Proposta per gli amanti dell’arte: riproduzione dell’opera di Salvador Dalì. Ma descrizione su carta e realtà divergono: è truffa

Rimossa l’ipotesi della contraffazione dell’opera, restano però le differenze tra la proposta come descritta dal venditore e le caratteristiche reali dell’opera. Legittima, quindi, la contestazione del reato di truffa. Condanna confermata, assieme al risarcimento a favore dei due potenziali compratori.

Colpo gobbo provato – seguendo quasi la sceneggiatura di un film – ma andato a vuoto il ‘pacco’ rimane nelle mani del venditore. Cosa contiene il metaforico ‘pacco’? La presunta riproduzione di un’opera di Salvador Dalì. Ma più che di offerta ‘di peso’ riservata agli amanti dell’arte, si può parlare di truffa. Cassazione, sent. n. 30664/2013, Sezione Seconda Penale, depositata oggi Bluff. Alla fine i potenziali compratori riescono ad evitare la beffa, scoprendo l’arcano, ossia le dubbie caratteristiche della riproduzione loro proposta. E per il venditore – autore del bluff – arriva, invece, il danno, ossia la condanna, in primo grado, per truffa e contraffazione di opera d’arte, condanna fissata a 6 mesi di reclusione e 150 euro di multa e ridotta poi in secondo grado, laddove rimane intatto solo l’addebito del reato di truffa. Col corollario del risarcimento a favore dei due potenziali compratori. Ecco spiegata la riduzione della pena a 3 mesi di reclusione e 100 euro di multa, pena sostituita con una multa di oltre 22mila euro. Grammi. Ottica confermata, infine, anche in terzo grado. Respinte, dai giudici di Cassazione, difatti, le rimostranze del venditore, il quale si è soffermato sul fatto che egli è stato assolto dall’ipotesi della contraffazione dell’opera d’arte , e la truffa è stata ritenuta integrata non dalla vendita di un’opera falsa, come contestato bensì dall’aver esposto qualità inesistenti dell’opera con una brochure falsa, o quantomeno non corrispondente all’opera in vendita e alla certificazione redatta , aggiungendo poi che i giudici di secondo grado hanno fatto confusione, affermando che la riproduzione fosse una sfoglia d’argento di meno di 50 grammi , e che non vi è stato né ingiusto danno né ingiusto profitto . Ad avviso dei giudici, in sostanza, non vi è stata alcuna immutazione del fatto , poiché è contestata la vendita di una riproduzione di opera di Salvador Dalì su comune lamina d’argento di meno di 50 grammi, dichiarata del peso di 350 grammi . Unica ‘vittoria’, per il venditore, è il ricalcolo della pena pecuniaria, rifissata in 3mila e 500 euro. Ma ciò non modifica la situazione, perché né l’affermazione di responsabilità, né l’entità della pena inflitta, prima della conversione di quella detentiva in pecuniaria, sono più oggetto di discussione, sicché ad essere oggetto di valutazione è soltanto il calcolo della conversione .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 giugno – 16 luglio 2013, n. 30664 Presidente Fiandanese – Relatore Davigo Ritenuto in fatto Con sentenza del 24.4.2008, il Tribunale di Benevento dichiarò P.L. responsabile del reato di cui agli art. 81, 640 cod. pen., 3, 4 n. 4 e 5 legge 106211971, 61 n. 2 cod. pen. unificati sotto il vincolo della continuazione e - concesse le attenuanti generiche - lo condannò alla pena di mesi 6 di reclusione ed € 150,00 di multa, pena sospesa. L'imputato fu altresì condannato al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese a favore delle parti civili L.A. e G.M. Avverso tale pronunzia l'imputato propose gravame e la Corte d'appello di Napoli, con sentenza dei 9.11.2011, in parziale riforma della decisione di primo grado, assolse l'imputato dai reati di cui agli arti. 3, 4 e 5 legge n. 1062/1971 perché il fatto non sussiste e ridusse la pena per il reato di truffa a mesi 3 di reclusione ed € 100,00 di multa, pena sostituita con la multa di € 22.600,00 90 giorni per 250 €, oltre alla multa di € 100,00 . L'imputato fu condannato alla rifusione delle ulteriori spese processuali. Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato deducendo 1. violazione della legge processuale in relazione all'immutazione del fatto contestato, l'imputato è stato assolto dall'ipotesi della contraffazione dell'opera d'arte e la truffa è stata ritenuta integrata non dalla vendita di un'opera falsa, come contestato, ma dall'aver esposto qualità inesistenti dell'opera con una brochure falsa o quantomeno non corrispondente all'opera in vendita ed alla certificazione redatta, dall'imputato stesso 2. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la Corte territoriale ha ritenuto che la riproduzione fosse una sfoglia d'argento di meno di 50 grammi anziché di 350 grammi, travisando la deposizione di B.M., in parte trascritta nel ricorso in ogni caso non vi sarebbe stato né ingiusto danno né ingiusto profitto 3. violazione di legge in relazione alla conversione della pena utilizzando il parametro di € 250,00 per giorno, vigente al momento della pronunzia, anziché quello vigente al momento del fatto di € 38,00 per giorno. Considerato in diritto il primo motivo è manifestamente infondato. Non vi è stata alcuna immutazione del fatto, dal momento che nell'imputazione è contestata la vendita di un riproduzione di opera di Salvador Dalì su comune lamina d'argento di meno di grammi 50, dichiarata del peso di grammi 350. Il secondo motivo di ricorso è generico. Questa Corte ha infatti affermato che, in forza della regola della autosufficienza dei ricorso, operante anche in sede penale, il ricorrente che intenda dedurre in sede di legittimità il travisamento di una prova testimoniale ha l'onere di suffragare la validità dei suo assunto mediante la completa trascrizione dell'integrale contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone, non consentendo la citazione di alcuni brani delle medesime l'effettivo apprezzamento del vizio dedotto. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 37982 dei 20.0.2008 dep. 3.10.2008 rv 241023 . La inammissibilità dei primo e del secondo motivo di ricorso determina la irrevocabilità della condanna intervenuta a far tempo dalla scadenza del termine per proporre ricorso, con conseguente impossibilità di decorso della prescrizione, pur in presenza della fondatezza dei terzo motivo di ricorso, che tuttavia riguarda soltanto la conversione della pena e quindi un diverso capo della sentenza rispetto all'affermazione di responsabilità ed alla determinazione della pena. Il Collegio condivide l'orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo il quale, poiché la cosa giudicata si forma sui capi della sentenza nel senso che la decisione acquista il carattere dell'irrevocabilità soltanto quando sono divenute irretrattabili tutte le questioni necessarie per il proscioglimento o per la condanna dell'imputato rispetto a uno dei reati attribuitigli , e non sui punti di essa, che possono essere unicamente oggetto della preclusione correlata all'effetto devolutivo dei gravame e al principio della disponibilità del processo nella fase delle impugnazioni, in caso di condanna la mancata impugnazione della ritenuta responsabilità dell'imputato fa sorgere la preclusione su tale punto, ma non basta a far acquistare alla relativa statuizione l'autorità di cosa giudicata, quando per quello stesso capo l'impugnante abbia devoluto al giudice l'indagine riguardante la esistenza di circostanze e la quantificazione della pena, sicché la ries iuadicata” si forma solo quando tali punti siano stati definiti e le relative decisioni non siano censurate con ulteriori mezzi di gravame. Ne consegue che l'eventuale causa di estinzione del reato deve essere rilevata finché il giudizio non sia esaurito integralmente in ordine al capo di sentenza concernente a definizione del reato al quale la causa stessa si riferisce. Cass. Sez. U, Sentenza n. 1 dei 19/11/2000 dep. 28/06/2000 Rv. 216239 . Tuttavia, nel caso in esame né l'affermazione di responsabilità, né l'entità della pena inflitta, prima della conversione di quella detentiva in pecuniaria, sono più oggetto di discussione, sicché ad essere oggetto di valutazione da parte di questa Corte è soltanto il calcolo della conversione, che, intervenendo dopo la pronunzia di condanna e la determinazione della pena, é un divano capo della sentenza, che non incide sulla irrevocabilità della pronunzia relativa al precedente capo conseguente all'inammissibilità dei motivi di ricorso relativi. Il terzo motivo di ricorso è, come si è detto, fondato. All'epoca del commesso reato, il criterio di ragguaglio era di € 38,00 per giorno, sicché deve essere applicato tale criterio e non quello dì € 250,00 al giorno. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio limitatamente all'importo della pena pecuniaria determinata in conversione, cori rideterninazione della stessa in € 3.520,00 90 giorni per 38,00 €, pari a € 3.420,00 ai quale devono essere aggiunti € 100,00 di multa inflitta oltre alla pena detentiva . Alla inammissibilità del primo e del secondo motivo di ricorso consegue la condanna dei ricorrente alla rifusione delle spese sostenute per questo grado di giudizio dalla parte civile L.A., che si liquidano in € 3.000,00 oltre I.V.A. e C.P.A., come da nota spese ritenuta congrua alla luce dell'attività difensiva, fatta eccezione per la richiesta di spese forfettarie. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla conversione della pena che ricalcola in € 3.520,00 di multa. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute per questo grado di giudizio dalla parte civile L.A., liquidate in € 3.000,00 oltre I.V.A. e C.P.A.