Autista inidoneo rispetto alle mansioni svolte? Licenziamento illegittimo

Inidoneo rispetto alle mansioni lavorative sinora svolte? La conseguenza del licenziamento è illegittima sia rispetto alla valutazione della certificazione di inidoneità, sia rispetto al mancato reinserimento nell'azienda con un ruolo diverso.

di Attilio IevolellaInidoneo rispetto alle mansioni lavorative rispettate sino ad oggi? La conseguenza del licenziamento è assolutamente illegittima. Non solo, e non tanto, rispetto alla valutazione della certificazione di inidoneità, ma anche rispetto alla mancata opportunità di inserimento nell'azienda con un ruolo diverso.Per questo motivo, la Corte di Cassazione - con sentenza numero 14872, depositata il 6 luglio - ha dato torto a un'azienda di trasporti, accogliendo il ricorso di un suo dipendente, con funzioni di autista, e rimettendo la questione nelle mani della Corte d'Appello competente, quella di Torino.Inadatto alle funzioni di autista? Allora, fuori! A ottobre 2006 arriva la traumatica comunicazione al lavoratore licenziamento, giustificato, secondo l'azienda, dalla perdita dell'idoneità alle mansioni di autista internazionale. E subito dopo la questione approda dinanzi ai giudici della Corte di Appello di Torino, che dichiarano l'illegittimità del licenziamento, ma non soddisfano pienamente le richieste del dipendente.Per la Corte d'Appello, l'effettuazione della visita medica, che aveva accertato l'idoneità, presso una struttura pubblica non impediva l'impugnazione giudiziale e, comunque, la società non aveva assolto all'onere di provare l'impossibilità di reimpiego . Punto, quest'ultimo, delicatissimo, anche perché era risultato, nel corso del giudizio, che venivano impiegati numerosi dipendenti con funzioni diverse da quelle di autista nell'azienda. Logica conseguenza era condannare la società di trasporti al risarcimento dei danni, ovvero cinque mensilità dell'ultima retribuzione di fatto , sempre tenendo presente, sostenevano i giudici della Corte d'Appello, che la domanda era stata ridotta, in udienza, da parte del lavoratore .E la possibilità di nuove mansioni? Proprio il lavoratore, nonostante la vittoria in appello, presenta ulteriore ricorso in Cassazione, centrando l'attenzione, in particolare, sulla sua domanda di reintegrazione nel posto di lavoro e spiegando che la riduzione della domanda riguardava solo l'entità del risarcimento in ragione dell'aliunde perceptum .A contrastarlo, ovviamente, la società di trasporti, che sostiene, innanzitutto, la preclusione di un diverso accertamento in sede giudiziale , alla luce del giudizio di inidoneità fisica emesso dalla commissione medica , e, in secondo luogo, afferma che la datrice di lavoro era sollevata dall'onere di provare l'impossibilità di reimpiego in altre mansioni e che sarebbe spettato al lavoratore indicare le mansioni equivalenti disponibili e allegare la propria disponibilità allo svolgimento delle medesime mansioni .Per i giudici di piazza Cavour, è la giurisprudenza a dare una risposta e a spiegare che in caso di licenziamento illegittimo per giustificato motivo il datore di lavoro ha l'onere di provare l'impossibilità di reimpiego in altre mansioni . E, comunque, nello specifico caso era emersa una effettiva possibilità di diversa occupazione del dipendente in azienda, con riferimento a posti non comportanti mansioni di autista . E tutto ciò, secondo il Palazzaccio, bypassa la questione dell'inidoneità, anche ricordando che la stessa Corte d'Appello aveva scelto di prescindere dalla sussistenza, o meno, della inidoneità, essendo assorbente, in ogni caso, il mancato assolvimento dell'onere di reimpiego .Reintegra possibile. Il quadro delineato sinora porta, alla fine, all'accoglimento delle richieste del lavoratore. E quindi all'allargamento del fronte che dovrà essere preso in esame nuovamente dalla Corte d'Appello - a cui la Cassazione rimette la questione - non più solo la pretesa risarcitoria, ma anche l'originaria richiesta di reintegrazione , soprattutto tenendo presente che si tratta di un giudizio vertente sulla tutela reale del prestatore, divenuto fisicamente inidoneo allo svolgimento delle mansioni lavorative .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 31 maggio - 6 luglio 2011, numero 14872Presidente De Renzis - Relatore MorcavalloRitenuto in fatto1. Con la sentenza qui impugnata la Corto d'appello di Torino, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava l'illegittimità del licenziamento intimato in data 18 ottobre 2006 a M.C., dipendente della Arcese Trasporti s.p.a., per sopravvenuta inidoneità alle mansioni di autista internazionale e, per l'effetto, condannava la società datrice di lavoro al risarcimento dei danni liquidati in cinque mensilità dell'ultima retribuzione di fatto. In particolare, la Corte di merito rilevava che l'effettuazione della visita medica, che aveva accertato la inidoneità, presso una struttura pubblica non impediva l'impugnazione giudiziale a prescindere, peraltro, dalla sussistenza, o meno, della idoneità fisica allo svolgimento delle mansioni, la società non aveva assolto all'onere di provare la impossibilità di reimpiego, che. d'altra parte, era risultato nel corso del giudizio che presso la Arcese Trasporti venivano impiegati numerosi dipendenti con funzioni diverse da quelle di autista la domanda era stata ridotta in udienza da parte del lavoratore, sì che doveva farsi luogo esclusivamente al risarcimento del danno, pari a cinque mensilità di retribuzione.2. Avverso questa decisione il M. propone ricorso per cassazione con due motivi di impugnazione la società Arcese Trasporti s.p.a. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, anch'essa con due motivi, cui il lavoratore resiste, a sua volta, con controricorso. La società ha anche depositato memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Considerato in diritto1. In via preliminare, i ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell'articolo 335 c.p.c., perché proposti avverso la stessa sentenza.2. Il ricorso principale si articola in due motivi.2.1. Con il primo motivo, denunciando violazione dell'articolo 112 c.p.c. e vizio di motivazione, il lavoratore lamenta che la Corte di merito, nel dichiarare l'illegittimità del recesso, abbia omesso di pronunciare sulla domanda di reintegrazione nel posto di lavoro, puntualmente proposta e mai abbandonata nel corso del giudizio la riduzione della domanda riguardando solo l'entità del risarcimento in ragione dell'aliunde perceptum .2.2. Con il secondo motivo si lamenta, ugualmente, la mancata reintegrazione, sotto il profilo della violazione dell'articolo 18 legge numero 300 del 1970 e del vizio di motivazione.3. 11 ricorso incidentale si articola, anch'esso, in due censure.3.1. Con il primo motivo, denunciando violazione dell'articolo 17 d.lgs. numero G2G del 1994 e vizio di motivazione, si sostiene che il giudizio di inidoneità fisica emesso dalla commissione medica prevista da tale norma precludeva un diverso accertamento in sede giudiziale il giudice di merito, comunque, aveva anche omesso alcun accertamento in ordine alla inidoneità.3.2. Col secondo motivo, denunciando violazione degli articolo 414 c.p.c. e 5 legge numero 604 del 1966, si sostiene che la datrice di lavoro era sollevata dall'onere di provare l'impossibilità di reimpiego in altre mansioni, che sarebbe spettato al lavoratore indicare le mansioni equivalenti disponibili e allegare la propria disponibilità allo svolgimento delle medesime.4. Per ordine logico delle questioni proposte, deve esaminarsi dapprima il ricorso incidentale, in quanto relativo alla legittimità, o meno, del licenziamento.1.1. Tale ricorso non è fondato in alcun profilo.4.1.1. La censura relativa all'ammissibilità del giudizio di inidoneità fisica, nonché all'omesso accertamento delle condizioni fisiche del lavoratore, è inammissibile per inconferenza rispetto al decisimi, poiché la decisione della Corte d'appello ha ritenuto, esplicitamente, di prescindere dalla sussistenza, o meno, di tale inidoneità, essendo assorbente, in ogni caso, il mancato assolvimento dell'onere di reimpiego.4.1.2. La censura relativa a tale onere è priva di fondamento, in quanto, per la consolidata giurisprudenza di questa Corte, richiamata dalla stessa ricorrente, in caso di licenziamento illegittimo per giustificato motivo il datore di lavoro ha l'onere di provare l'impossibilità di reimpiego in altre mansioni cfr., da ultimo, Cass. numero 8832 del 2011 . mentre al lavoratore non può addossarsi altro onere che quello di allegazione della nuova possibilità di lavoro, dovendosi, appunto, tener conto dei concreti aspetti della vicenda e delle allegazioni del lavoratore attore in giudizio cfr. Cass. numero 15500 del 2009 . È invece inammissibile la configurazione di oneri ulteriori, come L'indicazione degli specifici posti disponibili, che presupporrebbe la necessaria conoscenza dei complessivi assetti aziendali e renderebbe difficoltosa l'allegazione in giudizio riguardo alla possibilità di essere occupato in mansioni diverse da quelle originarie, divenuti incompatibili con le condizioni fisiche del prestatore. Nella specie, d'altra parte, non risulta che la datrice di lavoro abbia contestato le modalità dell'allegazione, risultando, invece, dalla decisione qui impugnata, l'assoluta genericità delle deduzioni e delle articolazioni istruttorie di parte datoriale riguardo alla questione del reimpiego. Infine, l'accertamento della Corte di merito in ordine alla effettiva possibilità di diversa occupazione del dipendente è preciso, specifico e puntuale, essendo emersa, in particolare, la disponibilità in azienda di un gran numero di posti non comportanti mansioni di autista.1.1.3. Il ricorso incidentale è pertanto rigettato.F . L'esame congiunto dei motivi del ricorso principale rivela la fondatezza delle censure proposte dal lavoratore, nei limiti delle considerazioni seguenti.La statuizione di condanna a cinque mensilità di retribuzione consegue, nella decisione impugnata, alla constatazione della avvenuta riduzione della domanda, ma non viene specificato se tale riduzione abbia riguardato anche la originaria richiesta di reintegrazione, ovvero solo l'entità del risarcimento in relazione al riconoscimento attoreo dell'aliunde perceptim in ogni caso, la qualificazione del residuo petitum come mera pretesa risarcitoria avrebbe richiesto una qualche valutazione, in ordine alla configurazione della volontà espressa dalla parte, ai fini della effettività della tutela richiesta, specialmente nell'ambito di un giudizio vertente sulla tutela reale del prestatore, divenuto fisicamente inidoneo allo svolgimento delle mansioni lavorative.6. Ne consegue che per tale ultimo profilo il ricorso principale è accolto e la decisione impugnata è cassata, con rinvio della causa alla stessa Corte d'appello, in diversa composizione. Lo stesso giudice di rinvio pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.P.Q.M.La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie quello principale e rigetta l'incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.