L’eventuale concorso di colpa con la vittima non esclude la responsabilità colposa dell’automobilista

L’automobilista deve regolare la propria condotta in modo che essa non costituisca pericolo per la sicurezza di persone o cose, tenendo anche conto della possibilità di comportamenti irregolari altrui, sempre che questi ultimi non siano assolutamente imprevedibili.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 39961 del 26 settembre 2013. Il caso. La Corte di Appello di Roma confermava in toto la sentenza di condanna di prime cure sulla cui scorta C.V. era stato condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione per i reati di cui agli artt. 589 e 590 c.p Più specificamente l’imputato, alla guida della propria autovettura, attraversando ad alta velocità un incrocio regolato da semaforo, non si avvedeva in tempo utile dell’altra autovettura che, provenendo dal senso di marcia opposto, stava svoltando a sinistra, andando così ad impattare violentemente contro la stessa e conseguentemente provocando il decesso di D.M. e causando lesioni personali gravi a D.L. e P.N.S., tutti passeggeri del secondo veicolo. I Giudici di merito, pur dando atto nelle motivazioni della sentenza che l’istruttoria dibattimentale non aveva consentito di stabilire con assoluta certezza se, al momento in cui C.V. attraversò con la propria autovettura il semaforo, lo stesso fosse caratterizzato da luce verde o rossa, ritenevano comunque di affermare la penale responsabilità dell’imputato per i delitti ad esso ascritti sulla scorta della ritenuta sussistenza di una condotta colposa. In particolare, la Corte di merito evidenziava come, indipendentemente dal rispetto o meno dell’impianto semaforico, l’autovettura di C.V. – sulla scorta di quanto emerso dalle consulenze tecniche – era dallo stesso condotta ad una velocità di circa 70 Km/h, quindi in duplice violazione delle norme del Codice della Strada afferenti sia il limite di velocità urbana di 50 Km/h che la necessaria ulteriore moderazione della velocità al passaggio da incroci. Donde, la condotta dell’imputato risultava essere connotata da negligenza, imprudenza ed imperizia laddove lo stesso avesse viaggiato ad una velocità moderata, avrebbe sicuramente potuto attuare una manovra di emergenza potenzialmente idonea a limitare le conseguenze dell’impatto con l’altra autovettura. Avverso la sentenza della Corte di Appello, l’imputato ricorreva per Cassazione, deducendo cinque differenti motivi di gravame in primis , inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione relativamente alla dedotta nullità ex art. 178 lett. c c.p.p. derivante dalla omessa acquisizione di una consulenza di parte e dell’omessa disposizione di una perizia d’ufficio da parte del primo Giudice. In secundis , violazione di legge, inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione con riferimento al percorso logico-giuridico utilizzato dai Giudici di merito per determinare la velocità dell’autovettura condotta da C.V., non essendo state adeguatamente valutate le dichiarazioni di due testi della difesa, entrambi passeggeri del veicolo condotto dall’imputato, dalle quali sarebbe emerso che la velocità del mezzo de quo non fosse superiore ai 50 km/h. Con il terzo e quarto motivo il ricorrente lamenta violazione di legge, inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione con riguardo sia al concorso di cause, che alla condotta asseritamente imprevedibile del secondo veicolo ed alla consequenziale ritenuta incidenza di tali profili sul nesso di causalità. Infine, con l’ultimo motivo, l’imputato deduce violazione di legge, inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio applicato. Il concorso di colpa non esclude la responsabilità colposa dell’automobilista. La Corte di Cassazione, con la sentenza de qua , ha avuto modo di riprendere e precisare alcuni importanti principi di diritto sostanziale e processuale. Anzitutto, quanto al primo motivo di ricorso, non è ravvisabile alcuna nullità, considerato che la perizia negata in primo grado è stata poi espletata in sede di appello, e che comunque non è stato specificamente dedotto alcun vizio motivazionale correlato all’omesso esame della consulenza di parte della difesa. Il secondo motivo concerne profili di merito improponibili in sede di legittimità, fermo restando che in punto di determinazione della velocità del veicolo condotto da C.V. la motivazione della Corte di merito risulta essere congrua ed adeguata, in quanto strutturata conformemente agli esiti istruttori. Per ciò che concerne, poi, i motivi di gravame afferenti il concorso di colpa con la vittima, i Supremi Giudici, conformandosi al maggioritario orientamento giurisprudenziale sul punto, hanno statuito come le norme sulla circolazione stradale hanno la funzione di imporre obblighi di diligenza e prudenza anche al fine di far fronte a situazioni di pericolo determinate da comportamenti imprudenti altrui – salvo che gli stessi siano totalmente imprevedibili – donde non è condivisibile l’assunto difensivo che pretende di ricavare l’esenzione da responsabilità dell’imputato sulla scorta della asserita condotta parimenti irrispettosa delle regole della circolazione stradale tenuta dal conducente dell’altro veicolo coinvolto nell’incidente.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 4 luglio - 26 settembre 2013, n. 39961 Presidente Romis – Relatore Esposito Ritenuto in fatto Con sentenza del 28/6/2012 la Corte d'Appello di Roma confermava la sentenza del giudice di primo grado che aveva giudicato C.V. responsabile dei reati di cui all'art. 589 c.p. e 590 c.p., tra loro unificati per continuazione, perché, alla guida dell'autovettura Volkswagen Lupo targata omissis , per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, nonché per violazione dell'art. 142 C.d.S., impegnando un incrocio regolato da semaforo alla velocità di 70 km orari, non si avvedeva in tempo utile dell'autovettura Fiat Uno targata omissis che, provenendo dall'opposta direzione di marcia, stava svoltando a sinistra e, urtando la stessa, provocava il decesso di D.M. , nonché lesioni personali gravi a D.L. e P.N.J. , le quali viaggiavano all'interno dell'autovettura antagonista in omissis . L'imputato era condannato alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione. In punto di responsabilità i giudici davano atto che l'istruttoria non aveva consentito di stabilire con certezza se l'imputato avesse impegnato l'incrocio con l'impianto semaforico segnalante luce verde o luce rossa con conseguente luce rossa o verde per il veicolo antagonista , poiché, in assenza di testimoni estranei ai fatti, erano divergenti le versioni degli occupanti delle due autovetture. Evidenziavano, tuttavia, che la responsabilità dell'imputato era in ogni caso sussistente, in ragione della velocità alla quale procedeva il C. oltre 70 km orari, a fronte di 36/37 km orari del D. . Pertanto, anche ove si ritenesse che l'impianto semaforico segnalasse luce verde, l'imputato avrebbe comunque violato il limite di velocità di 50 km orari e le norme del codice della strada che impongono di moderare particolarmente la velocità agli incroci. Osservavano che, se il C. avesse impegnato l'incrocio a una velocità più moderata e consona ai luoghi, avrebbe potuto effettuare manovre di emergenza, talché l'incidente avrebbe avuto conseguenze sicuramente meno gravi. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato, deducendo, con il primo motivo, inosservanza di norme processuali e vizio motivazionale. Osserva che, nel disattendere l'eccezione di nullità ex art. 178 lett. c c.p.p., la Corte d'Appello aveva rilevato che l'omessa acquisizione della consulenza tecnica della difesa e l'omessa disposizione di una perizia in primo grado era questione di merito e che, in ogni caso, il vizio era stato sanato a seguito della perizia disposta in secondo grado. Rilevava che la questione sollevata, riguardando l'assistenza e la rappresentanza nell'ambito del giudizio di primo grado, aveva inficiato la sentenza impugnata, determinandone un vizio insanabile, talché si sarebbe resa necessaria la rinnovazione integrale dell'istruttoria dibattimentale. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione in punto di determinazione della velocità, rilevando che non erano state tenute in adeguata considerazione le dichiarazioni testimoniali dei testi P. e Pi. , i soli che, viaggiando sulla stessa autovettura su cui viaggiava l'imputato, potessero percepire la velocità. Costoro avevano fatto riferimento a una velocità non superiore a 50 km orari, mentre non erano stati adeguatamente confutati i risultati della perizia prodotta dalla difesa. Deduce con il terzo motivo violazione di legge, inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione per avere la sentenza valutato esclusivamente la velocità tenuta dall'autovettura condotta dall'imputato e non anche l'altrui condotta, del tutto imprevedibile, da qualificare come abnorme, con inevitabile incidenza sul nesso di causalità. Con il quarto motivo deduce inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione in punto di concorso di cause. Rileva che era stata omessa la valutazione della condotta della vittima come causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento, giacché l'iter logico argomentativo non aveva tenuto conto che se la Fiat Uno avesse rispettato la segnaletica semaforica l'impatto non si sarebbe verificato. Osserva che, in ragione della grave condotta posta in essere dalla vittima, non era possibile imputare la causa dell'impatto esclusivamente alla velocità tenuta dall'imputato e che, inoltre, non era stata indicata la condotta alternativa che l'imputato avrebbe potuto tenere nella circostanza. Con l'ultimo motivo deduce, infine, violazione di legge, inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione per non avere la sentenza tenuto conto della giovane età e dell'incensuratezza dell'imputato, sì da determinare la pena in termini meno afflittivi. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va rigettato. In relazione al primo motivo è da rilevare che nessuna nullità della sentenza è ravvisabile, posto che l'attività di perizia richiesta e negata in primo grado è stata espletata in secondo grado, né è stato dedotto alcun vizio di motivazione correlato all'omesso esame della consulenza della difesa. Quanto al motivo sub 2, si evidenzia che con esso si propongono censure attinenti alla ricostruzione dei fatti, non consentite in sede di legittimità, a fronte di congrua motivazione - sulla scorta degli esiti della perizia effettuata in appello, sostanzialmente confermativi della consulenza del PM, che tiene conto di dati certi quali le tracce di frenata - in punto di determinazione della velocità tenuta dal veicolo condotto dal C. . È, altresì, infondato il terzo motivo di ricorso. Correttamente, infatti, la sentenza impugnata ha fatto riferimento all'orientamento giurisprudenziale che attribuisce alle norme sulla circolazione stradale la funzione di imporre obblighi di diligenza e prudenza anche al fine di far fronte a situazioni di pericolo determinate da comportamenti imprudenti altrui Cass. 26131/2008 in tema di responsabilità da sinistri stradali, l'utente della strada deve regolare la propria condotta in modo che essa non costituisca pericolo per la sicurezza di persone e cose, tenendo anche conto della possibilità di comportamenti irregolari altrui, sempre che questi ultimi non risultino assolutamente imprevedibili nello stesso senso Cass. 4518/2012 . Alla luce dell'esposto principio si evidenzia l'infondatezza della censura che pretende di trarre l'effetto di rendere l'imputato esente da responsabilità dalla condotta irrispettosa delle regole della circolazione stradale tenuta dal veicolo antagonista. Quanto alla censura di cui al quarto motivo, si evidenzia che la questione relativa all'incidenza del concorso di colpa della vittima nella determinazione dell'incidente non è stata posta con i motivi d'appello, talché il relativo tardivo rilievo resta sanzionato d'inammissibilità ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 606 c.p.p L'ultimo motivo di ricorso, infine, formulato in termini di genericità, è del pari infondato ove si consideri che le dedotte circostanze personalità e giovane età dell'imputato sono state prese in considerazione ai fini della ponderazione in termini di prevalenza delle attenuanti generiche sull'aggravante contestata e che la pena è stata determinata in termini prossimi al minimo edittale. Per tutte le ragioni indicate il ricorso va rigettato. Ne consegue per il ricorrente l'onere delle spese processuali, oltre quello, in solido con il responsabile civile, del rimborso delle spese di giudizio sostenute dalle parti civili, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Lo condanna, inoltre, in solido con il responsabile civile, a rimborsare alle parti civili P.J.N. e D.L. le spese di questo giudizio che liquida in Euro 2.500,00 - oltre accessori come per legge - per ciascuna delle parti civili stesse.