Pistola e moneta virtuale: il rinnovo del porto d’armi deve essere vagliato in concreto

Il rinnovo del porto d'armi per la difesa personale non può venire meno causa il fatto che le transazioni, oggi, si possono fare con modalità telematica.

La difesa personale. Il Prefetto nega il rinnovo del porto d'armi all' amministratore unico di una società, per il cui conto l'appellante esercita funzioni di portavalori, compie viaggi in tutta Italia spesso in Sicilia, Campania e Puglia , effettua personalmente i versamenti ed i prelievi di denaro contante ed altri valori presso la società, risultando quindi esposto al rischio di subire atti intimidatori e rapine. Per tali motivi, per circa 30 anni ha formulato al Prefetto di Trieste l’istanza di rilascio della licenza di porto di pistola per difesa personale, licenza questa che gli è stata regolarmente rilasciata ed ininterrottamente rinnovata fino al 2005. Ma tutto cambia nel 2006, allorquando il rinnovo gli viene negato in forza del parere negativo espresso dal Questore in considerazione della pendenza, a quella data, di un procedimento penale a carico dell’interessato per il quale, peraltro, è stato successivamente dichiarato il non luogo a procedere. Discrezionalità motivata e buona condotta. L’articolo 42 T.U.L.P.S. rimette alla valutazione dell’autorità di pubblica sicurezza la «facoltà» di rilasciare licenza di porto d’armi, con validità annuale, sul presupposto del «dimostrato bisogno», mentre il successivo articolo 43, definendo i presupposti per il rilascio della suddetta licenza, delinea talune ipotesi in cui è fatto divieto di concedere «licenza di portare armi». Ma in tutti i detti casi v. lett. a, b e c articolo 43 la legge si richiama alla intervenuta «condanna» del soggetto richiedente a particolari tipi o categorie di reati, perfettamente individuati, cui, in certo senso, viene ricollegata una presunzione assoluta di «cattiva condotta». Peraltro, anche in tema di «licenza di porto d’armi», trova applicazione l’articolo 11 T.U., in quanto espressamente richiamato dall’articolo 43 Cons. St., VI, numero 1925/2010 ed, in particolare, il suo terzo comma, il quale prescrive la revoca dell’autorizzazione anche nel caso in cui il titolare perda i requisiti previsti dalla legge ovvero sopravvengano circostanze che ne avrebbero «imposto o consentito il diniego». Valutazioni specifiche ed esaurienti . Il Collegio, relativamente alla problematica posta, osserva che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, l’istanza volta ad ottenere il rilascio di licenza di porto d’armi per difesa personale deve essere vagliata non già in astratto, ma in concreto, alla luce di un complessivo giudizio connotato da lata discrezionalità che si sostanzia nell’espressione di una valutazione sintetica in ordine al possesso, nel richiedente, del requisito dell’affidabilità desunto dalla sua condotta globalmente considerata Cons. St., VI, numero 6568/2010 . Tuttavia, l'elevata discrezionalità di cui è titolare l’Amministrazione deve essere esercitata secondo i principi di trasparenza dell’azione amministrativa e di legittimo affidamento del privato nei confronti di essa, senza che ciò possa trasmodare in irrazionalità manifesta Cons. St., numero 3427/2006 . Va da sé che il potere discrezionale può essere esercitato anche in senso difforme all’istanza dell’interessato nel caso in cui l’Amministrazione non reputi necessario concedere al richiedente il porto di arma. E la medesima valutazione l’amministrazione potrà fare nell’ipotesi in cui il ricorrente abbia richiesto il rinnovo della licenza. In tale ultima ipotesi, infatti, la P.A. procedente non potrà esimersi dall’indicare, nella motivazione dell’eventuale atto di diniego, il mutamento delle circostanze, di fatto e soggettive, che l’avevano già indotta a rilasciare, negli anni antecedenti, il suddetto titolo Cons. St., sez VI, numero 2450/2008 . In sostanza, la Sezione è dell’avviso che, nel caso concreto, la fattispecie è connotata da circostanze che avrebbero dovuto indurre l’amministrazione a motivare in modo più esauriente il diniego del rinnovo di porto di arma impugnato in primo grado. Qualcosa è cambiato? Il Prefetto ha un potere ampiamente discrezionale nel valutare con il massimo rigore qualsiasi circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di divieto o di revoca della detenzione dell’arma in quanto la misura restrittiva persegue la finalità di prevenire la commissione di reati e, in generale, di fatti lesivi della pubblica sicurezza, con la conseguenza che il detentore deve essere persona esente da mende o da indizi negativi è altrettanto vero, però, che può fare ciò solo sulla base di una istruttoria esaustiva e di una motivazione congrua e coerente che tenga conto dei presupposti che avevano dato luogo al precedente rilascio, evidenziando quale sia il cambiamento intervenuto rispetto alle circostanze di fatto che l’avevano già indotto a rilasciare il suddetto titolo, soprattutto in ipotesi in cui, come nel caso di specie, il rinnovo era stato accordato per molti anni. Il Prefetto di Trieste, invece, non ha chiarito le eventuali novità negative – qualora sussistenti – rispetto al passato, che avrebbero indotto l’Ufficio Territoriale del Governo a respingere l’istanza. E difetta dunque la motivazione per non aver adeguatamente considerato che si trattava di un rinnovo di porto d’arma ottenuto per ben 30 anni in ordine al quale il relativo diniego non doveva limitarsi alla generica valutazione circa l’insussistenza delle condizioni che giustificano di andare armato Cons. St., Sez. IV, numero 6980/2000 , dovendo piuttosto essere sorretto dall’indicazione di specifiche ragioni che dichiarassero quale mutamento di situazione aveva determinato il modificato orientamento del Prefetto procedente. In altri termini, secondo il Collegio, occorreva esternare le ragioni per le quali al 31° anno l’interessato non era più idoneo alla detenzione e ciò anche in ragione del fatto che il procedimento penale a carico dell’appellante, risultava essersi concluso in modo favorevole all’appellante stesso procedimento per il quale era stato dichiarato il non luogo a procedere .

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 4 maggio – 14 giugno 2012, numero 3527 Presidente Botto – Relatore Neri Fatto Con ricorso proposto innanzi al TAR Friuli Venezia Giulia, Francesco Prioglio, amministratore unico della Duke Grandi Marche S.p.a., impugnava il provvedimento di diniego del rinnovo della licenza di porto d’arma per difesa personale. L’adito TAR, con la sentenza in epigrafe specificata, respingeva il gravame anzidetto reputava, nella sostanza, sufficientemente e logicamente motivato l’impugnato provvedimento di diniego. L’interessato proponeva appello. Resisteva l’Amministrazione. All’udienza del 4 maggio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione. Diritto 1. Dagli atti risulta, come in premessa riferito, che l’appellante è amministratore unico nonché socio di maggioranza della Duke Grandi Marche s.p.a., per il cui conto esercita funzioni di portavalori, compie viaggi in tutta Italia spesso in Sicilia, Campania e Puglia , effettua personalmente i versamenti ed i prelievi di denaro contante ed altri valori presso la società, risultando quindi esposto al rischio di subire atti intimidatori e rapine. Per tali motivi l’odierno ricorrente per circa 30 anni ha formulato al Prefetto di Trieste l’istanza di rilascio della licenza di porto di pistola per difesa personale, licenza questa che gli è stata regolarmente rilasciata ed ininterrottamente rinnovata fino al 2005. Sicché il Prioglio, con istanza del 30.01.2006, ha chiesto il rinnovo del porto d’arma per difesa personale giustificandone la necessità col fatto che maneggia quotidianamente quantitativi elevati di valori in contanti. Il Questore ha emesso parere negativo il 26.02.2006 sulla considerazione della pendenza, a quella data, del procedimento penale a carico dell’istante numero 4685/04 procedimento per il quale è stato dichiarato il non luogo a procedere, così come dimostrato da parte appellante che ha prodotto il provvedimento del G.U.P. di Trieste numero 257/06 . L’amministrazione procedente, ritenendo insussistenti le condizioni per il rinnovo, ha inviato all’interessato il preavviso ex articolo 10 bis Legge 241/1990, al quale ha fatto seguito una memoria dell’odierno appellante. L’istanza di rinnovo è stata dunque respinta dal Prefetto di Trieste col provvedimento impugnato in primo grado. 2. L’odierno ricorrente ha affidato l’appello a due motivi di gravame. Con il primo motivo l’appellante ha dedotto l’illogicità della motivazione, la sua irragionevolezza e la lacunosità. Ha lamentato, infatti, che il TAR ha passivamente riportato le conclusioni cui era pervenuto il Prefetto nel suo decreto di rigetto della richiesta di rinnovo di porto d’armi omettendo di motivare, in maniera congrua e puntuale, le ragioni di tale diniego che si sarebbero dovute sostanziare in un mutamento dello status quo ante che aveva permesso, durante i 30 anni precedenti, di concedere e di volta in volta rinnovare il suddetto titolo. Nello specifico, parte appellante ha denunziato come l’Amministrazione non avrebbe preso correttamente in considerazione i presupposti che avevano in precedenza comportato il rilascio dell’autorizzazione al porto d’armi ed i suoi successivi rinnovi, né avrebbe dato debitamente ragione di un eventuale cambiamento delle circostanze di fatto o delle mutate ragioni di interesse pubblico che avrebbero giustificato il diniego di rinnovo. Il tutto rafforzato dal fatto che il suo comportamento, rispetto al maneggio dell’arma, era sempre stato ineccepibile. Inoltre, le esigenze di difesa personale non sarebbero mutate, essendo rimasti invariati i compiti e le responsabilità in capo allo stesso. Parte interessata ha dedotto, altresì, l’irragionevolezza della motivazione del provvedimento di diniego nella parte in cui indica che i rischi fatti presente dal ricorrente possono essere neutralizzati sostituendo l’uso del contante con il ricorso a sistemi di pagamento tramite titoli di credito o transazioni elettroniche, nonché utilizzando sorveglianze professionali, non potendo ingerirsi l’amministrazione nelle valutazioni economiche e sulle scelte operative e gestionali dell’impresa. Ha assunto, ancora, che non erano venute meno le ragioni di difesa personale che avevano reso necessario il rilascio del porto d’armi, ovverosia il frequente trasporto e maneggio di denaro connesso alle funzioni svolte presso la Duke Grandi Marche S.p.a., anche in relazione ad alcune rapine subite. L’interessato ha rilevato che non è dato comprendere, pertanto, come, in assenza di mutati presupposti e requisiti soggettivi, l’amministrazione abbia successivamente ritenuto di procedere in modo differenziato, respingendo l’istanza. Sempre per l’appellante, la giurisprudenza di questo Consiglio cfr. Cons. St. 27.7.2007, numero 4169 , richiamata nell’atto di appello, d’altronde imporrebbe all’amministrazione procedente un obbligo motivazionale nel caso di rivalutazione degli interessi, pubblici e privati, implicanti il diniego del rinnovo di porto d’armi da cui possano desumersi le ragioni di una diversa soluzione. A ciò si aggiunga che la motivazione deve essere più rigorosa quando la stessa amministrazione abbia espresso un giudizio positivo di affidabilità reiterata negli anni. E, se è certamente vero che le valutazioni ripetute nel tempo possono essere oggetto di ripensamento, non è altrettanto revocabile in dubbio che di detto ripensamento l’amministrazione deve dar conto esponendo in maniera chiara le ragioni del nuovo giudizio contrastante con quello precedentemente elaborato. Qualora non siano variati i fatti e le condizioni che hanno costituito i presupposti delle precedenti determinazioni dell’amministrazione procedente, è quest’ultima che deve fornire la prova rigorosa del differente interesse pubblico nel rispetto del principio di coerenza dell’agire dell’amministrazione, nonché del principio di legittimo affidamento del privato cittadino nei confronti di esso in tal senso, cfr. numero 4169/2007 cit. . Con il secondo motivo è stato lamentato anche il difetto di istruttoria per non aver il giudice di prime cure dichiarato l’illegittimità del decreto prefettizio la cui parte motiva si riduce, a fronte di una doverosa disamina circa la complessiva situazione soggettiva dell’istante, ad un sintetico giudizio di non strumentalità dell’arma al soddisfacimento di concrete esigenze di difesa. 3. Come è noto l’articolo 42 del T.U.L.P.S. rimette alla valutazione dell’autorità di pubblica sicurezza la “facoltà” di rilasciare licenza di porto d’armi, con validità annuale, sul presupposto del “dimostrato bisogno”, mentre il successivo articolo 43, definendo i presupposti per il rilascio della suddetta licenza, delinea talune ipotesi in cui è fatto divieto di concedere “licenza di portare armi” tralasciando quanto stabilito al comma secondo del predetto articolo, in tutti i detti casi v. lett. a, b e c articolo 43 la legge si richiama alla intervenuta “condanna” del soggetto richiedente a particolari tipi o categorie di reati, perfettamente individuati, cui, in certo senso, viene ricollegata una presunzione assoluta di “cattiva condotta”. Peraltro, anche in tema di “licenza di porto d’armi”, trova applicazione l’articolo 11 del T.U., in quanto espressamente richiamato dall’articolo 43 Cons. St., VI, 6 aprile 2010 numero 1925 ed, in particolare, il suo terzo comma, il quale prescrive la revoca dell’autorizzazione anche nel caso in cui il titolare perda i requisiti previsti dalla legge ovvero sopravvengano circostanze che ne avrebbero “imposto o consentito il diniego”. 3.1. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, l’istanza volta ad ottenere il rilascio di licenza di porto d’armi per difesa personale deve essere vagliata non già in astratto, ma in concreto, alla luce di un complessivo giudizio connotato da lata discrezionalità che si sostanzia nell’espressione di una valutazione sintetica in ordine al possesso, nel richiedente, del requisito dell’affidabilità desunto dalla sua condotta globalmente considerata cfr. Cons. St., VI, 13 settembre 2010 numero 6568 . L’elevata discrezionalità di cui è titolare l’Amministrazione, però, deve essere esercitata secondo i principi di trasparenza dell’azione amministrativa e di legittimo affidamento del privato nei confronti di essa, senza che ciò possa trasmodare in irrazionalità manifesta Cons. St., 7 giugno 2006 numero 3427 . Va da sé che il potere discrezionale può essere esercitato anche in senso difforme all’istanza dell’interessato nel caso in cui l’Amministrazione non reputi necessario concedere al richiedente il porto di arma. E la medesima valutazione l’amministrazione potrà fare nell’ipotesi in cui il ricorrente abbia richiesto il rinnovo della licenza in tale ultima ipotesi, però, la P.A. procedente non potrà esimersi dall’indicare, nella motivazione dell’eventuale atto di diniego, il mutamento delle circostanze, di fatto e soggettive, che l’avevano già indotta a rilasciare, negli anni antecedenti, il suddetto titolo cfr. Cons. St., sez VI, 22 maggio 2008 numero 2450 . 4. Tutto ciò premesso, la Sezione è dell’avviso che la fattispecie all’esame è connotata da circostanze che avrebbero dovuto indurre l’amministrazione a motivare in modo più esauriente il diniego del rinnovo di porto di arma impugnato in primo grado. Come detto, il Prefetto ha un potere ampiamente discrezionale nel valutare con il massimo rigore qualsiasi circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di divieto o di revoca della detenzione dell’arma in quanto la misura restrittiva persegue la finalità di prevenire la commissione di reati e, in generale, di fatti lesivi della pubblica sicurezza, con la conseguenza che il detentore deve essere persona esente da mende o da indizi negativi è altrettanto vero, però, che può fare ciò solo sulla base di una istruttoria esaustiva e di una motivazione congrua e coerente che tenga conto dei presupposti che avevano dato luogo al precedente rilascio, evidenziando quale sia il cambiamento intervenuto rispetto alle circostanze di fatto che l’avevano già indotto a rilasciare il suddetto titolo, soprattutto in ipotesi in cui, come nel caso di specie, il rinnovo era stato accordato per molti anni. 5. Nel caso di specie, invece, il decreto prefettizio non ha chiarito le eventuali novità negative – qualora sussistenti – rispetto al passato, che avrebbero indotto l’Ufficio Territoriale del Governo a respingere l’istanza difetta dunque la motivazione per non aver adeguatamente considerato che si trattava di un rinnovo di porto d’arma ottenuto per ben 30 anni in ordine al quale il relativo diniego non doveva limitarsi alla generica valutazione circa l’insussistenza delle condizioni che giustificano di andare armato cfr. Cons. St., Sez. IV, 28 dicembre 2000 numero 6980 , dovendo piuttosto essere sorretto dall’indicazione di specifiche ragioni che dichiarassero quale mutamento di situazione aveva determinato il modificato orientamento del Prefetto procedente. In altri termini, occorreva esternare le ragioni per le quali al 31° anno l’interessato non era più idoneo alla detenzione e ciò anche in ragione del fatto che il procedimento penale numero 4685/04, a carico dell’appellante, risulta essersi concluso in modo favorevole all’appellante stesso procedimento per il quale è stato dichiarato il non luogo a procedere, così come dimostrato da parte appellante, che ha prodotto il provvedimento del G.U.P. di Trieste numero 257/06 in uno con la memoria depositata in data 3 aprile 2012 . In conclusione l’appello va accolto e, in riforma della sentenza, deve essere annullato l’atto impugnato nel ricorso di primo grado, onerando l’amministrazione di effettuare le valutazioni di cui in motivazione nella decisione sul rinnovo della licenza. 6. La complessità e la peculiarità delle questioni costituiscono giuste ragioni per compensare tra le parti le spese di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l 'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla l’atto impugnato nei termini di cui in motivazione. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.