Respinta la tesi difensiva proposta dall’automobilista, sanzionata per eccesso di velocità. Verbale però ancora in bilico il Comune dovrà mettere sul tavolo, nel nuovo processo d’appello, la documentazione relativa ad omologazione e taratura dell’apparecchio.
Inutile la lamentela dell’automobilista per la scarsa visibilità – connessa alla mancanza di luminosità – del segnale che annuncia la presenza dell’autovelox. Valida, di conseguenza, la multa, sempre a patto che siano provate omologazione e taratura dell’apparecchio Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza numero 13630/21, depositata il 19 maggio . Scenario della vicenda è il territorio di un Comune abruzzese. Lì una donna viene sanzionata dalla Polizia municipale per «eccesso di velocità» fatale il dato registrato dall’autovelox. A sorpresa, però, il Giudice di Pace cancella il verbale, sottolineando che «in loco non era stato apposto alcun dispositivo luminoso di segnalazione, o comunque alcun cartello indicante la tipologia di controllo effettuato». Visione opposta, invece, quella dei giudici del Tribunale, i quali danno torto all’automobilista, ritenendo privo di senso il riferimento alla presunta necessità di una segnalazione luminosa dell’autovelox. Identica posizione, sfavorevole all’automobilista, assume la Cassazione, richiamando i paletti stabiliti dal Codice della strada «in tema di segnalazione delle postazioni di rilevamento della velocità» dei veicoli. Secondo la donna, non può bastare «la sola segnaletica» ma serve «una ulteriore, necessaria segnaletica di tipo luminoso». Questa considerazione viene ritenuta risibile dai Giudici, i quali sottolineano che «non risulta da alcuna normativa che la segnaletica di avvertimento del controllo debba essere anche luminescente». Ciò nonostante, però, l’automobilista può ancora sperare di evitare la multa. Ciò perché il Comune dovrà, nel nuovo processo in Tribunale, mettere sul tavolo le prove relative alla «omologazione» e alla «taratura» dell’autovelox per legittimare il verbale redatto dalla Polizia municipale.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 10 dicembre 2020 – 19 maggio 2021, numero 13630 Presidente Di Virgilio – Relatore Oricchio Fatti di causa Z.A. proponeva, innanzi al Giudice di Pace di Pescara, opposizione avverso il verbale di accertamento numero omissis di violazione dell’articolo 142 C.d.S., comma 8, elevato dal Comando della Polizia Municipale del Comune di Spoltore. L’opposizione era resistita dal detto Comune. L’adito Giudice di prime cure, con sentenza numero 907/2014, accoglieva l’opposizione ed annullava l’impugnato verbale sul dirimente presupposto che dalle emergenze processuali risulta va che in loco non era stato apposto alcun dispositivo luminoso di segnalazione e/o comunque alcun cartello indicante la tipologia di controllo effettuato . Il Comune interponeva appello avverso la succitata decisione, della quale chiedeva la riforma. Il gravame era resistito dalla originaria contravvenzionata - opponete, che instava nelle proprie difese ribadendo la già assunta posizione. Il Tribunale di Pescara, in funzione di Giudice di appello, superata questione ex articolo 435 c.p.c., comma 3, di ammissibilità dell’impugnazione, accoglieva - con sentenza numero 1536/2016 - il gravame, rigettava l’opposizione e regolava, secondo soccombenza, le spese del doppio grado del giudizio. Per la cassazione della detta sentenza del Tribunale ricorre innanzi a questa Corte la Z. con atto affidato a sei ordini di motivi e resistito con controricorso dell’intimato Comune. Parte ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo del ricorso si censura, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, il vizio di violazione e falsa applicazione dell’articolo 435 c.p.c., comma 3. La censura svolta col motivo è relativa alla pretesa tardività della notifica del ricorso in appello depositato il 21 gennaio 2015 e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza per il giorno 26 marzo 2015 . Tale notifica, intervenuta l’11 marzo 2015 ovvero 15 giorni prima di tale fissata udienza. Per parte ricorrente, quindi, la presenza di un termine, tra la notifica e l’udienza, inferiore ai 25 giorni previsti come termine dilatorio avrebbe comportato una nullità insanabile del gravame con ogni conseguenza di legge in ordine alla validità dello stesso svolto giudizio di appello. L’impugnata decisione, facendo buon governo delle norme e dei principi giuridici applicabili nella fattispecie, ha correttamente ritenuto che la notifica, così come nella fattispecie svolta, non produce nullità assoluta se la stessa aveva, come nell’ipotesi in giudizio, raggiunto lo scopo con sanante costituzione in giudizio della parte avversa Cass. numero 25684/2015 . Parte ricorrente contesta apoditticamente il ritenuto valore relativo della nullità, ma nulla dice al fine di minare il principio correttamente richiamato. Al riguardo deve evidenziarsi che nel ricorso vi è totale assenza di argomentazioni, sul punto, in diritto. Infatti, parte ricorrente - pur denunciando la violazione o falsa applicazione di legge - non ha svolto, come doveva, specifiche argomentazioni intese a dimostrare come e perché determinate affermazioni in diritto della sentenza impugnata siano in contrasto con norme regolatrici o con specifico orientamento e principio giurisprudenziale cfr., ex plurimis Cass. numero 635/2015 . Pertanto in difetto di ogni opportuna allegazione, ad opera della parte interessata, in relazione ad orientamento giurisprudenziale che possa far ritenere la gravata decisione non conforme a principi enunciati da questa Corte, deve reputarsi che l’impugnata sentenza ha deciso facendo buon governo delle norme e dei principi ermeneutici applicabili nella fattispecie. Il motivo va, quindi, respinto. 2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, il vizio di violazione delle norme del C.d.S. in tema di segnalazione delle postazioni di rilevamento della velocità. La doglianza della parte ricorrente, per come ricostruibile dal tenore del motivo in esame, si risolve nel pretendere – al fine della legittimità della sanzione contestata - l’adempimento di un obbligo di informazione della presenza di postazioni di controllo per il quale non sarebbe stata sufficiente la sola relativa segnaletica pacificamente esistente , ma una ulteriore e necessaria segnaletica di tipo luminoso. Il motivo è del tutto infondato non risultando da alcuna normativa che la segnaletica di avvertimento del controllo debba essere anche luminescente. Deve, pertanto, respingersi il motivo qui esaminato. 3.- Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta la violazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, delle norme di cui all’articolo 2697 c.c. e articolo 115 e 116 c.p.c Il motivo è fondato e, nel senso di seguito specificato, va accolto. Parte ricorrente lamenta una errata applicazione, da parte della sentenza impugnata, dei principi relativi all’onere probatorio. In particolare e per il profilo meritevole di accoglimento viene svolta censura in ordine alla mancata prova - da parte della P.A. procedente - della prova e attestazione della omologazione dell’apparato autovelox a mezzo del quale veniva accertata la contestata violazione al C.d.S Il Tribunale ha, in punto, ritenuto che era onere dell’opponente dimostrare il fatto impeditivo della pretesa sanzionatoria e che alcuna prova sulla circostanza che l’autovelox potesse non essere omologato era stata data dall’odierna parte ricorrente. Tanto comporta una errata applicata applicazione del principio dell’onere della prova con violazione della norma di cui all’articolo 2697 c.c Infatti, come già affermato da Cass. 26 maggio 1999, numero 5095, incombe all’Amministrazione l’onere nella concreta fattispecie non risultante svolto di dimostrare compiutamente là esistenza dei fatti costitutivi dell’illecito . Al riguardi deve raffermarsi il principio secondo cui l’allegazione della omologazione e taratura del sistema di verifica ed accertamento della velocità costituisce indefettibile onere a carico della P.A Nella fattispecie in giudizio, in violazione – anche - di detto principio, si è verificata, prima ancora dell’apprezzamento della prova, una errata applicazione del principio dell’onere della prova attribuito ad una parte diversa da quella che ne era gravata Cass. 16 maggio 2007, numero 11216 . Il motivo è, in tale senso, fondato e va accolto. 4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospettano promiscuamente i vizi, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, di omessa valutazione di un fatto e falsa applicazione di norma di diritto articolo 115 c.p.c. . 5.- Con il quinto motivo si deduce, ex articolo 360, comma 1, numero 3, la violazione degli articolo 82, 91, 92 c.p.c. e D.Lgs. numero 150 del 2011, articolo 7. 6.- Con il sesto motivo si contesta la regolamentazione delle spese sotto il profilo della violazione del D.M. numero 55 del 2014. 7.- I suddetti quarto, quinto e sesto motivo, tenuto conto dell’accoglimento del precedente terzo motivo, possono ritenersi assorbiti. 8.- Il ricorso, stante il predetto accoglimento, deve essere accolto con cassazione dell’impugnata sentenza e rimessione al Giudice del rinvio in dispositivo indicato. P.Q.M. La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso, accoglie il terzo, assorbiti i rimanenti motivi, cassa - in relazione al motivo accolto - l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Pescara in persona di diverso Giudice.