Area del cantiere adibita al traffico? Obbligo di custodia non solo dell’appaltatore, ma anche dell’ente

Qualora l’area su cui vengono eseguiti i lavori e insiste il cantiere, risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, denotando questa situazione la conservazione della custodia da parte dell’ente titolare della strada, sia pure insieme all’appaltatore, consegue che la responsabilità ai sensi dell’articolo 2051 c.c. sussiste sia a carico dell’appaltatore che dell’ente, salva l’eventuale azione di regresso di quest’ultimo nei confronti del primo a norma dei comuni principi sulla responsabilità solidale.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza numero 887 del 17 gennaio 2014. Il caso. Due genitori convenivano in giudizio in proprio e in qualità di esercenti la potestà genitoriale sulla propria figli minore, l’ente comunale affinché quest’ultimo fosse condannato al risarcimento dei danni patiti dalla minore a seguito di un sinistro stradale. La ragazza alla guida di un ciclomotore, a causa di un dislivello presente sulla sede stradale dovuto a precedenti lavori, non segnalato e non visibile, aveva perso il controllo del veicolo, rovinandosi a terra riportando conseguenti lesioni personali. L’ente convenuto pur contestando la fondatezza della domanda, chiamava in causa a titolo di manleva sia l’azienda alla quale erano stati affidati i lavori di metanizzazione della città, sia l’azienda incaricata alla manutenzione e sorveglianza delle strade urbane. Queste ultime a loro volta venivano autorizzate a chiamare in causa l’impresa che materialmente aveva eseguito i lavori sulla strada e la società cui erano stati appaltati i lavori di metanizzazione. In primo grado la predetta azienda chiamata successivamente in giudizio che aveva materialmente curato ed effettuato i lavori, veniva condannata al risarcimento dei danni in favore di parte attrice. Proposto appello dai genitori della ragazza e dal Comune, la Corte territoriale condannava anche l’ente al risarcimento dei danni, riconoscendo in capo a quest’ultimo una responsabilità ex articolo 2051 c.c. In ogni caso il Comune non veniva condannato in quanto la Corte accoglieva la domanda dell’ente ad essere tenuto indenne di quanto dovuto pertanto a subire gli effetti della condanna erano l’azienda cui erano stati affidati i lavori di metanizzazione e l’azienda incaricata alla manutenzione delle strade. Queste ultime insoddisfatte dell’esito del giudizio, proponevano ricorso per cassazione. Quando sussiste un obbligo a vigilare da parte del Comune? Una delle ricorrenti sostiene in sede di legittimità che i giudici territoriali abbiano effettuato una erronea interpretazione dell’articolo 1655 c.c. in materia di appalto. Nel dettaglio il quesito sottoposto alla Suprema Corte è se la circostanza che l’ente appaltante sia tenuto a vigilare sull’attività dell’appaltatore sia da sola sufficiente a determinare una qualsiasi responsabilità dell’ente committente anche quando i danni causati siano determinati ad una mera attività di cantiere e non alla regolare esecuzione dell’opera. La Suprema Corte distingue due ipotesi ai fini della responsabilità. I giudici di legittimità sul punto statuiscono che in tema di danni determinati dall’esistenza di un cantiere stradale, qualora l’area su cui insistono i lavori risulti completamente enucleata, delimitata ed affidata all’esclusiva custodia dell’appaltatore, con conseguente assoluto divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale, risponde esclusivamente l’appaltatore dei danni subiti all’interno di questa area, in quanto è l’unico custode. Diversamente, quando l’area su cui vengono eseguiti i lavori e insiste il cantiere, risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, denotando questa situazione la conservazione della custodia da parte dell’ente titolare della strada, sia pure insieme all’appaltatore, consegue che la responsabilità ai sensi dell’articolo 2051 c.c. sussiste sia a carico dell’appaltatore che dell’ente, salva l’eventuale azione di regresso di quest’ultimo nei confronti del primo a norma dei comuni principi sulla responsabilità solidale. Sulla scorta di quanto precede la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto e compensa le spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 novembre 2013 - 17 gennaio 2014, numero 887 Presidente Amatucci – Relatore Vincenti Ritenuto in fatto 1. - C.M. e A.M.A. , in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sulla minore L. , convenivano in giudizio il Comune di Palermo per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti dall'anzidetta minore a seguito del sinistro stradale verificatosi il OMISSIS , allorquando quest'ultima, alla guida di un ciclomotore, a causa di un dislivello presente sulla sede stradale dovuto a precedenti lavori, non segnalato e non visibile, aveva perso il controllo del mezzo, rovinando a terra, con conseguenti lesioni personali. Il Comune di Palermo contestava la fondatezza della domanda e veniva, comunque, autorizzato a chiamare in causa, a titolo di manleva, l'Azienda Municipalizzata del Gas A.M.G.A.S. di Palermo, alla quale erano stati affidati i lavori di metanizzazione della città, e l'Azienda Municipalizzata Igiene Ambientale A.M.I.A. , incaricata della manutenzione e sorveglianza delle strade urbane. L'A.M.I.A. e l'A.M.G.A.S., a loro volta, erano autorizzate a chiamare in causa, rispettivamente, la CO.GE.PA. s.c.a.r.l., quale impresa che materialmente aveva eseguito i lavori sulla sede stradale interessata dal sinistro, e la SAIPEM S.p.A., quale capogruppo della Associazione Temporanea d'Imprese A.T.I. - costituita anche dalla Bonatti S.p.A., dalla Mediterranea Costruzioni s.r.l. e dalla predetta CO.GE.PA. -cui erano stati appaltati i lavori di metanizzazione. L'adito Tribunale di Palermo condannava la sola CO.GE.PA. s.c.a.r.l. al risarcimento del danno in favore degli attori, nella misura di Euro 23.982,57, oltre accessori. 2. - Tale decisione veniva gravata da appello principale da parte di C.M. , A.M.A. e da C.L. , nel frattempo divenuta maggiorenne, nonché da appello incidentale da parte del Comune di Palermo si costituivano in giudizio l'AMG ENERGIA S.p.A., già A.M.G.A.S. di Palermo, e l'A.M.I.A., mentre rimanevano contumaci la SAIPEM S.p.A. ed il Fallimento della CO.GE.PA. s.c.a.r.l., che, nelle more, era stato dichiarato. La Corte di appello di Palermo, con sentenza resa pubblica il 16 marzo 2009, in parziale riforma della decisione impugnata, condannava anche il Comune di Palermo al risarcimento dei danni patiti dagli appellanti, riconoscendone la responsabilità ai sensi dell'articolo 2051 cod. civ La medesima Corte accoglieva altresì l'appello incidentale del Comune di Palermo, condannando sia l'AMG ENERGIA S.p.A., che l'A.M.I.A. a tenerlo indenne di quanto dovuto agli appellanti in forza della sentenza di condanna. Per quanto ancora segnatamente interessa in questa sede, la domanda di garanzia nei confronti dell'AMG già A.M.G.A.S. veniva ritenuta fondata in base all'atto di concessione numero 1 del 22 marzo 1994 che prevedeva l'obbligo per la ditta titolare della concessione di osservare le disposizioni di legge, dei regolamenti e le prescrizioni tecniche riguardanti, tra l'altro, l'incolumità pubblica e, specificamente, quello di eseguire immediatamente i lavori di ripristino stradale per eliminare il pericolo per il transito veicolare né poteva valere ad escludere la responsabilità dell'AMG l'affidamento in appalto dei lavori, dovendo essa committente vigilare sull'attività dell'appaltatore . La Corte territoriale respingeva, invece, la domanda di manleva avanzata dall'AMG nei confronti della SAIPEM, quale impresa capogruppo dell'A.T.I. cui erano stati affidati i lavori di metanizzazione, osservando che era pacifico che l'evento dannoso è riconducibile alla condotta di una delle imprese associate, la CO.GE.PA., dichiarata, peraltro, fallita nelle more con conseguente scioglimento del rapporto di mandato che la legava alla mandataria, che non può rispondere dei danni subiti da terzi, ascrivibili all'impresa mandante . 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre l'AMG ENERGIA S.p.A., già Azienda Municipale del Gas di Palermo, sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso il Comune di Palermo, nonché la SAIPEM S.p.A., che ha proposto, altresì, ricorso incidentale condizionato sulla base di un motivo. Non hanno svolto attività difensiva gli intimati C.M. , A.M.A. , C.L. , l'A.M.I.A. S.p.A. in amministrazione straordinaria e la Curatela del fallimento CO.GE.PA. s.c.a.r.l La SAIPEM S.p.A. ha depositato memoria ex articolo 378 cod. proc. civ Considerato in diritto 1. - Con il primo mezzo del ricorso principale dell'AMG ENERGIA S.p.A. è denunciata violazione e/o falsa applicazione delle norme in materia di appalto con particolare riferimento all'articolo 1655 c.c. . La Corte territoriale, assumendo che la responsabilità di essa Azienda Municipale del Gas, nascente dall'atto di concessione numero 1 del 1994, non poteva essere esclusa dall'affidamento dei lavori in appalto, gravando sulla stessa lo specifico dovere del committente di vigilare sull'attività dell'appaltatore , sarebbe frutto di erronea interpretazione dell'articolo 1655 cod. civ., che riserva all'appaltatore una propria autonomia nello svolgimento dei lavori che non può essere annullata in ragione della funzione direttiva del committente, sebbene questa, sotto il profilo della vigilanza e controllo, sia più penetrante nell'appalto di lavori pubblici, quale è quello di specie. Viene dunque formulato il seguente quesito “Dica pertanto la Suprema Corte se, in applicazione dei principi stabiliti dall'articolo 1655 c.c., nell'appalto di opere pubbliche trovano applicazione i principi generali sulla responsabilità dell'appaltatore per i danni cagionati a terzi nell'esecuzione dell'opera e, in particolare, se la circostanza che l'ente appaltante sia tenuto a vigilare sull'attività dell'appaltatore sia da sola sufficiente a determinare una qualsiasi responsabilità dell'ente committente anche quando i danni causati siano riconducibili ad una mera attività di cantiere e non strettamente alla regolare esecuzione dell'opera, o di direttive impartite dall'ente committente, perché essa sia conforme alla sua funzione e all'interesse pubblico”. 1.1. - Il motivo è infondato. Esso non coglie appieno la articolata ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale si incentra anzitutto sulla portata dell'obbligo di garanzia fatto valere dal Comune in forza di specifica disposizione presente in un provvedimento concessorio regolante i rapporti inter partes numero 1 del 22 marzo 1994 , sicché il concessionario avrebbe dovuto investire ciò che, invece, non ha fatto di idonea censura i contenuti precettivi della norma convenzionale che regolava i termini della sua responsabilità. Per il resto la doglianza - in forza della quale, comunque, non si mette in discussione l'esistenza di un potere di vigilanza del committente, che anzi la ricorrente assume ancor più stringente nell'appalto di lavori pubblici - si scontra con il principio, rispetto al quale è armonica la sentenza impugnata, secondo cui in tema di danni determinati dall'esistenza di un cantiere stradale, qualora l'area di cantiere risulti completamente enucleata, delimitata ed affidata all'esclusiva custodia dell'appaltatore, con conseguente assoluto divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all'interno di questa area risponde esclusivamente l'appaltatore, che ne è l'unico custode. Allorquando, invece, l'area su cui vengono eseguiti i lavori e insiste il cantiere risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, denotando questa situazione la conservazione della custodia da parte dell'ente titolare della strada, sia pure insieme all'appaltatore, consegue che la responsabilità ai sensi dell'articolo 2051 cod. civ. sussiste sia a carico dell'appaltatore che dell'ente, salva l'eventuale azione di regresso di quest'ultimo nei confronti del primo a norma dei comuni principi sulla responsabilità solidale Cass., 16 maggio 2008, numero 12425 Cass., 23 luglio 2012, numero 12811 Cass., 25 giugno 2013, numero 15882 . 2. - Con il secondo mezzo è dedotta violazione e/o falsa applicazione di norme in materia di associazione temporanea d'imprese con particolare riferimento all'articolo 13, comma 2, della legge 11.02.1994, numero 109 . La Corte territoriale avrebbe errato nel respingere la domanda di garanzia proposta da essa AMG nei confronti della SAIPEM, quale capogruppo dell'A.T.I., sussistendo tra le imprese associate la responsabilità solidale, a mente dell'articolo 13, comma 2, della legge numero 109 del 1994 applicabile ratione temporis , trattandosi, nella fattispecie, di lavori scorporabili. Viene formulato il seguente quesito Dica, pertanto, la Suprema Corte, se nella ipotesi di appalto di opere pubbliche consistenti in lavori scorporabili, in applicazione dell'articolo 13, comma 2, della L. 11.02.1994, numero 109, l'impresa capogruppo di Associazione Temporanea di Imprese debba essere ritenuta responsabile solidale con l'impresa associata per la esecuzione dei lavori di sua competenza . 3. - Con il terzo mezzo è prospettata omessa o insufficiente motivazione circa la insussistenza della responsabilità dell'impresa capogruppo della Associazione Temporanea d'Imprese . La Corte territoriale non avrebbe motivato sulla ritenuta mancanza di responsabilità in capo all'impresa capogruppo SAIPEM, mandataria della CO.GE.PA., per danni subiti da terzi, ascrivibili all'impresa mandante , non avendo neppure chiarito le ragioni per cui il fallimento della impresa mandataria, con scioglimento del rapporto di mandato, avrebbero impedito alla SAIPEM di rispondere in via solidale. 4. - I motivi, che sono da scrutinare congiuntamente, non possono trovare accoglimento. La ricorrente manca, in primo luogo, di specificare se, nel corso del giudizio di merito, avesse già introdotto il tema di indagine veicolato con la presente impugnazione, deducendo non solo la responsabilità solidale ai sensi del predetto articolo 13 della legge numero 109 del 1994, ma anche il fatto, materiale, che si trattasse di lavori scorporabili tutto ciò non emerge affatto dalla sentenza impugnata. In ogni caso, la censura è, nel suo complesso, infondata, alla luce del precedente specifico di questa Corte - Cass., 29 dicembre 2011, numero 29737 concernente una controversia per sinistro stradale analogo a quello oggetto del presente giudizio, anch'esso verificatosi in Palermo, e coinvolgente sia l'AMG ENERGIA S.p.A., che la medesima A.T.I., di cui era capogruppo la SAIPEM S.p.A. e partecipe la CO.GE.PA. s.c.a.r.l. - che conforta la decisione assunta dalla Corte palermitana ed al quale il Collegio intende dare continuità. Nella citata pronuncia, infatti, si afferma, per un verso, che, in tema di associazione temporanea di imprese per gli appalti di opere pubbliche, la dichiarazione di fallimento dell'impresa mandante comporta, con l'uscita di essa dal rapporto e dal concorso all'esecuzione dell'appalto, il venir meno, nei suoi confronti, dei poteri gestori e rappresentativi che competono all'impresa mandataria capogruppo. Per altro verso, si puntualizza, che il potere di rappresentanza, anche processuale, spetta all'impresa mandataria o capogruppo esclusivamente nei confronti della stazione appaltante, per le operazioni e gli atti dipendenti dall'appalto, e non si estende anche nei confronti dei terzi estranei a quel rapporto, atteso che la presenza di tale mandato collettivo non determina un centro autonomo di imputazione giuridica, essendo esso finalizzato ad agevolare l'amministrazione appaltante nella tenuta dei rapporti con le imprese appaltatrici. 5. - Il ricorso va, dunque, rigettato, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato della SAIPEM S.p.A Le spese del presente giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti costituite in ragione della complessità di talune questioni e dell'esito complessivo della lite. Nulla è da disporsi in punto di regolamentazione delle spese processuali nei confronti degli intimati che non hanno svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato, compensando integralmente, tra le parti costituite, le spese del presente giudizio di legittimità.