Il condomino non può arricchirsi a spese del condominio: semmai è il condominio che può arricchirsi a spese del condomino

Il condomino non è terzo rispetto al condominio, quindi non può domandare una somma in suo favore per le opere da lui eseguite sul bene comune, del quale è proprietario in parte lui stesso. In applicazione di questo noto e non privo di notevoli conseguenze nell’ambito del diritto condominiale principio di diritto, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato da un condomino che già si era visto respingere le proprie domande da parte di Tribunale di Milano e Corte D’Appello.

E’ questo il caso affrontato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 4901/2015, depositata l’11 marzo. Il caso. Un conduttore per effetto di un contratto di locazione stipulato nel lontano 1973 di un terreno sito in Milano, conveniva in giudizio il condominio proprietario del terreno stesso chiedendone la condanna, in suo favore, per una somma pari al valore dei materiali e della manodopera impiegati per la realizzazione di un impianto sportivo sul fondo in oggetto. Il condomino-conduttore, in diritto, fondava le proprie domande richiamando il contenuto dell’articolo 936 c.c. in materia di accessione che è un modo di acquisto della proprietà , che prevede appunto che chi esegue opere o costruzioni su un terreno di un terzo, ha poi diritto a vedersi riconoscere dal proprietario che evidentemente matura un arricchimento dall’operato altrui un rimborso per manodopera prestata e materiali impiegati. Il condomino fa parte del condominio e si avvantaggia delle opere eseguite in suo favore. Il Tribunale, come detto, respingeva le domande dell’attore ed in pieno accoglimento della tesi del condominio convenuto, dichiarava che il condomino, in quanto a sua volta proprietario pro quota del bene comune e non soggetto terzo rispetto ad esso, non ha diritto ad alcun indennizzo per l’opera prestata. Avverso a tale decisione proponeva appello il soccombente, ma il risultato era nuovamente per lui sconfortante domanda respinta e conferma totale della sentenza di primo grado. Il condomino, non pago dei primi 2 gradi di giudizio conclusi in modo rovinoso, proponeva come detto ricorso in cassazione, sostenendo l’errore dei giudici nell’escludere l’applicabilità dell’articolo 936 c.c. al caso di specie, vanificando così manifestamente la ratio della disciplina finalizzata al ripristino dell’equilibrio economico tra il soggetto che ha beneficiato ingiustamente dell’opera e quello depauperato dalla realizzazione della stessa. Ora, prima di esaminare la decisione della Cassazione, che, come anticipato, non ha potuto che correttamente ripetere quanto già affermato nelle sentenze del Tribunale e della Corte D’Appello, va detto che del tutto ipoteticamente si potrebbe in prima battuta essere d’accordo con quanto reclamato dal conduttore-condomino, dato che egli in effetti ha realizzato, sul fondo, delle opere delle quali certamente il condominio avrà un chiaro beneficio va però ricordato, ed è questo il punto decisivo della questione, che del condominio fa parte lo stesso attore, e che pertanto proprio dalla sua qualità di condomino deriva oltre la sua inesorabile soccombenza nel giudizio che anche lui avrà un beneficio per il bene realizzato. Per avere diritto all’indennizzo previsto dall’articolo 936 c.c., in altre parole, occorre che l’opera o la costruzione venga realizzata su una proprietà altrui cosa che non avviene quando il condominio realizza un opera su una parte condominiale che, in quanto tale, non gli è estranea ma anzi in comunione con gli altri condomini gli appartiene. Egli, in parole ancora più chiare, non è terzo rispetto al condominio che si avvantaggia dell’opera da lui eseguita, ma anzi ne fa parte. Tornando, infine, alla decisione della Corte di Cassazione, si ripete che il ricorso è stato respinto in applicazione del principio di diritto poc’anzi ricordato in ipotesi di bene condominiale è esclusa l’applicazione della operatività della disciplina dettata in materia di accessione. In logica conseguenza, dell’assenza del presupposto dell’altruità del bene non può infatti il ricorrente «agire per il riconoscimento dell’indennizzo ex articolo 936 c.c. laddove è egli stesso comproprietario del fondo sul quale ha realizzato le opere». Il mancato riconoscimento della personalità giuridica in favore del condominio. Infine, vale la pena ricordare che quella citata nella sentenza in oggetto in merito al mancato diritto del condominio ad un indennizzo per le opere eseguite sulla parte comune non è che un ennesima conseguenza della ritenuta mancata terzietà del condomino rispetto al condominio terzietà che è sempre stata affermata dai giudici almeno sino ad ora e dal legislatore, che anche con la recente legge numero 220/2012 di riforma del diritto condominiale non ha ritenuto di attribuire quella personalità giuridica al condominio che da più parti veniva reclamata. Ma sul mancato riconoscimento della personalità giuridica, e sulle conseguenze notevolissime che in caso contrario ne sarebbero derivate, il discorso diverrebbe davvero molto complicato e richiederebbe una trattazione a parte, certamente estranea a questo breve commento.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 13 novembre 2014 – 11 marzo 2015, numero 4901 Presidente Bianchini – Relatore Falaschi Considerato in fatto Nel giudizio di primo grado, svoltosi innanzi al Tribunale di Milano, V.A., conduttore del terreno sito in Milano, via Lanciano numero 6/A per effetto di un contratto stipulato nel 1973 con la Cooperativa Edificatrice La Postelegrafonica , conveniva il CONDOMINIO VILLAGGIO ZARA , riconosciuto con sentenza del 17 aprile 1996 proprietario del fondo de quo, chiedendo, ai sensi dell'articolo 936 c.c., la corresponsione di una somma pari al valore dei materiali e della manodopera impiegati per la realizzazione di un impianto sportivo ovvero di una somma corrispondente all'aumento di valore prodotto al fondo. Il convenuto, costituitosi, resisteva alle pretese avversarie negando l'invocabilità dell'articolo 936 c.c. per essere l'attore condomino del condominio Villaggio Zara, quindi proprietario del bene comune e non soggetto terzo rispetto ad esso, nonché per avere stipulato un contratto nel quale accettava espressamente il costo delle opere da realizzare e, al contempo, si obbligava, verificatasi la cessazione del rapporto di locazione, alla restituzione, previa remissione in pristino, dell'immobile. Il giudice di prime cure, con sentenza numero 12767 del 2006, accertata l'inapplicabilità della disciplina sull'accessione, aveva rigettato le domande attoree. Avverso suddetta decisione agiva in appello il V. insistendo per l'accoglimento dei motivi già addotti in primo grado, mentre l'appellato condominio resisteva domandando la conferma della pronuncia del Tribunale di Milano. La Corte d'Appello di Milano, con sentenza numero 514 del 2011, rigettava l'appello condannando per l'effetto l'appellante alla rifusione delle spese di ambo i gradi di giudizio. Con ricorso notificato il 4.04.2012 e depositato in data 20.04.2012, V.A. agisce per la cassazione della decisione di secondo grado adducendo, con l'unico motivo, l'omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Parte intimata resiste con controricorso. Il consigliere relatore, nominato a norma dell'articolo 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all'articolo 380 bis c.p.c. proponendo la reiezione del ricorso. Parte ricorrente in prossimità dell'udienza camerale ha depositato memoria illustrativa. Ritenuto in diritto Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex articolo 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta `7primi due motivi del Con l'unico motivo il ricorrente lamenta l'erronea decisione da parte del giudice del merito nella parte in cui ha escluso l'applicabilità dell'articolo 936 c. c. al caso in esame, vanificando manifestamente la ratio della disciplina finali & lt ata al ripristino dell'equilibrio economico tra il soggetto che ha beneficiato ingiustamente dell'opera ed quello depauperato dalla realizzazione della stessa. Orbene, argomenta il V. che nella specie il giudice del gravame non avrebbe potuto invocare quella giurisprudenza della Corte di legittimità che ha escluso dall'ambito di applica ione dell'articolo 936 c.c. l'ipotesi in cui il condomino costruisca opere sul fondo comune, avendo il resistente condominio, dopo la realizzazione delle stesse, agito pretestuosamente in giudizio per ottenere l'accertamento del proprietà sul fondo alfine di godere delle opere e delle migliorie apportate dal ricorrente senta versarne il costo inoltre, il ricorrente si duole dell'erroneità del rilievo giudiziale sulla tardiva modifica della causa petendi per avere fatto riferimento nell'atto d'appello all'anione di ingiusto arricchimento il V. esclude l'esistenza della questione di rito laddove evidenzia che l'articolo 936 c.c. contiene un'azione speciale finali ata a garantire il riequilibrio economico tra il soggetto che subisce un depauperamento e il soggetto che ottiene una locupletazione da quel depauperamento condividendo, dunque, lo stesso fondamento che alimenta l'azione generale di arricchimento ex articolo 2041 ss. c. c. Il motivo appare infondato. Non pare, infatti, sussistere il vi& lt io motivazionale censurato per avere il giudice del merito coerentemente ed adeguatamente argomentato il proprio convincimento sulla non applicabilità al caso in esame della disciplina dettata all'articolo 936 c. c. nella parte in cui specifica che si applicano le norme in materia di comunione al condomino che realizzi opere sul bene condominiale, essendo lo stesso titolare pro quota del bene in misura proporzionale alla sua partecipazione al condominio, escludendo per l'effetto l'applicabilità della disciplina dettata dall'articolo 936 c. c. in materia di accessione. La sentenza pronunciata dalla Corte d Appello di Milano si mostra dunque esente dai lamentati per essere il V. condomino del Condominio Villaggio Zara e, quindi, comproprietario del fondo sul quale ha realizzato l'impianto sportivo lo status di condomino, pacifico perché provato e mai contestato, è sufficiente ad escludere l'esistenza del presupposto della terzietà che, ai sensi dell'ad 936 C. C., legittima il costruttore a domandare una somma a titolo di indennizzo al proprietario del fondo a fronte della sua accessione alle opere sullo stesso erette. La Corte d Appello di Milano ha opportunamente rinviato a quell'orientamento avallato dalla Corte di legittimità secondo cui le norme in materia di accessione retrocedono in favore della disciplina sulla comunione ogniqualvolta le modifiche del fondo, comportanti l'alterazione della consistenza materiale o della destinazione d'uso dell'immobile, siano realizzate dal condomino sulla cosa comune l'esclusione in ipotesi di bene condominiale dell'operatività della disciplina dettata in materia di accessione, non applicabile neanche in via analogica per essere le eventuali lacune normative colmate dalle norme sulla comunione, rappresenta conseguenza eziologica dell'assenza del presupposto dell'altruità del bene non può, difatti, il ricorrente agire per il riconoscimento dell'indennizzo ex articolo 936 c. c. laddove è egli stesso comproprietario del fondo sul quale ha realizzato le opere Cassa numero 7523 del 2007 Cass. numero 21901 del 2004 Cass numero 4120 del 2001 Cass numero 3675 del 1996 Cass numero 10699 del 1994 Cass. numero 3853 del 1993 . Occorre al più aggiungere che l'assenta del presupposto della terietà del V. rispetto al fondo viene confermata dall'esistenza di un originario rapporto contrattuale, seppure intercorrente con l'originario proprietario, che costituisce elemento raforZativo della soluzione adottata dal giudice collegiale di Milano escludendo a fortiori l'applicabilità in specie della disciplina contemplata dall'articolo 936 c. c. Difatti, dalle risultanze processuali emerge che il contratto di affitto stipulato tra il V. e la Cooperativa Edificatrice `La Postelegrafonica prevedeva espressamente la costruzione di due piscine ovvero di un impianto per lo svolgimento di qualsiasi attività sportiva sul terreno, ponendone i costi a carico dell'afttuaria, e stabilendone la durata in anni nove, con rinnovazione tacita alla scadenza per periodi di un anno. Orbene, l'espressa previsione contrattuale dello ius aedificandi in capo all'affittuario determinerebbe, a prescindere dallo status di condomino del V., automaticamente l'esclusione della disciplina contenuta nell'articolo 936 c. c. Per avere il ricorrente eretto l'impianto sportivo, non in qualità di soggetto tero, ma ottemperando a vincoli derivanti da un preciso rapporto contrattuale. Conformemente col costante indici di questa Corte, si qualifica temo ai fini dell'operatività della disciplina sull'accessione solo il costruttore che abbia eseguito l'opera in totale assenta di vincoli che lo legittimino a costruire sul fondo derivanti da rapporti contrattuali conclusi col proprietario dell'immobile, non potendosi conseguentemente definire temo il costruttore che detenga l'immobile in fora di un titolo volto a regolare la relazione tra il fondo su cui insiste la costruzione e la costruzione stessa Cass numero 4148 del 2012 Cass numero 5910 del 1980 Cass numero 1776 del 1964 . Solo a fini di completezza, la Corte di legittimità ha precisato che l'assenta di rapporti di natura personale o reale col bene si ha, non soltanto nei casi di originaria assenza di vincoli contrattuali, ma anche per le ipotesi in cui un preesistente contratto sia venuto meno per invalidità o risoluzione, determinando, per il fatto, la caducazione retroattiva del rapporto contrattuale situazione questa non verificatasi nelal specie posto che che l'estinzione del rapporto contrattuale nel 1991 era d pesa, non da risoluzione o invalidità del contratto, ma dall'esercizio del diritto di recesso da parte della Cooperativa Cass numero 1378 del 2012 Cass numero 740 del 2012 . Da ultimo, appare opportuno chiarire che la censura mossa dal ricorrente in relazione al rilievo sulla tardiva modifica della causa petendi si mostra palesemente infondata avendo il giudice del gravame, oltre a non considerarla rilevante ai fini dell'ammissibilità dell'appello, affermato che trattasi di adone prevista all'articolo 2041 c.c., alla quale il ricorrente ha fatto riferimento per la prima volta nell'atto di appello, rimedio differente rispetto a quella prevista dall'articolo 936 c. c La Corte d'Appello di Milano, infatti, ha evidendato il carattere generale dell'adone di ingiusto arricchimento avallando l'orientamento ripetutamente affermato da questa Corte, la quale in particolare ha precisato che, rafugurando l'articolo 2041 c. c. rimedio generale e subordinato, l'adone di arricchimento è destinata a retrocedere ove vi siano adoni che astrattamente, quindi a prescindere dall'esito che la causa potrà avere, siano esperibili nel caso concreto Cass numero 25461 del 2010, Cass numero 20747 del 2007, Cass numero 12265 dei 2005, Cass. numero 19568 del 2004, Cass. numero 5072 del 2001 . Il carattere subordinato dell'adone ex articolo 2041 c. c. impone al danneggiato legittimato all'esercizio di altro specifico rimedio giurisdizionale, ove intenda valersene, di proporla in via subordinata sin dall'atto introduttivo del giudido a pena di inammissibilità. ' Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra sono condivisi dal Collegio e le critiche formulate dal ricorrente nella memoria ex articolo 378 c.p.c. non hanno alcuna incidenza su dette conclusioni, giacchè la circostanza che dopo la sentenza del 1997 beneficiario delle opere realizzate dal V. risulti essere definitivamente il Condominio non muta la disciplina negoziale che ne ha posto l'onere economico a carico del ricorrente. Né muta la prospettiva quanto al richiamo dell'istituto dell'arricchimento senza causa evidenziata nell'ottica dell'articolo 936 c.c. per le medesime ragioni. Conclusivamente il ricorso va rigettato e va disposta la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, che vengono liquidate in complessivi €. 7.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre a spese forfettarie ed accessori come per legge.