L’indennità omnicomprensiva copre tutti i danni

L’indennità prevista dall’articolo 32 l. numero 183/2010 c.d. «Collegato Lavoro» , si riferisce al danno subito dal lavoratore, ossia alla perdita della retribuzione ed accessori per il periodo compreso tra l’allontanamento dal posto di lavoro e la sentenza di merito, restando invece escluso quanto a questi dovuto per l’eventuale ricostruzione della carriera una volta unificati i diversi rapporti a termine in un unico rapporto a tempo indeterminato.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza numero 13732 depositata il 17 giugno 2014. Il caso. La Corte d’Appello di Cagliari, riformando la pronuncia di primo grado, accoglieva la domanda di un lavoratore diretta all’accertamento della nullità dei termini apposti ai contratti di lavoro subordinato sottoscritti con un noto vettore aereo, con condanna di quest’ultimo alla riammissione in servizio oltre al pagamento di un’indennità pari a 5 mensilità di retribuzione globale di fatto, degli scatti biennali di anzianità e di ogni altro elemento derivante dall’anzianità di servizio in relazione ai periodi effettivamente lavorati. Ritenevano i Giudici di secondo grado che nella specie, contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente ed a dispetto del lungo tempo passato, non si fosse verificata una risoluzione per mutuo consenso del rapporto, risultando a questi fini irrilevante l’inerzia dell’interessato per il semplice decorso del tempo. L’inerzia del lavoratore non basta per la risoluzione del contratto. Contro tale pronuncia la società ricorreva alla Corte di Cassazione lamentando, con un primo motivo, l’errata applicazione dell’articolo 1372 c.c. nella parte in cui i Giudici di merito avevano ritenuto che il comportamento «silente» del lavoratore, protratto per lunghi anni, non fosse sufficiente a risolvere il rapporto di lavoro. Motivo che tuttavia non viene condiviso dalla Corte la quale, richiamando numerosi suoi precedenti Cass., nnumero 1223/2013 e 16932/2011 , ribadisce che solo una chiara e certa volontà comune delle parti - risultante dal tempo trascorso dall’ultimo contratto, dalle modalità di conclusione del rapporto, dal comportamento tenuto dalle parti e da altre eventuali circostanze significative - può essere idonea a far cessare il rapporto di lavoro. La valutazione di tali elementi spetta al Giudice di merito che nella specie, ad avviso della Corte, aveva offerto una coerente e logica valutazione delle circostanze sottoposte al suo esame. L’indennità omnicomprensiva copre quasi tutto. Con un secondo motivo di impugnazione la società lamentava come l’indennità prevista dall’articolo 32 del c.d. «Collegato lavoro», poiché espressamente qualificata dal Legislatore come «omnicomprensiva», «subentra ed assorbe qualsiasi differenza retributiva connessa al riconoscimento dell’esistenza di un rapporto a tempo indeterminato» e deve comprendere, pertanto, anche ogni incremento legato all’anzianità e/o alla progressione di carriera nonché ogni compenso successivo al termine del rapporto. Motivo che viene parzialmente condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, precisa che nell’ambito dell’indennità in discorso deve essere compreso il pagamento delle differenze retributive per il periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia di merito, «in quanto tali differenze si riferiscono al danno subito dal lavoratore e da liquidare con carattere “forfetario” ed “omnicomprensivo”» nello stesso senso Cass. numero 3056/2012 . I periodi effettivamente lavorati devono tuttavia essere ricondotti ad un unico rapporto. Fuori dai suddetti limiti temporali, ad avviso della Corte, rispetto ai periodi di effettiva prestazione lavorativa - unificati, a seguito della pronuncia di merito, in un unico rapporto a tempo indeterminato - deve tuttavia essere riconosciuta l’anzianità retributiva e contributiva e gli scatti successivi alla ricostituzione del rapporto. La previsione, ancorché retroattiva, è costituzionalmente legittima. Sotto altro profilo la Corte, decidendo su una doglianza formulata dal lavoratore, ritiene che l’efficacia retroattiva della norma sia conforme ai principi costituzionali in quanto, come già rilevato dalla Corte Costituzionale sent. numero 303/2011 , tale effetto risulta giustificato dallo scopo di dare certezza ai rapporti giuridici al fine di superare le incertezze applicative che aveva generato il previgente sistema.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 23 aprile – 17 giugno 2014, numero 13732 Presidente Roselli – Relatore De Renzis Ritenuto in fatto e in diritto 1. Il Tribunale di Tempio Pausania con sentenza numero 158 del 2010 rigettava il ricorso proposto da P.comma nei confronti di MERIDIANA S.p.A., volto ad ottenere l'accertamento e la dichiarazione della nullità del termine apposto ai contratti stipulati tra le parti in diversi periodi, di cui il primo intercorso tra il 1 aprile 1993 e il 30 settembre 1995, nonché il ripristino del rapporto di lavoro a decorrere dalla stipula del primo contratto, e conseguente condanna al pagamento delle retribuzioni intermedie. Il Tribunale motivava la decisione negativa, emessa anche nei confronti della MERIDIANA FLY intervenuta nel giudizio in qualità di successore a titolo particolare nel diritto controverso, ritenendo che il rapporto si fosse risolto per mutuo consenso, stante il lungo lasso di tempo trascorso, indicativo di un inequivoco disinteresse del ricorrente alla prosecuzione dell'attività lavorativa. 2. Tale decisione, appellato, dall'originario ricorrente, è stata riformata dalla Corte di Appello di Cagliari Sezione distaccata di Sassari con sentenza numero 267 del 2011, che ha dichiarato che tra le parti si era instaurato un rapporto a tempo indeterminato dall'aprile 1995 ed ha condannato Meridiana alla ricostruzione della carriera, tenuto conto dell'anzianità corrispondente alla somma dei periodi del servizio prestato a tempo determinato, nonché al pagamento delle differenze retributive conseguenti a tale ricostruzione, oltre al risarcimento del danno in favore dell'appellante nella misura di cinque mensilità. La Corte territoriale, disattesa la statuizione del primo giudice riguardante la risoluzione del contratto per mutuo consenso, non assumendo rilevanza l'inerzia dell'interessato per il semplice decorso del tempo, ha accolto il ricorso del P. per non avere la società provato il rispetto della percentuale legale prevista per le assunzioni a temine rispetto al personale in servizio, e conseguentemente ha dichiarato la nullità della clausola del termine apposta al rapporto, con trasformazione dello stesso a tempo indeterminato sin dal primo contratto dell'aprile 1995 intervenuto tra la Meridiana e il lavoratore come assistente di, volo, ritenendo dovuti gli scatti biennali e ogni altro elemento derivato dall'anzianità in relazione ai periodi effettivamente lavorati. 3. La MERIDIANA FLY S.p.A. e la MERIDIANA S.p.A. ricorrono per cassazione con due motivi, illustrati con memoria ex articolo 378 CPC. Il lavoratore ha resistito con controricorso e ha depositato note di replica alle conclusioni rese in udienza dal P.M 4. In via preliminare va rilevata la tardività del controricorso, essendo stato notificato il 26 marzo 2014, ben oltre il termine previsto dall'articolo 370 CPcomma 5. 5. Con il primo motivo le ricorrenti, lamentano violazione e falsa applicazione dell'articolo 1372 1 primo comma Cod. Civ., sostenendo che il giudice di appello non ha fatto corretta applicazione della richiamata norma, giacché il comportamento del lavoratore era stato inerte o silente per tanti anni, da qualificare, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, come concludente e comportante quindi la risoluzione del rapporto. Il motivo è infondato. La giurisprudenza della Corte di Cassazione cfr ex plurimis Cass. numero 1223 del 2013 Cass. numero 16932 del 2011 Cass. numero 23319 del 2010 Cass. numero 23554 del 2004 ritiene che nel giudizio instaurato per il riconoscimento di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell'illegittima apposizione ai contratto di un termine finale scaduto, è configurabile la risoluzione del rapporto per mutuo consenso, qualora sia accertata per il tempo trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto, nonché, per le modalità di tale conclusione, per il comportamento tenuto dalle parti e per altre eventuali circostanze significative una chiara e certa comune volontà delle parti di porre fine ad ogni rapporto lavorativo la valutazione del significato e della portata di tali elementi spetta al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici e/o errori di diritto. Nel caso di specie il giudice di merito si è attenuto al richiamato principio osservando che dal semplice decorso del tempo e dall'inerzia dell'interessato non si poteva dedurre la rinuncia all'esercizio del diritto, non essendo emersi altri elementi di fatto dai quali trarre il convincimento che l'attesa prima dell'inizio dell'azione giudiziaria avesse altre e più complesse cause. Tale valutazione, sorretta da adeguata e logica motivazione, si sottrae quindi alle doglianze delle ricorrenti. 6.1. Con il secondo motivo le ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell'articolo 32, comma 5, della legge numero 183 del 2010, osservando che tale ius superveniens, secondo cui l'indennità risarcitola deve essere determinata nella misura compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, va applicata anche rispetto alla pronuncia della sentenza impugnata, e ciò con riferimento a ogni conseguenza economica connessa e derivante dalla dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro in questione. L'indennità omnicomprensiva, ad avviso delle ricorrenti, subentra ed assorbe qualsiasi differenza retributiva connessa al riconoscimento dell'esistenza di un rapporto a tempo indeterminato, ivi compreso, quindi, ogni incremento legato all'anzianità e/o alla progressione di carriera nonché ogni compenso successivo al termine del rapporto ovvero alla messa in mora del datore di lavoro. Le esposte censure sono fondate entro i limiti che di seguito si indicano. Al riguardo va precisato che rientra nell'ambito della previsione di cui all'articolo 32 5 comma anzidetto il pagamento delle differenze retributive relative al periodo compreso tra l'allontanamento dal posto di lavoro e la sentenza di merito, in quanto tali differenze si riferiscono al danno subito dal lavoratore e da liquidare con carattere forfetario ed omnicomprensivo cfr Cass. numero 3056 del 2012 . Tutto quanto dovuto, entro questi limiti temporali, a titolo di retribuzione, compresi eventuali scatti di anzianità non pagati, deve essere compreso nell'indennità risarcitoria dell'articolo 32 cit Non altrettanto può dirsi di quanto, fuori dei detti limiti temporali, spetta al lavoratore per la ricostruzione della carriera, una volta unificati i diversi rapporti a tempo determinato in un unico rapporto a tempo indeterminato, riguardando la ricostruzione, come correttamente evidenziato dal giudice di appello, i periodi di effettiva prestazione dell'attività lavorativa, con conseguente riconoscimento dell'anzianità retributiva e contributiva e relativi scatti successivi al periodo di cui sopra. 6 bis. Non possono essere condivise le richieste della difesa della parte intimata avanzate oralmente in sede di discussione e ribadite nelle note di replica alle conclusioni del PM rese in udienza, con riguardo, da un lato, all'illegittimità della norma in questione articolo 32 5 comma della legge numero 183 del 2010 in relazione agli arrt. 11 e 117 della Cost. e, dall'altro lato, al rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di Giustizia UE con riferimento alle clausole ella Direttiva CE numero 70 del 1999 ed al relativo accordo quadro intersindacale. L'eccezione di incostituzionalità, per contrasto con l'articolo 6 CEDU e quindi con l'articolo 117, primo comma Cost., è manifestamente infondata. Il contrasto dell'articolo 32 della L. numero 183 del 2010 con tali norme è stato escluso dalla Corte Costituzionale con la sentenza numero 303 del 2011. La portata retroattiva del comma 5 dell'articolo 32 è giustificata dallo scopo, imperativo e di interesse generale, di dare certezza ai rapporti giuridici delle parti dei rapporti di lavoro, coinvolte in rilevanti processi produttivi, al fine di superare le incertezze applicative a cui aveva dato luogo il sistema previgente. Né può essere trascurato lo scopo di alleviare i costi del lavoro eccessivi che, a causa di quelle incertezze, possono gravare sulle imprese. La valutazione del motivo di interesse generale evidente ed imperativo interet generai evident et imperieux Corte EDU, 26 marzo 2006, Scordino c. Italia , che possono giustificare la deroga a principi e norme dell'ordinamento EDU, ben può essere lasciata alla valutazione del giudice costituzionale, ossia dell'organo dell'ordinamento interno. È ben vero che questi motivi non possono essere soltanto d'ordine finanziario Corte EDU, Di Maggio ed altri c. Italia , ma nel caso attuale si tratta di considerare un quadro giuridico, sociale ed economico complessivo, nel quale deve essere inserito quel motivo imperativo, e l'apprezzamento non può esser compiuto che dall'organo interno. Spetta dunque al giudice costituzionale di sindacare le scelte del legislatore nazionale, le quali costituiscono il risultato di conoscenze, anche statistiche e finanziarie, che non possono prescindere dalle condizioni economiche e sociali sulle quali la disciplina normativa deve incidere, condizioni che possono variare in misura rilevante in ciascuno dei paesi, con la conseguenza che una statuizione legislativa da ritenere irragionevole o abusiva in una situazione nazionale può essere giustificata in altra situazione. Se così non fosse, si potrebbe giungere a pronunce della giurisdizione comune impositive di gravi pesi per il bilancio dello Stato, ma estranee ai processi di progettazione della fiscalità e della spesa, le quali rischierebbero di sacrificare interessi anch'essi tutelati da norme di livelli Europeo. Non corrisponde al vincolo Europeo che l'apprezzamento di dati e fatti bilancio noti al potere politico, ma non a quello giudiziario, sia condizionato da sentenze che, destinando risorse in una direzione, possano sacrificare altri obiettivi anch'essi imposi dalla Convenzione EDU o anche dall'appartenenza all'Unione. Non potrebbero richiamarsi in contrario le osservazioni svolte davanti alla Corte di Giustizia UE il 15 settembre 2011 nella causa Jansen C133/10 dall'Avvocato Generale Jaaskinen, il quale ipotizza che i datori di lavoro pubblici, fissando le loro priorità di bilancio, possano precostituire il motivo giustificativo della sequela di contratti a tempo determinato, eludendo così i principi essenziali del diritto del lavoro. La verifica di questa ipotesi e delle possibilità di adoperare strumenti legislativi diversi esula dalle possibilità della giurisdizione ordinaria. Anche il contrasto dell'articolo 32, comma 5 cit., con la normativa comunitaria è stato negato dalla Corte Costituzionale nella sentenza sopra richiamata, che ha ritenuto la conversione del contratto a termine e la comminatoria dell'indennità risarcitoria idonea a contrastare l'abusivo ricorso al termine nei contratti di lavoro. 7. In conclusione, disatteso il primo motivo, va accolto il secondo in parte qua e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari. Il giudice di rinvio si atterrà al seguente principio di diritto L'articolo 32, comma 5, legge numero 183 del 2010 commisura l'indennità, dovuta nei casi di conversione del contratto a tempo indeterminato, all'ultima retribuzione globale di fatto, così riferendosi al danno subito dal lavoratore, ossia alla perdita della retribuzione ed accessori , per essere stato allontanato dal proprio posto nel periodo compreso fra l'allontanamento e la sentenza di merito. L'espressione omnicomprensiva, adoperata dal legislatore con riferimento all'indennità, si riferisce soltanto al danno ora detto, e non a quanto spetta al lavoratore per eventuale ricostruzione della carriera, una volta unificati i diversi rapporti a tempo determinato in un unico rapporto a tempo indeterminato . Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo del ricorso ed accoglie il secondo con riguardo alla perdita delle retribuzioni spettanti al lavoratore tra l'estromissione dal posto di lavoro e la sentenza di merito. Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione.