Ufficiale giudiziario e certificazioni: pubblica amministrazione o amministrazione della giustizia?

Il Ministero della Giustizia con la nota di risposta del 16 maggio 2012 interviene nella querelle che si è creata subito dopo le novità introdotte dall’articolo 15 della legge 12 novembre 2011, numero 183 in materia di autocertificazioni. Come si ricorderà quella legge era intervenuta ancora una volta sul tema delle certificazioni prevedendo che «le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati. Nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47».

Chiunque si sia recato dopo l’approvazione di quella legge in un ufficio pubblico per chiedere una certificazione avrà avuto modo di constatare che l’amministrazione immediatamente rappresentava che da quel momento nessuna pubblica amministrazione avrebbe più potuto chiedere certificati corretto e che, quindi, tutti i certificati sarebbero stati rilasciati in bollo aspetto questo, invece, più controvertibile nella sua assolutezza . Ufficiale giudiziario pubblica amministrazione o amministrazione della giustizia? Ma la domanda più ‘complessa’ era quella relativa a sapere se il divieto di chiedere certificazioni doveva essere considerato come operante anche nei confronti dell’Ufficiale giudiziario oppure no. Ecco allora che la domanda che potrebbe apparire un sottile gioco di parole essendo la giustizia parte della pubblica amministrazione è quella se l’ufficiale giudiziario sia una pubblica amministrazione ai fini del d.P.R. numero 445/2000 oppure appartiene all’amministrazione della giustizia ed abbia quindi almeno in parte uno status particolare rimanendo facoltizzata a chiedere l’esibizione di certificati ai privati che chiedono, ad esempio, una notificazione. Peraltro, il quesito venne formalizzato dall’UNEP della Corte di appello di Torino e oggi il Ministero con la nota in esame ritiene di dare risposta negativa il divieto di chiedere certificazioni ai privati non si applica agli Ufficiali giudiziari. Ne deriva la possibilità per gli ufficiali giudiziari di «continuare a chiedere all’utenza le certificazioni di residenze relative ai destinatari degli atti di notifica o di esecuzione, ai fini della notifica ex articolo 143 c.p.c., o quelle di cancellazione o irreperibilità». Gli ufficiali giudiziari svolgono attività processuale. Ed infatti – osserva il Ministero di Via Arenula – «gli ufficiali giudiziari ed i funzionari UNEP svolgono attività propedeutica a quella giudiziaria nonché di esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità giudiziaria, attività entrambe regolate dalle norme dei codici di procedura civile e penale». Ecco che risulta confermata la tradizionale linea interpretativa assunta dalla varie circolari ministeriali vedile richiamate nell’intervento di Caglioti, Istituti di semplificazione applicabili anche agli uffici giudiziari ecco come fondata sull’attività - giurisdizionale o no - attribuita dalla legge agli uffici giudiziari. Peraltro, la decertificazione «non si riferisce agli atti e ai documenti che devono essere presentati all’Autorità giudiziaria nell’ambito dei procedimenti giurisdizionali ad essa devoluti, che soggiacciono alle regole probatorie stabilite da codici e leggi speciali». Del resto – conclude il Ministero - nell’ambito del processo civile, caratterizzato dall’onere della prova non potrebbe essere consentito alla parte di produrre un’autocertificazione «considerato che la parte non può derivare elementi di prova a proprio favore, ai fini del soddisfacimento dell’onere di cui all’articolo 2697 c.c., da proprie dichiarazioni». Quest’ultima considerazione, tuttavia, non mi sembra cogliere pienamente nel segno del problema e, da sola, non sarebbe certamente idonea a fondare un’ipotetica ratio dell’esclusione dell’Ufficiale giudiziario dall’applicazione della norma sulla certificazione. Ed infatti, a me sembra che il problema anzi i problemi sono altri . Ebbene, se il richiedente la notificazione dovesse indicare come residenza un indirizzo non corrispondente alla realtà al solo scopo magari di ottenere la notificazione ex articolo 143 è vero che otterrebbe un effetto a lui favorevole e, cioè, la notificazione ammesso che possa essere qualificata come effetto favorevole . E’ vero anche che quella notificazione sarebbe idonea a far decorrere i termini per l’opposizione a un decreto ingiuntivo che potrebbe, così, divenire esecutivo per mancata opposizione nei termini. Tuttavia, quel risultato sarebbe apparente essendo nulla quando non addirittura inesistente la notificazione e i danni quelli che potremmo chiamare effetti collaterali dovrebbero essere completamente posti a carico di chi ha reso una dichiarazione falsa. Non viene, a mio avviso, in questa fase un problema di onere probatorio come potrebbe avvenire nel successivo processo dove la questione sarebbe comunque esaminata funditus . Del resto, non è che la certificazione sia il mezzo per ottenere la certezza delle notificazioni dal momento che rappresentano pur sempre una presunzione di corrispondenza con la realtà. Più che problema di prova meglio sarebbe, forse, parlare di un principio di auto responsabilità del richiedente? Ma anche così rimarrebbe l’ultimo dubbio che, in realtà avrebbe dovuto essere il primo è pur vero che astrattamente il soggetto potrebbe al limite auto-certificare uno stato, qualità di un terzo nel nostro caso l’indirizzo del destinatario della notificazione dal momento che il secondo comma dell’articolo 46, d.P.R. numero 445/2000 prevede che «la dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza». Tuttavia, non mi sembra questo il campo della ‘auto’ certificazione che di ‘auto’ ha poco anche perché, pur a volerla ammettere, io personalmente, per sicurezza dal momento che dalla falsa dichiarazione deriva responsabilità oltre all’interrogazione della banca dati nel nostro caso anagrafe chiederei comunque il certificato alla pubblica amministrazione allo scopo di avere una prova di essermi ben comportato!

PP_CIV_autocertificazione_valerini