Il nuovo redditometro viola la privacy: è effettuato su parametri asettici e del tutto astratti

Rilevati forti elementi di illegittimità nel cd. redditometro introdotto dal D.L. n. 78/2012.

La sentenza n. 10508 del 24 settembre 2013 del Tribunale di Napoli ha rilevato forti elementi di illegittimità nel cd. redditometro introdotto dal Dl 78/2012. In particolare, il Tribunale, dichiarando l’istituto illegittimo per carenza di potere ai sensi dell’art. 21 septies, legge 241/1990, ha vietato all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di effettuare accertamenti che si basano sul nuovo redditometro nei confronti del ricorrente ovvero ha ordinato la sospensione di ogni attività ispettiva nei confronti del ricorrente e la distruzione delle informazioni eventualmente già raccolte. Il caso. La vicenda concerneva un ricorso di un dipendente del Comune di Pozzuoli, innanzi al G.O. Secondo il ricorrente il redditometro è un atto iniquo che viola la privacy. Il nuovo redditometro viola la privacy? Tale pronuncia, sulla base di articolare argomentazioni, ha puntualizzato quanto segue - Sussiste la giurisdizione del tribunale ordinario, poiché c’è in ballo il diritto soggettivo alla riservatezza, il tutto, anche se non è ancora stato effettuato alcun accertamento sintetico. - L’accertamento fiscale da redditometro è effettuato su parametri asettici e del tutto astratti e non è un accertamento su dati concreti”. - Sussistono profili di incostituzionalità. Il redditometro lede la privacy della persona perché è in contrasto con i principi fondamentali di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione e dei principi di leale collaborazione procedimentale”. - Lo strumento di accertamento fiscale deve essere sì efficace ma non può prescindere dalla tutela del cittadino nella doppia veste di persona e contribuente. - Sussistendo l’utilizzo di qualsiasi spesa sostenuta dal contribuente, anche diversa da quelle indicate nella tabella A del dm., è evidente che il cd. redditometro permette intrusioni” anche spese farmaceutiche, per il mantenimento e l’educazione dei figli, per la vita sessuale. Siffatta circostanza priva del diritto ad avere una vita privata _ senza dover subire intrusioni anche su aspetti delicatissimi della vita privata quali quelli relativi alla spesa farmaceutica, al mantenimento e all’educazione della prole e alla propria vita sessuale . L’utilizzo indiscriminato di qualsiasi spesa sostenuta dal contribuente, permette che lo stesso sia privato del diritto ad avere una vita privata. - Il dm attuativo dell’accertamento sintetico non solo è illegittimo, ma radicalmente nullo, per carenza di potere, ai sensi dell’articolo 21-septies della legge 241/1990 .Esso viola il diritto alla riservatezza del cittadino ed è al di fuori della legalità costituzionale e comunitaria . - Attendere l’emanazione dell’atto tributario significherebbe attendere proprio il verificarsi della lesione della riservatezza, cioè proprio ciò che il codice della privacy vuole evitare . - L’utilizzo delle spese medie del programma statistico nazionale, ovvero l’attività dell’Istat non ha nulla a che vedere con la specificità della materia tributaria . - L’art. 38 del dpr 600/1973 parla, di singoli soggetti, mentre il dm del tutto autonomamente opera una differenziazione di tipologie familiari . - Non è giusto che l’Agenzia delle Entrate abbia il potere di conoscere tutti i dati personali del contribuente e della sua famiglia . Concludendo. L'Agenzia delle Entrate non ha il potere di conoscere tutti i dati personali del contribuente e della sua famiglia . Non è, autorizzata ad indagare sulle spese che ognuno decide di fare in tutti i campi e come più ritiene opportuno, dall’educazione dei figli alle spese per il proprio divertimento. Essa non può - Violare articoli fondamentali della Costituzione come il 2 e il 13, né la Carta dei diritti fondamentali della Ue. - Controllare le spese del contribuenti dalle calze alla birra, dai detersivi alla benzina, dai libri ai taxi e di altre persone della famiglia. - Indagare nell'autonoma gestione del denaro, negli acquisti farmaceutici riservatissimi , nelle spese per l'educazione, né curiosare nella vita sessuale o politica. Il redditometro determina la soppressione definitiva del diritto del contribuente e della sua famiglia ad avere una vita privata, a poter gestire il proprio denaro, a essere quindi libero nelle proprie determinazioni senza dover essere sottoposto a invadenza del potere esecutivo. Esso viola anche il diritto di difesa perché rende impossibile fornire la prova di aver speso meno di quanto risultante dalla media Istat”. Il redditometro, in definitiva , violando i principi di eguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità è non solo illegittimo, ma radicalmente nullo .

Tribunale di Napoli, sentenza 23 24 settembre 2013, numero 10508 Giudice Valentina Valletta Fatto e diritto Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, in quanto la domanda di parte ricorrente è volta ad ottener l'accertamento giurisdizionale del suo diritto alla riservatezza nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, nonostante l'emanazione ad opera del Ministero delle Finanze del decreto attuativo del c.d. redditometro decreto ministeriale del 24.12.2012, numero 65648 pubblicato nella Gazzetta ufficiale b. 3 del 04.01.2013 in attuazione di quanto previsto dalla normativa primaria di cui all'art. 38, comma 4, d.p.r. 29.09.1973, numero 600 come modificato dall'articolo 22, comma 1, del D.L. 31 maggio 2010, numero 78 il che evidenza e sia detto per mera esigenza di completezza che la presente controversia riguarda l'operatività, quindi, del nuovo redditometro e di certo non già quanto posto in essere in attuazione del precedente modulo di accertamento sintetico del reddito. Sussiste, quindi, la giurisdizione del giudice ordinario per espressa e inequivoca disposizione di legge e già in applicazione degli ordinari principi di riparto di giurisdizione in applicazione del criterio tradizionale del petitum sostanziale o causa petendi come normato dall'art. 103 e 113 Cost e dall'art. 386 cpc. Sotto il primo aspetto, è appena il caso di rammentare quanto dispone espressamente l'art. 152, d.lgs. numero 196/2003 Codice in materia di protezione dei dati personali Tutte le controversie che riguardano, comunque, l'applicazione delle disposizioni del presente codice, comprese quelle inerenti ai provvedimenti del Garante in materia di protezione dei dati personali o alla loro mancata adozione, nonché le controversie previste dall'articolo 10, comma 5, della legge 1° aprile 1981, numero 121, e successive modificazioni, sono attribuite all'autorità giudiziaria ordinaria , cfr. anche Cass. sez. unumero 14.04.2011, numero 8487 La controversia tra il titolare del trattamento di dati personali e l'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, concernente la legittimità del rifiuto da quest'ultimo opposto alla richiesta, avanzata dal titolare, di autorizzazione ad esigere un contributo dai richiedenti l'accesso ai dati, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell'art. 152 del d.lgs. 30 giugno 2003 numero 152. Infatti, posto che la chiara scelta operata dal legislatore tramite l'art. 152 citato non contrasta con l'art. 103 Cost. non essendo vietata l'attribuzione al giudice ordinario della cognizione anche degli interessi legittimi, la materia dell'accesso ai dati personali e dei costi di esercizio di tale diritto presenta una inestricabile interferenza tra i diritti ed interessi legittimi, con la netta prevalenza dei primi sui secondi, là dove, inoltre, il bilanciamento che deve operare l'Autorità Garante è, eminentemente, tra interessi privati quelli degli interessati ai dati trattabili e quelli delle imprese detentrici , mancando, quindi, una vera e propria discrezionalità amministrativa , che in parte motiva, peraltro, significativamente afferma che la cristallina espressione letterale rara avis non lascia margini a dubbi circa l'intentio legis di attribuire alla cognizione della AGO . La esplicitamente prevista giurisdizione del giudice ordinario, del resto, non è altro che conferma di quanto già derivante in applicazione dei principi regolanti i rapporti tra diritti intangibili della persona e autorità amministrativa, che a fronte di tali posizioni soggettive costituzionalmente apicali non può considerarsi titolare di alcun potere secondo la giurisprudenza elaborata dalla sezioni unite in sede di riparto di giurisdizione. In particolare, la giurisprudenza, con riferimento ai diritti inviolabili dell'uomo, ha specificato che nel nostro ordinamento si rinvengono a fronte di situazioni soggettive a nucleo variabile in relazione alle quali si riscontra un potere discrezionale della pubblica amministrazione capace di degradare all'esito di un giudizio di bilanciamento degli interessi coinvolti] i diritti ad interessi legittimi o di espandere questi ultimi sino ad elevarli a diritti posizioni soggettive a nucleo rigido , rinvenibili unicamente in presenza di quei diritti, quale quello alla salute, che in ragione della loro dimensione costituzionale e della loro stretta inerenza a valori primari della persona non possono essere definitivamente sacrificati o compromessi, sicché allorquando si prospettino motivi di urgenza suscettibili di esporli a pregiudizi gravi ed irreversibili, alla pubblica amministrazione manca qualsiasi potere discrezionale di incidere su detti diritti non essendo ad essa riservato se non il potere di accertare la carenza di quelle condizioni e dì quei presupposti richiesti perché la pretesa avanzata dal cittadino assuma, per il concreto contesto nel quale viene fatta valere, quello spessore contenutistico suscettibile di assicurarle una tutela rafforzata Cass. S.U. 17461/06 Cass. Sez. UN ord. 09.09.2009, numero 19393 i diritti umani fondamentali godono della protezione apprestata dall'art. 2 della Costituzione e dall'art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, e non può essere degradato ad interesse legittimo per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo, al quale può essere affidato solo l'accertamento dei presupposti di fatto che legittimano la protezione umanitaria, nell'esercizio di una mera discrezionalità tecnica, essendo il bilanciamento degli interessi e delle situazioni costituzionalmente tutelate riservato esclusivamente al legislatore cfr. anche Cass. sez. unumero ord. 16.09.2010, numero 19577 . E non può esservi dubbio alcuno circa la natura di diritto fondamentale della persona da attribuirsi alla riservatezza che di certo non si esaurisce nella tutela del mero domicilio della persona, bensì alla sua intera privata come concretamente si articola nella quotidianità e ciò in applicazione dei principi di rispetto della dignità umana e di libertà non può esservi, infatti, ictu oculi, né dignità, né libertà ove non vi sia protezione e piena autonomia delle proprie scelte quotidiane che si svolgano all'interno della legalità, autonomia che comporta ovviamente il non dover giustificarsi delle proprie scelte se non in casi di assoluta eccezionalità e fondate su circostanze specifiche, concrete e determinate art. 2 Decreto legislativo 30/06/2003, numero 196 Il presente testo unico, di seguito denominato 'codice, garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell'interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all'identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali. Il trattamento dei dati personali è disciplinato assicurando un elevato livello di tutela dei diritti e delle libertà di cui al comma 1. Proprio in ragione di ciò, del resto, cioè al fine di assicurare una tutela veramente efficace e incisiva, la normativa amplia la tutela richiedibile tanto da concepirla come fisiologicamente, per così dire, anticipata e di tipo inibitorio così come chiaramente si evince dall'art. 7, d.lgs. numero 196/2003. In particolare, la tutela della riservatezza è concepita e disegnata proprio come tutela necessariamente anticipata e quasi sempre necessariamente, per così dire, al buio infatti, normalmente la persona non è in grado di sapere se questo o quell'Ente stanno effettivamente raccogliendo dati e ciò riguarda anche e soprattutto gli Enti pubblici a cui non a caso è dedicato specificamente il CAPO II. Del resto, se così non fosse la tutela sarebbe quasi del tutto inutile. L'art. 7 disciplina, infatti, i diritti dell' interessato , soggetto che si identifica per espressa definizione di legge solamente ed esclusivamente con la persona fisica cui si riferiscono i dati personali art. 4, comma 1 lett. I, come modificata dalla L. numero 201/2011 che significativamente ha eliminato il riferimento alle persone giuridiche, riconoscendo tale qualifica solo alla persona fisica in definitiva, è la sola titolarità dei dati personali che rende il soggetto per legge interessato ad espletare le azioni previste dall'art. 7 nei confronti di soggetti che per una ragione o l'altra possono interferire coi suoi dati personali. L'art. 7, poi, disciplina espressamente l'azione della presente fattispecie, in quanto prevede che l'interessato ha diritto di ottenere la conferma dell'esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile comma 1 , nonché di sapere anche la logica applicata in caso di trattamento effettuato con l'ausilio di strumenti elettronici ausilio di cu si avvale normalmente l'Agenzia delle Entrate comma 2, lett. c è chiaro che la legge vuole appunto consentire alla persona fisica di sapere se e come un certo Ente stia raccogliendo suoi dati personali l'art. 7 poi completa la tutela prevedendo appunto espressamente il diritto alla cancellazione dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati comma 3, lett. b infine, è prevista esplicitamente anche l'azione inibitoria al comma 4, lett. a secondo cui la persona fisica ha diritto di opporsi per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta ed è appena il caso di ricordare che per trattamento si intende proprio la raccolta , oltre che la conservazione, elaborazione etc. art. 4, comma 1, lett. a in definitiva, la legge esplicitamente riconosce alla persona fisica, per il solo fatto di essere tale, la qualifica di interessato e la possibilità di sapere se alcuni suoi dati potrebbero essere raccolti e quindi opporsi alla stessa raccolta dei suoi dati la legge cioè riconosce esplicitamente ciò che è stato chiesto col ricorso introduttivo, cioè impedire la raccolta dei dati del ricorrente. La fattispecie in esame, quindi, rientra fisiologicamente nell'ambito di tutela giurisdizionale ordinaria come disegnata dal codice di protezione dei dati personali, posto che a partire dal 24.12.2002 ciascun contribuente è sottoposto al controllo delle Agenzie delle entrate in virtù del decreto ministeriale del 24.12.2012, numero 65648 pubblicato nella Gazzetta ufficiale b. 3 del 04.01.2013 in attuazione di quanto previsto dalla normativa primaria di cui all'art. 38, comma 4, d.p.r. 29.09.1973, numero 600 come modificato dall'articolo 22, comma 1, del D.L. 31 maggio 2010, numero 78. Interesse tanto più evidente laddove la introduzione del c.d. redditometro è oggi accompagnata anche dalla c.d. anagrafe tributaria istituita dal d.p.r. 21.9.1973, 605 come rafforzata dalla incisiva previsione dell'art. 11, comma 2 e 3 decreto legge numero 201 del 6.12.2011 secondo cui A far corso dal 1° gennaio 2012, gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare periodicamente all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato i rapporti di cui all'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, numero 605, ed ogni informazione relativa ai predetti rapporti necessaria ai fini dei controlli fiscali, nonché” l'importo delle operazioni finanziarie indicate nella predetta disposizione. I dati comunicati sono archiviati nell'apposita sezione dell'anagrafe tributaria prevista dall'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, numero 605, e successive modificazioni. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sentiti le associazioni di categoria degli operatori finanziari e il Garante per la protezione dei dati personali, sono stabilite le modalità della comunicazione di cui al comma 2, estendendo l'obbligo di comunicazione anche ad ulteriori informazioni relative ai rapporti strettamente necessarie ai fini dei controlli fiscali. Il provvedimento deve altresì prevedere adeguate misure di sicurezza, di natura tecnica e organizzativa, per la trasmissione dei dati e per la relativa conservazione, che non può superare i termini massimi di decadenza previsti in materia di accertamento delle imposte sui redditi . L'Agenzia delle Entrate ha peraltro provveduto ad emanare il provvedimento attuativo, prot. numero 2013/37561 In definitiva, non v'è dubbio che la domanda di accertamento. Quanto osservato rende evidente l'infondatezza di quella tesi espressa da parte di certa dottrina tributaria secondo cui il contribuente dovrebbe prima attendere il provvedimento della amministrazione tributaria verificare che tale provvedimento sia stato emanato sulla base della avvenuta conoscenza e invasione della sfera dei dati personali e solo allora, quindi, impugnare l'atto innanzi al giudice tributario. Ebbene, non v'è chi non vede che tale dottrina si mostra del tutto inconsapevole della peculiarità del diritto alla riservatezza e dei diritti della persona che, una volta violati, sono per definizione incapaci di poter usufruire di una tutela in forma specifica in definitiva, attendere l'emanazione dell'atto tributario significherebbe attendere proprio il verificarsi della lesione della riservatezza, cioè proprio ciò che il codice della privacy vuole vitare mercé l'attribuzione di una tutela anticipata. Infine, proprio tali peculiarità ontologiche dei diritti della personalità spiegano anche perché secondo l'opinione prevalente tutto ciò spieghi efficacia anche con riferimento alla valutazione del c.d. periculum in mora laddove la procedura cautelare abbia ad oggetto appunto la richiesta di tutela di un diritto fondamentale si ritine, infatti, che in tali fattispecie la irreparabilità inevitabile della potenziale lesione al diritto imponga di anticipare in modo sensibile il provvedimento di tutela richiesto, tutela che, appunto, non a caso sarà quasi sempre di natura inibitoria oltre che anticipataria. Del resto, è significativo che parte resistente non contesta in fatto l'esistenza di un interesse ad agire concreto ed attuale in capo al ricorrente, affermando, anzi, di essere titolare di pieni poteri di controllo e verifica di tutte le spese della persona e del suo nucleo familiare. SULLA LEGITTIMAZIONE PASSIVA L'Agenzia delle Entrate contesta la sua ed. legittimazione passiva, spettando, quest'ultima, in capo al Ministero delle Finanze di cui, del resto, ha chiesto la non concessa chiamata in causa. A tal proposito, è agevole osservare che a in primo luogo, ove vi fosse effettivamente un difetto di legittimazione passiva c.d. nel merito, la domanda andrebbe semplicemente rigettata, non potendosi certo chiamare in giudizio il soggetto eventualmente responsabile il ricorrente dovrà vedersi rigettata ala sua pretesa perché rivolta contro un soggetto erroneamente individuato come responsabile b in secondo luogo, non vi è dubbio che l'Agenzia delle Entrate sia l'unica legittimata passiva di tale fattispecie il ricorrente, infatti, si limita a chiedere di accertare che l'Agenzia delle Entrate non può effettuare quei controlli e verifiche di cui al redditometro. E non vi è dubbio che solo contro tale Agenzia dovesse essere spiegata la domanda ed infatti è proprio l'Agenzia delle Entrate il soggetto a cui l'ordinamento conferisce i più ampi poteri di accertamento, controllo, ispezioni, verifiche etc. necessari per assicurar i regolari adempimenti tributari e per prevenire o reprimere l'evasione e l'elusione fiscale. Sotto questo punto di vista nulla spetta al Ministero delle Finanze, che pur avendo emanato il d.m. citato non ha alcun potere id verifica e controllo il Ministero si è limitato ad emanare un regolamento attuativo della normativa primaria necessario per attivare i poteri predetti della Agenzia delle Entrate. In definitiva, la legittimazione passiva della Agenzia delle entrate è evidente, atteso che la presente vertenza ha ad oggetto l'accertamento dell'integrità del diritto alla riservatezza dell'attore nei confronti della Agenzia delle entrate che è appunto il soggetto a cui l'ordinamento attribuisce rilevantissimi poteri di accertamento e di controlli sui cittadini al fine di assicurare la regolare riscossione delle entrate tributarie e nel caso l'eventuale accertamento e repressione dell'evasione fiscale. In particolare, pare ricorrente chiede che si accertato il suo diritto alla riservatezza con riferimento ai suoi dati sensibili e a tutto ciò che attiene alla propria vita privata anche familiare. L'agenzia delle entrate afferma invece l'inesistenza di tali riservatezza a fronte dei suoi poteri rigorosamente previsti e disciplinati dalla legge. Il Ministero delle Finanze nulla ha anche vedere con tutto io posto che non è il Ministero delle Finanze il soggetto a cui l'ordinamento attribuisce il potere/dovere di consentire il regolare svolgimento delle entrate tributarie e controlli e sanzioni volti alla repressione e prevenzione della evasione ed elusione fiscale. Tutto ciò emerge ed emerge inequivocabilmente dalla legislazione in materia che attribuisce alla predetta Agenzia a personalità giuridica autonoma e distinta dal Ministero delle Finanze b tutta l'attività relativa all'accertamento riscossione delle entrate tributarie, nonché tutto ciò che per quanto attiene alla causa in esame riguarda i poteri di controllo e di verifica, con i conseguenti poteri sanzionatori la legge espressamente, infatti, ha attribuito alla Agenzie delle entrate tutti i compiti e poteri che in precedenza spettavano ai dipartimenti delle entrate del Ministero delle Finanze c come previsto espressamente dallo Statuto delle Agenzie delle Entrate l'ordinamento attribuisce alla predetta agenzia la gestione di tutto il contenzioso tributario presso ogni sede giudiziaria e presso ogni giurisdizione. In tal senso depongono inequivocabilmente tutti i dati normativi artt. 57, 61 1° comma, art 62 ° e 2°comma, art. 64 decreto legislativo 30.07.2009, numero 300 artt. 1, 2 1° e 2° comma, 4 lett. c ed e dello Statuto della Agenzia delle Entrate deliberazione della Agenzia delle Entrate 13.12.2000,10585 Gazzetta Ufficiale 20.02.2001, numero 42 . Sul punto, del resto, è anche intervenuta la Corte di Cassazione che ha esplicitamente affermato che Gli uffici periferici dell'Agenzia delle entrate hanno la capacità di stare in giudizio. in via concorrente ed alternativa al direttore, secondo un modello simile alla preposizione institoria disciplinata dagli artt. 2203 e 2204 cod.civ configurandosi detti uffici quali organi dell'Agenzia che, al pari del direttore, ne hanno la rappresentanza, con la conseguenza dell'imputabilità all'organo rappresentato dell'attività da loro svolta e l'ulteriore conseguenza della sussistenza della legittimazione passiva ed attiva concorrente, anche nel processo innanzi al giudice ordinario Cass. 09.04.2009, numero 8703 SULLA NULLITÀ DEL DECRETO MINISTERIALE DEL 24.12.2012. N. 65648 PUBBLICATO NELLA GAZZETTA UFFICIALE B. 3 DEL 04.01.2013 L'Agenzia delle Entrate contesta la domanda di parte ricorrente, affermando di avere il potere di conoscere tutti i dati personali del contribuente e della di lui famiglia in virtù del citato decreto emanato dal Ministero delle Finanze regolamento, quest'ultimo, attuativo dell'art. 38, comma 4, d.p.r. 29.09.1973, numero 600 come modificato da ultimo dalla già citata normativa. In definitiva, E' quindi chiaro che in tanto esiste tale potere della Agenzia delle Entrate in quanto sia valido ed efficace il predetto regolamento ministeriale si tratta quindi id una tradizionale ipotesi di accertamento incidentale necessario ai fini della decisione di una controversia, accertamento incidentale avente ad oggetto nel caso in esame la validità del predetto atto ministeriale. Si rientra, cioè, nello schema disegnato dagli artt. 4 e 5 della legge abolitiva del contenzioso, vale a dire la legge numero 2248/1865 all. e, che come noto ha previsto l'istituto c.d. della disapplicazione. L'oggetto del predetto accertamento incidentale, quindi, non è la validità o meno dell'art. 38, dpr comma 4, d.p.r. 29.09.1973, numero 600, che in quanto normativa primaria potrebbe tutt'al più essere sottoposto al vaglio di costituzionalità innanzi al giudice delle leggi. Nel caso in decisione, invece, si tratta più semplicemente di verificare se il predetto decreto ministeriale rispetti o meno i paletti e le condizioni fissate dal menzionato art. 38 dpr 600/1973, nonché dalla restante normativa primaria applicabile nella fattispecie concreta e in primo luogo del codice della riservatezza. Ebbene, a tal proposito questo tribunale aderisce all'orientamento già espresso dal tribunale di Napoli sez. civ. dist. di Pozzuoli giudice unico dott. Antonio Lepre con l'ordinanza del 21.02.2013. Dall'analisi del rapporto esistente tra il decreto ministeriale e l'art. 38 deve ritenersi che non solo il regolamento abbia violato la normativa primaria, ma che in realtà sia stato emanato in assenza dei presupposti di esistenza del relativo potere come disciplinato dalla norma attributiva. Si rientra quindi in quella che la giurisprudenza assorbe nella categoria della c.d. carenza di potere che da vita alla patologia della nullità e non già della annullabilità, coincidendo, altresì, con la patologia del difetto di attribuzione previsto dall'art. 21 septies legge numero 241/1990 Cass. sez. lav. 25.2.2011, numero 4653, Cass. sez. lav. 13.9.2006, numero 19576, Cass. civ sez. Unumero 12.6.1984, numero 3478 . Infatti, il regolamento ministeriale si muove molto al di là dei presupposto tracciati dall'art. 38 dpr 600/1973 e dal codice della riservatezza. In particolare secondo l'art. 38, comma 4, d.p.r. 29 settembre 1973, numero 600 l'agenzia delle entrate può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese si qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d'imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile secondo il comma 5 della medesima disposizione la determinazione sintetica può altresì essere fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l'analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale. In tal caso è fatta salva per il contribuente la prova contraria di cui al quarto comma . In definitiva, quindi, a norma attributiva del potere al Ministero dell'Economia e Finanza prevede come presupposti che a sia sempre concessa la prova liberatoria in capo al contribuente b può essere considerata qualsiasi spesa di qualsiasi genere c i campioni significativi riguardino specificamente i contribuenti d che tali contribuenti vanno differenziati tra loro anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza. Ebbene, il decreto ministeriale, a ben vedere, pone una disciplina ben al di fuori di tutti questi presupposti. Il regolamento, infatti, prevede che i beni e servizi da considerare significativi di capacità contributiva sono quelli indicati nella tabella A, nonché altri elementi di capacità contributiva diversi da quelli riportati nella tabella A, qualora siano disponibili dati relativi alla spesa sostenuta per l'acquisizione di servizi e di beni e per il relativo mantenimento, nonché la quota di risparmio riscontrata formatasi nell'anno art. 1, comma 2 e 4 nonché dell'ammontare delle spese, anche diverse rispetto a quelle indicate nella tabella A che, dai dati disponibili o dalle informazioni presenti nel Sistema informativo dell'Anagrafe tributaria, risultano sostenute dal contribuente . 2. il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva di cui alla tabella A è determinato tenendo conto della spesa media, per gruppi di categorie di consumi, del nucleo familiare di appartenenza del contribuente tale contenuto induttivo corrisponde alla spesa media risultante dall'indagine annuale sui consumi delle famiglie compresa nel Programma statistico nazionale, ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. 6 settembre 1989, numero 322, effettuata su campioni significativi di contribuenti appartenenti ad undici tipologie di nuclei familiari distribuite nelle cinque aree territoriali in cui è suddiviso il territorio nazionale. Le o tipologie di nuclei familiari considerate sono indicate nella tabella B, che fa parte integrante g del presente decreto . 3. il reddito complessivo ai sensi dell'art. 3 è quindi accertato sulla base di quanto indicato sub g 1 e sulla base della quota parte, attribuibile al contribuente, dell'ammontare della spesa media ISTAT riferita ai consumi del nucleo familiare di appartenenza, determinata nella percentuale corrispondente al rapporto tra il reddito complessivo attribuibile al contribuente ed il totale dei redditi complessivi attribuibili ai componenti del nucleo familiare in assenza di redditi dichiarati dal nucleo familiare, nella percentuale corrispondente al rapporto tra le spese sostenute dal contribuente ed il totale delle spese dell'intero nucleo familiare, risultanti dai dati disponibili o dalle informazioni presenti nel Sistema informativo dell'Anagrafe tributaria , nonché sulla base dell'ammontare delle ulteriori spese riferite ai beni e servizi presenti nella tabella A, nella misura determinata considerando la spesa rilevata da analisi e studi socio economici della quota relativa agli incrementi patrimoniali del contribuente imputabile al periodo d'imposta, nella misura determinata con le modalità indicate nella tabella A della quota di risparmio riscontrata, formatasi nell'anno . In definitiva, già queste constatazioni fanno concludere nel senso di affermare che il decreto ministeriale è non solo illegittimo, ma radicalmente nullo ai sensi dell'art. 21 septies legge numero 241/1990 per carenza di potere e difetto assoluto di attribuzione in quanto emanato del tutto al di fuori del perimetro disegnato dalla normativa primaria e dei suoi presupposti e al di fuori della legalità costituzionale e comunitaria, atteso che il c.d. redditometro utilizza categorie concettuali ed elaborazioni non previste dalla norma attributiva, che richiede la identificazione di categorie di contribuenti, laddove per come si vedrà -il d.m. non individua tali categorie ma altro, sottoponendo indirettamente visto l'ampiezza dei controlli e il riferimento ai nuclei familiari a controllo anche le spese riferibili a soggetti diversi dal contribuente e per il solo fatto di essere appartenenti al medesimo nucleo familiare si pensi all'acquisto di un medicinale per il congiunto malato oppure del libro di lettura . Ciò in particolare, discende dalle seguenti considerazioni. Specificamente, il regolamento del potere esecutivo non fa alcuna differenziazione tra cluster di contribuenti così come imposto dall'art. 38, dpr 600/1973 e dall'art. 53 Cost. bensì del tutto autonomamente opera una .differenziazione di tipologie familiare suddivise per cinque aree geografiche, ricollocando, quindi, all'interno di ciascuna delle tipologie figure di contribuenti del tutto differenti tra loro O'operaio, l'impiegato, il funzionario, il dirigente, chi ha avuto periodi di disoccupazione alternati a periodi di forti guadagni etc etc non può, cioè, non rilevarsi come l'art. 38 parla esplicitamente di contribuenti e non già di famiglie non potendo peraltro fare altro essendo ciò è imposto dall'art. 53 Cost. contribuenti che vanno differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza in definitiva, il riferimento al nucleo familiare e all'area territoriale sono criteri aggiuntivi che in tutta evidenza devono servire a ulteriormente specificare e, per così dire, concretizzare il cluster di riferimento già di per sé individuato in base a caratteristiche proprie. Il decreto ministeriale invece utilizza tale due criteri di complemento come principali ed esaustivi utilizza come parametro per determinare le spese medie delle famiglie peraltro, anche difficilmente armonizzando con Corte Cost. 15.7.1976, numero 179 che aveva escluso la cumulabilità dei redditi dei coniugi quelle di cui al Programma statistico nazionale predisposto ai sensi dell'art. 13 d.lgs. 6.9.1989, numero 322 si utilizza, cioè, l'attività dell'ISTAT che nulla ha a che vedere con la specificità della materia tributaria che deve indirizzare la sua indagine alla ricostruzione specifica di individualizzati profili di contribuenti e non già alla ricostruzione di macrocategorie funzionali ad analisi macroeconomiche e sociologiche che proprio per questo sono del tutto eterogenee rispetto al concetto di contribuente è infatti appena il caso di osservare che il predetto Programma statistico nazionale è il piano predisposto per legge dall'ISTAT, nel quale vengono esposte le attività statistiche di interesse pubblico che l'ISTAT e gli altri enti del SISTAN si impegnano a realizzare nel corso di un triennio, al fine di offrire ai cittadini un'immagine non distorta della società e dell'economia nel suo complesso viola l'art. 2, 13 Cost. art. 1, 7 e 8 Carta dei diritti fondamentali della UE, nonché l'art 38 dpr 600/1973 poiché prevede la raccolta e la conservazione non già di questa o quella voce di spesa diverse tra loro per genere come previsto dall'art. 38 ma, a ben vedere, di tutte le spese poste in essere dal soggetto rectius dalla famiglia , che viene, quindi, definitivamente privato del diritto ad avere una vita privata, di poter gestire autonomamente il proprio denaro e le proprie risorse, ad essere quindi libero nelle proprie determinazioni senza dover essere sottoposto all'invadenza del potere esecutivo e senza dover dare spiegazioni dell'utilizzo della propria autonomia e senza dover subire intrusioni anche su aspetti delicatissimi della vita privata quali quelli relativi alla spesa farmaceutica, al mantenimento e all'educazione impartita alla prole e alla propria vita sessuale soppressione definitiva di ogni privatezza e dignità riguardante, per’altro, non solo il singolo contribuente ma in realtà tutti i componenti di quel nucleo familiare ed, infatti, appena si legge la tabella A del d.m. si deve prendere atto che l'autorità governativa a titolo meramente semplificativo saprà di ciascuna famiglia quante e quali calzature, pantaloni, biancheria intima etc. utilizzano i suoi componenti se questi ultimi preferiscono il vino, la birra o analcolici e di che tipo quanta acqua si utilizza, se sono state eseguire riparazioni di manutenzione ordinaria relative alla rottura della caldaia o del fornello quanta energia elettrica, gas è stato utilizzato quali elettrodomestici, arredi sono stati comprati o comunque usati con relative spese di gestione quali e quanta biancheria, detersivi, pentole, lavanderia e riparazioni consuma questa o quella famiglia addirittura, in manifesta violazione della dignità umana di cui all'art. 1 Carta dei diritti fondamentali della UE di quali e quanti medicinali e visite mediche ha necessitato il nucleo familiare e quindi i suoi singoli componenti quale carburante, lubrificante si utilizza per la propria auto quanti tram, autobus, taxi e trasporti sono utilizzati e in violazione di ogni diritto dei minori anche quali libri scolastici e spese assimilabili sono state sopportate ad esempio, quindi, se quella famiglia necessità di materiale didattico specifico per il proprio figlio affetto da una certa patologia, l'Agenzia delle entrate lo verrà a sapere e così egualmente per i giochi, giocattoli in violazione dell'art. 18 e dell'art. 21 Cost. l'autorità governativa saprà quali associazioni culturali, quali manifestazioni culturali sono preferite dal nucleo famigliare infine, come visto, l'Agenzia delle entrate può considerare in ogni caso anche tutte le altre spese non elencate nella predetta Tabella A norma di chiusura che esplicita l'auto attribuzione da parte dell'Esecutivo del potere di raccogliere e immagazzinare ogni singolo dettaglio dal più insignificante al più sensibile della vita di ciascun componente di un nucleo familiare conferisce all'Agenzia governativa un potere che va, quindi, manifestamente oltre quello della ispezione fiscale consentito astrattamente dall'art. 14, 3°comma Cost. che in via eccezionale e manifestamente tassativo non richiede la riserva di giurisdizione infatti, è previsto dal regolamento ministeriale un potere di acquisizione, archiviazione e utilizzo di dati di ogni genere che nulla ha a che vedere con la meta ispezione, rappresentando un potere di cui non gode persino l'autorità giudiziaria penale che pure è destinataria di potere non di controllo generalizzato e indiscriminato ma sempre con riferimento ad indagini riferite a specifici reati ipotizzati viola il diritto alla difesa ex art. 24, il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. e l'art. 38 dpr 600/1973 in quanto rende impossibile fornire la prova di aver speso di meno di quanto risultante dalle predette media Istat ed, infatti, non si vede come si possa provare ciò che non si è fatto, ciò che non si è comprato, atteso che anche a voler prevedere una grottesca conservazione di tutti gli scontrini e una altrettanto grottesca analitica contabilità domestica -è chiaro che tale documentazione non dimostrerà che non è stata sopportata altra concreta spesa si arriva così all'irragionevole ricostruzione di spese artificialmente imposte dall'autorità governativa, mercé le quali si può di fatto intensificare il prelievo fiscale in violazione dell'art. 53, 1° e 2° comma Cost. ed è pure rilevante osservare che la ipotesi di spese minori di quelle presuntivamente ancorate alle medie non sono improbabili ma, invece, assolutamente certe ed, infatti, se vi è una media di spesa, significa che sono state registrate nella realtà economica fasce di oscillazione da un minimo a un massimo, sicché è certo che coloro i quali si ritroveranno al di sotto di tale media si vedranno attribuire automaticamente consumi non sostenuti accomuna situazioni territoriali differenti in quanto altro è la grande metropoli altro è il piccolo centro e altro ancora è vivere in questo o quel quartiere viola i principi di eguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità in quanto, a ben vedere, non è strumento idoneo a raggiungere in modo adeguato i prefissi obiettivi di repressione dell'evasione fiscale, pur sacrificando del tutto come visto il diritto alla dignità, alla autodeterminazione e alla privatezza della propria vita individuale, associativa, culturale e relazionale non solo del singolo contribuente ma di tutto il suo nucleo familiare ed, infatti, lo strumento induttivo è tanto più severo quanto più il presunto evasore è economicamente meno robusto al soggetto, infatti, meno abbiente di imperio si impone fittiziamente una spesa anche maggiore di quella reale presumendo, quindi, una evasione fiscale in caso di acquisto di taluni beni di valore eccedenti il range di tolleranza il contribuente rectius il nucleo familiare più economicamente benestante, invece, ne trae beneficio, in quanto sarà sufficiente evitare di acquistare la merce con sistemi tracciabili telematicamente e potrà, quindi, spendere nella realtà molto di più di quanto, invece, in assenza di costi tracciabili, gli sarà presuntivamente imputato in definitiva, più è benestante l'evasore potenziale, più è agevolato nel sottrarsi a tale controllo, anche perché, anche a voler tracciare i pagamenti, proprio in ragione del suo benessere per così dire ufficiale , potrà giustificare tutta una serie di spese che vanno oltre il range di tolleranza e continuare ad accumulare reddito non dichiarato sotto altro profilo, è poi evidente che la evasione economicamente più significativa viene poi realizzata nell'ambito delle attività di impresa in specie societarie, così come è pacifico che i singoli contribuenti fortemente evasori normalmente si industriano al fine di creare soggetti giuridici fittizi intestatari e beneficiari delle maggiori ricchezze, di cui quindi possono godere indirettamente attraverso tali artifici giuridici e contabili accentua le predette discriminazioni, anche in considerazione della insufficiente differenziazione geografica effettuata, anch'essa modellata coerentemente con indagine di tipo statistico funzionali a riflessioni macroeconomiche e a ricostruzioni di tendenze di massima della società su ampie categorie, posto che si è tenuto conto di cinque aree territoriali ebbene, è noto che all'interno della medesima Regione e, anzi, della medesima Provincia vi sono fortissime oscillazioni del costo concreto della vita, così come altrettanto forti oscillazioni vi possono essere all'interno di una medesima area metropolitana a seconda del quartiere in cui si vive ebbene, anche sotto tale profilo, lo strumento presuntivo approntato dal d.m. tende a pregiudicare fatalmente proprio la fascia della popolazione economicamente meno forte in favore di quella più forte la media, infatti, come detto, è la risultante di valori opposti tra loro ebbene, è noto che il costo della vita è inferiore nelle zone economicamente meno sviluppate, mentre, invece, è più alto nelle zone economicamente più robuste se ciò è vero, allora i contribuenti delle zone più disagiate perderanno anche, per così dire, il vantaggio di poter usufruire di un costo della vita inferiore in quanto gli sarà imputato in ogni caso il valore medio ISTAT delle spese i contribuenti agiati delle zone economiche più forti, invece, come già rilevato, potranno addirittura utilizzare il redditometro a proprio vantaggio, mentre il contribuente economicamente meno agiato che però vive nell'area economicamente più costosa, ove utilizzi mezzi di pagamento tracciabili, sarà quello fatalmente più esposto al controllo da parte della Agenzia delle entrate situazione analoga si verificherà per il contribuente economicamente agiato che viva in zone col costo della vita inferiore alla media ed, invero, in ragione di ciò egli potrà più agevolmente di altri accantonare i risparmi ma poiché la quota risparmio è anch'essa considerata ai fini della ricostruzione del reddito tale risparmio, se non compatibile con la spesa media presunta, sarà inevitabilmente attribuito a reddito illecitamente sottratto al fisco si pone per quanto anche appena detto in contrasto con l'art. 47 Cost. secondo cui la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme non v'è chi non veda che, per come impostato il ed redditometro, sarà considerato lecito esclusivamente il risparmio che sia compatibile con tali criteri di spesa del tutto astratti e avulsi dalla realtà, in quanto scontano il fatto di aver mutuato elaborazioni statistiche nate per tutt'altri fini è in contrasto coi principi fondamentali di imparzialità, buon andamento dell'amministrazione, nonché con i conseguenti corollari di cui alla legge numero 241/1990 dei principi di leale collaborazione procedimentale volta ad assicurare uno scambio di informazioni in una logica non di antitesi ma collaborativa, in quanto il diritto al contraddittorio assicurato al contribuente è in gran parte svuotato di effettività appena si ponga mente alla circostanza che a] si è in presenza di un procedimento di tipo eminentemente inquisitorio e sanzionatorio b i soggetti a confronto contribuente e Agenzia si trovano in posizione di fortissima asimmetria, in quanto l'Agenzia delle entrate è anche socia della società di riscossione forzata, che gode di poteri di autotutela esecutiva anch'essi del tutto inusuali per la loro incisività sulla proprietà privata, asimmetria che potrebbe essere colmata solo in un confronto innanzi ad un organo terzo c la Agenzia si trova in situazione di oggettivo conflitto di interessi, poiché essa è normalmente vincolata al raggiungimento di obiettivi e di risultati, sicché ha filologicamente interesse alla conferma della propria ipotesi, anche in ragione della sua partecipazione alla società di riscossione d proprio in ragione di ciò, cioè della fisiologica previsione di obiettivi di evasione da recuperare, è evidente che l'accertamento presuntivo mercé il c.d. redditometro poiché non più ancorato come nella vecchia disciplina a dati certi ma sempre invece possibile porta seco il rischio l'Agenzia delle entrate, anziché intensificare i controlli sulla realtà ai fini della ricostruzione reale dei redditi, tenda invece a privilegiare l'accertamento mercé il redditometro strumento meramente burocratico, meno dispendioso in tempo di costi e di energia e soprattutto strutturato in modo tale da rendere non sempre praticabile un reale ed efficace contraddittorio, tanto da escludere come visto, anzi, per certi aspetti e in una certa misura, la stessa possibilità di una prova liberatoria pone in evidente pericolo l'integrità morale della sfera privata nella sua completezza con potenzialità pregiudizievoli irreparabili e imprevedibili nelle loro evidenti proiezioni in danno della dignità umana e della relativa libertà e vita privata è in contrasto con il principio di proporzionalità ex art. 13, Trattato Unione Europea cfr. Corte giustizia CE sez. II, 22 dicembre 2010, numero 279 Corte giustizia UE grande sezione, 27 novembre 2012, numero 566 Corte europea dir. uomo sez. grande chambre 10 novembre 2005 numero 44774 Cass. civ. sez. trib. 15 maggio 2006, numero 11133 Cds, sez. III, 16 marzo 2012, numero 1471 TAR Ancona Marche, sez. 1, 10 dicembre 2012, numero 788 Trib. Palermo 18 giugno 2010 nonché con quello di necessità e proporzionalità previsto dall'art. 3, 22° 3° comma dlgs 196/2003 infatti, non vi è alcun limite di tempo con riferimento alla conservazione dei dati personali, né è richiesto un collegamento tra la conservazione, raccolta e l'accertamento fiscale. In definitiva, non si vede perché l'autorità amministrativa non possa limitarsi a raccogliere del contribuente solo ed esclusivamente quando abbia deciso di sottoporre effettivamente ad accertamento fiscale quella specifica tipologia di contribuente e con riferimento ad un altrettanto specifico periodo di riferimento violazione del principio di proporzionalità ancora più evidente laddove si ponga mente alla circostanza che eeuale eccessi si verificano anche più evidente laddove si ponga mente alla circostanza che eguale eccessi si verificano anche con la c.d. anagrafe tributaria per come concretamente regolata dal citato provvedimento delle Agenzie delle Entrate ed, infatti, a fronte della normativa primaria art. 11, comma 3, decreto legge numero 201/2011 che abilita l'Agenzia ad imporre la comunicazione delle sole informazioni relative ai rapporti strettamente necessarie ai fini dei controlli fiscali , vi è invece un provvedimento attuativo che in buona sostanza impone agli intermediari finanziari e soggetti equiparati di comunicare ogni tipo di informazione dei propri clienti, senza minimamente distinguere tra quelle strettamente necessarie e quelle non avente tale caratteristica è in contrasto con l'art. 20 decreto legislativo numero 196/2003 secondo cui Il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge nella quale sono specificati i tipi di dati che possono essere trattati e di operazioni eseguibili e le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite non c'è alcuna norma espressa che preveda l'autorizzazione al trattamento di tali dati, ma ciò nonostante il redditometro li prevede egualmente è in evidente contrasto con l'art. 14 decreto legislativo 196/2003 secondo cui nessun atto o provvedimento giudiziario o amministrativo che implichi una valutazione del comportamento umano può essere fondato unicamente su un trattamento automatizzato di dati personali volto a definire il profilo o la personalità dell'interessato è palese che il redditometro prevede proprio un mero automatismo da cui fa discendere una valutazione del comportamento del contribuente, senza alcuna verifica concreta e puntuale. In buona sostanza, l'accertamento sintetico non fonda una base indiziaria giustificativa di veri accertamenti concreti e fondati su indagini specifiche, bensì è esso stesso accertamento definitivo secondo quindi parametri automatici e del tutto astratti. Vista la sostanziale novità della problematica trattata sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, sez. stralcio, definitivamente pronunziando, così provvede a accoglie il ricorso e, per l'effetto, ordina aita Agenzia delle Entrate di non intraprendere alcuna ricognizione, archiviazione, o comunque attività di conoscenza e utilizzo dei dati relativi a quanto previsto dall'art. 38, 4° e 5° comma dpr 600/1973 e di cessare, ove iniziata, ogni attività di accesso, analisi, raccolta dati di ogni genere relativi alla posizione dei ricorrente b ordina alla Agenzia delle entrate di comunicare formalmente al ricorrente se è in atto un'attività di raccolta dati nei suoi confronti ai fini dell'applicazione del redditometro e, in caso positivo, di distruggere tutti i relativi archivi formatisi successivamente al 24.12.2012 e previa specifica informazione a parte ricorrente, c compensa le spese di giudizio.