Titolo di erede: illegittimo quando è il risultato di una condotta illecita

Illegittima l’acquisizione del titolo di erede quando risulta dall’attività di circonvenzione di incapace a danno degli eredi legittimi.

Così si pronuncia la Corte di Cassazione con la sentenza numero 23098/19, depositata il 24 maggio. Il caso. La Corte d’Appello di Torino confermava la sentenza emessa dal Tribunale torinese, da cui si evinceva la condanna dell’imputato per il reato di circonvenzione di incapace, avendo egli ottenuto dalla parte offesa la redazione di sette testamenti olografi che lo nominavano erede universale. Avverso tale decisione, propone ricorso per cassazione l’imputato, lamentando l’irrilevanza dei testamenti poiché non avevano effetti immediati sul patrimonio del disponente. Illegittimo il titolo di erede quando è il risultato di una condotta illecita. La Suprema Corte dichiara il ricorso manifestamente infondato per due ragioni. Con la prima, la Corte ribadisce che la fattispecie astratta del reato ha ad oggetto l’approfittamento della deficienza psichica altrui al fine di ottenere atti di disposizione patrimoniale che rechino danno alla vittima o ad altri soggetti, rientrando tra questi anche gli eredi della stessa. Questi ultimi, infatti, soffrirebbero un danno “iure hereditatis”, corrispondente all’impoverimento del patrimonio del defunto, dovuto ad atti di disposizione frutto di una altrui attività di circonvenzione, a causa della quale è stata illegittimamente acquisita la qualità di erede. Con la seconda ragione, invece, stabilisce che non è necessario, al momento dell’accertamento del fatto, che sia stata aperta la successione, poiché, in materia di tutela dei terzi, non c’è bisogno che venga leso un loro diritto attuale, ma «è sufficiente un danno anche solo potenziale e indiretto». Nel caso concreto, la Corte ravvisa un danno nei confronti degli eredi legittimi di un soggetto che ha subito un abuso del proprio stato di deficienza psichica, derivante dall’induzione a testare a favore dell’agente della condotta illegittima. Per questo motivo, i Giudici dichiarano il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 19 dicembre 2018 – 24 maggio 2019, numero 23098 Presidente Cervadoro – Relatore Tutinelli Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza 15 marzo 2017 del Tribunale di Torino, di condanna dell’odierno ricorrente per fattispecie di circonvenzione di incapace consistita nell’approfittare del disturbo da cui era affetta la parte offesa per ottenere denaro e assegni loro, la disponibilità di carta bancomat operante sul conto della parte offesa nonché la redazione di sette distinti testamenti che lo nominavano erede universale. A fondamento della condanna, l’escussione della persona offesa e dell’amministratore di sostegno, gli esiti di consulenza medica. 2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, C.P. , articolando i seguenti motivi. 2.1. Violazione ed erronea applicazione dell’articolo 643 c.p., comma 2, in conseguenza della irrilevanza della redazione dei testamenti olografi. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. 2. La presunta irrilevanza della redazione di testamento olografo viene motivata in conseguenza della insussistenza di effetti immediati sul patrimonio del disponente. Tale prospettazione, tuttavia, risulta essere del tutto infondata. In promo luogo, perché deve considerarsi che la norma incriminatrice sanziona l’approfittamento dell’altrui situazione di deficienza psichica che abbia portato ad atti di disposizione patrimoniale dannosi per la vittima o per altri soggetti. Ciò significa che, nella fattispecie astratta disegnata dalla norma, rientrano anche tutti gli atti che ridondano a danno degli eredi, tanto più che risulta indiscussa – nella maggioritaria giurisprudenza di questa Corte – la rilevanza della redazione di testamento e del conferimento con tale atto della qualità di erede Sez. 2, Sentenza numero 20669 del 17/01/2017 Rv. 269883 – 01 , soprattutto in conseguenza del fatto che – in tal caso – l’erede legittimo si trova ad aver sofferto un danno patrimoniale “iure hereditatis” che corrisponde al depauperamento del patrimonio del “de cuius” conseguente agli atti di disposizione frutto dell’altrui condotta di circonvenzione Sez. 2, Sentenza numero 6054 del 31/01/2012 Rv. 252705 – 01 e alla presenza di una diversa legittimazione in ordine agli atti di conservazione della garanzia patrimoniale connessa alla qualità illegittimamente acquisita dall’agente. In secondo luogo, perché nemmeno può ritenersi necessario che, al momento dell’accertamento del fatto, non vi sia stata apertura della successione posto che, con riguardo alla tutela dei terzi, non è necessario che sia leso un loro diritto attuale ma è sufficiente un danno anche solo potenziale e indiretto. Pertanto, gli eredi legittimi di un soggetto che, per effetto dell’abuso del suo stato d’infermità o deficienza psichica, sia stato indotto a testare a favore dell’agente, debbono ritenersi danneggiati dall’attività illecita di quest’ultimo Sez. 5, Sentenza numero 3119 del 29/11/1979 Rv. 144566 – 01 . 3. Alle suesposte considerazioni consegue l’inammissibilità del ricorso e, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 2.000,00 e alla rifusione delle spese legali sostenute dalla parte civile P.S. che liquida D.M. numero 55 del 2014, ex articolo 12, nella misura di Euro 3.510,00 IVA e CPA. 3.1. Quanto alla determinazione delle spese legali, deve evidenziarsi l’inaccoglibilità della richiesta formulata per conto della parte civile di liquidazione della indennità di trasferta e del rimborso spese, sul presupposto che il difensore instante svolge la professione in modo prevalente non in . La materia è attualmente disciplinata dal D.M. 10 marzo 2014, articolo 15, e l’istanza non è accoglibile, perché l’esercizio della professione di avvocato dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione è consentito ai soli soggetti iscritti nell’apposito albo speciale, e la relativa professione di avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione, che esercita la sua giurisdizione sull’intero territorio della nazione, può svolgersi esclusivamente in Roma, non quindi altrove Sez. 2, Sentenza numero 34722 del 14/05/2014 Rv. 260030 – 01 . 3.2. Il D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52, prevede l’obbligo – in caso di diffusione di sentenza di ogni ordine e grado di omettere le generalità, altri dati identificativi o altri dati anche relativi a terzi dai quali può desumersi anche indirettamente l’identità delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone. Di conseguenza, in caso di diffusione del presente provvedimento, si dovranno omettere le generalità ed gli altri dati identificativi delle parti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile P.S. che liquida in Euro 3.510,00 oltre CPA e IVA. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità ed gli altri dati identificativi della parte offesa e quant’altro valga ad identificarlo, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.