Nel caso in cui al contribuente vengano contestati reati di tipo fiscale, l’Erario può sospendere in via di autotutela i pagamenti dei crediti spettanti all'interessato, fino alla definizione del procedimento penale.
Con la sentenza numero 7630 del 25 marzo 2013, la Corte di Cassazione ha legittimato l’Amministrazione Finanziaria a sospendere, in via cautelare, l’erogazione di qualsiasi tipo di rimborso di crediti in favore del contribuente, sul quale penda un giudizio per reati di tipo fiscale. Il provvedimento si basa sul principio che tutela l’interesse dell’Erario a recuperare, in via di autotutela, quanto eventualmente percepito ingiustamente dal contribuente sotto giudizio. Il caso. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione in seguito alla sentenza della Commissione Tributaria della Regione Sicilia, che rigettava il precedente ricorso contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che negava la sospensione inerente la richiesta di rimborso infrannuale sull’IVA trimestrale, anno 2005, di una società in accomandita semplice. In particolare, il giudice di secondo grado osservava che l’atto impugnato doveva intendersi come rifiuto di rimborso e quindi era impugnabile. L’Agenzia aveva proceduto a sospendere, e non già a rifiutare, il procedimento di rimborso non appena era venuta a conoscenza della pendenza, in capo al contribuente, di un procedimento penale per frode basato sull’accertamento di operazioni inesistenti e falsa fatturazione. Rimborso IVA sospeso. La Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e pertanto ha cassato la sentenza contestata, motivando che, in presenza di un procedimento penale pendente sul contribuente, è necessario tutelare l’Erario, il quale pertanto ha correttamente disposto la sospensione del rimborso del credito IVA in oggetto. Nella sentenza si fa riferimento all’articolo 38 bis, comma 3, D.P.R. numero 633/72 che concerne, appunto, la sospensione dei rimborsi d’imposta fino alla definizione del procedimento penale instaurato a carico dell’istante, quando siano a lui contestati i reati di emissione o utilizzo di fatture o altri documenti illecitamente emessi come nel caso di specie. Inoltre, la sentenza richiama anche l’articolo 23, D.Lgs numero 472/1997, che fissa un principio più generale di sospensione di pagamento dei crediti in favore di contribuenti autori di violazioni finanziarie, sottoposti a procedimenti di contestazione o sanzione, ancorché non definitivi. Concludendo. Il provvedimento della Suprema Corte sancisce la tutela dell’Erario che può pertanto sospendere il processo di rimborso di crediti in favore di quei contribuenti sui quali penda un giudizio per reati di tipo fiscale, fino alla definizione del procedimento penale.
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 17 gennaio - 25 marzo 2013, numero 7630 Presidente Cicala – Relatore Bognanni Svolgimento del processo 1. L'agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. stacc. di Siracusa, numero 23/16/10, depositata il 27 gennaio 2010, con la quale, rigettato il suo appello contro la decisione di quella provinciale, l'opposizione della società R. Sas. relativa alla comunicazione di sospensione inerente al rimborso della terza trimestralità per l'Iva dell'anno 2005, circa l'attività svolta di fabbricazione di termosifoni, veniva accolta. In particolare il giudice di secondo grado osservava che l'atto impugnato doveva intendersi come rifiuto di rimborso, e quindi era impugnabile. Inoltre l'imposta andava rimborsata, pur nell'incertezza se la contribuente avesse o meno prestato la garanzia, costituita da cauzione o fideiussione, sicché in caso positivo l'agenzia sarebbe stata ugualmente tutelata. Il fallimento della R., successivamente dichiarato, resiste con controricorso a mezzo del curatore. Motivi della decisione 2. Innanzitutto vanno esaminate le eccezioni, aventi carattere pregiudiziale, sollevate dal controricorrente, secondo cui la CTR avrebbe deciso in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, ed i motivi non offrirebbero elementi per confermare o mutare l'orientamento della stessa. Inoltre sarebbero confezionati con l'indicazione di più censure contestuali, e non seguite dai relativi quesiti di diritto o di sintesi circa il fatto. Si tratta all'evidenza di questioni infondate, atteso che, come si noterà appresso, la doglianza sostanziale si appalesa fondata, mentre i motivi sono stati formulati con la chiara indicazione delle ragioni che giustificano la domanda di riforma del giudizio, rilevandosi inoltre che tali censure sono articolate in modo corretto, e precisamente per una come violazione di legge, e per l'altra come vizio di motivazione, e ciò a prescindere dal fatto che la norma relativa ai quesiti è stata abrogata dalla L. numero 69/09. 3. Ciò premesso, col primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, in relazione all'articolo 360, numero 3 cpc, giacché la commissione regionale non considerava che l'atto impugnato era semplicemente una comunicazione di sospensione del chiesto rimborso, dal momento che l'agenzia aveva scoperto che era pendente un procedimento penale a carico del responsabile della contribuente per frode, costituita da operazioni inesistenti e fatture false, emesse a suo favore dalla società cartiera S. srl., per il quale peraltro non era stato mai emesso un pronunciamento favorevole coperto da giudicato, ma anzi era stato chiesto il rinvio a giudizio. Quindi si trattava di sospensione e non rifiuto, essendo la prima prevista, peraltro obbligatoriamente, senza alcuna discrezionalità da parte dell'Erario, con la conseguenza che quell'atto non era impugnabile ex articolo 19 D.lgs. numero 546/92. Il motivo sostanzialmente non va condiviso, atteso che in genere in tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili , contenuta nell'articolo 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, pur dovendosi considerare tassativa, tuttavia va interpretata in senso estensivo, fino a comprendervi le notizie o note comunicate dall'Ufficio che, pur non rivestendo l'aspetto formale proprio di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili, portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, suscitandone l'interesse inteso con riferimento all'articolo 100 cod. proc. civ. a chiederne il controllo di legittimità in sede giurisdizionale, come la comunicazione di sospensione del rimborso in via cautelativa nel caso in esame Cfr. anche Cass. Sentenze numero 17010 del 05/10/2012 numero 16100 del 22/07/2011, numero 7344 del 2012 . 4. Col secondo motivo la ricorrente denunzia vizi di motivazione, poiché il giudice di appello non considerava che la sospensione era obbligatoria, e doveva durare sino all'esito del processo penale, che invece non era stato affatto definito, trattandosi, allo stato, ancora solo di comunicazione di chiusura delle indagini preliminari a carico dell'amministratore della R. per uso di fatture false, che poteva anche preludere ad un rinvio a giudizio. Perciò soltanto dopo l'agenzia poteva provvedere al rimborso o al rifiuto, sicché la sospensione e questo sono due istituti tra loro distinti. La censura è fondata, in quanto la disposizione all'articolo 38 bis, comma 3 del d.P.R. numero 633 del 1972 - concernente la sospensione dei rimborsi d'imposta fino alla definizione del procedimento penale instaurato a carico dell'istante, quando siano a lui contestati i reati di emissione o utilizzo di fatture o altri documenti illecitamente emessi articolo 4 comma 1 del D.L. 429/1982, abrogato dall'articolo 25 del D.Lgs. 74/2000 - delinea un meccanismo sospensivo solo in relazione alle ipotesi in cui sia stato instaurato, a carico dell'istante medesimo, un procedimento penale per i predetti reati, ed assolve alla funzione di tutelare l'interesse dell'Erario a recuperare, in via di autotutela, quanto eventualmente sarebbe stato percepito indebitamente dal contribuente, come nella specie V. pure Cass. Sentenza numero 15532 del 11/08/2004 . Inoltre, a fortiori si tratta ora pur sempre di una legittima facoltà dell'amministrazione estesa a tutte le ipotesi di applicabilità di sanzioni anche di altra natura, giusta la novella introdotta col D.lgs. numero 472/97. Invero l'articolo 23 del medesimo D.lgs. 18 dicembre 1997, numero 472 nel fissare il principio generale della sospensione dei pagamenti di crediti in favore di contribuenti autori di violazioni finanziarie, raggiunti da atti di contestazione o di irrogazione di sanzioni, ancorché non definitivi, fa riferimento a qualsiasi tipo di pagamento, e quindi anche a quello in argomento, ed ha, quindi, implicitamente abrogato, quale norma successiva, avente rango non inferiore ed identica funzione cautelare alla precedente, l'articolo 38-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, numero 633, che limitava la possibilità dell'Amministrazione di sospendere l'erogazione dei rimborsi alla sola ipotesi di contestazione di specifici reati V. pure Cass. Sentenze numero 16535 del 14/07/2010, numero 10199 del 2003 . Dunque sul punto la sentenza impugnata non risulta motivata in modo adeguato e giuridicamente corretto, atteso che il principio applicato con la decisione gravata risulta violare la disciplina prevista, ormai in generale, in via cautelare, per non frustrare l'esigenza della parte pubblica nelle ipotesi di pregiudizio. Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata, senza rinvio, posto che la causa può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, ex articolo 384, comma 2 cpc, e rigetto del ricorso in opposizione della contribuente avverso l'atto di sospensione di rimborso. Quanto alle spese del doppio grado, sussistono giusti motivi per compensarle, mentre le altre di questo giudizio seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta quello introduttivo compensa le spese del doppio grado, e condanna il controricorrente fallimento al rimborso delle altre di questo giudizio, che liquida in euro 5.000,00 cinquemila/00 per onorario, oltre a quelle prenotate a debito.