Società privata, scopo pubblico: quali contributi versare all’INPS?

In tema di contribuzione previdenziale, la società per azioni a prevalente capitale pubblico, avente ad oggetto l’erogazione di un pubblico servizio – nella specie fornitura di gas agli enti locali – è tenuta al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non trovando applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura privata, finalizzata all’erogazione di servizi pubblici in regime di concorrenza.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con sentenza 9454/2014, riprendendo le argomentazioni già svolte nella sent. 9204/2014 di qualche giorno prima. Gestione di servizi pubblici Comuni e Province scelgono come. Ai sensi dell’articolo 22, comma 3, legge 42/1990 e successive modifiche, i Comuni e le Province possono gestire i propri servizi pubblici nelle forme che preferiscono, tra cui, a mezzo della costituzione di società per azioni o società a responsabilità limitata, a prevalente capitale pubblico locale oppure partecipate dall’ente titolare del pubblico servizio. Nel caso di specie, i Comuni di Milano, Brescia e Genova, per tramite delle ex aziende municipalizzate ASM, AMGA e AEM ora confluite in A2A detenevano il 100% delle quote della ricorrente Plurigas spa, che curava l’acquisto e la vendita di gas naturale destinato all’approvvigionamento dei Comuni partecipanti. La ricorrente, pur essendo una società di diritto privato, era partecipata da enti pubblici ed erogava un servizio di pubblica utilità, pertanto riteneva di poter essere considerata un’impresa industriale di enti pubblici, che, in quanto tale, era esonerata dal versamento nelle casse dell’INPS dei contributi previdenziale relativi alla cassa integrazione guadagni ed alla mobilità articolo 3, comma 1, d.lgs C.p.S 869/1947 . Ricevuta una cartella esattoriale che richiedeva il versamento dei predetti contributi previdenziali, la società si opponeva, ottenendo il rigetto della sua istanza in entrambi i gradi di giudizio. Avanti la Corte di Cassazione si pone, quindi, il problema di individuare il confine tra natura privata e natura pubblica di un ente privato che gestisca un servizio pubblico, poiché a seconda della natura, varia il regime contributivo applicabile. Ciò che conta è la stabilità dell’impiego. In primo luogo, la Corte ha specificato come il sol fatto che una società di capitali sia partecipata da enti pubblici, non sia sufficiente ad attribuire alla società la natura pubblica, neppure se gli enti pubblici che la partecipano detengono la maggioranza delle quote sociali. Tale principio si regge sul fatto che le pubbliche amministrazioni che detengono le quote sociali esercitano il loro potere di controllo utilizzando strumenti tipici del diritto privato, che nulla hanno a che vedere con il sistema pubblico. Tale osservazione rafforza un già consolidato orientamento giurisprudenziale Cass., Sez. Un., 7799/2005 Cass., 14847/2009 Cass., 5816/2010, Cass., 9204/2014 . Una volta esclusa la rilevanza della partecipazione pubblica ai fini del discrimine tra natura pubblica e privata di un ente, la Corte individua alcuni criteri utili alla sua determinazione stabilità dell’impiego e strumentalità della società rispetto all’ente pubblico che la partecipa. Un ente può essere considerato pubblico solo se gode di una certa stabilità d’impiego, vale a dire se è dotato di norme limitative dei licenziamenti che derogano alla disciplina ordinaria. Poiché Plurigas spa applicava il CCNL terziario, non si dotava di una più rigorosa disciplina dei licenziamenti, il che confermava la natura privata della società. Nel caso di specie, secondo la Corte non sussiste nemmeno il requisito della strumentalità rispetto all’ente pubblico la Corte avvalora il dato letterale dell’articolo 23 l. 142/1990 che attribuisce esplicitamente il carattere di strumentalità alle c.d. aziende speciali di cui all’articolo 22 co. 3 lett. c stessa legge ed alle istituzioni di cui alla lettera successiva, nulla disponendo sulla strumentalità delle società per azioni che gestiscono servizi pubblici. Di conseguenza, nemmeno l’oggetto sociale pubblico gestione del gas è sufficiente ad attribuire la natura pubblica ad una società per azioni. Pertanto, in materia previdenziale, ai fini dell’attribuzione della natura pubblica ad una società per azioni, viene esclusa la rilevanza della partecipazione pubblica e dell’oggetto sociale pubblico, rimanendo, invece, determinante la stabilità dell’impiego. Non riscontrando nemmeno quest’ultimo requisito, la Corte di Cassazione conferma la natura privata della ricorrente Plurigas spa condannandola al versamento dei contributi previdenziali per la cassa integrazione guadagni e per la mobilità.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 19 dicembre 2013 - 30 aprile 2014, numero 9454 Presidente Vidiri – Relatore Berrino Svolgimento del processo La Plurigas s.p.a impugnò, innanzi alla Corte d'appello di Milano, la sentenza con la quale il giudice del lavoro del Tribunale dello stesso capoluogo le aveva respinto l'opposizione alla cartella esattoriale notificatale per crediti avanzati dall'Inps in relazione a contributi per C.I.G.O., per mobilità e per disoccupazione involontaria. Con sentenza del 16/6 - 15/11/2011 la Corte d'appello di Milano ha respinto l'impugnazione ed ha confermato la sentenza numero 782/2009 del Tribunale di Milano. La Corte territoriale ha spiegato che la società opponente non rientrava nella categoria delle imprese industriali degli enti pubblici, anche se municipalizzate e dello Stato, che sono espressamente escluse dall'obbligo di contribuzione per G.I.G e C.I.G.O ex articolo 3 d.lgs C.P.S. numero 869/1947. Ha, inoltre, aggiunto che l'appellante era una società privata e che, in mancanza di un provvedimento ministeriale attestante l'esistenza di condizioni di stabilità di impiego al suo interno, non poteva vantare l'esclusione dalla contribuzione per disoccupazione involontaria e per la mobilità. In ogni caso, anche a volerla ritenere un'azienda esercente un pubblico servizio, doveva escludersi che nella fattispecie ricorressero le condizioni di stabilità d'impiego presso la società appellante. Per la cassazione della sentenza propone ricorso la Plurigas s.p.a., che affida l'impugnazione a sette motivi. Resiste con controricorso l'Inps, in proprio e quale procuratore speciale della società di cartolarizzazione dei crediti Inps S.C.C.I S.p.A. La società Equitalia Esatri s.p.a rimane solo intimata. La ricorrente deposita, altresì, memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Col primo motivo la Plurigas s.p.a denunzia, con riferimento alla individuazione della figura del soggetto esercente un pubblico servizio, la violazione e falsa applicazione degli articolo 115 e 116 c.p.c., nonché l'omessa o insufficiente motivazione sul punto essenziale della controversia riguardante l'affermazione che la natura strumentale svolta da essa ricorrente rispetto a quella generale del pubblico servizio non vale a qualificarla come impresa esercente un servizio pubblico. In pratica, la ricorrente sostiene, contrariamente a quanto ritenuto nell'impugnata sentenza, che la sua attività principale di pubblico servizio concernente la distribuzione del gas naturale non poteva che farla divenire partecipe dei caratteri pubblicistici rilevanti ai fini della esclusione dalla contribuzione di cui trattasi. A conclusione del motivo si pone, pertanto, il quesito di diritto teso ad accertare se la natura di soggetto esercente attività di pubblico servizio possa essere riconosciuta indipendentemente dall'esistenza di una partecipazione pubblica totalitaria e, dunque, anche in presenza di partecipazione minoritaria ed anche laddove l'attività stessa possa ritenersi strumentale all'attività principale di esercizio di servizi pubblici. 2. Col secondo motivo, dedotto per erronea ed insufficiente motivazione su un punto essenziale della controversia, rappresentato dalla esclusione del requisito della stabilità di impiego presso la Plurigas s.p.a., nonché per violazione e falsa applicazione degli articolo 115 e 116 c.p.c., è contestata la decisione impugnata nella parte in cui non è stato ritenuto sussistente nella fattispecie il predetto requisito, facendosi rilevare che la società era sorta nel quadro di un riassetto voluto dal legislatore al fine di pervenire alla liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica d.lgs 16.3.1999, numero 79 e di quello del gas naturale d.lgs 23.5.2000, numero 164 . Al riguardo la ricorrente fa osservare che ciascuna delle società derivate dallo scorporo delle attività nel campo energetico aveva ereditato un ramo d'azienda e che, pertanto, i giudici d'appello avrebbero dovuto prestare attenzione al decreto del 1 agosto 2006, numero 39135 del Ministero del lavoro e della previdenza sociale che prevedeva i casi di esonero dall'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione involontaria a favore dei lavoratori dipendenti dall'Enel e dalle società che ne erano derivate. 3. Col terzo motivo la Plurigas s.p.a. si duole della violazione e falsa applicazione degli articolo 51, comma 1, e 21 del CCNL gas - acqua del 17/11/1995, confermato nel CCNL 1.3.2002 con Allegato 5 e nel CCNL 9.3.2007, degli articolo 115 e 116 c.p.c., nonché dell'omessa ed insufficiente motivazione su un punto essenziale della controversia. In concreto, la ricorrente chiede di accertare se le disposizioni di cui agli articolo 51, comma 1, e 21 del CCNL gas - acqua del 17.11.1995 ed alle norme del Protocollo Federgasacqua del 2003 dovevano essere interpretate nel rispetto dei corretti canoni ermeneutici come idonee ad introdurre condizioni più restrittive di recesso rispetto all'ordinaria disciplina legale, facendo sì che potesse dirsi sussistere, per i soggetti ai quali dette norme si applicavano, il requisito della stabilità di impiego, con conseguente esonero per il datore di lavoro dalla contribuzione per disoccupazione involontaria. Quanto alla contribuzione per cassa integrazione guadagni ordinaria il problema, secondo la ricorrente, è quello di stabilire se la Plurigas, società della quale i Comuni di Brescia, Milano e Genova, per il tramite delle ex municipalizzate ASM, AMGA e AEM da essi partecipate rispettivamente a maggioranza assoluta e relativa detenevano il 100% del capitale, che curava l'importazione, l'esportazione, l'acquisto e la vendita di gas naturale, combustibili o altri vettori energetici per l'approvvigionamento delle società ASM ed AEM confluite nel Gruppo A2A che erogavano tutti i servizi pubblici comunali, fosse impresa pubblica, come tale esonerata, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, d.lgs C.p.S. 12.8.1947 numero 869, dal versamento dei contributi per Cig e Cigs. 4. Col quarto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell'articolo 3, comma 1, d.lgs c.p.s 12/8/1947 numero 869, ratificato con L. 21.5.1951 numero 498 e dell'articolo 2, comma 28, della legge 23/12/1996 numero 662, oltre che del decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale del 27/11/1997 numero 477 e formula il quesito di diritto teso ad accertare se la previsione di cui al predetto articolo 2 della legge numero 662/96 di uno speciale sistema di ammortizzatori sociali diverso dalla Cig e dalla Cigs valevole per le società a maggioranza pubblica, costituite per erogare servizi pubblici, comporti che alle stesse non sia applicabile il sistema ordinario della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria di cui al summenzionato articolo 3, comma 1, del d.lgs C.p.S. numero 869/47, ivi compreso il meccanismo del relativo finanziamento. 5. Col quinto motivo la Plurigas s.p.a denunzia la violazione e falsa applicazione delle seguenti norme di legge articolo 3, comma 1, d.lgs C.p.s. 12 agosto 1997 numero 869, ratificato con I. 21/5/1951 numero 498 articolo 1, lett. c, direttiva Ce 18 giugno 1992 numero 50 articolo 2, comma 1, lett. b., co. 2 ed all. 7 d.lgs 17 marzo 1995 numero 157 direttiva Ce 14 giugno 1993 numero 38, articolo 2, co. 2 articolo 3, articolo 5, d.lgs. 17 marzo 1995 numero 158 articolo 2 direttiva Ce 26 luglio 2000 numero 52 articolo 2, co. 1 lett. b, d.lgs 11 novembre 2003 numero 333 articolo 2093 c.c. articolo 22 L. 8 giugno 1990 numero 142 L. 23 dicembre 1992 numero 498 d.p.r. 16 settembre 1996 numero 533 articolo 1, co. 2, d.lgs 30 marzo 2001 numero 165 articolo 29 L. 28 dicembre 2001 numero 448 articolo 113 d.lgs 18 agosto 2000 numero 267, come modificato dall'articolo 14 d.l. 30 settembre 2003 numero 269, convenuto con modificazioni in I. 24 novembre 2003 numero 326 articolo 1 L. 15 dicembre 2004 numero 308 articolo 2, co. 28, L. 23 dicembre 1996 numero 662 Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale 27 novembre 1997 numero 477. Lamenta la società, sempre con riferimento alle aliquote CIG, che la Corte d'appello avrebbe omesso di considerare la normativa comunitaria che, in materia di imprese erogatrici di servizi pubblici, qualifica espressamente come pubbliche tali imprese. A conclusione del motivo la ricorrente società formula il quesito di diritto teso ad accertare se l'articolo 3, comma 1, del d.lgs C.p.s. 12 agosto 1947 numero 869, ratificato con legge 21 maggio 1951 numero 498 - anche alla luce della vigente normativa, non solo di origine comunitaria, ma anche nazionale, relativa all'impresa pubblica - debba essere interpretato nel senso che comprenda anche le società di capitali, costituite per l'erogazione di servizi pubblici ed il cui capitale sia solo in maggioranza di proprietà dell'ente pubblico locale. 6. Col sesto motivo la ricorrente denunzia, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 5, il vizio di violazione di norme di legge e quello di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, dolendosi del mancato esame della domanda subordinata tesa ad accertare l'erroneità del calcolo dell'aliquota richiesta dall'Inps nella misura del 2,20% con riferimento al contributo per C.I.G. del mese di dicembre del 2006, mentre quella prevista dalla legge era stabilita nella misura dell'1,90% per le società, come la Plurigas, che occupavano meno di venti dipendenti. 7. Col settimo motivo la ricorrente censura l'impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione dell'articolo 116, comma 15, lett. a, della legge 23 dicembre 2000, numero 388, e degli articolo 442 e 444 c.p.c., nonché per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si chiede, in sostanza, di accertare se rientra nella competenza del giudice del lavoro la domanda di accertamento preventivo della sussistenza delle condizioni previste dall'articolo 116, comma 15, lett. a, L. 23.12.2000 numero 388 per l'ottenimento della riduzione delle sanzioni prevista dalla citata norma e se tali riduzioni spettano in presenza, come nella fattispecie, di una prassi amministrativa confermata solo dopo conforme parere del Consiglio di Stato ed in presenza di riconoscimento della insussistenza dell'obbligo per periodi pregressi. Ciò, in quanto nei giudizi di merito si era sostenuto in subordine che le oggettive incertezze derivanti da contrastanti orientamenti amministrativi e giurisprudenziali potevano consentire la riduzione delle sanzioni civili di cui al citato articolo 16 L. numero 388/2000. Osserva la Corte che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente il primo, il quarto ed il quinto motivo. Tali motivi sono infondati. Invero, già le Sezioni unite di questa Corte Sez. Un, numero 7799 del 15/4/2005 avevano affermato che la società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché il Comune ne possegga, in tutto o in parte, le azioni, atteso che il rapporto tra società ed ente locale è di assoluta autonomia, al Comune non essendo consentito incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo e sull'attività della società per azioni mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina comunale presenti negli organi della società. Di recente questa stessa Corte Sez. L, numero 20818 dell'11/9/2013 ha avuto modo di statuire che in tema di contribuzione previdenziale, le società a capitale misto, ed in particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l'esercizio di attività industriali nella specie, una società per la gestione e la fornitura di servizi agli enti locali in materia di fornitura di acqua, gas ed elettricità sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo trovare applicazione l'esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all'erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l'amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione - pur maggioritaria, ma non totalitaria - da parte dell'ente pubblico. conf. a Cass. Sez. lav. numero 5816 del 10/3/2010 e a Cass. Sez. lav. numero 14847 del 24/6/2009 . In particolare, con la sentenza numero 14847/2009 di questa Corte si è spiegato che il D.Lgs. numero 869 del 1947, articolo 3, comma 1, come sostituito dalla L. numero 270 del 1988, articolo 4, comma 1, prevede, per quanto qui specificamente rileva che Sono escluse dall'applicazione delle norme sulla integrazione dei guadagni degli operai dell'industria .le imprese industriali degli enti pubblici, anche se municipalizzate, e dello Stato . La locuzione imprese industriali degli enti pubblici , secondo l'assunto della ricorrente, non farebbe riferimento tanto alla proprietà o alla titolarità dell'impresa, quanto invece a un potere di controllo totale ed effettivo dell'impresa . Siffatta interpretazione non trova, com'è evidente, alcun riferimento testuale nella norma testé esaminata, laddove, piuttosto, l'equiparazione soltanto delle imprese municipalizzate che enti pubblici non sono a quelle degli enti pubblici sta ad indicare che il legislatore ha invece fatto riferimento alla natura pubblica dell'impresa industriale siccome svolta dall'ente pubblico. Nel caso che ne occupa trova poi applicazione, ratione temporis , il disposto della L. numero 142 del 1990, articolo 22, comma 3, secondo cui I comuni e le province possono gestire i servizi pubblici nelle seguenti forme a in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda b in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale c a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale d a mezzo di istituzione, per l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale e a mezzo di società per azioni a prevalente capitale pubblico locale, qualora si renda opportuna, in relazione alla natura del servizio da erogare, la partecipazione di altri soggetti pubblici o privati. La lett. e venne poi così modificata dalla L. numero 127 del 1997, articolo 17, comma 58 a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all'ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati . Tale disciplina venne quindi sostanzialmente trasfusa, con alcune modifiche, nel D.Lgs. numero 267 del 2000, articolo 112 e 113, per essere poi ridisegnata dalla legislazione successivamente intervenuta in materia. In linea con la propugnata interpretazione del ricordato D.Lgs. numero 869 del 1947, articolo 3, comma 1, la ricorrente ritiene pertanto la rilevanza, ai fini de quibus, della influenza dominante sugli assetti organizzativi e sulle finalità societarie da parte del necessariamente maggioritario capitale pubblico locale. L'assunto non può tuttavia essere condiviso, posto che, proprio in conformità del disposto del D.Lgs. numero 869 del 1947, articolo 3, comma 1, secondo la suesposta interpretazione del medesimo, la mera esperibilità del controllo sulla società a capitale misto da parte del capitale pubblico locale non determina la riconducibilità dell'impresa industriale gestita da tale società nel novero di quelle escluse dall'applicazione delle norme sulla integrazione dei guadagni degli operai dell'industria. Risulta significativa al riguardo la disposizione di cui alla L. numero 142 del 1990, articolo 23, che riconosce all'azienda speciale di cui all'articolo 22, comma 3, lett. c natura di ente strumentale dell'ente locale e alla istituzione di cui all'articolo 22, comma 3, lett. d natura di organismo strumentale dell'ente locale , nulla al contrario prevedendo con riferimento alla società per azioni a prevalente capitale pubblico locale di cui all'articolo 22, comma 3, lett. e dal che discende che la gestione dei servizi pubblici da parte degli enti pubblici territoriali non è di per sé determinativa della natura pubblica dell'organismo attraverso il quale tale gestione viene attuata. Per conseguenza, anche nella fattispecie all'esame, la natura pubblica o meno dell'impresa il cui schema societario sia come nel caso che ne occupa quello proprio di una persona giuridica privata nella specie, cioè, una società per azioni , deve essere desunta dall'esistenza o meno del carattere strumentale dell'ente societario rispetto al perseguimento di finalità pubblicistiche ovvero dall'esistenza o meno di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario cfr, Cass., numero 10155/2004 . Nella specie il carattere strumentale dell'ente societario rispetto al perseguimento di finalità pubblicistiche deve ritenersi implicitamente escluso dalla già ricordata previsione della L. numero 142 del 1990, articolo 23, mentre l'eventuale sussistenza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario non è stata neppure oggetto di specifica allegazione da parte della ricorrente. Per contro già la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di precisare che la partecipazione maggioritaria di capitale pubblico, così come l'eventuale erogazione di contributi pubblici, non costituiscono elementi decisivi per decidere della natura pubblica di una compagine costituita secondo il comune modello di una società per azioni cfr. Cass., SU, numero 107/99 Cass., numero 10155/2004, cit. . Il secondo ed il terzo motivo possono esaminarsi congiuntamente in quanto è ad essi sottesa la stessa questione della sussistenza del requisito della stabilità di impiego ai fini della esclusione dalla contribuzione sulla disoccupazione involontaria. Va, subito premesso, per quel che concerne il terzo motivo che lo stesso è improcedibile, ai sensi dell'articolo 369, comma 2, numero 4 c.p.c., in quanto la ricorrente non ha prodotto i contratti collettivi la cui interpretazione è stata posta a fondamento delle relative censure. Si è, infatti, affermato Cass. sez. 5, sentenza numero 303 del 12/1/2010 che l'articolo 369, quarto comma, cod. proc. civ. nel prescrivere che unitamente al ricorso per cassazione debbano essere depositati a pena d'improcedibilità gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda, non distingue tra i vari tipi di censura proposta ne consegue che, anche in caso di denuncia di errar in procedendo, gli atti processuali devono essere specificamente e nominativamente depositati unitamente al ricorso e nello stesso . In merito al secondo motivo si osserva che le generiche doglianze in esso formulate non superano la decisione della Corte territoriale in ordine alla ravvisata insussistenza, nella fattispecie, del requisito della stabilità d'impiego all'interno della società di cui all'articolo 40 numero 2 del R.D.L. numero 1827 del 1935, decisione, quest'ultima, che è basata su motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, come tale immune ai rilievi di legittimità. Infatti, i giudici d'appello hanno ricavato il convincimento della insussistenza del predetto requisito dalla constatata mancanza di un provvedimento ministeriale attestante l'accertamento delle condizioni di stabilità d'impiego presso la società ricorrente, nonché dalla disamina delle norme del contratto collettivo nazionale di riferimento, traendone la conclusione che le stesse non erano più rigorose della ordinaria disciplina limitativa dei licenziamenti. In definitiva il secondo motivo è infondato. Il sesto motivo è, invece, inammissibile, in quanto, a fronte della lamentata omissione di pronunzia dei giudici d'appello sulla domanda subordinata avente ad oggetto l'esatta determinazione dell'aliquota contributiva, la ricorrente non formula la censura nei termini propri del vizio di omessa pronunzia di cui al combinato disposto degli articolo 112 e 360 numero 4 c.p.c., bensì in quelli non pertinenti della mancanza di motivazione. La censura in esame integra, infatti, una violazione dell'articolo 112 c.p.c. e quindi una violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell'articolo 360 numero 4 c.p.c. nullità della sentenza e del procedimento e non come violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., ed a maggior ragione come vizio motivazionale a norma dell'articolo 360 numero 5, c.p.c., cioè quello denunziato nella fattispecie attenendo quest'ultimo esclusivamente all'accertamento e valutazione di fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, Cass. 9.4.1990, numero 2940 Cass. 27.3.1993,numero 3665 . Infatti il vizio di omessa pronunzia, in quanto pretesamente incidente sulla sentenza pronunziata dal giudice del gravame, è passibile di denunzia esclusivamente con ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 360 numero 4 c.p.c. Cass. S.U. 14.1.1992, numero 369 Cass. 25.9.1996, numero 8468 . Da ultimo, il settimo motivo è infondato. Invero, la legge 23 dicembre 2000, numero 388 legge finanziaria 2001 prevede all'articolo 116 misure per favorire l'emersione del lavoro irregolare , comma 15, che, fermo restando l'integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali, siano i consigli di amministrazione degli enti impostori a fissare, sulla base di apposite direttive emanate dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica, i criteri e le modalità per la riduzione delle sanzioni civili di cui al comma ottavo fino alla misura degli interessi legali. Nell'indicazione dei casi in cui ciò è possibile la stessa norma contiene, alla lettera a , la previsione delle ipotesi di mancato e ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa in relazione alla particolare rilevanza delle incertezze interpretative che hanno dato luogo all'inadempienza. Orbene, nella fattispecie non risulta superato, alla luce delle censure esposte, il rilievo di fondo eseguito dalla Corte territoriale in merito alla rilevata insussistenza dei presupposti per l'applicabilità del regime di riduzione delle sanzioni di cui al citato articolo 116 della legge numero 388/00, tanto più che la giurisprudenza di legittimità, che aveva affermato l'assoggettamento delle società per azioni a prevalente capitale pubblico alla contribuzione per la cassa integrazione, si era già formata v. Cass. Sez. lav. numero 14847 del 24/6/2009 che, a sua volta, richiama il precedente numero 10155 del 2004 prima della pronunzia oggetto della presente impugnazione. In definitiva il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo. Non va adottata alcuna statuizione nei confronti della società Equitalia Esatri s.p.a. rimasta solo intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità in favore dell'Inps nella misura di Euro 2500,00 per compensi professionali e di Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge. Nulla nei confronti della Equitalia Esatri s.p.a