Confermata la decisione dei giudici la rottura è stata provocata dai comportamenti tenuti dal marito. Irrilevante il fatto che la donna abbia pazientato per anni, sperando in un cambiamento di rotta dell’uomo. Le relazioni extraconiugali e la frequentazione delle ‘case da gioco’ hanno dato il ‘la’, alla fine, alla decisione della donna di avviare la procedura di separazione.
“Buono sì, ma fesso no”, recita un motto napoletano. Questo può essere applicato anche alla moglie che, pur di salvare il proprio matrimonio, sopporta a lungo le ‘vessazioni’ – tradimenti, in primis – messe in atto dal marito ma, alla fine, arriva all’extrema ratio dare il ‘la’ alla procedura di separazione. Per esser chiari, la lunga convivenza, precedente la rottura, caratterizzata dalla immensa pazienza della donna non può ‘cancellare’, comunque, le responsabilità dell’uomo consequenziale è l’addebito della separazione al marito. Cass., sent. numero 5395/2014, Prima Sezione Civile, depositata oggi Arresa. «Separazione giudiziale» definitiva tra la coppia di coniugi. Ma ulteriore casus belli è la decisione, dei giudici, di sancire l’«addebito» a carico del marito. Fondamentale la valutazione delle condotte tenute dall’uomo, ossia le «ripetute relazioni extramatrimoniali» e la pessima ‘abitudine’ di sperperare il «denaro familiare» nelle ‘case da gioco’. Ad avviso dell’uomo, però, questi ‘vizi’ sono stati eccessivamente valorizzati dai giudici. Come si motiva questa riflessione? Secondo l’uomo, in sostanza, non è possibile sostenere che quei ‘vizi’ abbiano provocato una «situazione di intollerabilità della convivenza» tale da condurre alla «separazione». Ciò perché egli, spiega, «da molti anni aveva relazioni extramatrimoniali e frequentava assiduamente ‘case da gioco’, spendendo molto denaro, che, evidentemente, sottraeva al menage familiare», eppure la moglie aveva manifestato «una sorta di ‘assuefazione’ a tale comportamento». E tale situazione, sempre seguendo la linea di pensiero dell’uomo, è da valutare come «espressione di una preesistente crisi nei rapporti» coniugali. Questa ottica, però, si rivela assolutamente fallace, ribattono i giudici del ‘Palazzaccio’. Non si può, difatti, ‘leggere’ male la posizione tenuta dalla donna, la quale ha sì «sperato, per un lungo periodo, in un mutamento del comportamento del marito», ma, alla fine, si è dovuta ‘arrendere’ all’evidenza dei fatti Detto in maniera ancora più chiara, a lungo andare, le ripetute «violazioni degli obblighi coniugali», da parte del marito – non ultima, la falsificazione di alcuni , «titoli di credito, in danno della moglie» – hanno ‘sfiancato’ la donna, rendendole assolutamente intollerabile la «convivenza». Quindi, la decisione, della donna, di «attivare la procedura di separazione» è evidentemente una conseguenza delle «condotte» del marito.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 2 dicembre 2013 – 7 marzo 2014, numero 5395 Presidente Carnevale – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Il Tribunale di Camerino, con sentenza in data 22 febbraio 2010, pronunciava la separazione giudiziale tra i coniugi M.M. e R.R., con addebito al marito, rigettando conseguentemente la domanda del R. di attribuzione di un assegno di mantenimento. Avverso tale sentenza, proponeva appello il R. Costituitosi il contraddittorio, la M. ne chiedeva il rigetto. La Corte d'Appello di Ancona, con sentenza in data 13 novembre 2010, rigettava l'appello, confermando la sentenza impugnata. Ricorre per cassazione il R. Resiste con controricorso la M., che pure deposita memoria per l'udienza. Motivi della decisione Con il primo articolato motivo il ricorrente lamenta violazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione al principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, non avendo il giudice a quo motivato in ordine all'affermata assenza del rapporto di causalità tra infedeltà e crisi coniugale nonché violazione degli articoli 151 e 156 c.c. circa la dichiarazione di addebito al marito. Con il secondo violazione degli articolo 151 e 156 c.c. nonché vizio di motivazione, con riferimento alla richiesta di attribuzione di assegno di mantenimento. Il primo motivo va rigettato, in quanto infondato. Correttamente il ricorrente afferma che ai fini della pronuncia di addebito è necessario indicare il rapporto di causalità tra la violazione degli obblighi di cui all'articolo 143 c.c. e la situazione di intollerabilità della convivenza. D'altra parte il giudice può procedere per presunzioni, e la valutazione è incensurabile in questa sede se sorretta da motivazione adeguata e non illogica In generale, tra le altre, Penumero numero 18655/2011 . Va precisato che l'addebito sussiste se vi siano violazioni degli obblighi matrimoniali, gravi e ripetute, che diano causa all'intollerabilità della convivenza. ciò anche per l'obbligo di fedeltà, come per qualsiasi altro obbligo coniugale Tra le altre, Cass. numero 17196/2012 . Non si ravvisa violazione alcuna del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, mentre sussistono, sulla base della motivazione della sentenza impugnata, i presupposti per la pronuncia di addebito. Il ricorrente afferma che da molti anni egli aveva relazioni extramatrimoniali e frequentava assiduamente case da gioco, spendendo molto denaro che evidentemente sottraeva al menage famigliare, ipotizzando una sorta di assuefazione della moglie a tale comportamento, espressione di una preesistente crisi nei rapporti tra coniugi. Dal contesto motivazionale della sentenza emerge, seppur implicitamente, che la moglie, dopo aver sperato, per un lungo periodo, in un mutamento del comportamento del marito, a seguito delle continue violazioni degli obblighi coniugali da parte sua, cui si aggiunse successivamente al riguardo il ricorrente nulla dice un ulteriore odioso comportamento del marito di rilievo penale il R. autore di falsità in titoli di credito in danno della moglie , maturo un atteggiamento di totale intollerabilità dalla convivenza che la spinse ad attivare la procedura di separazione. La conferma dell'addebito della separazione al marito comporta l'assorbimento della sua richiesta di attribuzione di un assegno di mantenimento. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in €. 2.800,00, comprensive di €. 200 per esborsi, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell'articolo 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.