Senza un ingiusto vantaggio patrimoniale non c’è reato

Assolti il rettore ed il direttore amministrativo di un’università che avevano indetto un concorso ad personam per favorire una dipendente trasformando il suo contratto precario in uno a tempo indeterminato. Era nella discrezionalità dell’ente bandire una gara interna e la donna non conseguì alcun vantaggio indebito aveva le doti professionali richieste, non mutavano le mansioni e condizioni economico-previdenziali, fu l’unica partecipante e poi rinunciò al posto.

È quanto statuito dalla Cassazione sez. Sesta Penale numero 36076 depositata il 21 agosto 2014. Il caso. Fu bandito un concorso per dirigente amministrativo modulandolo sulle caratteristiche specifiche di una candidata in violazione dell’art. 28 d.lgs. numero 165/01 e 3 d.p.r. numero 272/04 fu indetta una selezione interna per titoli, cui era attribuito un punteggio eccessivamente alto e per esami. Ovviamente la donna, unica concorrente, lo vinse, ma il bando fu impugnato da una candidata esterna che confidava nel posto per ricongiungersi col marito dipendente dell’università che lo aveva bandito. A seguito del giudizio amministrativo la vincitrice rinunciò al posto era stata violata la legge sui concorsi per dirigente pubblico, in quanto dovevano essere aperti a tutti e solo il 30% dei posti poteva essere riservato ai dipendenti dell’ente che lo aveva indetto. Infine dovevano essere per esami e non anche per titoli. La vicenda fu affrontata in sede penale con la condanna in appello per il reato ex art. 323 c.p. a 4 mesi di reclusione ed all’interdizione dai pubblici uffici per la stessa durata pena sospesa . In prime cure come in Cassazione sono stati assolti. Discrezionalità della PA nello scegliere le modalità di svolgimento della gara. È dunque lecito che fosse per i soli dipendenti DD. numero 578/06 . Infatti l’università, essendo piccola, poteva bandire concorsi per un solo posto per volta alternando il pubblico con l’interno . In ogni caso la condotta era illegittima, benché non ci fossero state opposizioni dal Cda, limitatamente alla scelta di effettuarlo per titoli, cui era attribuito un punteggio elevato e per esami, violando così le norme nazionali al contrario di altri enti non aveva norme regolamentari che consentissero di derogare le norme di rango superiore circa l’accesso al ruolo dirigenziale. Chi contesta la valutazione deve dimostrarne l’erroneità. Spettava all’aspirante concorrente esterna dimostrare la mancanza di titoli della vincitrice, soprattutto alla luce che nessun altro avente diritto aveva partecipato alla gara. C’è stato un ingiusto vantaggio patrimoniale? No. Infatti la vincitrice era già dirigente con contratto a tempo determinato, perciò la sua trasformazione in indeterminato, non avrebbe comportato alcun cambiamento dal punto di vista delle mansioni, economico e previdenziale. In ogni caso rinunciò al posto e fu nominata direttore amministrativo, dimostrando di avere tutte le caratteristiche per svolgere un ruolo dirigenziale, sì che la valutazione del suo profilo era stata corretta. Il criterio della doppia ingiustizia. Il vantaggio patrimoniale che costituisce l’evento del reato deve essere di per sé ingiusto, dato che non può conseguire automaticamente dall’illiceità della condotta. In breve ci deve essere una doppia ed autonoma ingiustizia una condotta contra ius ed un indebito vantaggio, perché non spettante in base al diritto oggettivo . La duplice valutazione discende dal fatto che il vantaggio non può automaticamente dipendere dall’illegittimità del mezzo usato e quindi dalla condotta illecita Cass. numero 1733/13, numero 2754/10 e conformi . Per quanto sinora esplicato e per la carenza dell’elemento psicologico del reato è stato escluso l’indebito vantaggio patrimoniale e, quindi, l’abuso d’ufficio, ergo i due ricorrenti sono stati definitivamente assolti.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 maggio – 21 agosto 2014, n. 36076 Presidente Ippolito – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 13 novembre 2012 la Corte d'appello di Ancona, su appello proposto dal P.M. ed in riforma della sentenza assolutoria emessa dal Tribunale di Macerata il 27 settembre 2011, ha dichiarato S.R. e G.R. , nelle rispettive qualità di Rettore e Direttore amministrativo dell'Università di Macerata, colpevoli del delitto di cui agli artt. 110 - 323 c.p., ivi commesso il 7 febbraio 2008, e li ha condannati, concesse ad entrambi le circostanze attenuanti generiche, alla pena, sospesa, di mesi quattro di reclusione, con l'interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena principale. 1.1. Secondo la ricostruzione dei fatti operata dai Giudici di merito, gli imputati hanno intenzionalmente procurato un ingiusto vantaggio a C.M.G. , indicendo un concorso per un posto di dirigente amministrativo universitario non aperto al pubblico e riservato ai dipendenti dell'ente, con valutazione per titoli ed esami - e non solo per esami - e con la ulteriore particolarità della rilevanza attribuita alla prima voce - sino a quaranta punti dei cento ottenibili - in violazione dell'art. 28, commi 1, 2 e 5, lett. a e b , del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165, nonché dell'art. 3, commi 1 e 2, del regolamento emesso con il d. P.R. 24 settembre 2004, n. 272. In particolare, secondo la formulazione del tema d'accusa, il G. si era interessato di curare e predisporre l'adozione dei relativi atti secondo le modalità da lui caldeggiate - ossia, un concorso per titoli ed esami riservato al solo personale dipendente, con l'attribuzione di venti punti al titolo derivante dal pregresso esercizio di funzioni dirigenziali - mentre il S. , quale presidente del Senato accademico, aveva recepito quelle modalità di espletamento del concorso, nonostante l'opposizione espressa da C.C. , componente il Consiglio di amministrazione dell'Ateneo maceratese, che nella seduta del 2 ottobre 2007 aveva fatto rilevare l'inconciliabilità del bando riservato agli interni rispetto alla disciplina dell'accesso alla qualifica dirigenziale, che richiedeva invece l'effettuazione di un concorso pubblico e per esami, con la sola riserva del 30% dei posti messi a concorso per il personale dipendente dell'amministrazione. In data 7 febbraio 2008, la commissione esaminatrice provvedeva ad espletare le prove d'esame attribuendo all'unica candidata - C.M.G. - il massimo punteggio per i titoli da lei posseduti e per l'esito della prova scritta ed orale. Il bando di concorso veniva impugnato dinanzi al T.A.R. Marche da Rosalba Valenti - dipendente dell'Università Politecnica delle Marche con qualifica EP5 dell'area amministrativo-gestionale - che aspirava al trasferimento presso l'Ateneo maceratese per ricongiungersi con il marito, U.M. , in servizio quale dirigente presso tale Università. Il Giudice amministrativo, con ordinanza del 6 marzo 2008, accoglieva la domanda cautelare della ricorrente e la C. , secondo quanto affermato dalla Corte di merito che richiama sul punto quanto riferito dal G. , rinunziava al posto. Riguardo al S. , la Corte d'appello ha motivato il diverso epilogo decisorio sulla base delle dichiarazioni da lui rese circa l'esistenza di un candidato esterno interessato a ricoprire quel posto e del voto contrario espresso dal rappresentante del personale amministrativo, Ch.Ca. , in sede di adozione, da parte del Consiglio di amministrazione, del bando di concorso interno per dirigente. Riguardo al G. , inoltre, si è fatto riferimento essenzialmente alla scelta di bandire un concorso per titoli ed esami, e non per soli esami. Tenuto conto, altresì, del fatto che la C. era persona di fiducia di entrambi, o comunque ad essi gradita, la Corte territoriale ha ritenuto innegabile che il concorso in questione fosse stato modulato sulle specifiche caratteristiche di colei che ne risultò l'unica partecipanteile. 2. Avverso la su indicata sentenza gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione a mezzo dei loro difensori di fiducia, deducendo tre motivi di doglianza, il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente illustrato. 2.1. Violazioni di legge e carenze motivazionali in relazione alla ritenuta sussistenza della violazione di legge quale condotta del reato. La stessa Corte d'appello ha escluso in motivazione il primo dei due evidenziati profili di illiceità, ossia l'essere stato il concorso riservato ai soli dipendenti dell'amministrazione, anziché aperto anche ai candidati esterni, mentre per il secondo profilo di illiceità - ossia, l'aver previsto che il concorso fosse sia per titoli che per esami, anziché solo per esami - la configurabilità stessa del reato deve escludersi per il fatto che tale opzione rientrava comunque nella sfera di discrezionalità dell'Ateneo -come peraltro dimostrato dal regolamento per l'accesso alla qualifica di dirigente emanato con D.D. n. 578 del 25 luglio 2006 per l'Università di OMISSIS - e la scelta di introdurre anche la valutazione dei titoli rispondeva alla esigenza di selezionare la persona più capace per il ruolo di dirigente. Peraltro, anche a voler ritenere la sussistenza del secondo profilo di illiceità, lo stesso, cadendo il primo, perderebbe in concreto di qualsiasi rilievo, poiché, ammessa la possibilità di riservare il concorso ai soli interni, basterà rilevare come nessun altro interno , oltre la C. , si sia in effetti presentato, con la conseguente irrilevanza della supposta violazione e dell'efficienza causale della condotta rispetto all'evento. 2.2. Violazioni di legge e carenze motivazionali in relazione alla ritenuta sussistenza del vantaggio patrimoniale e della ingiustizia dell'evento. Dal superamento del concorso e dall'acquisizione del ruolo di dirigente a tempo indeterminato, infatti, non poteva derivare alcun vantaggio alla C. - che peraltro rinunziò al posto e fu nominata direttore amministrativo - poiché la stessa, al momento del bando, era titolare di un contratto di dirigente a tempo determinato in scadenza il 14 novembre 2008, ed il fatto di diventare dirigente a tempo indeterminato non comportava alcun aumento di stipendio, né miglioramenti sulla liquidazione della pensione, essendo il relativo sistema di conteggio identico per entrambe le figure di dirigente, a tempo determinato ovvero a contratto. Né, infine, può ravvisarsi il profilo dell'ingiustizia del vantaggio, poiché anche laddove si ritenesse l'illegalità del concorso occorrerebbe dimostrare che la C. non era idonea alle funzioni connesse all'incarico, la cui assegnazione avrebbe potuto seguire il concorso. 2.3. Violazioni di legge e carenze motivazionali in relazione alla ritenuta sussistenza del dolo generico ed intenzionale richiesto dalla fattispecie in esame, avuto riguardo al fatto che, da un lato, non è certo che il G. abbia illustrato al Rettore, nel dettaglio, le modalità specifiche che sarebbero state seguite nella fase attuativa, e, dall'altro lato, al fatto che nella sede del Consiglio di amministrazione dell'Università non fu espresso alcun voto contrario, ma solo un voto di astensione, e che in quell'occasione, piuttosto, furono oggetto di dibattito diversi punti di vista e criteri interpretativi, dal che non è possibile dedurre la presenza del richiesto elemento soggettivo. Né, infine, è possibile ricavare alcun elemento di prova in tal senso dalle dichiarazioni del S. , che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, non ha ammesso alcunché sul punto. 3. Con motivo nuovo depositato in Cancelleria in data 28 aprile 2014 si insiste sul profilo della violazione ed erronea interpretazione dell'art. 533 c.p.p., in relazione all'art. 606, comma 1, lett. e , c.p.p., avendo la Corte d'appello erroneamente motivato la condanna del S. sulla base delle dichiarazioni dallo stesso rese, nonché del voto contrario espresso dalla rappresentante del personale amministrativo in sede di adozione, da parte del Consiglio di amministrazione dell'Università, del bando di concorso interno per dirigente quest'ultima si è limitata ad astenersi circa la possibilità di indire un concorso riservato, mentre le spontanee dichiarazioni rese dal S. , in realtà, non riguardavano il concorso, ma chiarivano il motivo per il quale l'Università non aveva potuto chiamare per mobilità la moglie di altro dirigente della stessa Università, essendovi per il ruolo dalla stessa ricoperto - di c.d. E.P. - un piano triennale al quale non poteva derogarsi. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito esposte e precisate. 5. Entrambi i Giudici di merito, nel percorso argomentativo che sorregge le relative decisioni, concordano sul rilievo che, nel caso di specie, tenuto conto delle piccole dimensioni dell'Ateneo maceratese e del fatto che i concorsi erano di regola indetti per un solo posto alla volta, non poteva ritenersi irrazionale un'applicazione dinamica del principio stabilito dalla legge, condividendo in tal modo l'affermazione che un'eventuale arbitrarietà nell'ordine di attribuzione dei posti, ossia nella successione temporale dell'alternanza tra pubblico ed interno , comunque non integrava la violazione di alcuna specifica disposizione normativa, qualora nell'ambito di tre successivi concorsi la relativa proporzione - ossia, tra due concorsi pubblici ed uno riservato - fosse rispettata. Nella rilevata successione delle diverse modalità di espletamento delle procedure concorsuali, infatti, i Giudici di merito hanno evidenziato come apparisse del tutto discrezionale e scollegata da un criterio predefinito la decisione in ordine al fatto che il successivo concorso dovesse essere riservato con il pubblico posposto o pubblico come avvenuto per la prima fase , in tal guisa dovendosi conseguentemente escludere la concretizzazione di un comportamento senza dubbio violativo della su citata disposizione normativa. Escluso tale profilo di illegittimità, peraltro, la Corte territoriale ha motivatamente posto in risalto l'avvenuta violazione della regola di legge fissata dall'art. 28 del su citato d. Igs. n. 165/2001, con riguardo alle modalità di espletamento del concorso per titoli ed esami, anziché per soli esami, dovendosi ritenere dirimente il fatto che l'Ateneo maceratese, a differenza di altri Atenei, non risultava essersi dotato di una normativa regolamentare che permettesse di derogare a quella di rango superiore nella previsione delle modalità di accesso alla qualifica di dirigente. Nel bando predisposto dall'Università di Macerata, inoltre, era stata prevista addirittura la possibilità di attribuire una valutazione per titoli sino a quaranta punti su un totale di cento, laddove altre Università, come ad es. quella capitolina, prevedevano l'assegnazione di quindici punti per la medesima voce di quei quaranta punti, poi, una quota assai rilevante in misura pari a venti poteva attribuirsi alla valorizzazione del titolo consistente nel pregresso esercizio delle funzioni dirigenziali. Pur permanendo l'evidenziato profilo di illegittimità, con il prospettarsi dei correlativi benefici connessi al raggiungimento di una diversa, e più favorevole, posizione contrattuale a tempo indeterminato, deve tuttavia rilevarsi come il mero esito vittorioso della relativa procedura concorsuale - la C. , infatti, ebbe a rinunziare al concorso senza aspettare la decisione di merito del T.A.R. - non consenta di ritenere integrato il necessario requisito della presenza di un ingiusto vantaggio patrimoniale. Invero, costituisce ormai ius receptum l'enunciazione della regula iuris secondo cui il vantaggio patrimoniale che costituisce l'evento del reato deve essere in sé ingiusto, ossia contra ius , non potendosi ritenere che l'ingiustizia del vantaggio consegua automaticamente all'illiceità della condotta, avuto riguardo ai tratti tipici della previsione normativa, la cui formulazione letterale, secondo la dominante interpretazione giurisprudenziale elaborata in questa Sede, impone di valutare la presenza del criterio oggettivo della c.d. doppia ingiustizia . Sulla base dello stesso vaglio delibativo compiuto dai Giudici di merito, infatti, non risultano emersi, all'esito della complessiva disamina degli atti processuali, né sono stati aliunde ricavati, elementi dimostrativi del fatto che la vincitrice del concorso - la quale, in seguito, fu nominata direttore amministrativo e dunque ritenuta idonea a svolgere tale funzione apicale - non fosse in concreto meritevole della positiva valutazione ottenuta, ovvero che la stessa non avesse sino ad allora adeguatamente espletato le funzioni dirigenziali riconnesse al tipo di incarico oggetto di assegnazione all'esito della procedura concorsuale. Al riguardo, pertanto, deve ribadirsi il pacifico insegnamento giurisprudenziale - alle cui implicazioni la Corte di merito non si è adeguatamente uniformata - in base al quale il delitto di abuso d'ufficio è integrato dalla doppia ed autonoma ingiustizia, sia della condotta, la quale deve essere connotata da una violazione di legge, che dell'evento di vantaggio patrimoniale in quanto non spettante in base al diritto oggettivo, con la conseguente necessità di una duplice, e distinta, valutazione da effettuare in proposito, non potendosi far discendere l'ingiustizia del vantaggio dalla illegittimità del mezzo utilizzato e, quindi, dall'accettata illegittimità della condotta da ultimo, v. Sez. 6, n. 1733 del 14/12/2012, dep. 14/01/2013, Rv. 254208 Sez. 2, n. 2754 del 11/12/2009, dep. 21/01/2010, Rv. 246262 Sez. 5, n. 16895 del 02/12/2008, dep. 21/04/2009, Rv. 243327 v., inoltre, Sez. 6, n. 36020 del 24/05/2011, dep. 04/10/2011, Rv. 250776 . 6. Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, assorbite le residue doglianze difensive incentrate sul difetto dell'elemento psicologico del reato, s'impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata secondo la formula in dispositivo enunciata. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.