Non versare le ritenute previdenziali ed assistenziali, anche se per un importo pari a 1.285 euro e che si riferiscono ad un periodo di soli 2 mesi, configura comunque il reato di omesso versamento.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 37798/13, depositata il 16 settembre scorso. La fattispecie. Un datore di lavoro veniva accusato, e poi assolto dai giudici di merito, per il reato di omesso versamento dei contributi previdenziali art. 2, legge n. 638/1983 . Secondo i giudici, era insussistente l’elemento soggettivo del reato , visto che le ritenute non versate si riferivano ai mesi di settembre e ottobre del 2008 e l’importo omesso era pari solo a 1.285 euro. Insomma, doveva essersi trattato un disguido legato alle modalità con cui avviene la predisposizione del modulo DM/10 relativo al versamento dei contributi ed il pagamento delle ritenute . Tuttavia, non la pensa così la Corte di Cassazione che, al contrario, accoglie il ricorso del procuratore e annulla la sentenza impugnata con rinvio. Importo modesto e periodo breve non contano. Gli Ermellini precisano che l’esiguità del lasso temporale e l’entità delle somme non versate all’ente previdenziale non costituiscono di per sé elementi tali da escludere la volontà di appropriarsi delle somme ritenute sulla retribuzione dei dipendenti a fini contributivi . Nessun disguido da parte del datore di lavoro. Inoltre, si presume che l’imprenditore, in quanto tale, debba essere a conoscenza dei proprio obblighi nei confronti dell’INPS quale datore di lavoro stante anche la diffida inviatagli dallo stesso ente previdenziale.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 dicembre 2012 16 settembre 2013, n. 37798 Presidente Mannino Relatore Savino Ritenuto in fatto e diritto Con sentenza pronunciata in data 4 marzo 2011 il GIP presso il Tribunale di Cagliari, disattendo la richiesta del pubblico ministero di emissione del decreto penale di condanna nei confronti di M.M.I. , ha dichiarava il non doversi procedere nei confronti del medesimo in ordine al reato di cui agli artt. 81 cpv. e 2 co. 1 ed 1 bis L. 638/1983 perché il fatto non costituisce reato. In particolare al M. era stato contestato il suddetto reato in quanto, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in qualità di datore di lavoro e di legale rappresentante della ditta Progerico s.r.l. , aveva omesso di versare all'I.N.P.S. le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni pagate ai lavoratori dipendenti per il periodo compreso tra settembre ed ottobre 2008, per un ammontare complessivo di Euro 1.285,00. Il GIP del Tribunale di Cagliari, nel pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi degli artt. 459 n. 3 e 129 c.p.p. aveva ritenuto insussistente la prova dell'elemento soggettivo del reato in esame in quanto, dato il ristretto lasso di tempo cui l'inadempienza si riferisce ed il modesto importo delle somme non versate, era poco plausibile e non dimostrata la volontà del M. di appropriarsi indebitamente della somma ritenuta e non versata. A detta del giudice di prime cure l'omissione, doveva piuttosto attribuirsi ad un disguido legato alle modalità con cui avviene la predisposizione del modulo DM/10 relativo al versamento dei contributi ed il pagamento delle ritenute si tratta di modalità che possono ingenerare equivoci circa l'effettiva debenza delle somme de quo. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Cagliari lamentando la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza laddove esclude la consapevolezza di commettere un'appropriazione indebita e quindi la sussistenza del reato contestato al M. sulla base dell'esiguità delle somme non versate e del ristretto periodo di tempo cui si riferisce l'omissione. Il ricorso appare fondato e deve essere accolto. In primo luogo, infatti, la esiguità del lasso temporale cui si riferisce l'omesso versamento e la entità, più o meno cospicua, delle somme non corrisposte all'ente previdenziale non costituiscono di per sé elementi tali da escludere la volontà di appropriarsi delle somme ritenute sulla retribuzione dei dipendenti a fini contributivi. In secondo luogo giova ricordare che proprio la qualifica di imprenditore rivestita dall'odierno imputato porta a ritenere che egli fosse a conoscenza dei propri obblighi nei confronti dell'INPS quale datore di lavoro stante anche la diffida inviatigli dallo stesso ente previdenziale. Infine l'impugnata sentenza fa riferimento a non meglio precisati disguidi in cui il M. sarebbe incorso e che gli avrebbero impedito il versamento delle somme relative alle ritenute previdenziali ed assistenziali. Orbene il giudice di prime cure richiama in maniera generica tali disguidi e non spiega da quali elementi ha ricavato l'esistenza di tale situazione né risultano agli atti situazioni di disagio economico dell'imputato che, comunque, secondo l'orientamento di questa stessa Corte non servirebbero ad escludere la responsabilità dell'imputato per l'indebita appropriazione delle somme relative alla contribuzione assistenziale e previdenziale Cass., Sez. 3, 33945/2001 . Di conseguenza la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Cagliari. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Cagliari.