La sanzione pecuniaria comminata per inottemperanza all’obbligo di comunicazione, alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, dell’ammontare del reddito professionale ha natura amministrativa ed è soggetta alla prescrizione quinquennale, decorrente dal giorno in cui è stata commessa la violazione.
A ribadirlo è la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza numero 17258 depositata il 2 luglio 2018. Il caso. La Corte di Appello di Reggio Calabria, confermando la pronuncia di primo grado, respingeva il gravame proposto dalla Cassa Forense avverso la sentenza che aveva annullato la cartella esattoriale con cui quest’ultima richiedeva ad un proprio iscritto il pagamento di una sanzione per il mancato versamento di contributi previdenziali obbligatori relativi agli anni 2000 e 2001. In particolare, ad avviso dei Giudici di merito, alla fattispecie trovava applicazione il termine quinquennale previsto dall’articolo 28 Legge numero 689/1981 a mente del quale «il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione» , attesa la natura amministrativa della sanzione in discorso. Contro tale pronuncia la Cassa Forense promuoveva ricorso alla Corte di Cassazione, articolando un unico motivo. Anche le sanzioni irrogate dalla Cassa hanno natura amministrativa. In particolare, ad avviso della ricorrente, la Legge numero 689/1981 risultava inapplicabile poiché il quadro normativo in materia andava individuato nell’articolo 17 Legge numero 576/1980 in combinato disposto con l’articolo 3 del «Regolamento per la disciplina delle sanzioni» della medesima Cassa a mente del quale «alle sanzioni disciplinate da questo regolamento non si applicano le disposizioni delle legge numero 689/1981» , adottato nell’ambito dell’autonomia riconosciuta all’Ente dalla Legge numero 140/1997. Pertanto, concludeva la ricorrente, «sulla base del potere conferitogli da una norma primaria», la Cassa aveva legittimamente adottato un proprio regolamento che – anche in tema di sanzioni – disponeva una disciplina specifica, derogatoria rispetto alla previsione generale di cui alla Legge numero 689/1981. Doglianza che tuttavia non viene condivisa dalla Corte la quale, affermando il principio esposto in massima e richiamando numerosi propri precedenti i.e. Cass. nnumero 18130/2010 13545/2008 20343/2006 , rigetta il ricorso. Ed infatti, ritiene innanzitutto la Cassazione che la prescrizione quinquennale – di cui all’articolo 3 Legge numero 335/1995 – sia applicabile anche alle contribuzioni dovute alle casse di previdenza privatizzate dei liberi professionisti Cass. nnumero 11140/2011 23643/2006 5622/2006 . Sotto altro profilo, con specifico riferimento alle sanzioni irrogate dalla Cassa Forense, la medesima Corte ribadisce il principio per cui la sanzione comminata in ragione dell’omessa comunicazione annuale del reddito da parte del professionista abbia «natura di sanzione amministrativa pecuniaria» Cass. nnumero 20343/2006 4290/2003 . Il regolamento della Cassa non può derogare ad una norma di legge. Dalla natura amministrativa di tale sanzione, prosegue la Corte, discende l’applicazione della disciplina di cui alla Legge numero 689/1981, «salvo che per quegli aspetti espressamente derogati o espressamente disciplinati in modo diverso da altre norme speciali di pari grado con conseguente irrilevanza di disposizioni regolamentari contrastanti con la normativa primaria ». In questo contesto, nessun rilievo ha in parte qua la disciplina regolamentare invocata dalla ricorrente che risulta tacitamente abrogata dalla Legge numero 335/1995 posto che - all’articolo 3, comma 9, lett. b , in punto di prescrizione della contribuzione previdenziale – essa disciplina «[] tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria». Pertanto, prosegue la Cassazione, «per il solo fatto che la previdenza forense abbia carattere obbligatorio [.] trova applicazione l’articolo 3 cit. con conseguente abrogazione della citata Legge numero 576 del 1980, articolo 19». Nemmeno sussiste alcun dubbio sulla in costituzionalità di questa interpretazione. Sotto un ultimo profilo, la Corte rileva come in passato Cass. numero 13545/2008 fosse già stata esclusa la eventualità di una questione di costituzionalità atteso che la disciplina delle sanzioni irrogate dalla Cassa «risulta conformata, quanto alla durata del termine prescrizionale, a quella dei contributi ed è la stessa di quella delle sanzioni amministrative in genere» in conformità quindi al principio di eguaglianza. Inoltre, conclude la Corte, nemmeno «risultano compromesse le esigenze di tutela degli iscritti alla Cassa e di solidarietà tra gli stessi – pur sempre sottese al regime delle sanzioni – apparendo non esiguo il termine prescrizionale quinquennale per l’irrogazione delle sanzioni» in questo senso si veda Corte Cost. numero 1021/1988 .
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 11 aprile – 2 luglio 2018, numero 17258 Presidente Manna – Relatore Riverso Fatti di causa Con la sentenza numero 1945/2012 la Corte d’Appello di Reggio Calabria respingeva il gravame proposto dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense avverso la sentenza che aveva annullato la cartella esattoriale con cui la Cassa intimava all’avvocato A.E. il pagamento di Euro 676,44 a titolo di sanzione per il mancato versamento di contributi previdenziali obbligatori relativi agli anni 2000 e 2001. A fondamento della decisione la Corte ribadiva che nella materia trovava applicazione il termine di prescrizione quinquennale previsto in via generale dall’articolo 28 della legge 689/1981 posto che secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità la sanzione pecuniaria in discorso - comminata dall’articolo 17, 4 comma, primo periodo della legge numero 576 del 1980, per inottemperanza all’obbligo di comunicazione alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense dell’ammontare del reddito professionale entro il termine previsto - aveva natura amministrativa e come tale era soggetta alla prescrizione quinquennale decorrente dal giorno in cui era stata commessa la violazione. Sosteneva inoltre che la legge 689/1981 dovesse trovare applicazione, fatti salvi gli aspetti espressamente derogati da altre norme speciali di pari grado, con conseguente irrilevanza di disposizioni regolamentari contrastanti con la normativa primaria. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense con un unico motivo al quale ha resistito A.E. con controricorso. Ragioni della decisione 1.- Con l’unico motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto l’inapplicabilità della legge 689/1981 sulle sanzioni amministrative allo speciale regime della previdenza forense, atteso che il quadro normativo in materia andava configurato ai sensi dell’articolo 17 della l. 576/80, come modificato dall’articolo 9 della legge 141/92, in combinato con l’articolo 3, comma 2 del nuovo Regolamento per la disciplina delle sanzioni della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense adottato, nell’ambito dell’autonomia specificamente riconosciuta nella particolare materia delle sanzioni dall’articolo 4, comma 6 bis della legge 140/97, con delibera del Comitato dei Delegati e della Cassa del 19 maggio 2000 ed approvato con D.M. 20.11.2000 pertanto, sulla base del potere conferitegli da una norma primaria, la Cassa ha legittimamente adottato un proprio Regolamento attraverso il quale aveva disposto l’esclusione delle disposizioni di cui alla legge 689/1981 l’automatismo delle sanzioni una specifica procedura per l’irrogazione delle stesse l’intrasmissibilità agli eredi della sanzione. La legge 689/1981 non poteva trovare applicazione nel sistema previdenziale forense con particolare riferimento alle irregolarità compiute successivamente all’entrata in vigore del citato Regolamento per la disciplina delle sanzioni adottato dalla Cassa. 2.- Il ricorso è infondato dovendosi dare continuità all’orientamento, oramai consolidato, affermato da questa Corte sentenze numero 18130 del 04/08/2010 numero 13545 del 26/05/2008 20/9/2006 numero 20343 del 24/3/2003 numero 4290 secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria comminata dall’articolo 17, quarto comma, primo periodo della legge numero 576 del 1980, per inottemperanza all’obbligo di comunicazione, alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, dell’ammontare del reddito professionale entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, ha natura amministrativa, che non è venuta meno per effetto della privatizzazione di detta Cassa ai sensi del d.lgs. 30 giugno 1994, numero 509. Ne consegue che essa è soggetta alla prescrizione quinquennale decorrente dal giorno in cui è stata commessa la violazione e non a quella decennale prescritta dall’articolo 19, primo comma, della legge numero 576 del 1980, che si riferisce solo ai contribuenti e ai relativi accessori. 3. In particolare si è rilevato che la giurisprudenza di questa Corte è nel senso dell’applicabilità della nuova disciplina della prescrizione quinquennale di cui alla L. numero 335 del 1995, articolo 3 alle contribuzioni dovute alle casse di previdenza privatizzate dei liberi professionisti Cass., sez., lav., 16 agosto 2001, numero 11140 Cass., sez., lav., 6 novembre 2006, numero 23643 Cass., sez., lav., 15 marzo 2006, numero 5622 Cass., sez., lav., 24 febbraio 2006, numero 4153 Cass., sez., lav., 29 dicembre 2004, numero 24138 Cass., sez., lav. 24 marzo 2005, numero 6340 Cass., sez., lav., 10 dicembre 2004, numero 23 116 Cass., sez., lav., 9 aprile 2003, numero 5522 Cass., sez., lav., 1 luglio 2002. numero 9525 Cass., sez., lav., 27 giugno 2002, numero 9408 12 gennaio 2002, numero 330 . 4. Inoltre, quanto al più specifico profilo delle sanzioni irrogate dalla Cassa, questa Corte ex plurimis Cass., sez. lav., 24 marzo 2003, numero 4290 Cass., sez. lav., 20 settembre 2006. numero 20343 ha anche precisato in proposito che la penalità prevista dalla L. numero 576 del 1980, articolo 17, comma 4, primo periodo, nel testo modificato dalla L. numero 141 del 1991, articolo 9, nel caso di omessa annuale comunicazione del reddito da parte dei professionisti alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense ha natura di sanzione amministrativa pecuniaria. Cfr. Cass., sez. lav., 26 maggio 2008. numero 13545, secondo cui le norme procedimentali di cui alla L. numero 689 del 1981, trovano applicazione anche per l’irrogazione della sanzione amministrativa relativa all’omesso invio della comunicazione reddituale alla Cassa forense, salvo che per quegli aspetti espressamente derogati o espressamente disciplinati in modo diverso da altre norme speciali di pari grado con conseguente irrilevanza di disposizioni regolamentari contrastanti con la normativa primaria . Né la natura amministrativa di tale sanzione - affermata anche dalla giurisprudenza recente di questa Corte - è venuta meno per effetto della privatizzazione della Cassa forense ex D.Lgs. 30 giugno 1994, numero 509 essendo rimasto comunque in capo alla Cassa un potere, previsto dalla legge, di irrogazione di sanzioni per comportamenti degli iscritti in violazione di legge potere al quale corrisponde una situazione di soggezione degli iscritti stessi cfr., per altro verso, Cass., sez. lav., 14 novembre 2001, numero 14191. secondo cui anche dopo la privatizzazione ex D.Lgs. numero 509 del 1994, permane in capo alla Cassa forense il potere di fare ricorso al ruolo esattoriale per la riscossione dei contributi. 5.- Sullo specifico problema - che è quello posto dal ricorso della ricorrente - del termine prescrizionale quinquennale o decennale per l’irrogazione delle sanzioni da parte della Cassa, la sentenza, Cass. sez. lav., 20 settembre 2006, numero 20343 - nel ribadire che ha natura amministrativa la sanzione pecuniaria comminata dalla L. numero 576 del 1980, articolo 17, comma 4, primo periodo, per inottemperanza all’obbligo di comunicazione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense dell’ammontare del reddito professionale entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi - ha precisato che la stessa, come tale, è soggetta alla prescrizione quinquennale, di cui alla L. 24 novembre 1981, numero 689, articolo 28, decorrente dal giorno in cui è stata commessa la violazione. Ciò perché la disciplina generale di cui alla L. 24 novembre 1981, numero 689, cit., articolo 28 - in materia di prescrizione delle sanzioni amministrative pecuniarie - non risulta derogata da disposizione speciale in materia di prescrizione della sanzione amministrativa di cui alla L. 20 settembre 1980, numero 576, articolo 17, comma 4, primo periodo, cit. . Ed infatti ha ritenuto questa Corte - la prescrizione decennale di cui alla L. 20 settembre 1980 numero 576, articolo 19, comma 1, primo periodo, cit. riguardante i contributi dovuti alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense , nonché ogni relativo accessorio e - aggiunge la Corte - sanzione ai sensi della presente legge risulta, come tale, tacitamente abrogata a seguito dell’entrata in vigore alla L. 8 agosto 1995, numero 335, articolo 3, comma 9 e 10, cit. . Nello stesso senso si è successivamente espressa anche Cass., sez. lav., 4 giugno 2008, numero 14779, che - rigettando anche l’eccezione di incostituzionalità - ha ribadito la natura amministrativa della sanzione pecuniaria comminata dalla L. numero 576 del 1980, articolo 17, comma 4, primo periodo, successivamente modificato dalla L. 11 febbraio 1992, numero 141, articolo 9 , con conseguente assoggettamento alla prescrizione quinquennale decorrente dal giorno in cui è stata commessa la violazione. 6. Nessun rilievo è stato attribuito alla normativa regolamentare invocata dalla Cassa atteso che secondo questa Corte sentenza numero 13545/2008 la legge numero 576 del 1980, articolo 19, disposizione speciale, è stata abrogata in parte qua dalla L. numero 335 del 1995, comma 9, dell’articolo 3 posto che il comma 9, lett. a riguarda il Fondo pensioni lavoratori dipendenti e le altre gestioni pensionistiche obbligatorie, mentre la lett. b si riferisce a tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria formulazione questa che è onnicomprensiva anche della contribuzione di tipo pensionistico, quale quella rilevante nella specie e non lascia fuori alcuna forma di previdenza obbligatoria. Pertanto per il solo fatto che la previdenza forense abbia carattere non già facoltativo, ma obbligatorio, come risulta dalla L. 20 settembre 1980, numero 576, articolo 22, secondo cui l’iscrizione alla Cassa è obbligatoria per tutti gli avvocati che esercitano la libera professione con carattere di continuità, trova applicazione l’articolo 3 cit., comma 9, con conseguente abrogazione della citata L. numero 576 del 1980, articolo 19. Del resto questa Corte ha già ritenuto l’applicabilità dell’articolo 3 cit., comma 9, ad altre ipotesi di sistemi previdenziali categoriali geometri e commercialisti Cass. luglio 2002 numero 9525, Cass. 27 giugno 2002 numero 9408 Cass. 12 gennaio 2002 numero 330, Cass. 16 agosto 2001 numero 11140 . 7.- Infine è stata pure esclusa da questa Corte Cass. numero 13545/2008 la eventualità di una questione di costituzionalità atteso che la disciplina delle sanzioni irrogate dalla Cassa, per le argomentazioni sopra svolte, risulta conformata, quanto alla durata del termine prescrizionale quinquennale, quindi , a quella dei contributi ed è la stessa di quella delle sanzioni amministrative in genere. Questa armonizzazione del sistema complessivo appare conforme al principio di eguaglianza. Né per altro verso sono compromesse le esigenze di tutela previdenziale degli iscritti alla Cassa e di solidarietà tra gli stessi - pur sempre sottese al regime delle sanzioni - apparendo non esiguo il termine prescrizionale quinquennale per l’irrogazione delle sanzioni cfr. la giurisprudenza costituzionale secondo cui l’incongruità del termine di prescrizione può ammettersi, ed è rilevante, solo quando esso sia di durata tale da non rendere effettiva la possibilità di esercizio del diritto cui si riferisce e di conseguenza appaia inoperante la tutela del diritto C. cost. numero 1021 del 1988 . 8. Il ricorso va quindi rigettato, con pagamento delle spese del giudizio secondo soccombenza. Sussistono altresì i presupposti per il raddoppio del contributo unificato da parte del ricorrente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessive Euro 1200 di cui Euro 1000 per compensi professionali, oltre al 15 % di spese generali ed oneri accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del Dpr 115 del 2002 da atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis delle stesso articolo 13.