Confermata la condanna per l’uomo beccato alla guida con un tasso alcolemico elevato. Irrilevante il richiamo fatto dall’uomo alla ‘concausa’ rappresentata dalla inalazione di fumi di alcool, inalazione obbligata per lui che lavora come enologo. Proprio alla luce dell’esperienza professionale, egli avrebbe dovuto essere più prudente ed evitare la sinergia tra fumi e liquidi.
Professione enologo. Obbligatorio, quindi, per lavoro provvedere alla “inalazione di fumi di alcool”. Ma ciò non rappresenta affatto un alibi quando, messosi alla guida, l’enologo viene fermato e accusato di “guida in stato di ebbrezza”. Proprio considerando la professione svolta, egli avrebbe dovuto mostrare maggiore cautela, evitando di aggiungere ai “fumi” anche due bicchieri di vino Cassazione, sentenza numero 1882, Quarta sezione Penale, depositata oggi Fumi Nessun dubbio sulla violazione compiuta alla guida il «tasso alcolemico» parla chiarissimo, e conduce alla condanna del guidatore – enologo di professione, come detto – per il reato di «guida in stato di ebbrezza». Su questo punto concordano sia i giudici di primo che di secondo grado. Unica ‘novità’ in Appello è la decisione di ridurre la pena e sostituirla «con il lavoro di pubblica utilità». Ciò, però, non basta all’uomo, che contesta la condanna, sostenendo che essa sia poggiata, erroneamente, soprattutto sulla «mera inalazione di fumi» da lui realizzata, per forza di cose, perché «enologo». Peraltro, aggiunge ancora l’uomo, pur ipotizzando «una sinergia tra l’assunzione di un paio di bicchieri di vino e l’inalazione di fumi di alcool» – cui egli è «esposto» a causa della propria «attività di lavoro» –, è comunque necessario un approfondimento per «distinguere la incidenza delle due diverse assunzioni di alcool» per poter «determinare quale fosse l’entità del tasso alcol emico riferibile alle bevande». Prudenza. Ma le obiezioni mosse dall’uomo vengono valutate come irrilevanti e non fondate dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, difatti, confermano la condanna così come stabilita in Corte d’Appello. Decisiva la constatazione che l’uomo «avesse assunto bevande alcoliche» – come ‘certificato’ proprio dalle dichiarazioni dell’enologo –, mentre è «ininfluente», per i giudici, il fatto che egli «avesse, nel corso dell’attività di lavoro, inalato fumi di alcool», anche perché «considerata la prevedibilità dell’inalazione, regole di diligenza gli avrebbero dovuto consigliare di non assumere alcool per via orale, onde evitare la sinergia tra le sostanze». Peraltro, non si può neanche trascurare che «lo stato di ebbrezza» è stato rilevato «alle ore 1.30, pertanto a rilevante distanza di tempo dalla cessazione dell’attività lavorativa» Evidente, quindi, che «assunzione di bevande» e «inalazione di fumi» non sono affatto equiparate. Ciò che emerge, piuttosto, è la considerazione che «l’assunzione di bevande non è consentita quando vi è il pericolo che, in sinergia con altre sostanze, si determini il pericolo per la incolumità pubblica connesso all’ebbrezza alcolica». Tale «condotta negligente» è addebitabile, in questa vicenda, all’enologo, che, invece, proprio grazie alla sua esperienza professionale, avrebbe dovuto manifestare maggiore prudenza, essendo cosciente della «inalazione dei fumi di alcool».
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 24 ottobre 2013 – 17 gennaio 2014, numero 1882 Presidente Brusco – Relatore Izzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 18\4\2013 la Corte di Appello di Torino confermava la pronuncia di condanna di primo grado con la quale V.C. era stato condannato per la contravvenzione di cui all'articolo 186, lett. b , C.d.S. per guida in stato di ebbrezza di un'auto Audi 4, con tasso alcolemico rilevato di g\l 1,31 e 1,24 acc. in Alba il 28\10\2008 . Con la sentenza di appello la pena irrogata veniva ridotta e sostituita con il lavoro di pubblica utilità. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando 2.1. la erronea applicazione della legge per avere il giudice di merito confermato la condanna ritenendo applicabile la norma di divieto anche alla mera inalazione di fumi di alcool che l'imputato assumeva in quanto enologo , superando la letterale tassatività dell'articolo 186, ove la punibilità del fatto è ancorata all'uso di bevande alcoliche. L'interpretazione data dalla Corte di merito alla disposizione e l'assimilazione della condotta illecita all'inalazione di fumi, vulnerava il principio di legalità ed il suo corollario di determinatezza e tassatività nonché integrava una violazione del principio di colpevolezza, laddove il preteso minimo coefficiente psichico di colpa, non può prescindere dalla conoscibilità di un preciso precetto, violando il quale si incorre nella sanzione penale. 2.2. la erronea applicazione della legge laddove, anche a voler ammettere esserci stata una sinergia tra l'assunzione di un paio di bicchieri di vino e l'inalazione di fumi, a cui era esposto l'imputato per l'attività di lavoro svolta, era necessario distinguere la incidenza delle due diverse assunzioni di alcool, al fine di determinare quale fosse la entità del tasso alcolemico riferibile alle bevande. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Va premesso che l'articolo 186 vieta la guida in stato di ebbrezza dovuta all'uso di bevande alcoliche. Poiché il reato è contravvenzionale, esso è punibile anche a titolo di colpa. Ne consegue che la mancanza di diligenza incide sulla valutazione della colpevolezza dell'agente, il quale deve evitare di assumere bevande alcoliche quando esse possono avere una pericolosa sinergia con eventuali altre sostanze assunte precedentemente o in modo concomitante. Nel caso di specie, con coerente e logica motivazione, il giudice di merito ha evidenziato che era certo che l'imputato avesse assunto bevande alcoliche, tenuto conto delle sue stesse dichiarazioni. Pertanto ininfluente era che, come enologo, avesse nel corso dell'attività di lavoro inalato fumi di alcol, in quanto considerata la prevedibilità della inalazione, regole di diligenza gli avrebbero dovuto consigliare di non assumere alcol per via orale, onde evitare la sinergia tra le sostanze. Peraltro, le sentenze di merito evidenziano come lo stato di ebbrezza sia stato rilevato alle ore 01,30, pertanto a rilevante distanza di tempo dalla cessazione dell'attività lavorativa, ponendo quindi in dubbio la stessa circostanza di fatto posta alla base della tesi difensiva sostenuta dall'imputato. Va in ogni caso rilevato che le sentenze di merito non violano in alcun modo il principio di legalità, in quanto non viene in alcun modo equiparata l'assunzione di bevande alla inalazione di fumi di alcol in esse si attribuisce rilievo alla circostanza che l'assunzione di bevande in ogni caso non è consentita quando vi è il pericolo che, in sinergia con altre sostanze, si determini il pericolo per la incolumità pubblica connesso all'ebbrezza alcolica. Tale condotta negligente, posta in essere da persona che, per la professione che svolge, ha coscienza della inalazione dei fumi di alcol, rende il comportamento rimproverabile, dal che la sussistenza dell'ulteriore elemento costitutivo del reato quale è la colpevolezza . Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.