Sequestro non motivato, ordinanza annullata: un richiamo alle linee interpretative sulle operazioni inesistenti

Il Tribunale del Riesame non descrivendo né la fattispecie né il fumus commissi delicti non consente di comprendere esattamente il fatto concreto ascritto agli indagati. La S.C. ricorda poi che l’importo dell’IVA, relativa a fatture per operazioni inesistenti, va in ogni caso corrisposto, senza necessità di ricostruzione analitica della contabilità e quindi è configurabile il reato.

Con la sentenza numero 11838, depositata il 13 marzo 2013, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale del Riesame confermativa del sequestro preventivo. L’accusa di false fatturazioni ed il sequestro. Due amministratori, uno di fatto e l’altra di diritto, di una s.r.l. operante nel campo delle comunicazioni sono indagati per il reato previsto dall’articolo 2, d.lgs. numero 74/2000, per aver fatto dichiarazioni fraudolente mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, per tre anni d’imposta. Infatti avrebbero erogato finanziamenti a società in crisi, «attraverso finte forniture in leasing di prodotti informatici, mediante la stipula di falsi contratti di vendita» con una società del gruppo Telecom, «che si traducevano, in caso di mancato rimborso del finanziamento, in una truffa ai danni di Telecom stessa». Motivazione insufficiente. Il Tribunale del Riesame conferma il sequestro preventivo di beni per 1,5mln di euro, ma, come contestato dai ricorrenti e come confermato dalla Corte di Cassazione, senza un’adeguata motivazione in grado di rispondere alle censure difensive. La S.C. osserva infatti che la descrizione della fattispecie e del fumus commissi delicti emerge soltanto dalla lettura degli ampi motivi di ricorso. L’ordinanza confermativa del sequestro «non consente di comprendere esattamente il fatto concreto ascritto agli indagati». La Corte ricorda che il vizio per mancanza di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza può essere da Lei sindacato «quando risulti prima facie dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto e del pari può essere sindacato il vizio di motivazione apparente». Linee interpretative sulle operazioni inesistenti. Quindi l’ordinanza deve essere annullata con rinvio per un nuovo esame della questione, tenendo conto delle «linee interpretative in tema di operazioni inesistenti fornite dalla giurisprudenza di legittimità». La Corte ricorda che tra le «operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte» qualificate come inesistenti, ai fini della configurabilità dei reati di cui al d.lgs. numero 74/2000, «devono intendersi anche quelle giuridicamente inesistenti, ovvero quelle aventi una qualificazione giuridica diversa». Nel caso di specie ha rilievo la norma extrapenale prevista dall’articolo 21, d.P.R. numero 633/1972, che disciplina la fatturazione delle operazioni. L’IVA corrispondente ad un’operazione inesistente deve essere considerata fuori conto e la relativa obbligazione, conseguentemente, deve essere «isolata da quella risultante dalla massa di operazioni effettuate, ed estraniata, per ciò stesso, dal meccanismo di compensazione». La finalità della confisca per equivalente. La Corte qualifica come corretta l’ordinanza, solo nella parte in cui ha affermato la liceità del sequestro di cose anche senza alcun collegamento diretto con il singolo reato, perché l’obiettivo dell’istituto è quello di «privare il colpevole di qualunque beneficio economico derivante dall’attività criminosa, anche nel caso in cui risulti impossibile confiscare la res principale».

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 novembre 2012 – 13 marzo 2013, numero 11838 Presidente Squassoni – Relatore Rosi Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Monza con ordinanza del 19 marzo 2012 ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo per equivalente emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Monza nei confronti di R.S. e M.O. , indagati, il primo quale amministratore di fatto, la seconda quale amministratrice di diritto della New Net Line srl, operante nel settore delle comunicazioni, del reato di cui all'articolo 2 d.lgs numero 74 del 2000 dichiarazioni fraudolente mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, relative agli anni di imposta 2008, 2009 e 2010 , avente ad oggetto beni immobili, mobili registrati ed utilità fino alla concorrenza dell'importo di Euro 1.508.307,00. 2. Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione gli indagati, a mezzo dei loro difensori, chiedendone l'annullamento. l Preliminarmente la difesa lamenta la violazione dell'obbligo di motivazione sulle articolate deduzioni difensive che avevano segnalato la mancanza di fumus commissi delicti, atteso che risultava indiscusso che l'IVA, relativa alle fatture d'acquisto contabilizzate, era stata corrisposta da New Net Line srl, per cui risulterebbe insussistente il profitto ed inoltre la difesa aveva evidenziato che, erroneamente, non erano state prese in considerazione le fatture di vendita dei medesimi prodotti alla Telecom, per cui l'importo dell'IVA evasa, eventualmente da computare ai fini del vincolo cautelare, sarebbe stato comunque ben inferiore a quello indicato. Il sistema di operazioni contabili posto in essere, promosso da funzionari Telecom, dimostrava che scopo delle operazioni era non già la frode fiscale, ma un'operazione di finanziamento mascherata da finte vendite di prodotti informatici, erogati da Tele leasing , per cui la società New Net Une lucrava unicamente le provvigioni delle vendite, mentre le operazioni servivano a sorreggere documentalmente tali finanziamenti da parte di Telecom e l'IVA veniva regolarmente computata e regolarmente pagata, risultando invero modesto l'importo eventualmente sottratto all'imposizione. Inoltre, sarebbe stata del tutto estranea al meccanismo la M. , essendo il di lei marito gestore dell'intera operazione. Specificamente, i ricorrenti censurano 2 Violazione di legge per inosservanza della disposizione di cui all'articolo 322 ter c.p. in relazione all'articolo 1 comma 143 della Legge finanziaria 2008 secondo il Collegio, pur riconoscendo che sia stato effettuato il computo tra l'IVA relativa alle fatture di acquisto e quella delle fatture di vendita del prodotto, gli elementi passivi sarebbero fittizi, di qui l'impossibilità di effettuare la compensazione IVA ex articolo 21 D.P.R. numero 633 del 1972, con conseguente integrazione della ipotesi delittuosa ascritta. Tale metodologia, a parere dei ricorrenti, risulta errata, come del pari errata l'applicazione della norma extrapenale indicata, come del resto affermato dalla stessa Sezione tributaria della Corte di Cassazione 3 Violazione di legge in relazione all'articolo 2 d.lgs numero 74 del 2000 e mancanza di motivazione, quanto alla dedotta insussistenza dell'elemento soggettivo dolo specifico del reato di cui all'articolo 2 dlgs numero 74 del 2000. La difesa, in sede di riesame, aveva evidenziato che in base all'ipotesi formulata dalla pubblica accusa il ricorrente era indagato anche dei reati di cui all'articolo 132 D.lgs numero 385 del 1993 abusivo esercizio di attività finanziaria e 640 c.p. truffa , risultando evidente che, in concorso con funzionari Telecom, egli aveva fittiziamente fornito dei prodotti, per finanziare i clienti con problemi di liquidità, con lo scopo di consentire a Telecom di gonfiare artificiosamente il fatturato mediante una fittizia collocazione presso clienti di prodotti informatici in leasing Pen Paper Print , clienti che in tal modo venivano finanziati, con condizioni onerose, ed erano tenuti alla restituzione del finanziamento in bolletta ma nei casi di mancata restituzione ciò si traduceva in una truffa proprio in danno di Telecom. 4 Violazione di legge e mancata motivazione anche in relazione alla evidenziata mancanza di profitto, in quanto l'Erario non avrebbe subito alcun danno in quanto tutti i soggetti coinvolti hanno provveduto al pagamento dell'IVA relativa alle operazioni pur fittizie, per cui risulterebbe del tutto ingiustificato il sequestro per equivalente. Inoltre il giudice è tenuto ad accertare il collegamento tra il bene sottoposto a sequestro ed il profitto. Considerato in diritto 1. Come è noto il vizio di mancanza della motivazione dell'ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando risulti prima facie dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto cfr., per tutte, Sez. 2, numero 56 del 7/12/2011, dep. 4/1/2012, Siciliano, Rv. 251761 e del pari può essere sindacato il vizio di motivazione apparente cfr. Sez. 5, numero 35532 del 25/6/2010, dep. 1/10/2010, Angelini, Rv. 248129 e Sez. U, numero 5876 del 28/1/2004, dep. 13/2/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710 . 2. L'ordinanza impugnata, nella sua scarna motivazione, consente di ritenere sufficientemente motivata solo la risposta alle doglianze difensive relative al quarto motivo di ricorso. Infatti la confisca per equivalente, a differenza della confisca di cui all'articolo 240 c.p., che ha ad oggetto solo cose direttamente riferibili al reato, alla quale è funzionale il sequestro preventivo dei beni che potranno essere soggetti al provvedimento ablativo alla conclusione del processo penale, può avere ad oggetto beni che, oltre a non avere alcun rapporto con la pericolosità individuale del reo, neppure hanno alcun collegamento diretto con il singolo reato cfr. SSUU numero 41936, 22/11/2005, Muei . La L. 24 dicembre 2007, numero 244 Legge finanziaria 2008 , con l'articolo 1, comma 143, ha esteso la confisca di valore anche ai reati fiscali nei casi di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, numero 74, articolo 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e articolo 11, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'articolo 322 ter c.p. - L'obiettivo dell'istituto, infatti, è privare il colpevole di qualunque beneficio economico derivante dall'attività criminosa, anche nel caso in cui risulti impossibile confiscare la res principale, ed assume i tratti distintivi di una vera e propria sanzione cfr. SSUU numero 26654, 2/7/2008, Fisia Italimpianti s.p.a. ed altri, numero 38834, 15/10/2008, P.M. in proc. De Maio ed anche la giurisprudenza costituzionale, cfr. per tutte numero 97 del 2009 . 3. Di contro il provvedimento impugnato risulta insufficientemente motivato, per vera e propria carenza grafica, in relazione alla descrizione stessa della fattispecie ed al fumus commissi delicti, desumibili solo a seguito della lettura degli ampi motivi di ricorso, e non consente di comprendere esattamente il fatto concreto ascritto agli indagati. Inoltre, il Collegio del riesame non ha fornito alcuna risposta alle articolate censure difensive sottopostegli, nelle quali la vicenda è stata inquadrata nella sua globalità , quale concorso in finanziamenti erogati a società in crisi, attraverso finte forniture in leasing di prodotti informatici, mediante la stipula di falsi contratti di vendita con Teleleasing società del gruppo Telecom , che si traducevano, in caso di mancato rimborso del finanziamento, in una truffa ai danni di Telecom stessa tanto che il R. - stando a quanto asserito nei motivi del presente ricorso - risulterebbe indagato anche per il reato di cui all'articolo 132 d.lg 385 del 1993 . 4. Pertanto, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per un nuovo esame che dia risposta alle censure avanzate tenendo conto delle linee interpretative in tema di operazioni inesistenti fornite dalla giurisprudenza di legittimità, le quali non possono che essere qui riaffermate. È stato infatti precisato, a proposito dell'articolo 1, numero 1, lett. a , d.lgs numero 74 del 2000, che tra le operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte , qualificate come inesistenti ai fini della configurabilità dei reati di cui agli articolo 2 ed 8 del citato decreto, devono intendersi anche quelle giuridicamente inesistenti, ovvero quelle aventi una qualificazione giuridica diversa cfr. Sez. 3, numero 13975 del 6/3/2008, dep. 3/4/2008, P.M. in proc. Carcano e altro, Rv. 239910, fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto erroneo l'assunto del giudice di merito che, in relazione ad alcune operazioni di finanziamento dissimulato da acconti su forniture oggetto di false fatturazioni, ne aveva escluso la natura di operazioni inesistenti . Del resto va condiviso l'assunto della giurisprudenza tributaria che ha interpretato il menzionato articolo 21 comma 7 del D.P.R. numero 633 del 1972 che testualmente recita “Se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, ovvero se nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relativi sono indicate in misura superiore a quella reale, l'imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura” , nel senso che l'IVA corrispondente ad un'operazione inesistente deve essere considerata fuori conto e la relativa obbligazione, conseguentemente, deve essere isolata da quella risultante dalla massa di operazioni effettuate, ed estraniata, per ciò stesso, dal meccanismo di compensazione cfr. Cass. civ. sez. 5, numero 7289 del 29/5/2001, Rv. 547096 . Ne consegue l'obbligo per il contribuente di corrispondere in ogni caso l'importo dell'IVA relativa a fatture per operazioni inesistenti, senza necessità di ricostruzione analitica della contabilità proprio per la natura fuori conto delle operazioni inesistenti . L'articolo 21 del D.P.R. numero 633 costituisce la norma extrapenale che ha rilievo nel caso di specie, come del resto il Tribunale del riesame ha evidenziato, seppure non fornendo congrua spiegazione sul punto, e non già il testo unico delle imposte dirette, laddove viene disciplinato l'accertamento induttivo del reddito imponibile per cui non può assumere alcun rilievo la sentenza della Sezione tributaria menzionata dalla difesa. 5. Atteso l'accoglimento delle censure relative alla carenza di motivazione, deve considerarsi assorbita la doglianza specifica relativa al ruolo ricoperto dalla ricorrente M.O. e l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Monza per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Monza.