Quando è configurabile il reato di epidemia colposa?

In tema di delitto di epidemia colposa, non è configurabile una responsabilità a titolo di omissione in quanto l’articolo 438 c.p., con la locuzione “mediante la diffusione di germi patogeni”, richiede una condotta commissiva a forma vincolata.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza numero 20416/21, depositata il 24 maggio. Il Tribunale per il riesame di Catania annullava il decreto di sequestro preventivo di una casa di riposo, emesso dal GIP del Tribunale di Caltagirone nei confronti del legale rappresentante della stessa, indagato per epidemia colposa e per violazioni in materia di salute e di sicurezza del lavoro contestate in violazione del d.P.C.M. 24 aprile 2020, connesso all'emergenza COVID-19. Il Procuratore della Repubblica ricorre in Cassazione lamentandosi, tra i vari motivi, del fatto che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto che il reato di epidemia colposa postuli necessariamente una condotta commissiva a forma vincolata, condotta che nel caso di specie non era stata ritenuta sussistente. Il ricorso risulta infondato in quanto l’ordinanza del Tribunale richiama un recente orientamento giurisprudenziale secondo cui «in tema di delitto di epidemia colposa, non è configurabile la responsabilità a titolo di omissione in quanto l’articolo 438 c.p., con la locuzione “mediante la diffusione di germi patogeni”, richiede una condotta commissiva a forma vincolata, incompatibile con il disposto dell’articolo 40, comma 2, c.p., riferibile esclusivamente alla fattispecie a forma libera» Cass. numero 9133/2017 . Ne consegue che correttamente il Tribunale ha escluso la configurabilità della fattispecie nella vicenda in esame, con motivazione congrua e non illogica, non sindacabile in sede di legittimità. Richiamando infine un passaggio della pronuncia impugnata, il Collegio sottolinea che, anche a voler aderire alla teoria minoritaria secondo cui il reato di epidemia colposa può essere convertito in illecito omissivo improprio, mediante la clausola di equivalenza di cui all'articolo 40, comma 2, c.p., nel decreto di sequestro preventivo disposto non vengono dedotti gli elementi e le ragioni logico-giuridiche in base alle quali la condotta dell'imputato sia causalmente collegabile alla diffusione del COVID-19 tra i pazienti e il personale della casa di riposo. Per questi motivi il Collegio rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 4 marzo – 24 maggio 2021, numero 20416 Presidente Fumu – Relatore Cenci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale per il riesame di Catania, adito ai sensi dell’articolo 324 c.p.p., il 18 giugno - 30 luglio 2020 ha annullato il decreto di sequestro preventivo e di convalida del sequestro di urgenza adottato dal P.M. il 12 maggio 2020 della casa di riposo omissis di omissis , emesso il 14-15 maggio 2020 dal G.i.p. del Tribunale di Caltagirone nei confronti di L.R.G. , indagato per epidemia colposa articolo 438 - 452 c.p. e per violazioni in materia di salute e di sicurezza del lavoro D.Lgs. 9 aprile 2008, numero 81, articolo 65, 68 e 271 , fatti ipotizzati come commessi tra il omissis . 2. L.R.G. risulta essere il legale rappresentante della società cooperativa sociale che gestisce la casa di riposo omissis di omissis , oggetto di accertamenti da parte dei Carabinieri compendiati nelle note del 4, del 5, del 7 e dell’11 maggio 2020, che hanno segnalato, tra l’altro, la omessa doverosa integrazione del documento di valutazione dei rischi con le procedure previste dal D.P.C.M. 24 aprile 2020 e l’omesso aggiornamento dello stesso. 3.Ricorre per la cassazione dell’ordinanza il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Caltagirone, affidandosi a due motivi con i quali denunzia violazione di legge. 3.1. Con il primo motivo lamenta violazione degli articolo 438 e 452 c.p Rammenta che il Tribunale ha ritenuto che il reato di epidemia colposa postuli necessariamente una condotta commissiva a forma vincolata, di per sé incompatibile con la responsabilità a titolo di omissione e, quindi, con il disposto dell’articolo 40 c.p., comma 2, che si riferisce solo ai reati a forma libera. Secondo il P.M., invece, l’inciso mediante la diffusione di germi patogeni di cui all’articolo 438 c.p. non rappresenta una peculiare modalità di realizzazione della condotta ma specifica il tipo di evento che la norma penale punisce in caso di verificazione la fattispecie di cui agli articolo 438-452 c.p., per ragioni sia testuali che sistematiche, non esige una condotta commissiva a forma vincolata e, di per sé, non è incompatibile con una responsabilità di tipo omissivo. In tal senso - sottolinea il ricorrente - si è pronunziata la Corte di cassazione nella motivazione della sentenza di Sez. 1, numero 48014 del 30/10/2019, P., Rv. 277791-01. Prosegue così il ricorso Orbene, il COVID-19 è una malattia infettiva ad alto tasso di contagiosità tanto da essere stata dichiarata pandemia , che, diffondendosi con elevata rapidità per via aerea e/o tramite contatto con superfici contaminate, desta un notevole allarme sociale e correlativo pericolo per un numero indeterminato di persone, propria a casa della sua capacità di propagazione. Pertanto, alla luce delle superiori considerazioni, anche la mancata integrazione e/o l’omesso aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi rispetto al rischio biologico in generale, e a quello da COVID-19 in particolare, costituiscono condotte che integrano gli estremi della fattispecie incriminatrice di cu agli articolo 438 e 452 c.p., a fronte della loro efficienza causale a cagionare un’epidemia a titolo colposo, come del resto si è verificato nel caso di specie, ove numerosi anziani oggi deceduti e lavoratori dipendenti sono risultati positivi al virus così alla pp. 3-4 . 3.2. Con l’ulteriore motivo il ricorrente censura la violazione dell’articolo 324 c.p.p., comma 7, articolo 309 c.p.p., comma 9 e articolo 321 c.p.p., nella parte in cui il sindacato giurisdizionale non si è limitato ad accertare la possibilità di sussumere la fattispecie concreta in una delle figure di reato prospettate dal Pubblico Ministero comprese quelle concernenti le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ma si è spinto, eccedendo - si ritiene - i poteri al Tribunale spettanti, a sindacare la concreta fondatezza dell’ipotesi accusatoria. Si chiede, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata. 4. Il P.G. della Corte di cassazione nelle conclusioni scritte del 15 febbraio 2021 ex D.L. 28 ottobre 2020, numero 137, articolo 23, comma 8, convertito, con modificazioni, nella L. 18 dicembre 2020, numero 176 ha chiesto il rigetto del ricorso. 5. Con ampia memoria, con allegati, in data 16 febbraio 2021 la difesa di L.R.G. ha chiesto rigettarsi il ricorso del P.M., per manifesta infondatezza dello stesso. Considerato in diritto 1. Va premesso che il ricorso è tempestivo infatti l’ordinanza impugnata risulta comunicata il 12 agosto 2020 al P.M., la cui impugnazione è stata depositata nella Cancelleria del Tribunale il 15 settembre 2020, quindi nei termini a decorrere dal 1 settembre 2020 si applica, infatti, in materia di sequestri la generale disposizione di cui all’articolo 585 c.p.p., comma 1, lett. a , in tema di impugnabilità dei provvedimenti emessi in camera di consiglio come precisato già da Sez. U, numero 5 del 20/04/1994, Iorizzi, Rv. 197701, e costantemente seguito dalle Sezioni semplici, sino alla recente Sez. 3, numero 13737 del 15/11/2018, dep. 2019, Ficarra, Rv. 275190 . 2. Nel merito, il ricorso è infondato, per le seguenti ragioni. 2.1. Quanto al primo motivo, con il quale il ricorrente contesta l’affermazione dei giudici di merito secondo cui il reato contestato evoca necessariamente una condotta commissiva a forma vincolata di per sé incompatibile con una responsabilità a titolo di omissione e, quindi, con il disposto dell’articolo 40 c.p., comma 2 riferibile esclusivamente alle fattispecie a forma libera pp. 3-4 dell’ordinanza impugnata , osserva il Collegio quanto segue. L’ordinanza del Tribunale richiama espressamente il recente precedente di legittimità secondo il quale In tema di delitto di epidemia colposa, non è configurabile la responsabilità a titolo di omissione in quanto l’articolo 438 c.p., con la locuzione mediante la diffusione di germi patogeni , richiede una condotta commissiva a forma vincolata, incompatibile con il disposto dell’articolo 40 c.p., comma 2, riferibile esclusivamente alle fattispecie a forma libera Sez. 4, numero 9133 del 12/12/2017, dep. 2018, Giacomelli, Rv. 272261, v. specc. punti nnumero 2., 2.1., 2.2. e 2.3., pp. 13-14, del ritenuto in diritto . Non conferente, invece, poiché relativo a fatto del tutto diverso, il precedente di Sez. 1, numero 48014 del 30/10/2019, P., Rv. 277791, richiamato sia nel ricorso che nella memoria difensiva. In ogni caso, l’ordinanza giustifica la decisione di annullamento con una doppia motivazione con la quale il ricorrente non si confronta. Infatti, dopo avere affermato la inconfigurabilità in diritto pp. 3-4 , il Tribunale afferma che, In ogni caso, ritiene il Collegio che, anche a voler aderire all’orientamento minoritario della dottrina e della giurisprudenza che qualificano il reato di epidemia colposa nella categoria dei c.d. reati a mezzo vincolato e come tali compatibili di essere convertiti, mediante la clausola di equivalenza di cui all’articolo 40 c.p., comma 2, in illeciti omissivi impropri, nel decreto di sequestro preventivo disposto in via d’urgenza il 12.05.2020 dal p.m. ex articolo 321 c.p.p., comma 3 bis, e nel successivo decreto di sequestro preventivo disposto dal Gip di Caltagirone, ex articolo 321 c.p.p., il 14.05.2020, non vengono dedotti nè illustrati gli elementi e le ragioni logico-giuridiche in base ai quali la condotta omissiva ascritta all’indagato sia causalmente collegabile alla successiva diffusione del virus da Covid-19 tra i pazienti ed il personale dalla casa di riposo diretta dal ricorrente . Il Tribunale ritiene che, in applicazione delle teoria condizionalistica orieptata secondo il modello della sussunzione sotto leggi scientifiche, in assenza di qualsivoglia accertamento circa l’eventuale connessione tra l’omissione contestata al ricorrente e la seguente diffusione del virus non sia possibile ravvisare, nel caso de quo, la sussistenza del nesso di causalità tra detta omissione e la diffusione del virus all’interno della casa di riposo. Ed invero, alla stregua del giudizio contro fattuale, ipotizzando come realizzata la condotta doverosa ed omessa dall’indagato, non è possibile desumere con alto grado di credibilità logica o credibilità razionale che la diffusione/contrazione del virus Covid-19 nei pazienti e nei dipendenti della casa di riposo sarebbe venuta meno. Non è da escludere, infatti, che qualora l’indagato avesse integrato il documento di valutazione dei rischi e valutato il rischio biologico, ex D.Lgs. numero 81 del 2008, articolo 27, la propagazione del virus sarebbe comunque avvenuta per fattori causali alternativi come ad esempio per la mancata osservanza delle prescrizioni impartite nel D.P.C.M. per le case di riposo quali di indossare le mascherine protettive, del distanziamento o dell’isolamento dei pazienti già affetti da covid, ovvero a causa del ritardo negli esiti del tampone . Quanto accertato, dunque, non è sufficiente a far ritenere, in termini di qualificata probabilità richiesta in questa sede, la ricorrenza del fumus della fattispecie di epidemia colposa così alle pp. 4-5 del provvedimento impugnato . Si tratta, con ogni evidenza, di motivazione esistente, non incongrua e non illogica, di per sé non sindacabile in sede di legittimità. 2.2. Quanto, poi, al secondo motivo di impugnazione, secondo il quale il Tribunale non si sarebbe limitato a verificare il fumus boni iuris, ma sarebbe entrato nel merito delle accuse, si rinviene adeguata risposta alla p. 2 dell’ordinanza impugnata, che richiama precedenti di legittimità pertinenti, in linea con il principio di diritto puntualizzato, tra le altre da Sez. 26, numero 18183 del 23/11/2017, dep. 2018, Polifroni e altro, Rv. 272927-01, secondo cui Nella valutazione del fumus commissi delicti , quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice deve verificare la sussistenza di un concreto quadro indiziario, non potendosi limitare alla semplice verifica astratta della corretta qualificazione giuridica dei fatti prospettati dall’accusa da Sez. 6, numero 49478 del 21/10/2015, P.M. in proc. Macchione, Rv. 26543301, secondo cui Ai fini dell’emissione del sequestro preventivo il giudice deve valutare la sussistenza in concreto del fumus commissi delicti attraverso una verifica puntuale e coerente delle risultanze processuali, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta, all’esito della quale possa sussumere la fattispecie concreta in quella legale e valutare la plausibilità di un giudizio prognostico in merito alla probabile condanna dell’imputato e da Sez. 4, numero 15448 del 14/03/2012, Vecchione Rv. 253508-01, secondo cui Nel sequestro preventivo la verifica del giudice del riesame, ancorché non debba tradursi nel sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa, deve, tuttavia, accertare la possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato pertanto, ai fini dell’individuazione del fumus commissi delicti , non è sufficiente la mera postulazione dell’esistenza del reato, da parte del pubblico ministero, in quanto il giudice del riesame nella motivazione dell’ordinanza deve rappresentare in modo puntuale e coerente le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti e dimostrare la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare reale sottoposta al suo esame . Nello stesso senso, tra le numerose altre decisioni di legittimità conformi, si richiamano Sez. 5, numero 49596 del 16/09/2014, Armento, Rv. 261677 Sez. 5, numero 28515 del 21/05/2014, Ciampani ed altri, Rv. 260921 Sez. 3, numero 26197 del 05/05/2010, Bressan, Rv. 247694 Sez. 5, numero 37695 del 15/07/2008, Cecchi Gori e altro, Rv. 241632 Sez. 4, numero 10979 del 29/01/2007, Veronese, Rv. 236193. Occorre, infine, convenire con il difensore dell’indagato L.R. , allorquando osserva alla p. 3 della memoria del 16 febbraio 2021 che il sequestro è stato disposto solo in relazione al reato di epidemia colposa, come risulta testualmente dal contenuto di p. 1 del decreto del G.i.p. di Caltagirone del 14-15 maggio 2020 v. pp. 197-198 degli atti trasmessi dal P.M. al Tribunale per il riesame . 3.Consegue il rigetto dell’impugnazione. Nulla per le spese, essendo il ricorrente Parte pubblica. P.Q.M. Rigetta il ricorso.