Confermata la condanna per una lettera indirizzata a sindaco e Azienda sanitaria con cui veniva malamente apostrofato un dirigente dell’Asl, accusato di omissioni rispetto alle segnalazioni dei cittadini per i problemi causati da un esercizio commerciale.
Burocrazia come provocazione? Di certo i ‘tempi lunghi’ nelle risposte alle istanze dei cittadini sono un fatto difficile da accettare, ma ciò non può essere considerato alla stregua del cosiddetto ‘fatto ingiusto’, ossia di azione capace di suscitare rabbia e di legittimare le risposte sopra le righe da parte dei privati cittadini Cassazione, sentenza numero 13779/2013, Quinta Sezione Penale, depositata oggi . Chiusura tardiva. Casus belli sono le vibrate proteste di un gruppo di cittadini per la presenza di un ristorante, ritenuto «nocivo per la salute». Meglio ancora, casus belli è il clamoroso – per i cittadini – ritardo nel provvedere alla chiusura dell’esercizio commerciale, così come sancita da un’ordinanza del Tribunale. E a finire nel mirino di uno dei cittadini è un esponente dell’Azienda sanitaria, responsabile del ‘servizio Igiene’. A lui vengono rivolte critiche ferocissime in una missiva indirizzata al sindaco del Comune e alla direzione generale dell’Azienda sanitaria, critiche che, però, sono esagerate, secondo i giudici. Così, l’autore della missiva viene condannato – sia dal Giudice di pace che dal Tribunale – per il reato di diffamazione, con annessa multa di 1.000 euro e risarcimento dei danni di 2mila euro. Atto amministrativo. Ma, domanda l’uomo contestando la condanna, perché non è stato valutato attentamente l’operato della pubblica amministrazione? Non si può trascurare, secondo l’uomo, che le «omissioni addebitabili» all’esponente dell’Azienda sanitaria sono state «lesive della salute dei cittadini», e che, quindi, «la inosservanza, da parte dell’autorità sanitaria, della normativa posta a tutela dei cittadini» va valutata come «provocazione». Senza dimenticare, aggiunge l’uomo, che «la lettera aveva natura riservata» e «la diffusione del suo contenuto è avvenuta senza la volontà del mittente». A smentire questa visione, in via definitiva, provvedono i giudici della Cassazione, i quali – confermando la condanna – evidenziano, innanzitutto, la «pluralità di destinatari» della lettera ‘incriminata’. Ma ciò che conta davvero è l’affermazione, nello scritto, della «stupidità congenita» dell’esponente dell’Azienda sanitaria si tratta, è evidente, di un «giudizio critico» che «non riguardava disfunzioni di un impersonale ente o ufficio, ma le capacità intellettive di una singola persona». E, comunque, aggiungono i giudici, il dirigente dell’Azienda sanitaria «si è attivato adeguatamente» per «risolvere il problema dei cittadini». E se anche vi fosse stata effettivamente un’omissione nell’azione amministrativa, di sicuro non si sarebbe potuto parlare di «fatto ingiusto», perché «l’illegittimità intrinseca che deve connotare il ‘fatto ingiusto’ altrui non può essere individuata sulla base dei criteri che presiedono al riconoscimento della illegittimità di un atto amministrativo».
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 novembre 2012 - 22 marzo 2013, numero 13779 Presidente Ferrua – Relatore Bevere Fatto e diritto Con sentenza 30.6.2011, il tribunale di Cagliari ha confermato la sentenza 9.2.2010 del giudice di pace di Cagliari, con la quale M.A. era stato condannato alla pena di € 1.000 di multa, al risarcimento dei danni liquidati in € 2.000 e alla rifusione delle spese in favore della parte civile, perché riconosciuto colpevole del reato di diffamazione in danno di S.S., responsabile del servizio Igiene, Urbanistica, Edilizia della ASL numero 8 del comune di Cagliari, commesso con l' invio, in data 29.11.2007, di una missiva, indirizzata all'uffcio del gabinetto del sindaco del comune di Cagliari e all’ufficio della Direzione Generale Servizi Amministrativi della USL numero 8, il cui contenuto è stato ritenuto diffamatorio. Il M.u ha presentato ricorso per i seguenti motivi violazione di legge in riferimento all’articolo 595 cp la lettera aveva natura riservata - evidenziata dalla dicitura RISERVATA - e quindi la diffusione del suo contenuto è avvenuta senza la volontà del mittente vizio di motivazione il tribunale, da un lato, dà atto della copiosa documentazione attestante i pregressi rapporti tra imputato e persona offesa documentazione riportata dalla sentenza di primo grado dall’altro esclude la sussistenza della specificazione di fatti posti in essere dal querelante, che possano esser considerati criticabili. Dagli atti acquisiti risulta la serie di omissioni addebitabili al S., da ritenere lesive della salute dei cittadini nonostante l’ordinanza del tribunale 9.10.07 con la quale si imponeva la chiusura di un ristorante , solo nel marzo del 2008 è stato emanato, dal dirigente del servizio Attività Produttive, il provvedimento di “cessazione immediata” dell’attività di ristorazione, rimasto non eseguito. Solo, a seguito di decreto convalida, emesso dal PM il 30.5.08, del sequestro del locale, effettuato dai NAS, è stata data soddisfazione alle istanze in tal senso espresse da abitanti della zona e in particolare dall’imputato. L’abbondanza di questi documenti – dimostrativi dell’inosservanza da parte dell’autorità sanitaria facente capo al querelante, della normativa posta a tutela dei cittadini e quindi di un fatto ingiusto – ha giustificato la richiesta di riconoscimento dell’esimente della provocazione. La riferibilità al dirigente del Servizio Igiene ed Urbanistica della ASL 8 dei ritardi nel provvedere alla chiusura dell’esercizio commerciale, nocivo alla salute dei cittadini, e le vibrate proteste del M. a fronte del fatto ingiusto, legittimante lo stato d’ira e la critica offensiva, comportano che destinatari di queste fossero impersonalmente i responsabili dei Servizi di carattere sanitario e non una specifica persona. Il ricorrente fa anche rilevare che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la scriminante può essere riconosciuta come putativa, nel senso che il soggetto interessato abbia percepito come ingiusto un fatto e/o un comportamento ragionevolmente ritenuto ingiusto. Il ricorso non merita accoglimento. La sentenza impugnata ha posto in inequivocabile evidenza che la missiva polemica, con allegata l’ordinanza 9.10.07, emessa dal tribunale, era finalizzata a comunicare a una pluralità di destinatari gli apprezzamenti offensivi in danno del S. di qui all’idoneità di questa missiva a portare a conoscenza di più persone comprensive anche degli addetti al protocollo e allo smistamento della corrispondenza il giudizio del mittente sulla “stupidità congenita” della persona investita della carica di responsabile di uno specifico ufficio della USL 8 del comune di Cagliari. Correttamente, il giudice di appello ha fatto rilevare come questo giudizio critico non riguardava disfunzioni di un impersonale ente o ufficio, ma le capacità intellettive di una singola persona, inevitabilmente identificata nel querelante. Il giudice di appello ha razionalmente, disconosciuto la scriminate della provocazione, sia per l'intervallo di tempo intercorso tra la data degli inadempimenti amministrati e la data della missiva offensiva 29.11.07 , sia perché la lettera è stata inviata prima che l'amministrazione, tramite il suo contenuto, venisse a sapere dell'ordinanza emessa dal giudice civile datata 9.10.07 sia per la progettazione assolutamente generica e quindi inidonea a consentire di risalire ad uno specifico fatto, precedente all’offesa, attribuibile al S Da una lettura delle date e dei contenuti della documentazione allegata, i giudici di merito, seguendo un percorso valutativo giuridicamente e razionalmente incensurabile, hanno tratto ed hanno esposto in maniera lineare il convincimento che, invece, il querelante si è attivato adeguatamente, attraverso la disposizione di sopralluoghi e la segnalazione dei risultati all'autorità competente, a risolvere il problema posto dai M. e da altri cittadini. Il fatto ingiusto quale comportamento, che, ictu oculi, non sia giustificabile da alcuna norma giuridica e da regole comunemente accettate dai consociati, non è quindi riferibile, logicamente e temporalmente, al soggetto che risulta diffamato nel caso in esame. Secondo un condivisibile orientamento interpretative, al fine dell'operatività della causa di non punibilità della provocazione articolo 599, comma secondo, cod. penumero , l'illegittimità intrinseca che deve connotare il “fatto ingiusto” altrui, non può essere individuata sulla base dei criteri che presiedono al riconoscimento della illegittimità di un atto amministrativo, ma trova la sua realizzazione solo in comportamenti i quali, “ictu oculi”, non possano, neppure astrattamente, trovare giustificazione alcuna in alcuna disposizione normative ovvero nelle regole comunemente accettate della civile convivenza sez. 5, numero 13.570 del 13.3.08, numero 239830 . I giudici di merito hanno compiutamente dato rilievo alla incensurabile condotta del S. e all'inidoneità del suo comportamento e del contesto giuridico e fattuale in cui si è rmanifestato a generare un razionale e giustificato errore nel cittadino M. Il ricorso va quindi rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.