Non basta la gravità del reato a confermare la necessità degli arresti domiciliari

In tema di misure cautelari, il richiamo all’oggettiva gravità del reato che faccia leva puramente e semplicemente sulle necessarie modalità esecutive previste dalla fattispecie rischia di reintrodurre una presunzione assoluta di persistente pericolosità esclusa sia dalla Corte Costituzionale, sia dal legislatore con la riforma realizzata dalla l. numero 47/2015.

Lo ha stabilito la Corte con la sentenza numero 43113/15, depositata il 27 ottobre. Il caso. Il gip rigettava la richiesta di sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari con quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria proposta dagli indagati e il Tribunale di Roma confermava tale decisione. Gli indagati sottoponevano la decisione del Tribunale al vaglio dei Giudici di legittimità. Non basta il decorso del tempo per l’affievolimento delle esigenze cautelari. I Giudici del Supremo Collegio hanno prima di tutto specificato che il fatto nuovo rilevante per la revoca o la sostituzione della misura cautelare con altra meno grave deve essere costituito da elementi che indichino l’affievolimento delle esigenze cautelari inizialmente accertate, non bastando in tal senso il decorso del tempo. Questo non significa, tuttavia, proseguono gli Ermellini, che il giudice non debba verificare la perdurante idoneità della misura applicata a fronteggiare le esigenze che concretamente permangano o residuino, in ottemperanza del principio della minor compressione possibile della libertà personale che, unitamente a quelli di proporzionalità e adeguatezza, viene impiegato per parametrare le misure cautelari alle specifiche esigenze del caso concreto. Va valutata anche la probabilità che l’occasione del delitto si verifichi. A seguito delle modifiche introdotte dalla l. numero 47/2015, poi, continuano i Giudici di Piazza Cavour, per ritenere attuale e concreto il pericolo di reiterazione del reato, non è più sufficiente ipotizzare che la persona sottoposta alle indagini o imputata, se si presentasse l’occasione, sicuramente o comunque molto probabilmente continuerebbe a delinquere, ma è necessario ipotizzare anche la certezza o l’elevata probabilità che l’occasione del delitto si verificherà. Nel caso di specie, invece, secondo i Giudici del Palazzaccio, il Tribunale ha completamente omesso di accertare l’esistenza di occasioni prossime al delitto. Ne consegue, secondo il Supremo Collegio, che non solo quanto all’attualità, ma anche relativamente alla concretezza, «il richiamo all’oggettiva gravità del reato che faccia leva puramente e semplicemente sulle necessarie modalità esecutive previste dalla fattispecie rischia di reintrodurre una presunzione assoluta di persistente pericolosità», esclusa non solo dalla Corte Costituzionale e dal legislatore, ma anche dal gip nel caso concreto. Pertanto, la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 settembre – 27 ottobre 2015, numero 43113 Presidente Squassoni – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1. I sigg.ri K.M. e I.A.S.I. ricorrono per l'annullamento dell'ordinanza del 14/05/2015 del Tribunale di Roma che ha respinto l'appello da loro proposto avverso il provvedimento del 29/01/2015 del Giudice per le indagini preliminari di quello stesso Tribunale che aveva a sua volta rigettato la richiesta di sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari, applicata nei loro confronti per il reato di cui agli articolo 609-octies, 61, numero 5 , cod. penumero , con quella dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. 1.1.Con il primo motivo eccepiscono, ai sensi dell'articolo 606, lett. c ed e , cod. proc. penumero , che, diversamente da quanto sostengono i Giudici dell'appello cautelare secondo i quali nessun elemento nuovo giustifica la sostituzione della misura , il costante rispetto degli orari e delle prescrizioni imposti in sede di autorizzazione ad allontanarsi dall'abitazione, concessa per consentire all'I. di svolgere attività lavorativa e al K. di attendere alle proprie esigenze di vita, costituisce fatto nuovo, positivamente apprezzabile a fini cautelari sotto il profilo della loro affidabilità e della regolarità e stabilità di vita. 1.2.Con il secondo motivo eccepiscono, ai sensi dell'articolo 606, lett. c ed e , cod. proc. penumero , l'omessa valutazione della attualità del pericolo di recidiva che costituisce criterio da prendere necessariamente in considerazione in conseguenza della sopravvenuta legge numero 47 del 2015. Considerato in diritto 2. I ricorsi sono fondati. 3.Entrambi i motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente. 3.1.Costituisce principio costantemente ribadito da questa Suprema Corte che il mero decorso del tempo trascorso dall'inizio dell'esecuzione di una misura cautelare, qualunque essa sia, non è rilevante perché la sua valenza si esaurisce nell'ambito della disciplina dei termini di durata massima della custodia stessa, e quindi necessita di essere considerato unitamente ad altri elementi idonei a suffragare la tesi dell'affievolimento delle esigenze cautelari Sez. 1, numero 2443 del 26/04/1995, Rv. 202138 Sez. 1, numero 3958 del 05/06/1996, Rv. 205320 Sez. 3, numero 1160 del 23/0371999, Rv. 214543 Sez. 2, numero 45213 del 08/11/2007, Rv. 238518 Sez. 1, numero 24897 del 10/05/2013, Rv. 25583 . Il fatto nuovo rilevante ai fini della revoca ovvero della sostituzione della misura cautelare con altra meno grave, deve perciò essere costituito da elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento delle esigenze cautelari apprezzate all'inizio del trattamento cautelare. Da questo punto di vista la puntuale osservanza delle prescrizioni inerenti la misura non ha di per sé alcuna valenza sintomatica Sez. 6, numero 47819 del 24/11/2003, Rv. 227430 Sez. 4, numero 39531 del 17/10/2006, Rv. 235391 Sez. 5, numero 16425 del 02/02/2010, Rv. 246868 Sez. 2, numero 1858 del 09/10/2013, Rv. 258191 . 3.2.La validità de tale principio va certamente ribadita perché, a fronte di un fenomeno neutro il decorso del tempo di per sé già produttivo di effetti sul piano giuridico articolo 303 e segg., cod. proc. penumero , costituisce ad un tempo baluardo contro inammissibili valutazioni soggettive sulla persistente sussistenza delle esigenze cautelari e contro possibili fughe verso motivazioni solo apparenti ma in realtà sostanzialmente arbitrarie rimanendo solo in seno all'insondabile intuizione del giudice il perché, in assenza di altri elementi, il solo decorso del tempo affievolisca le esigenze cautelari e garanzia di un controllo effettivo della motivazione dei provvedimenti destinati ad incidere sulla libertà personale. Tutte le ordinanze cautelari anche quelle modificative ed estintive dell'ordinanza applicativa soggiaciono, infatti, alla regola processuale generale imposta dall'articolo 187, comma 2, cod. proc. penumero , secondo la quale sono oggetti di prova anche i fatti dai quali dipende l'applicazione di norme processuali. 3.3.Ciò non equivale a dire che il giudice non abbia l'obbligo di effettuare una costante verifica della perdurante idoneità della misura applicata a fronteggiare le esigenze che concretamente permangano o residuino, secondo il principio della minor compressione possibile della libertà personale che, insieme con quello di proporzionalità e adeguatezza, operano come parametri di commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso concreto, tanto al momento della scelta e della adozione del provvedimento coercitivo, che per tutta la durata dello stesso Sez U, numero 16085 del 31/03/2011, Khalil, Rv. 249324 . A tal fine è necessario che il giudice effettui un costante giudizio “triadico che faccia leva sul tipo della misura applicata, sulla relativa durata in rapporto alla pena irrogata ed alla gravità del fatto, e sulle esigenze che, alla luce del bilanciato apprezzamento dei diversi parametri coinvolti, appaiono concretamente residuare” così in motivazione, Sez. U, Khalil, cit. . 3.4. A seguito delle modifiche introdotte con legge 16 aprile 2015, numero 47 in vigore alla data dell'ordinanza impugnata , è stato previsto l'ulteriore requisito della attualità delle esigenze cautelari articolo 2, legge numero 47, cit., che ha in tal senso modificato l’articolo 274, lett. e, cod. proc. penumero . Ne consegue che in tale giudizio triadico , il giudice deve tener conto non solo della concretezza, ma anche della attualità delle esigenze cautelari. 3.5.Secondo l'indirizzo precedente le modifiche introdotte all'articolo 292, cod. proc. penumero , dall'articolo 9, comma 1, legge 8 agosto 1995, numero 332, il requisito della concretezza del pericolo specifico di commissione di ulteriori reati della stessa specie non si identificava con quello della attualità del pericolo stesso, derivante, cioè, dall'esistenza di occasioni per la commissione di nuovi reati concretezza del pericolo non equivaleva e non equivale alla sua attualità . Il pericolo di ricaduta nel reato poteva ritenersi concreto e dunque sussistente ipotizzando che la persona sottoposta alle indagini o imputata, verificandosene l'occasione, avrebbe commesso i delitti contemplati dall'articolo 274, lett. c , cod. proc. penumero Sez. 1, numero 4534 del 05/11/1992, Rv. 192651 . Tale indirizzo è rimasto fermo anche in epoca successiva alla legge numero 332 del 1995 Sez. 1, numero 10347 del 20/01/2004, Rv. 227227 Sez. 3, numero 26833 del 26/03/2004, Torsello, Rv. 229911 Sez. 1, numero 25214 del 03/06/2009, Pallucchini, Rv. 244829 Sez. 4, numero 18851 del 10/04/2012, Schettino, Rv. 253864 Sez. 6, numero 28618 del 05/04/2013, Vignali, Rv. 255857 . 3.6. La modifica dell'articolo 274, lett. c , cod. proc. penumero , ha perciò inteso attribuire al concetto di attualità il significato che gli è stato sin qui attribuito da questa Corte, anche se per escluderne la rilevanza a fini prognostici. 3.7.Ne consegue che per ritenere attuale il pericolo concreto di reiterazione del reato, non è più sufficiente ipotizzare che la persona sottoposta alle indagini/imputata, presentandosene l'occasione, sicuramente o con elevato grado di probabilità continuerà a delinquere e/o a commettere i gravi reati indicati dall'articolo 274, lett. c , cod. proc. penumero , ma è necessario ipotizzare anche la certezza o comunque l'elevata probabilità che l'occasione del delitto si verificherà. Ne consegue che il giudizio prognostico-cautelare non può più fondarsi sul seguente schema logico se si presenta l'occasione sicuramente, o molto probabilmente, la persona sottoposta alle indagini reitererà il delitto , ma dovrà seguire la diversa, seguente impostazione siccome è certo o comunque altamente probabile che si presenterà l'occasione del delitto, altrettanto certamente o comunque con elevato grado di probabilità la persona sottoposta alle indagini/imputata tornerà a delinquere . 3.8.Nel caso di specie il Tribunale di Roma ha correttamente escluso che il mero decorso del tempo possa essere valutato quale indice di affievolimento delle esigenze cautelari ed ha valorizzato, anche sotto il profilo della loro persistente attualità, il dato oggettivo della gravità del fatto quale espressione “della pervicacia dimostrata, della perseveranza nella condotta e delle protrazione della stessa nonostante il diniego della vittima ed il tentativo di sottrarsi a tali condotte, in spregio assoluto della dignità umana”. 3.9.Nella logica del provvedimento impugnato, dunque, la gravità oggettiva del fatto giustifica la persistente attualità e concretezza del pericolo di reiterazione del reato, proiettando la validità di tale giudizio fino ai giorni nostri e rendendo del tutto neutro il mero decorso del tempo anche al fine di una diversa gradazione della misura cautelare. 3.10.Sul piano della persistente concretezza del pericolo di reiterazione del reato, fermo restando quanto oltre si dirà, non v'è dubbio che la condotta tenuta prima, durante e dopo il delitto può costituire, a fini prognostici, un affidabile indice di valutazione della personalità del reo. 3.11. Il Tribunale però non fa buon governo del principio secondo il quale l'attualità dell'esigenza cautelare comporta un tipo di giudizio del tutto diverso da quello concretamente operato. La valutazione operata dai Giudici dell'appello cautelare prescinde del tutto dall'accertamento della esistenza di occasioni prossime al delitto, valutazione resa ancor più necessaria dal fatto che, successivamente all'applicazione degli arresti domiciliari, i due ricorrenti sono stati ammessi a fruire di margini di libertà la cui concessione apparentemente stride, sul piano logico, con un giudizio di persistente attualità dei pericolo di reiterazione del reato. A maggior ragione se si considera che nei confronti degli odierni ricorrenti, che rispondono del delitto di cui all'articolo 609-octies, cod. penumero , la presunzione di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere di cui all'articolo 275, comma 3, cod. proc. penumero , è stata ritenuta recessiva in base ad elementi del caso concreto di cui si è evidentemente tenuto conto in sede di applicazione di una misura meno afflittiva. Ne consegue che, non solo sul piano della attualità, ma anche su quello della concretezza, il richiamo alla oggettiva gravità del reato che faccia leva puramente e semplicemente sulle necessarie modalità esecutive previste dalla fattispecie rischia di reintrodurre una presunzione assoluta di persistente pericolosità che non solo è stata esclusa dal Giudice delle leggi sentenza numero 265 del 21 luglio 2010 e dal legislatore più recente legge numero 47 del 2015 , ma dallo stesso G.i.p. nel caso concreto. 3.12. Ne consegue che l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame in punto di esigenze cautelari. P.Q.M. Annulla la ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari con rinvio al Tribunale di Roma. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'articolo 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.