cui ai commi precedenti, il giudice con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o i beni oggetto di confisca. Ai fini della decisione del presente procedimento, s'impongono, a tal punto, due rilievi. Anzitutto, va osservato che con la nuova formulazione licenziata la norma, sia pure in maniera un po' contorta, mirava ad allinearsi più strettamente a quanto imposto dalla Convenzione OCSE, che aveva tenuto distinti, quali oggetti della sanzione apprensiva auspicata, la tangente del pubblico funzionario e i proventi del privato corruttore. In secondo luogo, è importante sottolineare che nello stesso contesto in cui si approdò alla formulazione anzidetta e allo scopo di uniformare la nuova disciplina della confisca con l'oggetto degli atti internazionali in via di ratifica, riguardanti anche lo specifico settore delle frodi comunitarie , il Comitato ristretto introdusse un'ulteriore previsione - quella dell'articolo 640 quater c.p. - diretta ad estendere l'applicazione della confisca obbligatoria per i reati di cui all'articolo 640 c.p., comma 2, numero 1, arti. 640 bis e 640 ter c.p., comma 2, prima parte, per la quale dovevano osservarsi in quanto applicabili, le disposizioni contenute nell'articolo 322 ter c.p. Il testo della nuova norma recitava Nei casi di cui all'articolo 640, comma 2, numero 1, arti. 640-bis e 640-ter c.p., comma 2, prima parte, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nell'articolo 322 ter c.p Ora, non c'è dubbio che, tra la figura del funzionario pubblico corrotto o concussore, rispetto al quale veniva soprattutto in rilievo, in particolare al fine della commisurazione della confisca per equivalente, il quantum ricevuto, e quella del privato corruttore, di cui si perseguiva esclusivamente l'apprensione, in via diretta o per equivalente e salvo il limite minimo del quantum dato , del profitto il tutto in tendenziale maggiore aderenza alla Convenzione OCSE , fosse quest'ultima, per la qualità dell'agente e la natura del vantaggio illecito derivante dal reato, quella maggiormente assimilabile ai responsabili di truffe in danno di soggetto pubblico, ai quali dalla nuova disposizione veniva, con generico richiamo, estesa l'osservanza, in quanto possibile, delle disposizioni contenute nell'articolo 322 ter cod. penale. È importante ricordare che, in quel momento, non era ancora stato introdotto il nuovo articolo 316 ter c.p. e il testo del primo comma dell'articolo 322 ter c.p. comprendeva solo i delitti di corruzione passiva e concussione. Di tal che non può sostenersi che la previsione dell'articolo 640 quater c.p. sia derivata dall'esigenza di assimilare il regime della confisca relativo ai delitti in esso previsti a quello che risulterà solo in seguito applicabile nella più blanda forma di cui al testo definitivo del primo comma dell'articolo 322 ter alla più lieve fattispecie dell'articolo 316 ter c.p., né che la differenziazione di disciplina della confisca fra il primo e il secondo comma dell'articolo 322 ter c.p. sia stata introdotta a causa dell'allargamento che avverrà solo in seguito della platea dei reati compresi nel primo comma. Nei successivi passaggi dei lavori parlamentari, mentre nessun intervento subiva l'articolo 640 quater c.p., si ebbero, via via - nella norma corrispondente all'attuale articolo 322 ter c.p., comma 1, - il temporaneo isolamento dalle previsioni di cui agli attuali commi 2 e 3 - l'inserimento, fra i reati richiamati, di quello di cui all'articolo 316 bis c.p. - il recupero della formulazione originaria quanto all'indicazione dell'oggetto della confisca diretta beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo l'espresso riferimento al prezzo quale parametro di corrispondenza del valore dei beni da assoggettare alla confisca per equivalente, con conseguente miglior definizione tecnica - in rapporto alla precedente formula della corrispondenza al valore del denaro o delle altre utilità ricevute - dei concreti termini di operatività, in parte qua, della nuova misura ablatoria - il ripristino del secondo comma dell'articolo 322 ter c.p., relativo alla fattispecie di cui all'ari. 321 c.p., con la confermata necessità di operare una distinzione tra le diverse situazioni del corruttore e del corrotto rispetto all'applicazione della confisca - il ripristino della disposizione di cui al terzo comma sui compiti indicativi del giudice - l'inclusione nel primo comma del riferimento al reato di peculato - ulteriori riformulazioni del terzo comma - l'automatica inclusione, nella finale formulazione del primo comma, anche della nuova fattispecie nel frattempo introdotta dell'articolo 316 ter c.p., intesa a comminare, per ipotesi simili ma di minore gravità, sanzioni più miti di quelle previste dall'articolo 640 bis cod. penale. Il testo finale risultava il seguente articolo 322 ter c.p. - Confisca . - Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessa dai soggetti indicati nell'articolo 322 bis c.p., primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo. Nel caso di condanna, o di applicazione della pena a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto dall'articolo 321 c.p., anche se commesso ai sensi dell'articolo 322 bis c.p., secondo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello di detto profitto e, comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio o agli altri soggetti indicati nell'articolo 322 bis c.p., comma 2. Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto a il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato. Appare evidente che, nella formulazione ultima dell'articolo, il dichiarato disegno - che è alla base della separazione e del diverso tenore dei commi primo e secondo - di tenere distinte, rispetto all'applicazione della confisca, la situazione del corrotto cui veniva assimilato il concussore e quella del corruttore, è rimasto in parte offuscato dall'estensione della applicazione della disposizione del primo comma a fattispecie delittuose in cui non è normalmente ravvisabile la percezione di un quantum, erogato da terzi, da parte di un pubblico operatore o addirittura neppure un'attività criminosa propria di quest'ultimo. Tale circostanza rende indubbiamente stonata , rispetto alle fattispecie aggiunte, la limitazione al solo prezzo del parametro di riferimento per il calcolo del valore dei beni da assoggettare alla confisca per equivalente e tale stonatura si è accresciuta a seguito dell'emanazione del D.lgs. 8 giugno 2001 numero 231, che, nello stabilire la responsabilità dell'ente in ordine a taluni delitti, per lo più coincidenti con quelli richiamati dagli arti. 322 ter e 640 quater c.p., ha in via generale - in attuazione di una specifica delega contenuta nella stessa L. 300 del 2000 - previsto, all'articolo 19 c.p., in caso di condanna, la obbligatoria confisca nei confronti dell'ente del prezzo o del profitto del reato, salvo per la parte che possa essere restituita al danneggiato, ed, in caso di impossibilità, la confisca di somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato . Non per questo, tuttavia, può ritenersi venuto meno l'obiettivo e funzionale collegamento già esistente fra il rinvio dell'articolo 640 quater c.p. e articolo 322 ter c.p., comma 2 collegamento che anzi deve considerarsi confermato dal tenore invariato di tali norme e, in particolare, dal fatto che, nonostante il ricordato allargamento del campo di applicazione del primo comma dell'articolo 322 ter c.p., con l'inclusione, fra l'altro, della nuova affine fattispecie dell'articolo 316 ter c.p., non si è mai pensato di eliminare la detta norma di rinvio, inserendo anche i delitti in essa contemplati nell'elenco delle fattispecie di cui al primo comma dell'articolo richiamato. Discende da quanto sopra che il sequestro contestato dal ricorrente, in quanto prodromico e funzionale alla obbligatoria confisca per equivalente, è pienamente legittimo . Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , con il provvedimento che rigetta il ricorso, le parti private che lo hanno proposto devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.