Il debitore dice una parola di troppo: stop alla prescrizione

L’ammissione del debitore di non aver estinto il debito, oppure la sua contestazione dell’entità del credito azionato, comporta, in base all’articolo 2959 c.c., il rigetto dell’eccezione di prescrizione presuntiva.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 11991, depositata il 28 maggio 2014. Il caso. Il tribunale di Gela dichiarava prescritto il credito di un avvocato nei confronti di un suo cliente per dei compensi professionali, annullando, così, il decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace di Gela. Secondo i giudici d’appello, anche a voler ritenere interrotto il termine prescrizionale a decorrere dalle dichiarazioni relative alla procedura inventariale, considerando la data di deposito del ricorso per decreto ingiuntivo avvenuta più di cinque anni dopo l’ultima prestazione , il credito azionato era da ritenersi prescritto, secondo quanto stabilito dall’articolo 2956 c.c. prescrizione presuntiva, in 3 anni, del compenso dei professionisti . L’avvocato ricorreva in Cassazione, contestando al tribunale di non aver tenuto conto che il resistente aveva ammesso in giudizio che l’obbligazione non era stata estinta contestando pure la congruità delle parcelle , perciò, ai sensi dell’articolo 2959 c.c., l’eccezione di prescrizione presuntiva doveva essere respinta. Stop alla prescrizione. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che l’ammissione del debitore di non aver estinto il debito, oppure la sua contestazione dell’entità del credito azionato, comporta, in base all’articolo 2959 c.c., il rigetto dell’eccezione di prescrizione. Infatti, non è possibile accogliere l’eccezione di prescrizione presuntiva ogni volta che il debitore ammetta di non aver estinto il debito oppure contesti, in qualsiasi forma, l’entità della somma richiesta. Anche quest’ultima circostanza, invero, implica il riconoscimento della permanenza, seppur parziale, del rapporto controverso, il che è incompatibile col presupposto necessario per l’applicazione della prescrizione presuntiva, costituito dalla presunzione di avvenuta estinzione del debito. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 marzo – 28 maggio 2014, numero 11991 Presidente Piccialli – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo R.A.M. e Ma.El. convenivano in giudizio, innanzi al Giudice di Pace di Gela, l'avv. M.A. , proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo numero 238/2004 con cui il Giudice di Pace di Gela aveva loro ingiunto, quali eredi di Ma.Fr. , il pagamento, in favore del professionista stesso, della somma di Euro 1.374,90, di cui Euro 824,94 a carico di R.A.M. ed Euro 549,96 a carico di Ma.El. , oltre interessi legali e rimborso delle spese di procedimento monitorio. Esponevano le opponenti che l'opposto era stato difensore di Ma.Fr. , loro dante causa, in alcuni giudizi civili e che i crediti professionali azionati nei confronti di esse opponenti erano prescritti ex articolo 2956 c.c., posto che l'ultima prestazione risaliva ad epoca precedente al 1999. Chiedevano, pertanto, la revoca del decreto ingiuntivo opposto ed, in subordine, la verifica della congruità delle parcelle in base all'attività professionale effettivamente prestata, oltre al rimborso delle spese processuali. Si costituiva in giudizio l'opposto contestando l'atto di opposizione. Con sentenza 15.2.2005 il Giudice di Pace di Gela rigettava l'opposizione condannando le opponenti al pagamento delle spese di lite. Avverso tale decisione proponevano appello Ma.El. e R.A.M. insistendo nella eccezione di prescrizione presuntiva ex articolo 2956 c.c Resisteva l'Avv. M. chiedendo conferma della sentenza di primo grado. Con sentenza depositata il 21.5.2008 il Tribunale di Gela accoglieva l'appello ed, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava che il credito oggetto del decreto ingiuntivo opposto era estinto per prescrizione e, conseguentemente, annullava il decreto stesso condannava parte appellata alla rifusione delle spese processuali relative alla fase monitoria ed ai due gradi del giudizio. Osservava il Tribunale che, anche a volere ritenere interrotto il termine prescrizionale a decorrere dalle dichiarazioni relative alla procedura inventariale, avuto riguardo alla data di deposito del ricorso per decreto ingiuntivo 8.3.2004 , il credito azionato era prescritto. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l'Avv. M.A. formulando tre motivi seguiti dai quesiti di diritto. Le intimate non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione Il ricorrente deduce 1 violazione e falsa applicazione degli articolo 2956 e 2959 c.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, laddove il Giudice di Appello non aveva tenuto conto che le resistenti avevano ammesso in giudizio che l'obbligazione in questione non era stata estinta affermando, fra l'altro, nella lettera a.r. del 5.2.2002, inviata all'avv. M. , che non aveva diritto al pagamento delle somme richieste perché afferenti a crediti prescritti sicché, ai sensi dell'articolo 2959 c.c., l'eccezione di prescrizione presuntiva andava respinta 2 violazione e falsa applicazione dell'articolo 2956 c.c. ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, per avere la sentenza impugnata ritenuto spirato il termine prescrizionale triennale per i crediti relativi ad attività professionali, pur avendo preso atto dell'avvenuta richiesta di determinazione del credito nell'ambito della procedura inventariale, formalizzata dalle resistenti in data 5.2.2002 ed idonea a determinare l'interruzione della prescrizione 3 violazione e falsa applicazione degli att. 91 e 112 c.p.c., avendo il Tribunale posto anche le spese relative alla fase monitoria a carico dell'avv. M. , benché si trattasse di spese sostenute solo da quest'ultimo, non gravanti, quindi, sul soccombente, in violazione, peraltro,del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, in difetto di una richiesta di controparte di condanna dell'appellato al rimborso delle spese della monitoria. Il primo motivo di ricorso è fondato, avendo la Corte di merito applicato l'accezione di prescrizione presuntiva del credito, ai sensi dell'articolo 2957 c.c., pur dando atto dell'ammissione della mancata estinzione del debito da parte delle debitrici e pur avendo le stesse, sia pure in via subordinata, contestato la congruità delle parcelle professionali su cui era fondato il credito azionato. Orbene,secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, l'ammissione del debitore di non aver estinto il debito ovvero la contestazione, da parte dello stesso, dell'entità del credito azionato, comporta, ai sensi dell'articolo 2959 c.c. il rigetto dell'eccezione di prescrizione Cass. numero 12771/2012 numero 14927/2010 numero 21107/2009 . In particolare, l'accoglimento dell'eccezione di prescrizione presuntiva è preclusa in tutte le ipotesi ricorrenti nella specie in cui il debitore ammetta di non aver estinto il debito ovvero contesti, anche per implicito, l'entità della somma richiesta, circostanza, quest'ultima, implicante, in ogni caso, il riconoscimento della sia pur parziale permanenza del rapporto controverso e l'incompatibilità col presupposto richiesto per l'applicazione della prescrizione presuntiva, costituito dalla presunzione di avvenuta estinzione del debito. L'accoglimento del motivo esaminato comporta l'assorbimento delle altre censure in quanto connesse logicamente con tale motivo. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio al Tribunale di Gela in diversa composizione che, in conformità a detti principi di diritto esposti, dovrà procedere ad un nuovo esame della controversia e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo ed il terzo motivo cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Gela in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.