Bancarotta: utilizzabili nel procedimento le dichiarazioni rese dal fallito, imputato, al curatore

Le dichiarazioni rese dal fallito al curatore non sono soggette alla disciplina di cui all’articolo 63, comma 2, c.p.p., che prevede l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria da chi, sin dall’inizio, avrebbe dovuto essere sentito in qualità di imputato, in quanto il curatore non rientra in queste categorie e la sua attività non può farsi rientrare nella previsione dell’articolo 220 disp.att. che concerne le attività ispettive e di vigilanza.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 44575, depositata il 4 novembre 2015. Il fatto. L’amministratore di fatto di una società, dichiarata fallita, propone ricorso in Cassazione contro la decisione della Corte di appello che lo aveva condannato per aver tenuto in maniera irregolare ed incompleta le scritture contabili. Il ricorrente lamenta violazione di legge, essendo state valutate ai fini della decisione le dichiarazioni da lui rese al curatore fallimentare, ritenendo che tali dichiarazioni non erano utilizzabili. Dichiarazioni del fallito al curatore. Il Collegio ricorda il principio ormai consolidato in giurisprudenza in base al quale «le dichiarazioni rese dal fallito al curatore non sono soggette alla disciplina di cui all’articolo 63, comma 2, c.p.p., che prevede l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria da chi, sin dall’inizio, avrebbe dovuto essere sentito in qualità di imputato, in quanto il curatore non rientra in queste categorie e la sua attività non può farsi rientrare nella previsione dell’articolo 220 disp.att. che concerne le attività ispettive e di vigilanza». La Corte d’appello ha fatto corretta applicazione dei principi condivisi dal Collegio, valutando il contenuto della relazione del curatore fallimentare e le dichiarazioni rese dallo stessi in riferimento al ruolo assunto dall’imputato. Per tali ragioni, il ricorso è stato rigettato e il ricorrente condannato a pagare le spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 23 giugno – 4 novembre 2015, numero 44575 Presidente Lombardi – Relatore De Berardinis Ritenuto in fatto Con sentenza in data 19/3/14 la Corte di Appello di Genova confermava la sentenza emessa in data 6/3/13 dal Tribunale di Savona che aveva dichiarato B.G. responsabile del reato di cui agli arte.110 CP.-217,co.II,224 RD.numero 267/1942,per avere,in concorso con l'amministratore unico,essendo il B. amministratore di fatto della società B. Global Service s.r.l. ,dichiarata fallita dal Tribunale di Savona,tenuto in maniera irregolare ed incompletta le scritture contabili omettendo la redazione del bilancio relativo al 2007,ed agli anni successivi -fatto acc.in data 2/5/2011. Per tale reato era stata inflitta all'imputato la pena di mesi 6 di reclusione L'istruttoria dibattimentale si era svolta con l'escussione del curatore fallimentare,e con l'acquisizione della relazione dal predetto redatta. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore deducendo 1-la violazione di legge inerente agli artt.62-63 e 191 CPP,e dell'art.220 Disp.Att.CPP.,rilevando che erano state valutate ai fini della decisione le dichiarazioni rese dall'imputato al curatore del fallimento, ritenendo che tali dichiarazioni,sulle quali aveva reso deposizione il teste,non erano utilizzabili,stante la dedotta violazione delle norme citate. 2-censurava la decisione evidenziando altresì l'omessa motivazione in riferimento ai rilievi della difesa sulla inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'imputato,oralmente,al curatore. Per tali motivi chiedeva l'annullamento dell'impugnata sentenza. Rileva in diritto Il ricorso risulta privo di fondamento. In ordine al primo motivo si osserva che le censure della difesa si rivelano prive di fondamento alla stregua dei principi enunciati da questa Corte,per cui vale citare Cass.-5-12-2005 RV233063-in riferimento alla corretta applicazione dell'art.63 CPP.evidenziandosi che le dichiarazioni rese dal fallito al curatore non sono soggette alla disciplina di cui all'art.63,comma secondo,CPP.,che prevede l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese all'Autorità giudiziaria o alla Polizia giudiziaria da chi,sin dall'inizio,avrebbe dovuto essere sentito in qualità d'imputato,in quanto il curatore non rientra in queste categorie e la sua attività non può farsi rientrare nella previsione dell'art.220 Disp.Att. che concerne le attività ispettive e di vigilanza. v. conforme Sez. V,numero 46422 del 21-11-2013-RV257584 In tal senso va rilevata l'infondatezza delle censure articolate dalla difesa,atteso che dal testo del provvedimento si desume che il giudice di appello ha reso conto con pertinenti richiami , all'indirizzo giurisprudenziale delle ragioni in base alle quali dovevano ritenersi utilizzabili le dichiarazioni rese dall'imputato al curatore che aveva deposto sul punto,specificando che l'imputato risultava amministratore di fatto, prese ntatosi come tale d'altra parte risulta valutata altresì come ininfluente ai fini della decisione la circostanza che l'amministratrice di diritto Diomedi Mirella ,avesse affermato il proprio ruolo formale nell'azienda. Sul punto giova evidenziare che secondo l'orientamento giurisprudenziale di questa Corte,in tema di reati fallimentari ,l'amministratore di fatto della società fallita è da ritenere gravato dall'intera gamma dei doveri cui è soggetto l'amministratore di diritto fattispecie di bancarotta documentale -v.Cass.Sez.V-del 3.11.2011,numero 39593-RV250844 Inoltre va precisato che la nozione di amministratore di fatto ,introdotta dall'art.2639 CC.,postula l'esercizio continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione. v.Cass.Sez. V,del 30.11.2005,numero 43388-RV232456-secondo tale massima l'accertamento degli elementi sintomatici di tale gestione o cogestione societaria costituisce oggetto di apprezzamento di fatto che è insindacabile in sede di legittimità,se sostenuto da motivazione congrua e logica -Nella specie la Corte ha valutato il contenuto della relazione del curatore fallimentare e le dichiarazioni rese dallo stesso in riferimento al ruolo assunto dall'imputato,onde si deve ritenere adeguatamente vagliata la questione addotta con i motivi di appello. In conclusione si rileva che i motivi di ricorso sono destituiti di fondamento,dato che l'impugnata sentenza rende congrua motivazione in aderenza ai menzionati principi giurisprudenziali,nel disattendere le richieste della difesa appellante. Va pertanto pronunziato il rigetto del ricorso,condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.