Stop all'uso del camino se il comignolo non supera gli edifici vicini

di Antimo Di Geronimo

di Antimo Di GeronimoL'altezza del fumaiolo del camino dell'abitazione privata deve superare in altezza non solo la copertura dell'edificio dove si trova l'appartamento in cui è ubicato, ma anche quelle dei fabbricati adiacenti. Ciò per evitare di arrecare incomodo ai vicini esposti all'emissioni del focolare. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza numero 5474, depositata il 5 ottobre scorso. L'antefatto. Il caso riguardava un privato, proprietario di un appartamento sito nella Capitale a due passi da Villa Borghese, che dopo avere chiesto l'intervento della Usl, a causa del cattivo funzionamento del camino di casa, si era visto inibirne l'uso perché la canna fumaria non era a norma. Di qui i lavori di adeguamento, che venivano effettuati dopo il decorso del termine di 30 giorni dal deposito della D.I.A. al Comune di Roma, al termine dei quali faceva seguito un ulteriore divieto d'uso adottato dalla Usl Roma/A. Il proprietario dell'appartamento, dunque, si risolveva ad adire il Tar, ricavando la prima sconfitta, procedendo subito dopo ad impugnare la sentenza davanti al Consiglio di Stato. Ma anche questa volta il responso è stato a lui sfavorevole.Il comignolo deve essere alto abbastanza da non arrecare danno ai vicini con le emissioni. Il collegio ha motivato la decisione facendo presente che la sentenza di primo grado aveva correttamente accertato l'oggettiva situazione fattuale e cioè che la canna - proprio in ragione della particolare architettura del fabbricato - non supera il colmo dell'edificio, come emerge chiaramente dalla documentazione fotografica, ponendosi, [ .] conseguentemente, a distanza inferiore a quanto disposto, dalle aperture e finestre prospicienti . In concreto è stata data quindi applicazione all'articolo 64 del Regolamento di Igiene del Comune di Roma, approvato con deliberazione numero 7.395 del 12.11.1932 secondo il quale Nella città e nei centri abitati i fumaioli dovranno essere elevati al di sopra del fabbricato e, ove questo sia più basso di quelli contigui, prolungati sino ad una altezza sufficiente per evitare danno o incomodo ai vicini .La canna fumaria deve superare i tetti dei palazzi adiacenti. Secondo il Consiglio di Stato, la ratio di tale norma è quella di evitare che le canne fumarie provochino immissioni nocive o comunque disturbo a terzi e pertanto, laddove per la peculiare configurazione architettonica a scaloni, lo stabile abbia due o più piani di copertura di diverso livello, le canne fumarie devono innalzarsi oltre l'ultimo piano al fine di evitare immissioni nocive a terzi. Nel caso oggetto della decisione, peraltro, la sezione ha accertato che il comignolo dell'appellante, pur elevandosi oltre il piano in cui è ubicato l'appartamento di sua pertinenza, ha però sbocco proprio all'altezza del terrazzo dell'appartamento sito al piano superiore, determinando quindi la concreta possibilità di immissioni nocive nell'appartamento medesimo.Di qui la declaratoria di ininfluenza e strumentalità dei rilievi contenuti nel ricorso in appello, dal momento che il provvedimento impugnato, secondo il collegio, si è basato sull'esatto rilievo che la canna fumaria non supera il colmo dell'edificio.E dunque, il Consiglio di Stato ha stabilito che il provvedimento di inibizione appare giustificato dalla necessità di adeguamento a tutela delle disposizioni igieniche sanitarie vigenti ed idoneamente motivato, a seguito della attività di verifica operata dall'amministrazione e dell'apporto partecipativo dell'interessato.Il provvedimento inibitorio è legittimo se documentato e partecipato. I giudici di Palazzo Spada hanno anche ritenuto infondate le censure addotte dall'appellante relative ad una asserita carenza di attività istruttoria della Usl che, invece, come accertato dall'esame della documentazione depositata, ha effettuato sopralluoghi acquisendo due relazioni redatte da un tecnico di fiducia dell'appellante assicurando al medesimo la partecipazione al procedimento.Di qui il rigetto dell'appello, seppure con la compensazione delle spese.