Omosessualità come reato nel Paese d’origine, permesso di soggiorno all’immigrato gay

Azzerato così il provvedimento di espulsione ufficializzato con decreto prefettizio. Fondamentale il fatto che i gusti sessuali dell’uomo possano essere motivo di persecuzione in patria. A corollario anche l’adesione al Cristianesimo va valutato come possibile fonte di rischio.

Omosessualità come fonte di discriminazione. Ancora oggi, appena entrati nel ventunesimo secolo Di conseguenza, è legittimo il riconoscimento del permesso di soggiorno «per motivi umanitari» all’immigrato, arrivato in Italia, che denuncia il pericolo di persecuzione in patria alla luce dei propri gusti sessuali Cassazione, ordinanza numero 11586, Sesta sezione Civile, depositata oggi . Probatio. Scintilla decisiva è il rigetto, da parte della competente Commissione territoriale, della domanda di protezione internazionale presentata in Italia da un cittadino tunisino. Da lì, però, il percorso è altalenante il Tribunale nega lo status di rifugiato, ma riconosce il permesso di soggiorno per motivi umanitari, che viene poi cancellato dalla Corte d’Appello. Nodo gordiano è, soprattutto, l’identità sessuale dell’uomo, il quale ha evidenziato il rischio di persecuzione, in caso di ritorno ‘forzato’ in patria, a causa della propria omosessualità «punita come reato in Tunisia». Senza dimenticare i problemi legati alla sua fede cristiana Tale visione, però, è condivisa dai giudici del Tribunale, ma respinta dai giudici d’Appello per questi ultimi, difatti, «manca la prova dell’asserita omosessualità e dell’adesione al Cristianesimo». Precedente. Su quest’ultimo punto, ossia la mancanza, secondo i giudici d’Appello, della ‘prova provata’, però si sofferma l’uomo, che, attraverso il proprio legale, presenta ricorso in Cassazione, evidenziando un elemento di rilievo la pronuncia del Tribunale con cui era stato accolto il ricorso dell’uomo contro il decreto prefettizio di espulsione emesso perché «persona socialmente pericolosa». Proprio in quell’occasione, viene ricordato, era stato il Tribunale ad applicare il divieto di espulsione «a causa del pericolo di persecuzione» cui l’uomo era esposto nel proprio Paese, essendone stata accertata «l’omosessualità» ed essendo stato verificato che essa «è perseguita in Tunisia come reato». Tale precedente pronunciamento ha un enorme valore. A riconoscerlo sono i giudici di Cassazione, sottolineando che esso è «definitivo, non risultando impugnato» e conduce al «diritto» dell’uomo «al rilascio, da parte del Questore, di un permesso di soggiorno per motivi umanitari», proprio considerando quanto acclarato in Tribunale. Cristallina la situazione, consequenziale dovrà essere la decisione in Appello, a cui la questione viene riaffidata dai giudici di Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 18 aprile – 10 luglio 2012, numero 11586 Presidente Salmè – Relatore De Chiara Considerato 1. - Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione del giudicato di cui al decreto 22 febbraio 2008 del Tribunale di Trieste, depositato il 28 febbraio successivo e non impugnato, con cui era stato accolto il ricorso del M. avverso il decreto prefettizio di espulsione emesso nei suoi confronti il 10 dicembre 2007 in quanto persona socialmente pericolosa. In quell’occasione, infatti, il Tribunale aveva applicato il divieto di espulsione di cui all’articolo 19, comma 1, d.lgs. 25 luglio 1998, numero 286, a causa del pericolo di persecuzione cui il ricorrente era esposto nel suo paese, avendo accertato sia l’omosessualità del ricorrente sia il fatto che la stessa è perseguita in Tunisia come reato. 1.1. - Il motivo è fondato. Il provvedimento del Tribunale di Trieste invocato e prodotto dal ricorrente ha effettivamente il contenuto sopra indicato e deve ritenersi definitivo non risultando che sia stato impugnato. Ciò significa che un giudice ha accertato, con provvedimento avente sostanza di sentenza e passato in giudicato, il diritto del ricorrente a non essere espulso dal territorio nazionale il che comporta necessariamente anche il diritto del medesimo al rilascio, da parte del Questore, di un permessa di soggiorno per motivi umanitari, come espressamente previsto dall’articolo 28, lett. d , reg. di attuazione del d.lgs. numero 286 del 1998, cit., approvato con d.P.R. 31 agosto 1999, numero 394. Non essendo stati accertati né dedotti fatti successivi che superino tale giudicato, la sentenza impugnata non può che essere cassata per violazione del giudicato stesso. 2. - I restanti motivi di ricorso, con cui si censura la mancata assunzione delle testimonianze dedotte a dimostrazione dell’omosessualità del ricorrente secondo motivo , la violazione dei criteri di valutazione delle domande di protezione internazionale terzo motivo e la carenza di motivazione quanto all’adesione del ricorrente alla religione cristiana quarto motivo , sono assorbiti. 3. - La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al giudicato di cui si è detta e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione.