L’azione di regresso, sulla base di quanto disposto dall’articolo 1299 c.c., da parte di un debitore nei confronti degli altri condebitori coobligati può essere esercitata nel caso in cui il debitore abbia pagato l’intero debito. Ma sulla questione interviene la giurisprudenza della Cassazione.
Sul punto è tornata ad esprimersi la Corte di Cassazione con sentenza numero 21197/18 depositata il 27 agosto con riferimento ad una causa avente ad oggetto la richiesta di risoluzione del contratto preliminare di compravendita, con condanna dei convenuti alla restituzione della somma versata per l’acquisto, oltre al risarcimento danni. Le caratteristiche dell’azione di regresso. In base alla disposizione di cui all’articolo 1299 c.c., l’azione di regresso da parte di un debitore nei confronti degli altri coobligati può essere esercitata solo qualora il debitore stesso abbia pagato per intero il debito cosa che invece non è avvenuta nel caso di specie . Ma secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, il condebitore solidale che paga al creditore una somma maggiore rispetto alla parte che gli incombe «ha diritto di regresso anche se non ha corrisposto l’intero, perché la ratio delle norme è il depauperamento del suo patrimonio oltre il dovuto e il corrispondente indebito arricchimento dei condebitori», con la conseguenza che «ciascun debitore può agire in regresso nei confronti dell’altro a condizione che l’importo azionato non ecceda la parte di pertinenza del condebitore nei cui confronti l’azione viene esercitata». Il ricorso pertanto va rigettato.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 novembre 2017 – 27 agosto 2018, numero 21197 Presidente Bianchini – Relatore Besso Marcheis Fatti di causa 1. Con citazione del 2000, G.R. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Alessandria R.C. e R. , nonché D.G.C. . Premesso che con contratto preliminare di compravendita i R. si erano obbligati a vendere a G. e a D.G. la quota indivisa pari alla metà del complesso denominato omissis , che parte attrice, insieme all’altro promissario acquirente, aveva versato ben oltre i 300 milioni di lire pattuiti mentre i promittenti venditori non avevano pagato la parte dei debiti ipotecari rimasti a loro carico, così che sui beni erano state iscritte altre due ipoteche ed eseguito un pignoramento, chiedeva nei confronti dei R. la risoluzione del contratto per loro fatto e colpa, con condanna alla restituzione della somma versata, oltre al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio nei confronti di D.G. la condanna a pagare 75 milioni di lire quale rimborso della restante quota a suo carico . Si costituivano i R. , chiedendo il rigetto della domanda di risoluzione e, in via riconvenzionale, che fosse pronunciata la risoluzione del contratto per colpa di parte attrice e di D.G. , con condanna al risarcimento del danno si costituiva D.G. , eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedendo, in via riconvenzionale, che parte attrice fosse condannata al pagamento di 65 milioni di lire, che fosse risolto il contratto preliminare per colpa dei R. e di G. e che i R. fossero condannati a restituirgli 150 milioni di Lire, somma pari al doppio di quella da lui versata interveniva volontariamente, nella fase di assunzione delle prove, F.P. . Il Tribunale di Alessandria, dichiarato inammissibile l’intervento di F. e respinta l’eccezione di carenza di legittimazione passiva di D.G. , ha accolto la domanda di risoluzione del contratto fatta valere dall’attore G. e conseguentemente rigettato la domanda dei R. di risoluzione per inadempimento e di risarcimento del danno essendo emerso unicamente l’inadempimento dei R. , ha condannato in solido R.C. ed gli eredi non rinunciatari di R. R. al pagamento della somma di Euro 132.418,03 in favore dell’attore ha respinto la domanda di risarcimento del danno avanzata dall’attore nei confronti di D.G. , come l’azione in regresso, ai sensi dell’articolo 1299 c.c. nei confronti del medesimo, quale condebitore solidale ha poi accolto la domanda di D.G. limitatamente alla condanna alla restituzione di 75 milioni di Lire non il doppio, non risultando pattuito il versamento a titolo di caparra e rigettato la domanda di condanna al pagamento di 65 milioni di Lire. 2. Contro la sentenza G. ha proposto appello principale basato su due motivi D.G. ha fatto valere appello incidentale fondato su un unico motivo. F.P. non si è costituita ed è stata dichiarata contumace. La Corte d’appello di Torino ha ritenuto fondato il primo motivo dell’appello principale e, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha condannato D.G. al pagamento della quota-debito per egli anticipata da G. , ossia Euro 34.860,80 ha ritenuto fondato pure il secondo motivo attinente la mancata condanna di F. al pagamento delle spese di lite, condannandola così a pagare le spese di primo grado ha poi dichiarato l’inammissibilità dell’appello incidentale. 3. D.G.C. ricorre per cassazione. G.R. resiste con controricorso, preliminarmente eccependo la nullità della notificazione del ricorso perché non effettuata al domicilio eletto nell’atto di citazione d’appello. L’intimata F.P. non ha proposto difese. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis 1 c.p.c Ragioni della decisione 1. Il ricorso - di cui va affermata la validità, essendo l’eventuale vizio comunque sanato dalla costituzione del controricorrente - è articolato in tre motivi. a Il primo motivo denuncia l’assenza di sottoscrizione da parte di G. dell’informativa relativa all’utilizzo dello strumento della conciliazione nonché la mancata pronuncia al riguardo della Corte d’appello, con conseguente improcedibilità dell’appello. Il motivo è infondato. Il ricorrente - che fa riferimento alla conciliazione intendendo invece la mediazione e che sembra ritenere che l’istituto sia stato abrogato e poi reintrodotto nel 2013, quando invece è solo l’obbligatorietà della mediazione a essere stata dichiarata costituzionalmente illegittima dal giudice delle leggi pronuncia numero 272/2012 - non considera che l’articolo 4 del d.lgs. numero 28/2011 prevede al comma 3 che in caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile , così che l’eventuale mancato rispetto di tale obbligo viene ad incidere sul rapporto negoziale tra professionista e cliente, consentendo a quest’ultimo di richiedere, ai sensi dell’articolo 1441, comma 1 c.c., l’annullamento del contratto, ma non incide sulla validità della procura alle liti ed è vizio che può essere fatto valere solo dall’assistito che non abbia ricevuto l’informativa e non dalla controparte l’ultimo paragrafo del citato comma 3 dispone infatti che il giudice, ove verifichi la mancata allegazione all’atto introduttivo del giudizio del documento che contiene l’informazione, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione . b Il secondo motivo lamenta che G. , nel riproporre in appello azione di regresso nei confronti del ricorrente, abbia violato l’articolo 1453 c.c., in quanto in primo grado aveva proposto domanda di risoluzione del contratto concluso con i R. , domanda che è stata accolta dal Tribunale, così che l’appello andava ritenuto improcedibile. Il motivo è infondato. La domanda di regresso fatta valere da G. nei confronti del ricorrente è domanda autonoma e indipendente rispetto a quella di risoluzione del contratto preliminare concluso con i R. , così che la Corte d’appello, come il giudice di primo grado, nel pronunciare circa la domanda di regresso non ha violato l’articolo 1453 c.c c Il terzo motivo contesta violazione dell’articolo 1299 c.c. in quanto, in base a tale disposizione, l’azione di regresso da parte di un debitore nei confronti degli altri condebitori coobbligati può essere esercitata quando il debitore ha pagato l’intero debito e invece, nel caso di specie, G. aveva pagato solo una parte di quanto dovuto. Il motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il condebitore solidale, sia ex contractu, sia ex delicto, che paga al creditore una somma maggiore rispetto alla parte incombentegli articolo 1299 e 2055 c.c. , ha diritto di regresso anche se non ha corrisposto l’intero, perché la ratio delle norme è il depauperamento del suo patrimonio oltre il dovuto e il corrispondente indebito arricchimento dei condebitori così Cass. 884/1998 , con la conseguenza che ciascun debitore può agire in regresso nei confronti dell’altro a condizione che l’importo azionato non ecceda la parte di pertinenza del condebitore nei cui confronti l’azione viene esercitata Cass. 18406/2009 . 2. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, del d.p.r. numero 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 4.200 per compensi, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali 15% e accessori di legge. Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.