di Antonio Terlizzi
di Antonio Terlizzi *Sussiste la legittimità degli avvisi di accertamento nei confronti dei soci di una srl motivati per relationem con rinvio a un altro atto in corso di notifica alla società medesima. Compete,infatti, al contribuente provare l'impossibilità di conoscere l'atto è onere del contribuente dimostrare le date in cui sono stati notificati l'avviso di accertamento alla società e gli avvisi di accertamento ai soci ricorrenti, proprio per riuscire a comprendere se ai soci fosse del tutto sconosciuta la motivazione dell'avviso recapitato alla società. Tale assunto è stato precisato dalla Corte Cassazione, sez. tributaria, con la sentenza numero 5850 dell'11 marzo 2011.La fattispecie. Alla base della vicenda tre soci alle prese con altrettanti avvisi Irpef relativi a redditi per utili non dichiarati. Gli avvisi derivavano dalla rettifica del reddito imponibile per l'anno d'imposta 1997 accertato nei confronti di una srl con separato avviso di accertamento. I soci avevano impugnato gli atti e la commissione tributaria provinciale di Como aveva dato loro ragione per difetto di motivazione. In particolare, il giudice aveva rilevato come gli avvisi notificati ai soci fossero motivati per relationem all'avviso di accertamento in corso di notifica alla società ed eccepiva che l'avviso di accertamento non era stato allegato a quelli avvisi recapitati ai soci né poteva ritenersi da loro conosciuto o conoscibile in quanto non risultava ancora notificato nemmeno alla società. Successivamente il giudice di appello, accogliendo il gravame dell'Agenzia delle Entrate, ha precisato che l'eccezione sollevata dai ricorrenti sulla contemporaneità della notifica alla società e ai soci non poteva esser presa in esame in quanto formulata per la prima volta in appello. Il ricorso in cassazione dei soci è stato respinto dal giudice di legittimità. Un atto si considera conosciuto dal contribuente se già pervenuto al destinatario al momento della notifica. In cassazione, i giudici di legittimità hanno rigettato le tesi del contribuente sostenendo che perché un atto possa considerarsi conosciuto dal contribuente, ai sensi e per gli effetti dell'ultimo periodo del secondo comma dell'articolo 42 del d.p.r. 600/73, ciò che rileva è che esso sia già pervenuto al destinatario al momento della notifica, non al momento della redazione, dell'avviso di accertamento che a tale fatto fa riferimento impregiudicata restando, perché non dedotta tra i motivi di ricorso, la questione se la notifica di un atto ad una società sia sufficiente per far ritenere l'atto medesimo conosciuto al socio .Legittimo l'avviso di accertamento per relationem a carico del socio. La Cassazione nel regime ratione temporis applicabile anteriormente alla vigenza dello Statuto del contribuente ha affermato la piena legittimità dell'avviso di accertamento a carico del socio, che rinvii a quello a carico della società, in quanto il socio ha in tale sua veste, il potere di prenderne visione . Deve infatti ritenersi che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'obbligo di porre il contribuente in condizione di conoscere le ragioni dalle quali deriva la pretesa fiscale, stabilito dall'articolo 42, D.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, è soddisfatto dall'avviso di accertamento dei redditi del socio che rinvii per relationem a quello, relativo ai redditi della società, solo a quest'ultima notificato, giacché il socio, a norma dell'articolo 2261 cod. civ., ha il potere di consultare la documentazione relativa alla società, e quindi di prendere visione sia dell'accertamento presupposto che dei documenti richiamati a suo fondamento, ovvero di rilevarne l'omessa comunicazione.Accertamenti sempre motivati. L'obbligo di motivazione degli atti di accertamento può essere assolto dall'Amministrazione finanziaria anche mediante il riferimento ad elementi di fatto offerti da documenti che siano nella conoscibilità del destinatario fattispecie anteriore all'entrata in vigore dell'articolo 7 della L. 27 luglio 2000, numero 212 . Per effetto del periodo aggiunto dall'articolo 1, comma 1, lett. c , numero 1 , D.Lgs. 26 gennaio 2001, numero 32, in vigore dal 20 marzo 2001 all'articolo 42 del dpr numero 600/73 , se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. Il DLgs 26 gennaio 2001, numero 32, prevede, con riguardo a svariate leggi di imposta, che l'allegazione dell'atto, cui la decisione tributaria rinvia per la motivazione, non è necessaria se l'atto richiamante riproduce il contenuto essenziale dell'atto richiamato. Nel regime attuale, pertanto, la motivazione per relationem della decisione amministrativa tributaria è ammessa a condizione che l'atto richiamato sia allegato alla decisione notificata, ma l'allegazione non è necessaria se la decisione riproduce il cosiddetto contenuto essenziale dell'atto richiamato. La motivazione per relationem della decisione amministrativa tributaria è sì ammessa, ma a condizione che l'atto richiamato sia allegato alla decisione notificata o che l'allegazione possa essere sostituita con la riproduzione del contenuto essenziale dell'atto richiamato , ma logica e natura delle cose esigono che, nell'un caso come nell'altro, siano chiari, non solo il contenuto, ma tutti gli elementi delle dichiarazioni richiamate che siano rilevanti per confezionare la motivazione della decisione. Se la motivazione del provvedimento amministrativo d'imposizione tributaria è redatta con rinvio ad un'altra dichiarazione amministrativa a questa dev'essere allegata, oppure b della dichiarazione richiamata e non allegata si devono riprodurre gli elementi - oggetto, contenuto e destinatari - necessari e sufficienti per la motivazione del provvedimento rinviante.Il Fisco diviso tra atti procedimentali e atti estranei alla sfera del contribuente. L'Agenzia delle entrate con la circolare numero 77/E del 3 agosto 2001 ha preso posizione in merito al tema della motivazione per relationem e al problema dell'allegazione o meno degli atti richiamati nell'avviso di accertamento, distinguendo fra gli atti di natura procedimentale conosciuti o conoscibili dal contribuente e gli atti di altra natura esterni alla sfera del contribuente ed al procedimento amministrativo nel quale lo stesso è coinvolto. In relazione alla prima tipologia di atti la circolare suddetta specifica che qualora i processi verbali di constatazione o gli altri atti procedimentali richiamati nella motivazione siano stati preventivamente notificati o comunicati al contribuente, gli uffici non hanno l'obbligo di allegare gli stessi agli avvisi di accertamento . In merito invece agli atti o documenti richiamati nella motivazione che sono però estranei al contribuente, il suddetto documento di prassi ha invece precisato che quando l'atto richiamato non sia stato notificato o comunicato al contribuente, gli uffici dovranno o allegare in copia lo stesso o riprodurne nella motivazione il contenuto essenziale . Per le Entrate dunque, allo stato della legislazione vigente, gli uffici possono scegliere fra due distinte alternative allegare in copia l'atto richiamato nella motivazione oppure riprodurre nel corpo della stessa il contenuto essenziale dell'atto richiamato. In tale seconda ipotesi, sempre secondo le Entrate, può ritenersi dunque sufficiente procedere all'indicazione degli elementi principali contenuti nell'atto richiamato che assumono rilevanza ai fini dell'accertamento.La difesa del contribuente è sacra. Secondo i giudici, il richiamo ad altri documenti non deve comprimere i diritti del contribuente la motivazione per relationem è valida a patto che non limiti, in alcun modo, il diritto di difesa del contribuente. Quando la motivazione di un accertamento si basa sul richiamo ad altro atto o documento è infatti necessario che il contribuente possa avere facile accesso allo stesso. Se il contribuente deve procedere all'acquisizione di tale atto o documento perché lo stesso non è allegato all'accertamento o di esso non sono riportati gli elementi essenziali, è il suo stesso diritto di difesa, costituzionalmente garantito, a essere messo in discussione. Generalmente il problema della motivazione costruita facendo riferimento ad altri atti si pone soprattutto nei cosiddetti accertamenti di valore nell'ambito del tributo di registro. Si pensi, per esempio, agli accertamenti di valore relativi alle cessioni di terreni edificabili o di beni immobili nei quali l'amministrazione finanziaria, utilizzando il metodo comparativo, indicare nella motivazione dell'accertamento emesso ai fini del tributo di registro o dell'imposta comunale sugli immobili, i dati salienti dell'atto utilizzato per la comparazione senza però allegarlo in copia all'avviso di accertamento. Pertanto, se il contribuente fosse costretto a reperire l'atto richiamato del quale magari nell'avviso sono riportati solo gli estremi allora si assisterebbe a una irragionevole compressione del suo diritto di difesa con una evidente illegittimità dell'intero procedimento amministrativo di accertamento. La Suprema Corte ha ritenuto legittimo l'accertamento per rinvio ad altro atto o documento a condizione che per il contribuente sia possibile avere sufficiente cognizione o perché nell'accertamento è riportato il suo contenuto essenziale o perché tale atto è agevolmente controllabile. Non basta che il documento sia conoscibile da parte del contribuente. L'avviso di accertamento motivato mediante il rinvio a verbali ispettivi redatti nei confronti del contribuente è legittimo solo ove l'amministrazione finanziaria dimostri, anche tramite presunzioni, l'effettiva conoscenza di tali documenti da parte del contribuente. Ai fini del soddisfacimento dell'obbligo di motivazione non è da ritenersi sufficiente che il documento richiamato sia semplicemente conoscibile da parte del contribuente perché se quest'ultimo fosse costretto alla ricerca di tale atto ciò si risolverebbe, di fatto, in una irragionevole compressione del suo diritto di difesa. Il rinvio operato nella motivazione dell'accertamento ad una sentenza è ammissibile solo quando consente l'agevole controllo delle conclusioni cui sono giunti altri giudici in analoghe situazioni L'obbligo di allegazione dell'atto richiamato posto dall'articolo 7 della legge numero 212/2000 non è stabilito solo per soddisfare esigenze di trasparenze e correttezza dell'azione dell'amministrazione fiscale ma è volto soprattutto a garantire il diritto dei contribuenti ad avere piena e immediata cognizione delle ragioni della pretesa. Ne deriva che l'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto per relationem o con riferimento ad altri atti a condizione che questi ultimi siano allegati all'atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale. Il Fisco deve allegare all'accertamento copia degli atti in esso richiamati. La necessità di allegare all'avviso di accertamento copia degli atti o dei documenti nello stesso richiamati è prevista nel comma 1 dell'articolo 7 della legge numero 212/00 Statuto del contribuente . La norma prevede che se nella motivazione si fa riferimento ad altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama . Dunque se nella motivazione dell'accertamento si fa riferimento al contenuto di un altro atto, è onere dell'amministrazione finanziaria produrre, in allegato all'accertamento, copia dell'atto richiamato. Nella prassi in realtà difficilmente gli uffici fiscali allegano all'accertamento gli atti richiamati nella motivazione. Molto spesso gli uffici si limitano a indicare nella motivazione i riferimenti e le parti essenziali dell'atto richiamato. Questo modo di procedere alimenta spesso il ricorso dei contribuenti alla giustizia tributaria. Nell'attuale ordinamento ci sono altre disposizioni che richiamano la necessità di allegazione degli atti richiamati nell'accertamento. In particolare in materia di Iva il comma 5 dell'articolo 56, prevede che se la motivazione fa riferimento a un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama, salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L'accertamento è nullo se non sono osservate le disposizioni di cui al presente comma . Disposizioni pressoché analoghe sono inoltre contenute nel secondo comma dell'articolo 42 del dpr 600/73 in materia di accertamento delle imposte sui redditi, nell'articolo 52 del dpr 131/86 Testo unico dell'imposta di registro e negli articoli 34 e 35 del testo unico in materia di imposta sulle successioni e donazioni dlgs numero 346/1990 .* Esperto tributario
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 2 febbraio - 11 marzo 2011, numero 5850 Presidente D'Alonzo - Relatore CosentinoSvolgimento del processoNel dicembre 2002 l'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Cantù, notificava ai soci della società Uraghi Arredamenti srl - sigg.ri G.N., U.M. e U.P.L. - separati avvisi di accertamento IRPEF aventi ad oggetto redditi per utili non dichiarati tali avvisi di accertamento conseguivano alla rettifica del reddito imponibile per Tanno di imposta 1997 accertato nei confronti della società Uraghi Arredamenti srl con separato avviso di accertamento.Tutti i soci impugnavano gli avvisi di accertamento loro rispettivamente notificati davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Como, la quale, riuniti i ricorsi, annullava gli atti impugnati per difetto di motivazione. Il primo giudice rilevava che gli avvisi notificati ai soci erano motivati per relationem all'avviso di accertamento in corso di notifica alla società e argomentava che detto avviso di accertamento non era stato allegato agli avvisi notificati ai soci né poteva ritenersi da costoro conosciuto o conoscibile, in quanto non risultava ancora notificato nemmeno alla società, ma, appunto, in corso di notifica alla stessa.La sentenza della Commissione Tributaria Provinciale veniva appellata dall'Agenzia delle Entrate e la Commissione Tributaria Regionale di Milano, con sentenza depositata il 12.4.06, accoglieva l'appello e, in totale riforma della sentenza di primo grado, respingeva i ricorsi dei contribuenti.A fondamento della propria decisione la Commissione Tributaria Regionale argomentava che - contrariamente a quanto sostenuto dai contribuenti e ritenuto dal primo giudice - non poteva ravvisarsi alcun vizio negli avvisi di accertamento notificati ai contribuenti per il fatto che essi rinviassero per relationem all'avviso emesso nei confronti della società. Sul punto è opportuno riprodurre testualmente i passaggi della sentenza impugnata su cui si incentrano le censure dei ricorrenti. La Commissione Tributaria Regionale così scrive Quanto all'eccezione, secondo cui vi sarebbe stata contemporaneità fra gli avvisi di accertamento notificati alla società e ai soci, essa non può essere presa in esame, perchè formulata per la prima volta in appello. Nel merito, quest'ultimo appare fondato. Nella sentenza di primo grado, si legge che gli avvisi di accertamento sarebbero nulli in quanto richiamano altro avviso, emesso a carico di soggetto diverso. La Cassazione Cass. 13 giugno 2002, numero 8407 ha invece affermato la piena legittimità dell'avviso di accertamento a carico del socio, che rinvii a quello a carico della società, in quanto il socio ha. in tale sua veste, il potere di prenderne visione .Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale G. N., U.M. e U.P.L. propongono separati ma identici ricorsi per cassazione, che sono stati iscritti nei Registro Generale di questa Corte con i nnumero 29855/06, 29857/06 e 29860/06.L'Agenzia delle Entrate si è costituta solo nei procedimenti 29855/06 RG e 29860/06 RG. depositando controricorso.I ricorsi sono stati discusso alla pubblica udienza del 2.2.2011, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.Motivi della decisionePreliminarmente va disposta la riunione ex articolo 335 c.p.c., dei ricorsi sopra menzionati, tutti proposti contro la medesima sentenza numero 42/43/06 della Commissione Tributaria Regionale di Milano.Sempre in via preliminare si precisa che nel presente giudizio di legittimità trova applicazione l'articolo 366 bis c.p.c., perché i ricorsi hanno ad oggetto una sentenza depositata il 12.4.06 e, dunque, nel periodo di vigenza della suddetta disposizione dal 2 marzo 2006 al 4 luglio 2009 .I ricorsi riuniti sono sorretti dai seguenti due motivi, identici, come già sopra evidenziato, in tutti e tre i ricorsi 1 Omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, consistente nel rinvio, contenuto nella motivazione dell'accertamento notificato al ricorrente, a un atto in corso di notificazione a terzi, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5.Contale motivo i ricorrenti censurano la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per aver erroneamente assunto come sollevata per la prima volta in appello la questione della contemporaneità delle noti fiche degli avvisi di accertamento alla società ed ai soci mentre tale argomento sarebbe stato trattato già nel corso del giudizio di prime cure ed anzi sarebbe stato espressamente richiamato nella sentenza appellata a fondamento del giudizio di carenza di motivazione degli avvisi di accertamento notificati ai soci.Lamentano quindi i ricorrenti che la sentenza di appello avrebbe omesso di valutare un fatto decisivo per il giudizio e, inoltre, sarebbe contraddittoria laddove, da un lato, afferma la novità della eccezione in questione e, dall'altro, riproduce il passo della sentenza di primo grado che proprio alla contemporaneità della notifiche fa riferimento. A conclusione del motivo, i ricorrenti formulano la seguente indicazione ex articolo 366 bis c.p.c. Consideri l'Ecc.ma Corte che l'avviso di accertamento impugnato era così motivato la braghi Arredamenti s.r.l. è stata sottoposta a verifica del Nucleo Misto IVA-IIDD del Dipartimento delle Entrate, a seguito della quale l'Ufficio ha emesso l'avviso di accertamento numero OMISSIS in corso di notifica con cui si rettifica l'imponibile dichiarato dalla società per l'anno d'imposta 1997 . 2 Violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, in relazione alla L. 27 luglio 2000, numero 212, articolo 7 comma 1, e D.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, articolo 42, con riferimento alla motivazione dell'accertamento compiuta mediante rinvio ad atto in corso di notifica.Con tale motivo i ricorrenti censurano la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per aver ritenuto legittima, in violazione della L. numero 212 del 2000, articolo 7, e D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 42, la motivazione di un avviso di accertamento effettuata mediante rinvio per relationem ad un atto ancora in corso di notifica, come tale non conosciuto né ricevuto da parte del contribuente, né, peraltro, da quest'ultimo conoscibile senza che il tempo necessario ad acquisirne conoscenza riduca lo spazio di tempo concesso dalla legge per impugnare l'avviso di accertamento. A conclusione del motivo, i ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto dica l'Ecc.ma Corte di Cassazione se l'avviso di accertamento sia validamente motivato, secondo il disposto della L. 27 luglio 2000, numero 212, articolo 7, comma 1, e D.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, articolo 42, quando rinvii ad altro atto in corso di notificazione non ancora pervenuto al destinatario .Prima di passare alla trattazione separata dei due motivi di ricorso, è opportuno procedere ad un inquadramento complessivo della fattispecie.L'ultimo periodo del D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 42, comma 2, nel testo modificato dal D.Lgs. numero 32 del 2001, articolo 1 recita Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale . Tale disposizione consente dunque che l'avviso di accertamento sia motivato con riferimento ad altro atto non allegato né riprodotto nel suo contenuto essenziale, purché si tratti di atto conosciuto o ricevuto dal contribuente.La sentenza impugnata ha ritenuto validi gli avvisi di accertamento notificati agli odierni ricorrenti sull'assunto della legittimità dell'avviso di accertamento a carico del socio, che rinvii a quello a carico della società, in quanto il socio ha, in tale sua veste, il potere di prenderne visione .I ricorrenti non censurano la sentenza di merito per la suddetta ratio decidendi, ma, col primo motivo, per aver omesso di valutare sull'erroneo presupposto che la relativa deduzione sia stata effettuata per la prima volta in appello il fatto decisivo rappresentato dalla, asserita contemporaneità tra la notifica degli avvisi di accertamento e la notifica dell'atto di riferimento e, col secondo motivo, per aver falsamente applicato il D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 42, e la L. numero 212 del 2000, articolo 7 ritenendo conosciuto un atto che tale non poteva essere in quanto in corso di notifica .Il presupposto comune ad entrambi i motivi di ricorso per cassazione è dunque il fatto che nel momento in cui i ricorrenti ricevettero la notifica degli avvisi di accertamento impugnati, non si era ancora compiuta la notifica dell'atto a cui la motivazione di tale avvisi faceva riferimento, ossia l'avviso di accertamento destinato alla società Uraghi Arredamenti srl.Il suddetto presupposto fattuale, tuttavia, non è stato indicato nel ricorso per cassazione, perche in tale ricorso non si fa menzione - ne, tanto meno, si indica in quale sede di merito sarebbe stata fatta menzione - delle date in cui vennero notificati l'avviso di accertamento alla società e gli avvisi di accertamento ai ricorrenti.I ricorrenti fondano infatti le loro censure alla sentenza di merito sul rilievo che nella motivazione degli avvisi di accertamento impugnati è scritto che l'atto di riferimento l'avviso di accertamento alla società è in corso di notifica ma tale rilievo non è concludente, in quanto, perché un atto possa considerarsi conosciuto dal contribuente, ai sensi e per gli effetti dell'ultimo periodo del D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 42, comma 2, ciò che rileva è che esso sia già pervenuto al destinatario al momento della notifica, non al momento della redazione. dell'avviso di accertamento che a tale atto fa riferimento impregiudicata restando, perché non dedotta tra i motivi di ricorso, la questione se la notifica di un atto ad una società sia sufficiente per far ritenere l'atto medesimo conosciuto al socio .E' pertanto irrilevante, ai fini del giudizio sulla validità della motivazione degli avvisi di accertamento impugnati dagli, odierni ricorrenti, che nella motivazione di detti avvisi non si indichi la data di notifica dell'atto di riferimento, ma si affermi che il medesimo è in corso di notifica . La circostanza di fatto su cui si fonda la critica dei ricorrenti alla sentenza di merito è infatti la contemporaneità tra la notifica degli atti impugnati e la notifica dell'atto di riferimento e tale contemporaneità non si desume da quanto è scritto nella motivazione degli avvisi impugnati, ma avrebbe dovuto essere rappresentata alla Corte mediante l'indicazione delle date delle notifiche degli atti impugnati e dell'atto di riferimento.Il ricorso difetta quindi di autosufficienza, in relazione ad entrambi i motivi su cui si fonda, perchè non espone le circostanze di fatto che, se valutate dalla Commissione Tributaria Regionale, avrebbero potuto portare alla decisione favorevole ai ricorrenti, ossia non indica le date delle notifiche degli atti impugnati e della notifica dell'atto di riferimento, precludendo quindi alla Corte di apprezzarne la asserita contemporaneità contemporaneità, peraltro, contesta dall'Agenzia delle Entrate in sede di merito si veda la pagina 2, penultimo periodo, della sentenza impugnata Propone appello l'Agenzia delle Entrate, censurando la sentenza di primo grado, in quanto all'epoca della notifica degli avvisi impugnati, l'avviso a carico della società era stato già notificato nei controricorsi depositati nei procedimenti 29855/06 RG e 29860/06 RG l'Agenzia afferma che l'avviso di accertamento alla società fu notificato il 2.12.02 e gli avvisi di accertamento ai soci furono notificati il 4.12.02 . Per tale ragione entrambi i motivi di ricorso vanno dichiarati inammissibili vedi Cass. 26692/2006 Non rispetta il principio di autosufficienza il ricorso per cassazione che, denunciando l'omessa pronuncia da parte del giudice di secondo grado, sulle doglianze mosse in appello per relationem alle ragioni esposte davanti al Tribunale, non espone quelle specifiche circostanze di merito che avrebbero portato all'accoglimento de gravame, e così impedisce al giudice di legittimità una completa cognizione dell'oggetto, sul quale, peraltro, ove non fossero necessari ulteriori accertamenti, potrebbe decidere nel merito, pur trattandosi di errar in procedendo nè al principio di autosufficienza può ottemperarsi per relationem , mediante il richiamo ad altri atti o scritti difensivi presentati nei precedenti gradi di giudizio .Vanno peraltro rilevate ulteriori ragioni di inammissibilità, specifiche in relazione a ciascuno dei due motivi proposti.Quanto al primo motivo, va in primo luogo evidenziato che i ricorrenti, dolendosi dell'omessa pronuncia della Commissione Tributaria Regionale sulla asserita contemporaneità tra la notifica degli avvisi di accertamento e la notifica dell'alto di riferimento, censurano in sostanza un errar in procedendo del giudice di merito, consistente nell'avere giudicato inammissibile in quanto erroneamente ritenuta dedotta per la prima volta in grado di appello la deduzione di detta contemporaneità. Il motivo di ricorso per cassazione doveva dunque essere proposto con riferimento all'articolo 360 c.p.c., numero 4, e non come vizio della motivazione ex articolo 360 c.p.c., numero 5, e perciò va giudicato inammissibile si veda la sentenza di questa Corte numero 1701/06 L'omessa pronuncia su una domanda, ovvero su specifiche eccezioni fatte valere dalla parte, integra una violazione dell'articolo 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell'articolo 360 c.p.c., numero 4, e, conseguentemente, è inammissibile il motivo di ricorso con il quale la relativa censura sia proposta sotto il profilo della violazione di norme di diritto, ovvero come vizio della motivazione giurisprudenza costante, vedi le sentenze nnumero 3190/06, 24856/06, 12952/07, 26598/09 .In secondo luogo, sempre con riferimento a primo motivo, va ancora rilevato che un ulteriore profilo di inammissibilità del medesimo discende dal fatto che ì ricorrenti non hanno assolto all'onere imposto dall'articolo 366 bis c.p.c., di offrire la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione tale indicazione infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, deve emergere da un momento di sintesi omologo al quesito di diritto esposto in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, che circoscriva puntualmente i limiti della censura, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità, per tutte, SS.UU. 20603/2007 sulla manifesta infondatezza di dubbi di legittimità costituzionale dell'articolo 366 bis epe. si veda l'ordinanza numero 27680/2009 . Nella specie i ricorrenti hanno effettivamente destinato la parte finale del primo motivo di ricorso alla indicazione del fatto controverso, dando a tale parte autonoma evidenza mediante l'intitolazione indicazione ma, come fatto palese dalla trascrizione che precede, sotto detta intitolazione si legge solo uno stralcio della motivazione degli avvisi di accertamento impugnati, senza la formulazione di alcuna indicazione riassuntiva e sintetica che costituisca un quid pluris rispetto all'illustrazione del motivo e pertanto consenta alla Corte di legittimità di valutare immediatamente l'ammissibilità del ricorso delle ragioni per le quali la motivazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale sarebbe omessa o insufficiente.Quanto al secondo motivo, pur esso va giudicato inammissibile perchè il quesito di diritto formulato a conclusione della illustrazione de motivo - trascritto sopra - risulta non conforme al paradigma fissato dall'articolo 366 bis c.p.c Al riguardo si osserva che le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato che il quesito deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e deve quindi porre la Corte di cassazione in condizione di rispondere ad esso con l'enunciazione di una regula juris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all'esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata ciò vale a dire che la Corte di legittimità deve poter comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico - giuridica della questione, l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare in conclusione, l'ammissibilità del motivo è condizionata alla formulazione di un quesito, compiuta e autosufficiente, dalla cui risoluzione scaturisca necessariamente il segno della decisione cfr. Cass., sez. unumero , numero 28054 de 2008, cit. numero 26020 del 2008 numero 18759 del 2008 numero 3519 del 2008 numero 7197 del 2009 .I principi espressi dalle Sezioni Unite sono poi stati ulteriormente dettagliati con la precisazione che è inammissibile il motivo di impugnazione in cui il quesito di diritto non indichi le due opzioni interpretative alternative, quella adottata nel provvedimento impugnato e quella proposta dal ricorrente vedi la sentenze numero 24339/08 il quesito di diritto di cui all'articolo 366 bis c.p.c., deve comprendere l'indicazione sia della regula iuris adottata nei provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. La mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile nello stesso senso, Ord. 4044/09 .Nel caso di specie, la parte ricorrente non ha adempiuto all'onere, dai contenuti sopra precisati, della proposizione di una valida impugnazione, in quanto il quesito proposto a conclusione del motivo risulta disancorato dalla concreta fattispecie all'esame della Corte e non è formulato in modo che dalla relativa risoluzione scaturisca necessariamente il segno della decisione. Infatti il quesito se l'avviso di accertamento sia validamente motivato . quando rinvii ad altro atto in corso ili notificazione non ancora pervenuto al destinatario è inconcludente, perchè non precisa se si riferisca al caso in cui l'atto di riferimento non sia ancora pervenuto al destinatario nel momento della notificazione dell'avviso di accertamento o si riferisca al caso in cui l'atto di riferimento non sia ancora pervenuto al destinatario nel momento della redazione dell'avviso di accertamento cosicchè nella motivazione di quest'ultimo si faccia necessariamente rinvio ad un atto in corso di notificazione, indipendentemente dal fatto che tale notificazione si perfezioni prima, contemporaneamente o dopo la notificazione dell'avviso di accertamento .In conclusione, tutti e tre i ricorsi riuniti vanno rigettati per l'inammissibilità dei relativi motivi.Le spese si compensano, in quanto la giurisprudenza di legittimità sull'esegesi dell'articolo 366 c.p.c., si è formata dopo il deposito dei ricorsi.P.Q.M.La Corte, riuniti i ricorsi 29855/06, 29857/06, 29860/06, rigetta i ricorsi.Spese compensate.