La novella normativa sui riti semplificati e l’applicabilità delle norme del codice di procedura civile
Alla luce della ratio legis del decreto legislativo numero 150/2011, ovverosia la creazione di un unico corpus iuris delle leggi processuali, nonché della espressa ed esplicita indicazione delle norme speciali caso per caso, le singole sotto-discipline procedimentali previste dal citato d.lgs 150/11, in linea di principio, non sono etero integrabili con altre disposizioni processuali esterne al decreto stesso, nel senso che tutta la procedura deve essere solo e soltanto quella prescritta nel decreto stesso tenuto conto delle disposizioni comuni, di quelle generali richiamate e di quelle di differenziazione previste rito per rito . L’articolo 182 c.p.c. inerente al potere/dovere del giudice di consentire la sanatoria dei vizi afferenti alla rappresentanza/assistenza delle parti nel giudizio ha vocazione generale e, pertanto, è applicabile anche nel procedimento sommario di cognizione, come richiamato nei singoli riti di cui al d.lgs. 150/2011. La semplificazione tre modelli per i procedimenti civili. Il Decreto Legislativo 1 settembre 2011 numero 150 è volto, conformemente ai criteri di delega dettati dal legislatore, alla riduzione e alla semplificazione dei procedimenti civili di cognizione che rientrano nell’ambito della giurisdizione ordinaria e che sono regolati dalla legislazione speciale, riconducendoli ai tre modelli previsti dal codice di procedura civile individuati, rispettivamente, in tre differenti riti ordinario di cognizione, sommario di cognizione e quello che disciplina le controversie in materia di rapporti di lavoro. Se l’indicata novella è volta a disciplinare organicamente e definitivamente il sistema processual-civilistico italiano, non può che essere accolta con favore, ma, diversamente, qualora costituisca un altro tentativo di porre ordine come ad esempio il rito societario e quello del lavoro applicabile ai sinistri stradali nella materia, sarà destinata, unicamente, a generare problemi interpretativi e di diritto intertemporale. La vicenda. Nel caso in esame il Giudice unico del Tribunale di Varese ha già avuto modo di precisare che le norme attinenti i procedimenti indicati nel decreto legislativo in commento non sono etero integrabili con altre disposizioni processuali che non siano espressamente contenute nello stesso decreto. In altre parole le norme procedurali che possono trovare applicazione sono solamente quelle indicate nella medesima novella, fatto salvo per quelle comuni e di carattere generale ivi richiamate. Il potere del giudice di consentire la sanatoria dei vizi è norma di carattere generale applicabile a tutti i riti. Ne consegue che avendo l’articolo 182 codice di rito carattere generale trova applicazione anche nel procedimento sommario di cognizione, come richiamato nei singoli riti di cui al d.lgs. 150/2011.
Tribunale di Varese, sez. I civile, decreto 24 ottobre 2011, numero 10192 Giudice Unico Buffone Fatto e diritto Letto il ricorso pervenuto in Cancelleria in data 20 ottobre 2011 e verificato che non sono state presentate richieste in via cautelare o urgente, in specie, domande per la sospensione del provvedimento impugnato, in attesa della decisione finale rilevato che il ricorrente contesta il provvedimento emesso dalla Questura di Varese con cui si decreta la revoca del permesso di soggiorno numero relativo a . . e contestualmente si rifiuta il rinnovo del permesso stesso rilasciato per motivi familiari e scaduto di validità in data 19 agosto 2010 rilevato che, con il medesimo provvedimento, il Questore dispone pure l’espulsione dello straniero una volta espiata la pena con criteri e secondo modalità da esaminare nel merito, tenuto conto della giurisprudenza di questo Tribunale – v. decisione Trib. Varese, sez. I civ., decreto 30 maggio 2010 in www.ilcaso.it -, di quella più recente della Suprema Corte - arresto Cass. civ., sez. VI, ordinanza 8 settembre 2011 numero 18481 in www.tribunale.varese.it/Massimario – in linea con le direttive ermeneutiche offerte dalla sentenza della Corte di Giustizia 28 aprile 2011, caso El Dridi, causa C-61/11 in www.tribunale.varese.it/Massimario e valutate, anche, le modifiche introdotte dal Decreto-Legge 23 giugno 2011, numero 89, convertito dalla Legge 129/2011 ritenuta l’applicabilità al procedimento del d.lgs. 1 settembre 2011 numero 150, tenuto conto della data di deposito del ricorso verificato che, nella materia della immigrazione, il TU in materia di Leggi Processuali d.lgs. 150/11 cit. regola esclusivamente l’opposizione dello straniero ai provvedimenti in materia di diritto al ricongiungimento familiare e all’unità familiare articolo 20 e le controversie in materia di espulsione articolo 18 rilevato, quanto a queste ultime, che l’articolo 18 d.lgs. 150/11 prevede “l’applicazione del rito sommario di cognizione alle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione del decreto di espulsione” ma per il solo caso in cui il decreto espulsivo sia “pronunciato dal prefetto ai sensi del decreto legislativo 25 luglio 1998, numero 286” rinvio che, come chiarisce la relazione illustrativa, deve intendersi svolto all’articolo 13, comma II, del TU immigrazione ritenuto, dunque, che, nel caso sub iudice , non possa trovare applicazione il rito cd. sommario in virtù del richiamo mobile dell’articolo 18 succitato che, peraltro, nel comma II, riserva la competenza al giudice di Pace e non al Tribunale rilevato, però, al contempo, che l’articolo 20, comma I, d.lgs. 150/11 prevede l’applicazione del rito sommario di cognizione per le controversie previste dall’articolo 30, comma VI, del d.lgs. 286/1998 non modificato dal D.L. 89/11 , disposizione normativa dove oggi si legge “contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché contro gli altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare, l'interessato può adire l’autorità giudiziaria ordinaria secondo la procedura indicata dal citato articolo 20 ritenuto che i provvedimenti del Questore di revoca del permesso per motivi familiari, originariamente concesso, o di rifiuto del rinnovo dello stesso il che, giuridicamente, configura di fatto un “diniego” ricadano sotto il fascio applicativo dell’articolo 30, comma VI, d.lgs. 286/1998, anche là dove, come nel caso di specie, vi sia consequenziale avviso di espulsione, essendo, comunque, la cognizione del Giudice rivolta alla materia principale e assorbente dell’”unità familiare” dello straniero ritenuta, dunque, applicabile la disciplina di cui agli articolo 702-bis e ss. c.p.c., giusta gli articolo 3, 20, comma I, d.lgs. 150/2011 e, per l’effetto, la procedura del rito sommario di cognizione con esclusione dei commi II e III dell’articolo 702-ter c.p.c. rilevato che il ricorso è stato presentato direttamente e personalmente dallo straniero, attualmente detenuto presso la Casa circondariale di Varese e che tale modalità procedurale non è menzionata dall’articolo 20 d.lgs. 150/2011 che ha manipolato gli articolo 13, comma 5-bis, 13 comma VIII, 13-bis, 14 comma IV, 30 comma VI, 35 commi I e II e 44 del d.lgs. 286/1998 rilevato, in particolare, che secondo l’articolo 20 cit., le controversie previste dall'articolo 30, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, numero 286, sono regolate dal rito sommario di cognizione, “ove non diversamente disposto” dall’articolo 20 stesso, in cui le uniche deroghe previste rispetto alla disciplina generale sono le seguenti 1 la competenza monocratica del tribunale del luogo in cui il ricorrente ha la residenza 2 la possibilità, per il giudice che accoglie il ricorso, di disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta 3 l’esenzione fiscale per gli atti del procedimento ritenuto, peraltro, che dove il Legislatore ha voluto derogare all’obbligo della difesa tecnica necessaria, lo ha fatto espressamente es. articolo 17, comma IV, in tema di allontanamento dei cittadini di altri Stati dell’UE articolo 21, comma IV, in tema di TSO ritenuto che - alla luce della ratio legis che sorregge il decreto legislativo 150/2011 creazione di un unico corpus iuris delle legge processuali, riduzione del riti e semplificazione del processo civile italiano , nonché della espressa e esplicita indicazione delle norme speciali caso per caso - in linea di principio, le singole sotto-discipline procedimentali, previste dal citato d.lgs 150/11, non siano etero integrabili con altre disposizioni processuali esterne al decreto stesso, nel senso che tutta la procedura dovrebbe essere solo e soltanto quella prescritta nel decreto stesso tenuto conto delle disposizioni comuni, di quelle generali richiamate e di quelle di differenziazione previste rito per rito atteso, alla luce dei rilievi che precedono, che si pone un problema preliminare di ammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio, i cui contenuti, peraltro, non sono conformi a quelli prescritti dall’articolo 702-bis, comma I, c.p.c. rilevato, tuttavia, che nel provvedimento del Questore di Varese, l’estensore sia incorso in un errore poiché ha avvisato lo straniero che “contro il provvedimento è ammesso ricorso nei modi di cui agli articolo 737 e segg. c.p.c.”, così dando indicazioni erronee anche circa le modalità di introduzione della lite, tali da poter indurre il giudice a ritenere che si sia verificato da parte del ricorrente un cd. errore scusabile rilevato, al contempo, che nel suo ricorso, lo straniero ha comunque nominato un proprio difensore di fiducia che, quindi, presumibilmente, comparirà nel prosieguo del processo, così potendosi se necessario operare una sanatoria in virtù della norma di cui all’articolo 182 c.p.c., come modificata dalla legge 18 giugno 2009 numero 69 dove ritenuta applicabile poiché qualificata come noma a vocazione generale, informatrice dell’Ordinamento giuridico e non del singolo processo ordinario di cognizione ritenuto, al contempo, che i vizi dell’atto introduttivo del giudizio possono sanarsi con la costituzione della parte resistente la quale accetti il contraddittorio senza riserve, analogamente a quanto avviene secondo la disciplina dell’articolo 164 c.p.c. ritenuto, per tutti i motivi sin qui illustrati, che ogni decisione debba essere differita all’udienza di prima comparizione delle parti, anche per investire le stesse delle quaestiones juris qui segnalate e raccogliere le loro argomentazioni difensive avvisate, in tal senso, le parti ex articolo 101, comma II, c.p.c. che, alla prima udienza, verranno esaminate le questioni qui illustrate validità del ricorso e regolarità della introduzione della lite e, quindi, ammissibilità del ricorso personalmente proposto dallo straniero detenuto effetti, sul processo, dell’erronea indicazione delle norme processuali da parte del Questore nel proprio provvedimento eventuale applicabilità dell’articolo 182 c.p.c., alla luce dell’entrata in vigore dell’articolo 20 d.lgs. 150/2011 P.Q.M. Letti e applicati gli articolo 20 d.lgs. 150/11, 30 d.lgs. 286/1998, 702-bis c.p.c. FISSA l’udienza di comparizione delle parti in data omissis . L’udienza si terrà presso il Tribunale di Varese, omissis . INVITA la parte resistente a costituirsi entro e non oltre dieci giorni prima dell’udienza. DISPONE che, a cura di parte ricorrente, il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, sia notificato ai convenuti almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione. MANDA alla cancelleria perché si comunichi