Sequestro preventivo per disastro ambientale: gli impianti possono essere utilizzati per la produzione o devono essere fermati?

Oltre che per le novità legislative, il mese di agosto è stato caratterizzato dall’emersione giudiziaria di una importante e drammatica vicenda e, cioè, il sequestro preventivo per disastro ambientale e altri reati di alcune aree dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa l’ILVA di Taranto. La vicenda ha determinato l’emersione di una serie di questioni giuridiche, istituzionali, politiche e sociali di rilevanti dimensioni toccando i delicati temi della tutela della salute, dell’ambiente, del lavoro e dell’impresa.

La delicatezza delle relazioni tra queste questioni è stato toccato nel momento in cui il Governo che pure è intervenuto stanziando ingenti fondi pubblici aveva rappresentato la possibilità di sollevare un conflitto di attribuzioni nei confronti dell’ordinanza del GIP di Taranto che aveva disposto il sequestro preventivo specificando, poi, che non era consentito all’impresa la facoltà d’uso degli impianti oggetto di sequestro. Ed anzi, era stato addirittura disposta la revoca dalla qualità di amministratore giudiziario del dott. Bruno Ferrante espressione, nel quartetto di amministratori giudiziari, della proprietà dell’ILVA e che era stato nominato dal Tribunale del Riesame. Il rapido evolversi della situazione determinava il susseguirsi di provvedimenti giudiziari la revoca e la sostituzione di un amministratore giudiziario e l’indicazione di modalità attuative del sequestro ad opera del GIP in attesa di altri provvedimenti in corso di elaborazione e dei quali si conosceva il solo dispositivo l’ordinanza del riesame . Senonché, è oggi disponibile, oltre al dispositivo, anche la motivazione dell’ordinanza emessa il 20 agosto 2012 dal Tribunale di Taranto in funzione di giudice del riesame che appare utile per comprendere, da un lato, l’attuale atteggiarsi del quadro accusatorio siamo ancora in fase di indagini preliminari nel corso delle quali è stato eseguito un incidente probatorio sulle emissioni dell’ILVA e, dall’altro lato, la funzione del sequestro preventivo disposto. La situazione ambientale di Taranto . Il punto centrale dell’ordinanza che è destinato - almeno allo stato a polarizzare l’attenzione dell’opinione pubblica, delle istituzioni e, soprattutto, della società - è senz’altro rappresentato dagli accertamenti sulla qualità dell’aria, del suolo e dei reperti animali. A tal proposito il Tribunale scrive che esiste non soltanto una «oggettiva e innegabile inadeguatezza dei sistema di protezione ambientali adottati dal Gestore» ma esiste anche «una situazione di pericolo ancora in atto e di danno per l’ambiente circostante e, in definitiva, per la salute e la vita dei cittadini di Taranto, in particolare quelli residenti nei quartieri più prossimi all’area dello stabilimento il rione Tamburi e il centro della città » pag. 50 . Ed infatti, oltre ai dati epidemiologici che avevano registrato un «significativo eccesso di tumori polmonari e vescicali», la situazione ambientale era percepibile in quanto le facciate e i tetti dei palazzi, le strade e gli arredi urbani erano «massicciamente ricoperti imbrattati di una coltre di polveri ferrose di colore rossastro» con ogni conseguenza in punto di «gravissimo ed ormai insostenibile rischio sanitario» pag. 69 . Peraltro, - sempre secondo quanto è dato comprendere - quella situazione di grave pericolo sarebbe“ «stata causata dall’attività inquinante dello stabilimento siderurgico dell’ILVA, protrattasi per anni nonostante le osservazioni e i rilievi mossi al riguardo dalle autorità preposte alla salvaguardia dell’ambiente e della salute» pag. 51 . Ne deriva, allo stato, che «la gestione dello stabilimento ILVA di Taranto sia stata caratterizzata da gravissime criticità che hanno provocato e tuttora provocano gravissimi danni all’ambiente e alla salute delle persone e come l’attuale gruppo dirigente si sia insediato in un periodo, a partire dall’anno 1995 in cui erano noti gli effetti gravemente nocivi del tipo di emissioni prodotte dallo stabilimento gli effetti dannosi, la capacità inquinante della diossina e degli IPA erano già conosciuti da diversi anni » pag. 76 . La contestazione del disastro ambientale . Orbene, in forza delle risultante della perizia, secondo il Tribunale del Riesame, è senz’altro integrata ricordiamo che qui siamo in fase cautelare e, quindi, la valutazione del giudice riguarda il fumus boni iuris oltre che il periculum in mora la fattispecie di disastro ambientale articolo 434 c.p. sia nel suo elemento materiale emissioni nocive e inquinanti che psicologico la coscienza e volontà troverebbe conferma nella «scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti che si sono avvicendati alla guida dell’ILVA i quali hanno continuato a produrre massicciamente nella inosservanza della norme di sicurezza dettate dalla legge e di quelle prescritte, nello specifico dai provvedimenti autorizzativi» pag. 81 . Ma oltre al reato di disastro ambientale vi sono stati anche altri addebiti tra i quali l’omissione di cautele per evitare infortuni sul lavoro articolo 437 c.p. , l’avvelenamento di acque o di sostanze alimentari articolo 439 c.p. . Il provvedimento sequestro preventivo degli impianti . Oltre che per gli addebiti mossi, l’ordinanza del Tribunale è, pure, importante perché consente di approfondire un altro tema che è stato oggetto di acceso dibattito in questo periodo e, cioè, la funzione del sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Taranto. A tal proposito è bene premettere un’osservazione il capo di imputazione relativo al disastro ambientale sussiste tanto nella forma commissiva che omissiva laddove quest’ultima forma consiste nel «non aver impedito il perpetuarsi e l’aggravarsi di tale disastro attualmente ancora in atto, e che potrà essere rimosso solo con imponenti e onerose misure d’intervento, la cui adozione, non è più procrastinabile» pag. 82 . Ed allora, poiché non è più eludibile la messa in sicurezza il sequestro preventivo è necessario proprio per «sottra[rre] al Gestore la disponibilità delle predette aree e degli impianti ivi esistenti, allo scopo di eliminare tutte le disfunzioni sopra segnalate che determinano le emissioni diffuse e fuggitive» pag. 116 . Ond’è che appare evidente che il sequestro è finalizzato all’adozione di tutte le migliori tecniche disponibili che evitino le emissioni nocive e inquinanti come pre-condizioni per l’esercizio dell’attività di impresa. Ed infatti, il Tribunale del Riesame conferma sul punto l’ordinanza del GIP che aveva imposto «l’immediata adozione del sequestro preventivo - senza facoltà d’uso - delle aree e degli impianti sopra indicati, funzionale alla interruzione delle attività inquinanti» pag. 117 . Sebbene il Tribunale modifichi in parte le modalità esecutive, esso precisa a scanso di equivoci che l’obiettivo «è uno ed uno soltanto, ovverosia il raggiungimento, il più celermente possibile, del risanamento ambientale e l’interruzione delle attività inquinanti» pag. 118 . Da ciò deriva che non spetta al Tribunale decidere se spegnere o no l’altoforno che rappresenta una delle scelte tecniche possibili bensì ai custodi - amministratori sotto la vigilanza dell’autorità giudiziaria pag. 119 . Del resto da nessuna parte - scrive il Tribunale del riesame - «si legge che l’unica strada perseguibile al fine di raggiungere la cessazione delle emissioni inquinanti [] sia quella della chiusura dello stabilimento e della cessazione dell’attività produttiva» pag. 119 . Ecco allora che per evitare di compromettere da subito la possibile ripresa dell’attività produttiva una volta risanato il tutto , in sede di bilanciamento di interessi contrapposti e nella consapevolezza che quello alla salute è prioritario è opportuno che le scelte tecniche siano affidate ai custodi e che nella qualità di custode sia individuato il dottor Bruno Ferrante così che i custodi possano avere anche le disponibilità economiche sicuramente richieste in questo frangente. In conclusione l’ordinanza del Tribunale del Riesame nella parte del sequestro preventivo non abbiamo qui neppure per cenni esaminato la parte relativa alle singole responsabilità e alle misure cautelari personali appare essere espressione di un ragionato ed equilibrato uso dello strumento cautelare e di una consapevolezza di una chiara distinzione dei piani giudiziario e amministrativo che, soltanto in sinergia, potranno garantire migliori condizioni di vita.

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