Credito del lavoratore per differenze retributive al lordo delle ritenute fiscali

L’accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo sia delle ritenute fiscali, sia di quella parte delle ritenute previdenziali gravanti sul lavoratore.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 21010, depositata il 13 settembre 2013. Il caso. Un lavoratore aveva notificato atto di precetto a una Banca, di cui era creditore in forza di sentenza del Giudice del Lavoro. La Banca aveva proposto opposizione all’esecuzione al Tribunale, che l’aveva rigettata, ritenendo improponibile la pretesa dell’opponente di effettuare la ritenuta fiscale prima che le somme pignorate venissero assegnate, in quanto in sede di opposizione all’esecuzione potevano essere dedotti esclusivamente fatti successivi alla formazione del titolo giudiziale. In appello – in parziale riforma della decisione impugnata -, i giudici avevano affermato che poiché la sentenza di condanna al pagamento delle retribuzioni deve determinare le somme dovute al lordo delle ritenute fiscali, il diritto del lavoratore di porla in esecuzione, specularmente, ha per oggetto le somme esattamente in essa determinate, trasferendosi in capo allo stesso lavoratore l’obbligo di corrispondere all’Erario gli importi dovuti per ritenute fiscali. La Banca ha proposto ricorso in Cassazione, deducendo violazione di legge e dichiarando che il datore di lavoro quando eroga la retribuzione è sostituto d’imposta e, quindi, è tenuto a prelevare, come ritenuta alla fonte, una determinata percentuale a titolo di Irpef e a versarla all’amministrazione finanziaria. Per la Suprema Corte il motivo è infondato. Quando il datore può procedere alle ritenute Infatti, secondo gli Ermellini, al datore di lavoro è consentito procedere alle ritenute previdenziali a carico del lavoratore solo nel caso di tempestivo pagamento del relativo contributo. Per quanto concerne, invece, le ritenute fiscali, esse non possono essere detratte dal debito per differenze retributive, giacché la determinazione di essa attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello tributario tra contribuente ed erario, e dovranno essere pagate dal lavoratore soltanto dopo che il lavoratore abbia effettivamente percepito il pagamento delle differenze retributive dovutegli. Siccome l’impugnata sentenza si è conformata a tali principi, il S.C. ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 26 giugno – 13 settembre 2013, numero 21010 Presidente Roselli – Relatore Fernandes Fatto M.E. notificava atto di precetto alla Banca Antonveneta s.p.a., di cui era creditore in forza di sentenza numero 3/2003 del Giudice del Lavoro di Trapani, e, quindi, sottoponeva a pignoramento numero 11 assegni circolari tratti sulla Banca Antoniana Popolare Veneta per complessivi Euro 500.635,37 ed intestati a Poste Italiane s.p.a Banca Antonveneta proponeva opposizione all'esecuzione innanzi al Tribunale di Trapani che la rigettava ritenendo improponibile la pretesa dell'opponente di effettuare la ritenuta fiscale prima che le somme pignorate venissero assegnate in quanto in sede di opposizione all'esecuzione potevano essere dedotti esclusivamente fatti successivi alla formazione del titolo giudiziale generica la contestazione relativa all'ammontare degli interessi legali. La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 20.5.2010, accoglieva parzialmente il gravame interposto da Banca Antonveneta s.p.a. e, riformando in parte la decisione impugnata, che confermava nel resto, dichiarava nullo l'atto di pignoramento per la somma vincolata a titolo di interessi legali eccedente l'importo di Euro 15.917,31 e spettante per il periodo 1 marzo 2001 - 31 dicembre 2005. Ad avviso della Corte, per quello che qui interessa, poiché la sentenza di condanna al pagamento delle retribuzioni deve determinare le somme dovute al lordo delle ritenute fiscali, il diritto del lavoratore di porta in esecuzione, specularmente, ha per oggetto le somme esattamente in essa determinate, trasferendosi in capo allo stesso lavoratore l'obbligo di corrispondere all'Erario gli importi dovuti per ritenute fiscali. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. già Banca Antonveneta s.p.a. affidato ad un unico motivo. Il M. è rimasto intimato. Diritto Con l'unico motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 23, commi 1 e 29, del DPR numero 600/1973, 21, comma 15, L. 27 dicembre 1997 numero 449, nonché omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si assume che il datore di lavoro quando eroga la retribuzione è sostituto d'imposta e, quindi, è tenuto a prelevare, come ritenuta alla fonte, una determinata percentuale a titolo di Irpef Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche ed a versarla all'amministrazione finanziaria. Viene, altresì, evidenziato che la decisione della Corte di merito era fondata su un orientamento di questa Corte datato, anteriore alla entrata in vigore della legge numero 449/1997 cit. che all'art. 21 comma 15 espressamente stabilisce Le disposizioni in materia di ritenute alla fonte devono intendersi applicabili anche nel caso in cui il pagamento sia eseguito mediante pignoramento anche presso terzi in base ad ordinanza di assegnazione, qualora il credito sia riferito a somme per le quali, ai sensi delle predette disposizioni, deve essere operata una ritenuta alla fonte . Analogamente, l'obbligo di applicare il prelievo contributivo grava sul datore di lavoro il quale provvede in sede di conteggio delle competenze trattenendo la quota di contribuzione a carico del dipendente. Si osserva, inoltre, con riferimento al dedotto vizio di motivazione, che l'impugnata sentenza sulla menzionata norma di cui all'art. 21 comma 5 citato non aveva detto alcunché. Il motivo è infondato. Questa Corte ha, anche di recente, affermato il principio secondo cui l'accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo sia delle ritenute fiscali, sia di quella parte delle ritenute previdenziali gravanti sul lavoratore. Ed infatti, quanto a queste ultime, al datore di lavoro è consentito procedere alle ritenute previdenziali a carico del lavoratore solo nel caso di tempestivo pagamento del relativo contributo ai sensi dell'art. 19 della legge 4 aprile 1952, numero 218 per quanto concerne, invece, le ritenute fiscali, esse non possono essere detratte dal debito per differenze retributive, giacché la determinazione di esse attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello tributario tra contribuente ed erario, e dovranno essere pagate dal lavoratore soltanto dopo che il lavoratore abbia effettivamente percepito il pagamento delle differenze retributive dovutegli. In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione con la quale, in accoglimento dell'opposizione all'esecuzione proposta dal datore di lavoro condannato al pagamento di differenze retributive, il giudice di merito aveva escluso dal credito precettato l'importo delle ritenute fiscali e previdenziali Cass. numero 19790 del 28/09/2011, da ultimo sulla stessa linea cfr. Cass. numero 3525 del 13/02/2013 . In motivazione, si precisa che, quanto alle ritenute fiscali, il meccanismo di queste inerisce ad un momento successivo a quello dell'accertamento e della liquidazione delle spettanze retributive e si pone in relazione al distinto rapporto d'imposta, sul quale il giudice chiamato all'accertamento ed alla liquidazione predetti non ha il potere d'interferire Cass. 7 luglio 2008, numero 18584 Cass. 11 febbraio 2011, numero 3375 del resto, il lavoratore le vedrà assoggettate, secondo il criterio c.d. di cassa e non di competenza, a tassazione soltanto una volta che le avrà percepite, facultato oltretutto a scegliere modalità di applicazione di aliquote più favorevoli in rapporto al carattere eccezionale della fonte di reddito nel caso concreto. L'impugnata sentenza si è conformata a tali principi, peraltro ribaditi da questa Corte anche successivamente alla entrata in vigore del richiamato art. 31 comma 15 della L. numero 449/1997. Il ricorso va, dunque, rigettato. Non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio non avendo parte resistente svolto alcuna attività difensiva. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso, nulla per le spese.