Abbigliamento ‘eccessivo’ in strada, ma è fragile il richiamo alla pubblica decenza

Messa in discussione la visione puritana del Giudice di pace, che aveva poggiato la condanna unicamente sull’abbigliamento della donna, così come valutato dall’esponente delle forze dell’ordine che l’ha fermata.

Visione troppo puritana, quella che conduce alla condanna di una donna per atti contrari alla pubblica decenza”, poggiandola solo e soltanto sulla ‘valutazione’ dell’abbigliamento da lei tenuto in strada. Appare così davvero ‘forzata’ la condanna. Necessari ben altri elementi per ritenere sanzionabile la donna Cassazione, sentenza n. 3127, Terza sezione Penale, depositata oggi Abbigliamento . Netta la linea di pensiero seguita dal Giudice di pace di Roma, che condanna la donna – una cittadina straniera – alla pena di 400 euro di ammenda per il reato di atti contrari alla pubblica decenza . Decisivo il ‘peso’ riconosciuto all’ abbigliamento tenuto dalla donna, meglio decisiva la valutazione della condotta da parte dell’esponente delle forze dell’ordine che ha fermato la donna in strada. Ma questo unico appiglio per la condanna è davvero troppo fragile Così, i giudici del ‘Palazzaccio’, accogliendo il ricorso proposto dalla donna, rimettono nuovamente la questione nelle mani del Giudice di pace, affidando a quest’ultimo il compito di rendere più e meglio motivata la decisione. Perché è davvero difficile pensare che il reato sia contestabile unicamente sulla base delle sole caratteristiche dell’abbigliamento, non accompagnate da altri elementi che possano dirsi rilevanti , soprattutto quando, come in questa vicenda, non vengono chiarite le ragioni – a parte la valutazione offerta dal verbalizzante che ha fermato la donna – per cui l’abbigliamento recasse una offesa alla pubblica decenza .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 novembre 2013 - 23 gennaio 2014, n. 3127 Presidente Teresi – Relatore Marini Ritenuto in fatto 1. Con sentenza dei 9/5/2012 il Giudice di Pace di Roma ha condannato l’odierna ricorrente, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di 400,00 euro di ammenda per il reato previsto dall’art. 726, comma 1, cod. pen., commesso il giorno 11/10/2009. 2. Avverso tale decisione la sig.ra V. propone ricorso in sintesi lamentando errata applicazione di legge ex art. 606, Iett. b cod. proc. pen. e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606, lett. e cod. proc. pen. per avere il giudice con formula di stile e senza offrire alcuna effettiva motivazione ritenuto provato che la ricorrente indossasse un abbigliamento in sé integrante reato, posto che nessun’altra condotta le viene addebitate, e ritenuto che sia sul punto sufficiente la valutazione che della condotta ha dato il verbalizzante. Il ricorso, inizialmente assegnato alla Sezione Settima Penale è stato restituito dal Collegio alla competenza di questa Sezione con ordinanza del 5/4/2013. Considerato in diritto 1. Il ricorso merita accoglimento e la sentenza deve essere annullata con rinvio al giudice di merito. 2. Emerge dal testo della sentenza che il reato risulterebbe integrato dalle sole caratteristiche dell’abbigliamento, non accompagnate da altri elementi che possano dirsi rilevanti. A fronte di quest’unico elemento la motivazione della decisione appare del tutto tautologica, limitandosi ad affermare che la responsabilità delle imputate D. e V. risulta pienamente provata avendo le stesse compiuto atti contrari alla pubblica decenza in luogo pubblico . Nessun esame il giudicante ha compiuto dei concetto di pubblica decenza e nessuna indicazione è stata fornita sulle ragioni per cui ritiene che l’abbigliamento delle imputate recasse una concreta offesa al bene protetto dalla norma. 3. Si versa, dunque, in ipotesi di carenza di motivazione rilevante ai sensi dell’art. 606, lett. e , cod. proc. pen. 4. Sulla base delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al giudice di merito ai sensi dell’art. 623 cod. proc. pen. affinché questi, tenendo conto dei principi fissati con la presente decisione, provveda a un nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace di Roma.