Vicino suggestionabile si lamenta per la musica ad alto volume del bar, e non è l’unico a essere disturbato

Per la configurabilità della contravvenzione prevista dall’art. 659 c.p. è necessario che i lamentati rumori abbiano attitudine a propagarsi e a costituire un disturbo per una potenziale pluralità di persone, ancorché non tutte siano state, poi, disturbate.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 39862, depositata il 25 settembre 2013. Il caso. Due imputati, condannati per il reato di cui all’art. 659 c.p. per avere, quali gestori di esercizi pubblici, disturbato il riposo e l’occupazione delle persone diffondendo musica ad alto volume, hanno proposto appello. Questo è stato qualificato, dalla Corte distrettuale, ricorso per cassazione, tenuto conto che la sentenza impugnata è relativa alla condanna alla sola pena pecuniaria. Secondo i ricorrenti, il Tribunale avrebbe omesso di valutare le condotte nel contesto concreto al fine di esaminarle alla luce della media sensibilità del gruppo sociale di riferimento, tenuto conto che i fatti erano avvenuti in un’isola nel periodo estivo, quindi in luogo a forte vocazione turistica, soprattutto giovanile, e, altresì, solo nel fine settimana tra le ore 23 e 24. Inoltre, per i due imputati, la documentazione prodotta relativa alla collocazione del locale circondato da molte abitazioni, consentirebbe di considerare che le doglianze dell’unico denunziante costituiscono mere lamentele inidonee a fondare la responsabilità, tenuto conto che il denunciante sarebbe persona di facile suggestionabilità. Per la Suprema Corte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente inidoneità dello stesso a instaurare il rapporto di impugnazione, condizione che preclude – secondo consolidato orientamento – la possibilità di far valere una causa di non punibilità ovvero di rilevarla di ufficio . I rumori emessi dai locali recano in concreto disturbo a una pluralità di persone. Inoltre, gli Ermellini hanno dichiarato l’inammissibilità della richiesta di rivalutazione degli elementi accertati, preclusa al giudice di legittimità, così come la infondatezza della dedotta errata applicazione dell’art. 659 c.p. con riferimento alle concrete circostanze di fatto. Come sostenuto da Piazza Cavour, per la configurabilità del reato in questione è sufficiente che i lamentati rumori costituiscano disturbo per una potenziale pluralità di persone, anche se poi non siano state tutte disturbate. Secondo il S.C., a tali fini, il Tribunale – con motivazione compiuta e immune da vizi – ha dato atto che la prova della responsabilità dei ricorrenti era fondata sulle attendibili dichiarazioni del denunciante, confortate da quanto accertato e riferito dai carabinieri intervenuti sul posto in più occasioni non rileva, quindi, la circostanza che un’unica persona abbia denunciato le molestie . I ricorrenti, pertanto, hanno mosso rilievi di merito attraverso i quali hanno chiesto la mera rivalutazione di circostanze alle quali il Tribunale ha ancorato il proprio motivato convincimento, facendo corretta applicazione dei principi affermati dal Collegio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 4 giugno - 25 settembre 2013, n. 39862 Presidente Bardovagni – Relatore La Posta Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 3.2.2010 il Tribunale di Barcellona P.G., sezione distaccata di Lipari, condannava G.F. e A.V. , riconosciute le circostanze attenuanti generiche, alla pena condizionalmente sospesa rispettivamente di Euro 220 e di Euro 180 di ammenda in relazione al reato di cui all'art. 659 cod. pen. per avere, quali gestori di esercizi pubblici disturbato il riposo e l'occupazione delle persone diffondendo musica ad altro volume, accertato sino al omissis . 2. Hanno proposto appello gli imputati, personalmente, con atti separati del tutto identici che la Corte di appello di Messina ha qualificato ricorso per cassazione, tenuto conto che la sentenza impugnata è relativa alla condanna alla sola pena pecuniaria. Preliminarmente, i ricorrenti insistono nella appellabilità della sentenza tenuto conto che l'art. 659 cod. pen., cui si riferisce la condanna, prevede la pena alternativa. In primo luogo, quindi, rilevano che all'esito del dibattimento, è emersa l'insussistenza del fatto in contestazione e la estraneità degli imputati chiedendo la rivalutazione degli elementi accertati. Deducono, altresì, la violazione di legge con riferimento all'art. 659 comma primo cod. pen., avendo il tribunale omesso di valutare le condotte nel contesto concreto al fine di esaminarle alla luce della media sensibilità del gruppo sociale di riferimento, tenuto conto che i fatti sono avvenuti nell'isola di Lipari nel periodo estivo, quindi,in luogo a forte vocazione turistica soprattutto giovanile, ed, altresì, solo nel fine settimana tra le ore 23 e 24. Inoltre la documentazione prodotta in udienza dalla difesa, relativa alla collocazione del locale circondato da molte abitazioni, consente di considerare che le doglianze dell'unico denunziante costituiscono mere lamentele inidonee a fondare la responsabilità, tenuto conto, altresì, che il denunciante è persona di facile suggestionabilità e, pertanto non attendibile. Del resto, non sono stati eseguiti esami fonometrici finalizzati alla misurazione delle emissioni rumorose e quelli disposi dal Comune su sollecitazione del denunciante hanno verificato la correttezza dell'attività. Lamentano, quindi, il travisamento di quanto riferito dai testimoni, in particolare, M.S. , e l'utilizzazione di dichiarazioni basate su voci correnti. Rilevano che i testimoni di p.g. hanno riferito circostanze parzialmente contraddittorie rispetto a quanto risulta dalle annotazioni di servizio. Infine, i ricorrenti assumono che il responsabile degli esercizi commerciali in esame era P.A. che in occasione dell'accesso del era all'interno del locale, come del resto aveva riferito anche il testimone M. . Si dolgono in relazione alla determinazione della entità della pena ed al mancato riconoscimento del beneficio della non menzione. Considerato in diritto Ad avviso del Collegio, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con conseguente inidoneità degli stessi ad instaurare il rapporto di impugnazione, condizione che preclude, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la possibilità di far valere una causa di non punibilità ovvero di rilevarla di ufficio. Conseguentemente, non può essere rilevata l'estinzione del reato contestato per intervenuta prescrizione come richiesto nelle sue conclusioni dal Procuratore generale. È manifestamente infondato il rilievo preliminare dei ricorrenti in ordine alla proponibilità dell'appello avverso la sentenza impugnata esclusa dalla condanna alla pena pecuniaria in concreto inflitta. Si palesa, altresì, l'inammissibilità della richiesta di rivalutazione degli elementi accertati, preclusa al giudice di legittimità, così come la infondatezza della dedotta errata applicazione dell'art. 659 cod. pen. con riferimento alle concrete circostanze di fatto. Per la configurabilità della contravvenzione prevista dall'art. 659 cod. pen. è necessario che i lamentati rumori abbiano attitudine a propagarsi e a costituire un disturbo per una potenziale pluralità di persone, ancorché non tutte siano state, poi, disturbate Sez. 1, n. 1394, 09/12/1999, Bedigni, rv. 215327 . A tali fini il tribunale, con motivazione compiuta e immune dai denunciati vizi, ha dato atto che la prova della responsabilità degli imputati era fondata sulle attendibili dichiarazioni del denunciante confortate da quanto accertato e riferito dai carabinieri intervenuti sul posto in più occasioni. Inoltre, sulla base degli elementi acquisiti è risultato che i rumori emessi dai locali gestiti dagli imputati recavano in concreto disturbo ad una pluralità di persone. Non rileva, quindi, la circostanza che un'unica persona abbia denunciato le molestie. I ricorrenti, pertanto, muovono rilievi di merito attraverso i quali chiedono la mera rivalutazione di circostanze alle quali il tribunale ha ancorato il proprio motivato convincimento facendo corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte. Risultano palesemente generiche le ulteriori censure in ordine al dedotto travisamento della prova ed alla utilizzazione di dichiarazioni basate su voci correnti in relazione alle quali, peraltro, i ricorrenti hanno omesso qualsivoglia allegazione. Né, all'evidenza, potrebbe assumere alcun rilievo il contenuto delle annotazioni di servizio dei carabinieri che restano estranee alle prove acquisite in dibattimento. Quanto alla attribuibilità dei fatti ai ricorrenti, il tribunale ha precisato che dalla documentazione acquisita risultava che gli stessi all'epoca dei fatti erano rispettivamente vice presidente e tesoriere dell'associazione e che nel corso dei diversi accessi dei carabinieri erano presenti all'interno della sala, accoglievano gli ospiti, provvedevano al tesseramento, stavano alla cassa o al bar. Alla luce di tali argomentazioni è palese la manifesta infondatezza dei rilievi dei ricorrenti sul punto. Infine, del tutto generiche appaiono le doglianze formulate avuto riguardo alla entità della pena ed alla non menzione, tenuto conto, altresì, che la condizione di incensurati è valsa al riconoscimento ai ricorrenti della circostanze attenuanti generiche. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue di diritto la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in Euro mille ciascuno, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille ciascuno in favore della cassa della ammende.