La revoca deve essere sempre motivata

Il rifiuto di revocare la misura cautelare in carcere, o comunque, di sostituirla con la detenzione domiciliare, deve essere motivato.

La Corte di Cassazione, con sentenza numero 28018/2011 del 15 luglio, ha chiarito le materie di competenza del Procuratore Nazionale Antimafia, rispetto al P.G. di Corte d'appello e ha sottolineato che il rifiuto di revocare la misura cautelare in carcere, o comunque, di sostituirla con la detenzione domiciliare, deve essere motivato.La fattispecie. Un uomo, sottoposto alla misura cautelare in carcere per i delitti di rapina ed estorsione articolo 628 e 629 c.p. con l'aggravante del metodo mafioso articolo 7 l. numero 203/1991 , chiede la revoca di tale misura cautelare o la sostituzione con gli arresti domiciliari. Il Tribunale rigetta la richiesta e l'imputato ricorre per cassazione.Procuratore Nazionale Antimafia e Procuratore Generale i pareri non sono equipollenti. Il ricorrente deduce che l'assenza del parere del Procuratore Nazionale Antimafia non è ostativo alla revoca o sostituzione delle misure cautelari personali, essendo sufficiente quello del procuratore Generale presso la Corte d'appello interessata.In realtà, la Suprema Corte evidenzia che non vi è equipollenza o alternatività tra il parere del Procuratore Nazionale Antimafia e il parere dei Procuratori Generali .Ogni procuratore ha la propria conoscenza e competenza. Il PNA deve essere sentito per i reati in materia di criminalità organizzata di tipo mafioso, mentre il P.G. per i reati in materia di criminalità di tipo terroristico eversivo.Ad ogni modo, il rigetto della richiesta di revoca della custodia cautelare in carcere deve essere motivato. La S.C. deve comunque annullare l'ordinanza impugnata con rinvio al giudice di merito per nuovo esame perché vi è, nel caso di specie, mancanza di motivazione in merito all'insussistenza di fatti nuovi, idonei a vincere la preclusione derivante dal giudicato cautelare .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 26 maggio - 15 luglio 2011, numero 28018Presidente Di Virginio - Relatore IppolitoRitenuto in fatto1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale ha rigettato l'appello proposto nell'interesse di S.O. avverso l'ordinanza emessa dalla Corte d'appello di Napoli il 15.2.2011, con cui era stata rigettata l'istanza volta a ottenere - quale soggetto che ha beneficiato della concessione dell'attenuante speciale di cui all'articolo 8 l. numero 203/1991 - la revoca o la sostituzione con gli arresti domiciliari della misura di custodia cautelare in carcere, emessa in relazione al delitto di cui agli articolo 81, 110, 628, commi 1 e 3, e 629 c.p., aggravato dall'articolo 7 l. numero 203/1991 ai danni del caseificio omissis .2. Propone ricorso per cassazione il difensore dello S., il quale deduce - ex articolo 606.1 lett. b , c ed e c.p.p. -violazione degli articolo 274, 275, 299 c.p.p., 16-octies d.l. 15.1.1991, numero 8 convertito con mod. in l. 15 marzo 1991, numero 82 e relativo vizio di motivazione.Considerato in diritto1. Il ricorso va accolto per quanto di ragione.2. Il Tribunale ha rigettato l'appello, ritenendo sia l'inesistenza di fatti nuovi sopravvenuti, idonei a incidere sullo status cautelare dello S. rispetto a negative precedenti decisioni assunte, sia il mancato perfezionamento della specifica fattispecie procedimentale di cui all'articolo 16-octies d.l. 15.1.1991, numero 8 convertito con mod. in l. 15 marzo 1991, numero 82 per assenza del parere del Procuratore Nazionale Antimafia, ritenuto indispensabile ai fini della valutazione sulla revoca o sostituzione delle misure cautelari personali.3. Il ricorrente deduce innanzitutto violazione dell'articolo 16-octies d.l. cit., assumendo che il sussistente parere del Procuratore generale presso la Corte d'appello di Napoli debba ritenersi equipollente di quello del P.N.A., in ragione dell'alternatività posta dalla norma sentiti il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali presso le corti d'appello interessati .4. La censura è priva di fondamento.L'articolo 16-octies d.l. cit., dopo avere precisato che la misura della custodia cautelare non può essere revocata o sostituita con altra misura meno grave per il solo fatto che la persona nei cui confronti è stata disposta tiene o ha tenuto taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni speciali, , prevede che alla revoca o di sostituzione delle misure cautelari si può procedere, soltanto se, nell'ambito degli accertamenti condotti in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, il giudice che procede, sentiti il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali presso le corti d'appello interessati, non ha acquisito elementi dai quali .Il parere è richiesto ai fini del duplice accertamento che il giudice deve compiere la mancata acquisizione di elementi dai quali si desuma l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafiosa o terroristico eversiva e il rispetto degli impegni assunti dal collaboratore a norma dell'articolo 12 della legge.La norma non pone alcuna indistinta equipollenza o alternatività tra il parere del procuratore nazionale antimafia e il parere dei procuratori generali interessanti. Prevede, invece, che sia sentito il procuratore nazionale antimafia per l'imputato di reati in materia di criminalità organizzata di tipo mafioso e che siano sentiti i procuratori generali presso le corti d'appello interessati potendo essere più di uno per l'imputato di reati in materia di criminalità di tipo terroristico eversivo.Così va intesa, secondo una razionale interpretazione letterale e sistematica, la norma posta dall'articolo 16-octies d.l. cit.Sul piano letterale, l'equipollenza implicherebbe che possa essere sentito soltanto il procuratore nazionale antimafia anche in materia di criminalità terroristico-eversiva. Ciò che sarebbe del tutto irrazionale dal momento che il predetto organo non potrebbe fornire alcun elemento conoscitivo in materia estranea alla sua competenza, espressamente disciplinata dall'articolo 371-bis c.p.p., introdotto dall'articolo 7 d.l. 20.11.1991, numero 367, conv. con mod. dalla l. 20.1.1992, numero 8, istitutiva della Direzione Nazionale Antimafia.Sul piano sistematico, l'ultima parte dell'articolo 16-octies, nel richiamare gli impegni assunti del collaboratore a norma dell'articolo 12 l. numero 82/1991, rimanda alle disposizioni generale di questa legge e alle diverse e differenziate competenze delle autorità, che possono fornire, per le conoscenze derivanti dalle attività d'istituto, concreti elementi sulla correlazione tra programma di protezione e impegni assunti.5. Fondatamente, invece, il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione sulla ritenuta insussistenza di fatti nuovi, idonei a vincere la preclusione derivante dal c.d. giudicato cautelare.In proposito l'ordinanza risulta apodittica, risolvendosi nell'affermazione che permangono inalterate le ragioni in diritto e in fatto già poste a base di due analoghe decisioni reiettive emesse da questo Tribunale nei confronti dello S. [ ] ed alle cui motivazioni integralmente ci si riporta .5. L'ordinanza impugnata va annullata con rinvio al giudice di merito per nuovo esame e adeguata motivazione.P.Q.M.La Corte annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli.