Mercoledì 2 aprile, la Camera dei Deputati ha approvato la legge delega che fissa le linee guida per la riforma del sistema sanzionatorio, a cui dovrà attenersi il Governo. Arresti domiciliari, depenalizzazione e possibilità di messa alla prova conquistano la scena e diventano i punti di riferimento per la Giustizia che verrà. Soddisfazione del Ministro Orlando, impegnato sempre nella corsa contro il tempo, prima della scadenza del 28 maggio, imposta dall’Europa per risolvere l’emergenza carceri.
L’approvazione. Una Camera dei Deputati visibilmente tesa, che ha visto spigole sventolate in aria e parlamentari espulsi, ha approvato, mercoledì 2 aprile, una legge delega che fornisce al Governo le linee guida per riformare il sistema sanzionatorio mediante degli appositi decreti legislativi. I cambiamenti. Molte le novità all’interno del provvedimento. Prima di tutto, i domiciliari diventeranno la pena principale, da applicare in automatico, per tutte le contravvenzioni attualmente colpite da arresto ed i delitti, il cui massimo di pena sia di 3 anni. Nel caso, invece, di reclusione tra i 3 ed i 5 anni, spetterà al giudice decidere, sulla base di una valutazione che coinvolga la gravità del reato e la capacità a delinquere. Non ci saranno preoccupazioni su una possibile uscita dal carcere di criminali pericolosi infatti, i delinquenti abituali, professionali e per tendenza rimarranno, in ogni caso, in galera. In più, chi assumerà dei comportamenti incompatibili con le misure alternative, sarà costretto a tornare in cella. Al contrario, in caso di buona condotta del condannato, è potenzialmente possibile che l’obbligo di reclusione nelle strutture detentive non sia continuativo, ma venga ridotto ad alcune fasce orarie, nel corso del giorno o della settimana, con l’utilizzo del braccialetto elettronico come già previsto anche dal decreto svuotacarceri . Reato, no grazie. Altro elemento di fondo, ed anche il più contrastato a livello politico, riguarda la nuova strada imboccata della depenalizzazione. Alcuni reati vengono ora trasformati in illeciti amministrativi. Il più importante di questi, che porterà a dei significativi cambiamenti nei prossimi mesi, sia dentro che fuori dal carcere, riguarda l’ormai ex-reato di immigrazione clandestina. Rimangono, infatti, punibili a livello penale solo le condotte di violazione dei provvedimenti amministrativi adottati in materia, cioè dei provvedimenti di espulsione già adottati. Messa in prova. Per favorire ulteriormente l’alleggerimento dell’onere sulle carceri, viene anche esteso agli adulti l’istituto, finora previsto soltanto per i minorenni, della sospensione del processo, con conseguente messa alla prova. Questa possibilità sarà contemplata per i reati puniti fino a 4 anni di reclusione, o con pena pecuniaria, o per cui è prevista la citazione diretta a giudizio. L’imputato può, quindi, cercare di convincere il giudice ad evitare la sanzione, tramite dei lavori di pubblica utilità, l’affidamento al servizio sociale per lo svolgimento di un programma di recupero, e con la prestazione di condotte riparatorie. Contumacia kaputt. Infine, viene abolita la contumacia, per cui il giudice, in caso di irreperibilità dell’imputato, sospenderà il processo, potendo, comunque, acquisire le prove non rinviabili. Alla scadenza di un anno, e per gli anni successivi, verranno disposte delle nuove ricerche dell’imputato, ma, finché durerà l’assenza, rimarrà sospesa la prescrizione. La felicità di Orlando. Soddisfazione evidente del Ministro della Giustizia Orlando, che può iniziare ad affrontare più serenamente il termine del 28 maggio, data imposta dall’Europa come dead line per risolvere l’emergenza carceraria «Oggi abbiamo fatto un importante passo avanti nella direzione di un Paese più giusto e moderno» e ancora «le nuove norme introducono un nuovo sistema sanzionatorio più adeguato alla gravità dei reati e consentono di ripensare il nostro modello di detenzione per portarlo in linea con le regole penitenziarie europee, senza minare la sicurezza dei cittadini e il principio della certezza della pena. Il carcere rimane l’extrema ratio per i reati gravi e i soggetti pericolosi, mentre le misure alternative tendono a responsabilizzare maggiormente il detenuto puntando a non relegarlo ai margini della società e cercando di offrire strumenti idonei ad evitare la recidività e a favorire il reinserimento».