Se il fabbricato non viene realizzato il vincolo a parcheggio perde efficacia

Spesso le operazioni immobiliari hanno alla base un contratto di permuta ma vengono formalizzate, un po' per opportunità, più spesso per evidenti motivi di ordine fiscale, attraverso le più disparate figure contrattuali vendita del suolo contro vendita di bene futuro da ultimare vendita del suolo e contratto di appalto per la realizzazione delle unità permutate e via dicendo.

I contratti di permuta, attraggono le imprese di costruzione per due diversi ordini di motivi. In primo luogo, abbiamo un motivo di ordine finanziario l'impresa, con la permuta, non è costretta a sopportare un ingente esborso per perfezionare l'acquisto del suolo edificatorio. Abbiamo poi, un ulteriore beneficio l'impresa di costruzioni valorizza il prodotto costruito e ceduto in permuta a costo ovvero secondo il costo di costruzione del manufatto e non secondo il valore commerciale che, per forza di cose, è notevolmente più ampio. Anche il venditore ha da guadagnarci sia per motivi fiscali sia perché, il più delle volte, ha l'impressione che la permuta gli assicuri un ritorno economico maggiore rispetto ad una semplice compravendita. Sta di fatto che le operazioni di permuta, poiché comportano lo scambio di un bene attuale il suolo contro un bene futuro gli immobili che saranno edificati sul medesimo suolo a volte riservano delle brutte sorprese. Non è raro che si creino degli attriti tra proprietari del suolo e l'impresa costruttrice e, fin troppo spesso, la controversia finisce nelle aule di giustizia. La mancata cessione del parcheggio innesca la lite . Nel caso in esame la scintilla della controversia è data dalla mancata cessione di un'area a parcheggio. I proprietari cedevano in permuta, ad un'impresa di costruzione, un suolo edificabile chiedendo, a titolo di corrispettivo, il trasferimento di alcune unità immobiliari che sarebbero state realizzate sul medesimo terreno. Seguendo una procedura ormai ben collaudata, l'operazione veniva formalizzata attraverso una serie di atti paralleli. L'area edificabile veniva frazionata in due parti di cui una veniva venduta all'impresa. Parallelamente, veniva perfezionato un contratto con cui i proprietari del suolo affidavano in appalto all'impresa la realizzazione di alcune unità immobiliari che, in definitiva, costituivano il corrispettivo per la vendita del suolo. Il costruttore, parallelamente, si impegnava a trasferire, al proprietario del suolo, una volta che gli immobili siano stati ultimati, un'area a parcheggio che innesca la lite . Il valore del suolo ceduto, ovviamente, era pari al valore del contratto di appalto per cui le rispettive prestazioni, almeno sul piano economico-finanziario, si compensavano annullando reciprocamente i rapporti di dare-avere. Il rilascio del permesso di costruire è subordinato al perfezionamento di alcuni adempimenti . Sta di fatto che l'amministrazione subordina il rilascio del titolo abilitativo dei lavori al perfezionamento di alcuni adempimenti preliminari cessioni, atto d'obbligo e vincolo a parcheggio/autorimessa. Nel caso in esame, l'originario proprietario del suolo formalizzava evidentemente sia nell'interesse proprio che nell'interesse del costruttore una serie di atti prodromici all'esame del progetto ed al rilascio del titolo abilitativo. In tale prospettiva, provvedeva alla cessione gratuita, nei confronti del Comune, delle aree necessarie alla realizzazione delle urbanizzazioni primarie ovvero alla realizzazione delle strade e perfezionava gli atti di vincolo. Con l'atto d'obbligo, la parte si obbligava ad asservire all'erigendo fabbricato, le cubature rinvenienti dal suolo. Con il vincolo a parcheggio o autorimessa, la parte si obbligava ad adibire a parcheggio una certa superficie, la cui ampiezza veniva parametrata alle volumetrie di progetto. Tale superficie a parcheggio, a quanto pare, veniva individuata in un'area esterna all'erigendo fabbricato. Il vincolo veniva trascritto per essere opponibile ai terzi ma, come di consueto, veniva sottoposto a condizione consistente nella avvenuta realizzazione del corpo di fabbrica di cui costituisce pertinenza urbanistica. Le lagnanze dei permutanti . In sostanza i permutanti addebitavano al costruttore una serie di inadempienze contestando di non aver mai ricevuto la consegna delle aree a parcheggio di propria pertinenza nonché di aver posto in essere una serie di gravissime irregolarità urbanistiche. A detta dei permutanti, infatti, il costruttore avrebbe provveduto a costruire un altro fabbricato utilizzando la stessa cubatura già espressa dal suolo dei permutanti e avrebbe vincolato a parcheggio la stessa aria originariamente asservita dai medesimi permutanti. Il vincolo a parcheggio sorge solo a seguito della costruzione . Secondo il giudice di appello il permutante non avrebbe alcun diritto sulle aree a parcheggio in quanto l'atto di vincolo è sottoposto ad una condizione che il manufatto di cui l'area costituisce pertinenza urbanistica venga successivamente ad esistenza! Secondo l'organo giudicante, il permutante avrebbe omesso di fornire la prova dell'avvenuta realizzazione dell'opera per cui, conseguentemente, non sarebbe stato possibile determinare aprioristicamente l'avveramento della condizione a cui l'efficacia del vincolo era subordinato. Quindi, se non è possibile determinare la venuta ad esistenza dell'area a parcheggio, ovviamente, non è possibile obbligare il costruttore ad adempiere al trasferimento di un bene di cui non è dato sapere se è venuto ad esistenza. Il concetto viene espresso dalla Corte territoriale e rimarcato dalla Cassazione con la sentenza numero 710 del 14 gennaio 2013. La parte ha omesso di esibire il titolo edilizio per cui non ha fornito la prova dell'avverarsi della condizione a cui il vincolo di destinazione era subordinato. I vizi del permesso di costruire non possono essere sottoposti al giudice civile . La Cassazione, nel caso in oggetto, affronta anche un tema alquanto scottante. Ci si chiede quali provvedimenti possa prendere il giudice civile che, nel corso del giudizio, venga a conoscenza di un abuso edilizio perpetrato dal costruttore. L'organo giudicante ha statuito che «eventuali condotte collusive non rientravano nella cognizione del giudice ordinario». In verità, sappiamo bene che il giudice ordinario avrebbe potuto trasmettere gli atti di causa al giudice penale. Vuol dire, più che altro, che il giudice, nel caso in esame, non ha riscontrato comportamenti colposi o dolosi da parte della pubblica amministrazione o dell'impresa costruttrice.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 29 novembre 2012 - 14 gennaio 2013, numero 710 Presidente Felicetti – Relatore Migliucci Svolgimento del processo M D.B. , F D.B. , D.B.R. e Fr Pa. convenivano in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Bari la socomma 2R Costruzioni s.r.l., il Comune di Bari e N C. per sentire 1 sanzionare che il suolo in Carbonara di Bari, compreso tra via omissis e contrassegnato dalla p.lla 2 del fg. 8, è vincolato a parcheggio e quindi costituisce pertinenza a servizio del fabbricato con accesso dal numero omissis limitatamente alla zona larga mt. 8 circa lungo l’intero confine sud del suolo stesso, giusta atto a rogito notar Sisto del 26/1/1971, e, per l’effetto, condannare la società convenuta al ripristino dello stato dei luoghi, eliminando la rampa e gli ulteriori manufatti realizzati su detta zona 2 sanzionare che il suolo in omissis e contrassegnato dalla stessa p.lla 2 f g. 8, è gravato da servitù di veduta, di passaggio anche carrabile e di smaltimento delle acque meteoriche a favore dello stesso finitimo fabbricato con accesso dai civico omissis e, per l’effetto condannare la società convenuta al ripristino dello stato dei luoghi ed alla rimozione dei manufatti che precludono l’esercizio di dette servitù 3 ordinare alla società convenuta il rispetto delle distanze legali previste, dall’articolo 49 N.T.A. del P.R.G., con conseguente condanna alla rimozione delle opere concretanti violazione di dette distanze 4 sanzionare l’invalidità e l’inefficacia della cessione operata dal C. in favore del Comune di Bari con scrittura privata autenticata per notar Severo Vernice in data 14-12/2/1991 in quanto operata a non domino nonché dell’atto di asservimento di cui alla successiva scrittura autenticata dallo stesso notar in data 23/2/1991, e, quindi ritenuta l’illegittimità della concessione edilizia numero 28144 dell’11/6/1991 limitatamente al fabbricato in corso di costruzione a cura della società convenuta e l’illecito civile correlato all’abusiva edificazione, condannare detta società, in solido con il C. , al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, conseguenti anche alle dedotte violazioni dei loro diritti dominicali. Gli istanti, eredi di V V. , esponevano di essere proprietari di distinte unità immobiliari del complesso edilizio in OMISSIS , edificato da C.N. e G T. i quali erano comproprietari con la V. , per quote ideali del suolo alla p.lla 2 fg. 8, esteso mq. 2,534 con atto di compravendita a rogito notar Sisto del 13/2/1971 numero 29346 di rep. La V. aveva trasferito al C. ed al T. il suolo in questione, riservandosi la quota proporzionale per numero 6 appartamenti con contratto di appalto per scrittura privata del 5/6/1971, reg.ta a Bari il 18 successivo al numero 22486, la V. aveva commesso al C. e al T. la costruzione delle sue unità immobiliari con atto di ricognizione a rogito notar Sisto del 5/2/1973, trascritto il 10 successivo al numero 18379, erano state individuate le unità di loro proprietà la V. , al fine di conseguire il rilascio della licenza edilizia, aveva vincolato a parcheggio la fascia di suolo larga circa mt. 8 lungo l’intero lato sud del suolo in questione, in ottemperanza della disposizione di cui all’articolo 18 della legge numero 765/1967 con altro separato atto a rogito notar Sisto, in pari data, rep. numero 29325, trascritto al successivo numero 5146, aveva operato la cessione gratuita, a favore del Comune di Bari, di porzione del proprio suolo, estesa mq. 238, ricadente in sede di strada di P.R.G. via Fusco con il citato atto di compravendita a rogito notar Sisto del 13/2/1971, le parti, nel regolare i loro rapporti, tra l’altro avevano attribuito al C. e al T. la proprietà del residuo suolo inedificato, con possibilità di utilizzarlo per la realizzazione di. altre costruzioni nell’ipotesi di aumento dell’indice di cubatura per effetto di eventuali future previsioni urbanistiche attribuivano, altresì, alla V. , suoi eredi ed aventi causa, la piena proprietà di una zona di terreno scoperto sul lato sud, da adibirsi a parcheggio di autovetture a carico della zona vincolata a parcheggio ed a favore del realizzando complesso edilizio erano state costituite particolari servitù a seguito della adozione della variante generale del P.R.G approvato con decreto dal Presidente della G.R. dell’8/7/1976, l’immobile era ricaduto in zona tipizzata, come area di rinnovamento urbano B/7 , con volumetria rimasta invariata, pari - cioè - a 3 mc/mq/ per cui non era permessa la realizzazione di ulteriori costruzioni ciònonostante il C. , tacendo l’avvenuto sfruttamento della prevista volumetria, aveva fatto redigere, unitamente ai proprietari dei fondi finitimi, un unico progetto per l’edificazione di tre distinti fabbricati che tale progetto era stato approvato dal Comune di Bari con concessione edilizia numero 28144 dell’11/6/1991 illegittima, relativamente alla costruzione prevista sul suolo del C. , in conseguenza del precedente sfruttamento dell’intera sua volumetria inoltre il C. , non rivelando la circostanza dell’operata cessione dell’area di mq. 238 p.lla 938 , fatta al Comune dalla V. ed includendo tale zona nel progetto di costruzione, aveva nuovamente ceduto al Comune detta area con scrittura privata autenticata in data 14-15/2/1991 a ministero notar Severo Vernice, pur non avendone più la titolarità con altra separata scrittura privata autenticata dallo stesso notar Vernice il 23/2/91 egli aveva asservito alla realizzanda volumetria l’area già sfruttata in precedenza e quindi venduto il suolo in questione, esteso mq. 1.146, alla socomma 2R Costruzioni srl, che aveva successivamente intrapreso la costruzione del nuovo corpo di fabbrica. Si costituivano i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda in via riconvenzionale, la socomma 2R Costruzioni srl chiedeva la condanna degli attori al risarcimento dei danni provocati dalla trascrizione del domanda. Con sentenza dep. l’11 marzo 2002 il Tribunale rigettava le domanda con le quali era stata chiesto l’accertamento del vincolo a parcheggio di natura pertinenziale costituito sull’area della complessiva estensione di mq. 2.772 con il ripristino dei luoghi e di accertamento che la stessa fosse gravata dalle servitù invocate dagli attori accoglieva la domanda di demolizione dei fabbricati costruiti in violazione delle distanze legali e di condanna al risarcimento dei conseguenti danni rigettava le altre domande. Il Tribunale riteneva che la area, sulla quale la V. aveva costituito il vincolo destinato a parcheggio, era stata dalla medesima ceduta con l’atto del 13-2-1971, mentre alla medesima e ai suoi eredi era stata attribuita in proprietà esclusiva una zona da adibirsi a parcheggio per sei autovetture, da gravarsi di alcune servitù, zona che peraltro avrebbe dovuto essere successivamente individuata dai medesimi acquirenti, ma tale individuazione non era mai avvenuta, per cui non potevano essere riconosciuti né il vincolo a parcheggio né le servitù che avrebbero dovuto gravare su un’area mai determinata. Con sentenza dep. il 23 dicembre 2005 la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della decisione impugnata e in accoglimento dell’appello incidentale proposto al riguardo dalla società convenuta, rigettava la domanda di demolizione per violazione delle distanze legali formulata dagli attori rigettava l’impugnazione principale proposta dagli attori con la quale era stata gravata la decisione di primo grado laddove aveva rigettato la domanda di riconoscimento del vincolo pertinenziale di parcheggio su tutta la striscia di terreno oggetto dell’atto del 26-1-1971. Per quel che ancora interessa nella presente sede, con motivazione diversa da quella del Tribunale, i Giudici di appello rilevavano d’ufficio che l’atto unilaterale d’obbligo, con il quale l’originaria unica proprietaria del suolo aveva sottoposto al vincolo di parcheggio l’intera area di metri 6 x 100 posta sul lato sud del fondo originariamente di sua proprietà e che per metà della sua estensione era stata distrutta dalla convenuta, non era sufficiente per la creazione del predetto vincolo di destinazione in quanto esso sorge solo con la licenza edilizia con la quale la P.A. verifica la sussistenza dei parametri previsti dall’articolo 18 legge numero 765 del 1967 gli attori non avevano dimostrato se e in quali limiti tale atto fosse stato oggetto di un provvedimento amministrativo. In ogni caso, era esclusa la esistenza dell’invocato vincolo pertinenziale, posto che l’area de qua non aveva mai ricevuto la destinazione a parcheggio, posto che il viale di transito e parcheggio realizzato era soltanto quello antistante l’edificio di proprietà V. , C. e T. e non il suo prolungamento ideale ad est, tant’è vero che esso era stato chiuso con muro di recinzione sul confine est in adiacenza con l’area inedificata trasferita con l’atto del 13-2-1971 il che aveva trovato conferma nella missiva inviata dalla V. e dal coniuge, con la quale si chiedeva la riduzione a passo pedonale del passo carraio relativo all’accesso che sboccava in un suolo abbandonato. Dall’atto divisorio del 19-1-1976 intercorso fra il C. e il T. , lo stesso C. aveva chiarito 1 che sul viale con accesso da via omissis vi era servitù di accesso carrabile con passaggio di tubi e cavi in sotterraneo in favore del retroposto fondo 2 che il viale di accesso di via OMISSIS , di proprietà comune dei due condividenti, era gravato da vincolo di parcheggio per le macchine del condominio con accesso da via omissis . La domanda di rivendica della zona di terreno de quo era respinta sul rilievo che con l’atto del 13-2-1971 la V. ebbe a cedere anche la intera striscia di terreno unilateralmente vincolata a parcheggio che faceva parte della superficie di are 25,34. Per quel che concerneva le servitù, le stesse ù secondo quanto previsto nel rogito del 13- 2-1971 - dovevano gravare esclusivamente sul viale di accesso da attribuire in proprietà esclusiva alla V. . Quindi i Giudici rilevavano che, rimasto inattuato il vicolo di parcheggio sull’area in questione, gravando dette servitù, in favore del detto condominio sul viale di accesso, sia in favore dello stesso Condominio sia in favore del retranio suolo inedificato dal C. , quest’ultimo fondo non poteva ritenersi fondo servente delle dette servitù in favore del Condominio di via OMISSIS peraltro, l’alterità di detto fondo rispetto alle proprietà solitarie di detto condominio era assicurata dal fatto che il viale di accesso a detto condominio risultava anch’esso di proprietà C. . Era respinta la domanda di risarcimento dei danni che gli attori avevano chiesto in relazione all’illegittimo rilascio della concessione edilizia per la realizzazione dei fabbricati costruiti dalla convenuta sul rilievo che il C. avrebbe incluso nel progetto di costruzione area già ceduta al Comune in precedenza dalla V. e con separata scrittura aveva asservito alla realizzanda costruzione. Pur rilevando che la concessione era affetta da gravi vizi e che comunque non erano risultati comportamenti colposi o dolosi della P.A. la sentenza osservava che eventuali condotte collusive non rientravano nella cognizione del giudice ordinario peraltro, sotto il profilo del danno da illecito civile, non erano stati evidenziati e provati specifici profili di diritto soggettivo lesi da tale condotta. 2.- Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione F D.B. , R D.B. , Pa.Fr. nonché A P. , D.B.N. e V D.B. , gli ultimi tre quali eredi di D.B.M. , nelle more deceduto sulla base di quattro motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso la socomma 2 R Costruzioni s.r.l Motivi della decisione Primo motivo nullità della decisione per manifesta extrapetizione, avendo la Corte di merito pronunciato su eccezioni non sollevate dalle parti, né rilevabili d’ufficio, con conseguente violazione della norma di cui all’articolo 112 c.p.c., nonché di quella di cui all’articolo 329, 2 comma, c.p.c., attesa la formazione del giudicato interno in ordine all’accertamento de vincolo di destinazione a parcheggio articolo 360, numero 4, c.p.c. violazione di legge per falsa applicazione delle norme di cui agli articolo 18 L. numero 765/1967, 26 ult. comma L. numero 47/1985, 817 e segg. c.comma e per omessa applicazione di quella di cui all’articolo 2697 c.comma articolo 360 numero 3 c.p.c. motivazione errata e lacunosa con riguardo a un punto decisivo, rilevabile d’ufficio e, comunque, prospettato dai ricorrenti, quali l’inderogabilità del vincolo di destinazione a parcheggio nella misura prevista legislativamente articolo 360 numero 5 c.p.c. . I ricorrenti censurano la decisione gravata laddove d’ufficio aveva rilevato l’assenza di prova che l’atto, con il quale era stata vincolata a parcheggio l’area indicata dalla V. con la dichiarazione unilaterale di obbligo del 26-1-1971, fosse stato recepito nella licenza edilizia o in altro provvedimento amministrativo, trattandosi di questione che non poteva essere rilevata d’ufficio, non essendo stata tale circostanza mai contestata da controparte secondo quanto al riguardo prescritto dall’articolo 167 cod. procomma civ. e, come tale,era da considerarsi non controversa così come non era stata mai prospettato che la zona adibita a parcheggio non fosse stata mai realizzata circostanza, quest’ultima, che non avrebbe potuto portare a escludere l’asservimento, posto che la area esisteva e non aveva subito alcuna irreversibile trasformazione. La sentenza era stata emessa in violazione dell’articolo 2697 cod. civ., posto che nessuna delle controparti aveva dedotto e provato il trasferimento su una diversa zona del vincolo contemplato nell’atto di obbligo del 26 gennaio 1971. In ordine all’esistenza del vincolo sull’intera area destinata a parcheggio si era formato il giudicato posto che la pronuncia del Tribunale, il quale aveva fatto riferimento al progetto approvato che prevedeva l’asservimento dell’area di cui all’atto del 26 gennaio 1971, non aveva formato oggetto di impugnazione. 1.2. - Il motivo è infondato. Innanzitutto deve escludersi che, in relazione alla costituzione del vincolo di destinazione di cui si discute, si sia formata la cosa giudicata, posto che il Tribunale aveva rigettato la domanda proposta dagli attori e tale pronuncia si era fondata sulla circostanza che la area sulla quale sarebbe stato creato il vincolo non era stata individuata secondo quanto stabilito dalle parti dunque il riferimento, pure compiuto dal primo Giudice al vincolo di destinazione a parcheggio di cui al progetto approvato, integra una affermazione che è priva di valore decisorio, in quanto non costituisce la premessa logico-giuridica posta a fondamento della decisione che, come detto, è stata di rigetto della domanda proposta dagli attori , dovendo qui ricordarsi che, pur se gli effetti del giudicato sostanziale si estendono, anche in caso di rigetto della domanda, a tutte le statuizioni inerenti all’esistenza e alla validità del rapporto dedotto in giudizio, l’operatività di tale efficacia deve peraltro intendersi limitata alle statuizioni necessarie ed indispensabili per giungere alla decisione, non estendendosi, invece, alle enunciazioni puramente incidentali, nonché alle considerazioni prive di relazione causale con quanto abbia formato oggetto della pronuncia, ovvero di collegamento con il contenuto del dispositivo, trattandosi di affermazioni prive di efficacia decisoria. D’altra parte, deve escludersi la violazione dell’articolo 112 cod. procomma civ In primo luogo, appare fuori luogo l’accenno all’onere imposto al convenuto dall’articolo 167 cod. procomma civ., nel testo novellato dalla legge numero 353 del 1990 ed entrato in vigore dal 30 aprile 1995, posto che la citata norma nella formulazione invocata non trova applicazione al presente giudizio instaurato nel 1992. Ciòposto, gli attori avevano chiesto la declaratoria dell’esistenza del vincolo di destinazione a parcheggio, invocando l’atto di asservimento posto in essere dalla V. in occasione della richiesta della licenza edilizia secondo quanto imposto dall’articolo 18 legge numero 765 del 1967, nonché il successivo atto pubblico del 13-2-1971 pertanto, la verifica circa la valida costituzione del vincolo di destinazione a parcheggio ovvero della esistenza dei requisiti di legge in proposito previsti rientrava nell’indagine circa la esistenza dei fatti costitutivi della pretesa azionata che il giudice d’ufficio deve compiere. Ed al riguardo, deve ritenersi corretta la decisione della Corte di appello laddove ha escluso la prova della esistenza del summenzionato vincolo, avendo i Giudici ritenuto che non era stato possibile accertare il suo recepimento nella licenza edilizia, che non era stata prodotta, atteso che la costituzione del vincolo discende dal provvedimento dell’autorità che identifica e assoggetta alla destinazione a parcheggio la superficie nella misura richiesta dalla legge. Tale statuizione è evidentemente assorbente rispetto a quella - evidentemente formulata ad abundantiam - sulla mancata realizzazione del viale destinato a parcheggio, di guisa che la mancanza del vincolo rende inutile discutere in merito a eventuali errori compiuto al riguardo dalla Corte. Secondo motivo Motivazione insufficiente ed illogica con riguardo a questione decisiva espressamente prospettata, quale il diritto della V. all’assegnazione in proprietà esclusiva di porzione dell’area destinata a parcheggio articolo 360 numero 5 c.p.c. violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli articolo 1362 e segg. c.c., nonché di quella di cui all’articolo 2, 120 stesso codice articolo 360 numero 3 c.p.c. . I ricorrenti censurano la sentenza impugnata laddove, nel rigettare la domanda di rivendicazione dell’area destinata a parcheggio, aveva fatto riferimento al’atto di vendita del 13-2-1971 senza considerare che in quell’atto la V. aveva ceduto la quota di due terzi del suolo, rimanendo titolare di un terzo e che alla medesima i costruttori avrebbero dovuto attribuire la piena proprietà di un’area da destinare a parcheggio, da individuarsi successivamente e distaccarsi dalla ulteriore zona che costituiva la prosecuzione del viale antistante le costruzioni realizzate sul lato sud. La mancata individuazione dell’area aveva comportato il diritto di comunione quanto alla quota proporzionale alla volumetria dei sei appartamenti di proprietà della V. , per cui gli attori avevano il diritto imprescrittibile di chiedere lo scioglimento della comunione ai fini dell’assegnazione in proprietà esclusiva di detta area. Osservano ancora come del tutto inconferenti fossero state le argomentazioni tratte dall’istanza proposta dai coniugi D.B. V. a proposito della richiesta di trasformazione del passo da carraio a pedonale, avendo d’ufficio i Giudici tratto al riguardo mere illazioni. Il rigetto del autorizzazione confermava la destinazione a parcheggio dell’intera striscia di terreno. La Corte non aveva esaminato quanto emerso dagli atti del 5-2-1973 e del 21-7-1972. Andava dunque affermato a favore degli attori, il diritto di comproprietà per una estensione proporzionale alla volumetria dei sei appartamenti,sulla prosecuzione del viale antistante le due palazzine contigue, secondo quanto contrattualmente convenuto dalle parti che mai avevano modificato tale regolamentazione e una eventuale modifica sarebbe stata da formalizzare con atto scritto. D’altra parte, la previsione di attribuzione delle aree libere annesse al complesso edilizio non poteva ritenersi in contrasto con tale clausola, non essendovi alcuna incompatibilità. La Corte non aveva accertato, secondo i criteri di cui agli articolo 1362 e ss. cod. civ., la comune intenzione delle parti contraenti. 2.2. - Il motivo va rigettato. La sentenza, qualificando come rivendicazione la domanda proposta al riguardo dagli attori, ha esaminato la pretesa azionata anche sotto il profilo strettamente civilistico, interpretando la volontà negoziale consacrata con l’atto del 13-2-1971 alla stregua delle clausole contrattuali ovvero verificando se fosse stata o meno oggetto dell’alienazione di cui al predetto rogito, nella quota proporzionale stabilita, la striscia di terreno che rappresentava la prosecuzione di quella antistante al condominio è pervenuta al rigetto anche sotto tale profilo, che è evidentemente indipendente da quello pubblicistico di cui si è detto sopra. Se è vero, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, che - come denunciato dai ricorrenti - con l’atto del 13-2-1971 la V. si era riservata la quota ideale di un terzo del suolo oggetto di vendita a C. e T. , proporzionale alla volumetria necessaria per la realizzazione di 6 appartamenti, è altrettanto pacifico che con tale atto, da un canto, era attribuita la proprietà al C. e al T. delle aree libere annesse al complesso immobiliare e alla V. una zona di proprietà esclusiva da adibire al parcheggio di autovetture, che peraltro sarebbe stata individuata a cura dei costruttori e che non è stata mai determinata. Orbene, l’interpretazione data dai Giudici della volontà contrattuale non è certamente illogica, posto che l’affermazione secondo cui l’intera striscia di terreno era stata trasferita ai costruttori era una conseguenza logica che discendeva dalla clausola contrattuale in base alla quale sarebbero stati i costruttori a dovere individuare l’area da attribuire in proprietà esclusiva alla V. evidentemente tale previsione postulava che i costruttori erano divenuti proprietari della maggiore superficie da cui quella zona sarebbe stata distaccata in base a una scelta ai medesimi conferita dai contraenti. In effetti le doglianze, pur denunciando tra l’altro la violazione delle norme di cui agli att. 1362 e ss., si risolvono nella formulazione di una soggettiva interpretazione del contenuto degli atti esaminati dalla Corte in contrapposizione con quella accolta dalla sentenza impugnata. Al riguardo, va considerato che l’interpretazione del contratto, consistendo in un’operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, il cui accertamento è censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche, che deve essere specificamente indicata in modo da dimostrare - in relazione al contenuto del testo contrattuale - l’erroneo risultato interpretativo cui per effetto della predetta violazione è giunta la decisione, che altrimenti sarebbe stata con certezza diversa la decisione. Ne consegue che non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto già dallo stesso esaminati occorre ricordare che per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra. Cass. 7500/2007 24539/2009 . 3.1.- Terzo motivo Violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli articolo 1027, 1029, 1058 e 1079 c.c., nonché delle norme di ermeneutica contrattuale di cui agli articolo 1362 e segg., stesso codice articolo 360 numero 3 c.p.c. motivazione insufficiente ed illogica con riguardo a questione decisiva espressamente prospettata, comunque rilevabile d’ufficio, quale l’identificazione del fondo dominante e di quello servente in relazione alla proposta domanda confessoria servitutis articolo 360 numero 5, c.p.c. . Si censura la sentenza impugnata laddove, nel rigettare la confessoria servitutis pure azionata dagli attori, aveva ritenuto che il suolo sul quale avrebbero dovuto essere costituite le previste servitù a favore dei condomini era antistante le costruzioni, non avendo considerato che lo stesso aveva natura condominiale, per cui non poteva costituire il fondo servente, godendone i condomini iure proprietatis e non iure servitutis . Erroneamente ritenendo che il fondo servente dovesse identificarsi in parte con il viale di accesso antistante il condominio e in parte in quello attribuito in proprietà esclusiva della V. , i Giudici non avevano tenuto conto che la mancata individuazione di tale area e quindi del fondo servente non aveva consentito la valida costituzione delle servitù. Respingendo in modo semplicistico la relativa domanda, la Corte non aveva considerato che i costruttori, pur riservandosi la proprietà delle aree libere, avevano ceduto agli acquirenti delle singole unità immobiliari i proporzionali diritti di condominio sul viale di accesso e sull’area antistante le costruzioni. Il riferimento compiuto alla valida costituzione delle servitù per l’alterità del fondo servente, essendo il viale di accesso al complesso condominiale rimasto in proprietà del C. , era in contrasto con l’avvenuta cessione a favore dei condomini dei diritti sul viale di accesso e sull’area antistante le costruzioni. Si censura ancora la sentenza laddove aveva ritenuto che le servitù dovessero gravare esclusivamente sull’area di proprietà esclusiva della V. , quando le stesse dovevano ritenersi costituite anche sull’ulteriore zona destinata a parcheggio la mancata individuazione dell’area di proprietà esclusiva della V. non poteva precludere la costituzione delle servitù che, a stregua del tenore delle espressioni letterali usate, gravava sull’intera area destinata a parcheggio. Il che aveva trovato conferma nell’operato asservimento dell’area ceduta gratuitamente al Comune,ubicata all’estremo limite est del comprensorio, atteso che le parti avevano inteso assicurarne l’accesso e l’esecuzione degli allacci in previsione della realizzazione della nuova strada, cioè la via tale questione, seppure prospettata, non era stata esaminata dai Giudici così come non erano stai presi in considerazione le argomentazioni relative allo smaltimento delle acque meteoriche e alla servitù di veduta. In base a tali elementi doveva ritenersi che il fondo servente era quello acquistato dalla 2R Costruzioni srl, ubicato a est del complesso condominiale il che aveva trovato conferma nella modifica della servitù di veduta. Si denuncia che, nel verificare l’effettivo intento dei contraenti, non si era tenuto conto del comportamento successivo posto in essere dalle parti, mentre sarebbe stata necessaria l’interpretazione delle clausole le une per mezzo delle altre e, nel dubbio, nel senso in cui potevano avere un effetto. 3.2. - Il motivo è infondato. La sentenza ha escluso che le servitù fossero state costituite a favore del Condominio sulla intera striscia di terreno, destinata secondo l’atto di asservimento a parcheggio, avendo ritenuto che, per effetto della mancata individuazione della zona da attribuire in proprietà esclusiva alla V. , le stesse gravavano sul viale di accesso ed antistante il Condominio di via OMISSIS a favore anche del fondo inedificato del C. , il quale peraltro era rimasto comproprietario anche del detto viale di accesso, sicché era configurabile a favore del predetto fondo la predetta servitù. La doglianza, lamentando l’erroneità e illogicità delle determinazioni della sentenza sulla identificazione del fondo servente, si risolve nella censura dell’interpretazione di atti negoziali - laddove si denuncia che, in base alle clausole contrattuali, si sarebbe dovuta evincere la natura condominiale del viale antistante, sul quale sarebbero stati ceduti dai costruttori agli acquirenti delle singole unità immobiliari i proporzionali diritti di condominio - e dell’apprezzamento delle altre risultanze processuali in sostanza, i ricorrenti formulano una ricostruzione dei fatti difforme da quella accertata dalla sentenza impugnata. Orbene, vanno qui innanzitutto ribadite le considerazioni formulate a proposito dell’interpretazione del contratto e delle modalità con le quali la relativa censura puòessere fatta valere in sede di legittimità d’altra parte, va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi dell’articolo 360 numero 5 cod. procomma civ. deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che va verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non puòrisolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire in sostanza, ai sensi dell’articolo 360 numero 5 citato, la dedotta erroneità della decisione non puòbasarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione. 4.1.- Quarto motivo Violazione e falsa applicazione della norma di cui ai 2 comma dell’articolo 812 c.c., nonché dell’articolo 2043 c.c., stante l’esclusione del dedotto illecito civile e il disposto rigetto della domanda risarcitoria articolo 360 numero 3 c.p.c. motivazione contraddittoria e lacunosa con riguardo a un punto decisivo, quale l’avvenuto pregresso esaurimento della volumetria espressa dall’area di intervento, oltre l’omesso adempimento del l’obbligazione di assegnazione in proprietà esclusiva di porzione dell’area destinata a parcheggio articolo 360 numero 5 c.p.c. . Si censura la sentenza impugnata laddove aveva respinto la domanda di risarcimento dei danni relativamente all’illegittimo rilascio della concessione in base alla quale la 2R Costruzioni srl aveva edificato il nuovo fabbricato, pur avendo accertato i gravi vizi della concessione edilizia rilasciata, tenuto conto che non vi era alcun dubbio sul dolo della condotta posta in essere, attesa la consapevolezza della insuscettibilità edificatoria del suolo e la macchinazione ordita mentre la domanda di risarcimento non postula la preventiva impugnazione della concessione, il danno ingiusto non poteva essere escluso, attesa la potenzialità del danno, essendo stata chiesta la condanna generica, in considerazione del pregiudizio correlato al minor ingombro volumetrico,alla diminuzione di aria e luce, al maggior carico urbanistico nonché alla compromissione del futuro assetto della zona. 4.2.- Il motivo è fondato. La sentenza, pur avendo rilevato i gravi vizi della concessione edilizia rilasciata, ha escluso il risarcimento dei danni invocati dagli attori da un lato, rilevando erroneamente che la concessione non era stata impugnata - l’impugnazione dell’atto e la declaratoria di illegittimità da parte del giudice amministrativo non condizionano la proposizione dinanzi al giudice ordinario della domanda di danni derivanti dall’illegittimità del provvedimento - e che eventuali condotte collusive con l’Amministrazione non erano suscettibili di sindacato da parte del giudice ordinario, dall’altro, affermando che gli attori non avevano evidenziato e provato la lesione di diritti soggettivi perfetti. Orbene, premesso che l’azione risarcitoria è stata proposta nei confronti delle parti private e non nei confronti del Comune - per cui appare inutile esaminare questioni relative alla posizione della P.A.- e che gli attori avevano chiesto la condanna generica dei danni, qui occorre rilevare che i Giudici avrebbero dovuto a verificare la condotta - colposa o dolosa - tenuta dai convenuti per ottenere il rilascio della concessione edilizia in base alla quale la 2R Costruzioni aveva realizzato il fabbricato, onde accertare i presupposti di cui all’articolo 2043 cod. civ. b in caso di esito positivo, accertare la potenzialità dannosa del fatto addebitato, dovendo qui considerarsi che nell’atto di citazione gli attori, pur con riferimento alla violazione delle distanze legali poi esclusa dalla sentenza di appello. V per effetto dello ius superveniens , avevano comunque lamentato che la costruzione sul confine aveva comportato diminuzione di aria e luce nonché deprezzamento del valore degli immobili di loro proprietà, circostanze che avrebbero potuto e dovuto assumere rilievo sotto il profilo della violazione dell’articolo 872 cod. civ. e dell’eventuale conseguente lesione del diritto fatto valere dagli attori tale indagine non è stata in alcun modo compiuta dai Giudici di appello. Pertanto, vanno rigettati i primi tre motivi mentre la sentenza impugnata va cassata in relazione al quarto motivo, con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Bari. P.Q.M. Accoglie il quarto motivo del ricorso rigetta i primi tre cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Bari.