Nonostante l’evoluzione della vicenda giudiziaria penale, viene ritenuta legittima la decisione del Consiglio nazionale forense che revoca l’accoglimento, da parte dell’Ordine, della domanda presentata dall’aspirante avvocato. Fondamentale il principio della «condotta specchiatissima ed illibata».
Prima l’accusa di falsità ideologiche, commesse durante il periodo della pratica forense, poi la condanna. A distanza di tempo, però, arriva anche il provvedimento di riabilitazione penale. Eppure è legittimo il ‘blocco’ definitivo all’iscrizione all’Ordine degli avvocati Cassazione, sentenza numero 11139, sezioni Unite Civili, depositata oggi . Avvocato ‘virtuale’ Pomo della discordia è la deliberazione di un Consiglio dell’Ordine degli avvocati, che recepisce la domanda di iscrizione nell’albo professionale di un aspirante avvocato, che si accinge a festeggiare Ma i tappi debbono rientrare nelle bottiglie di champagne difatti, il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello impugna la decisione dinanzi al Consiglio nazionale forense, richiamando la condanna penale subita dall’avvocato ‘virtuale’ all’epoca della pratica forense, e il Consiglio nazionale forense recepisce prontamente. Decisivi, a questo proposito, i fatti addebitati a livello penale, tali da «compromettere il requisito della ‘condotta specchiatissima ed illibata’» necessaria per l’iscrizione. E irrilevante è la circostanza del «provvedimento di riabilitazione penale» ottenuto a posteriori. Macchia indelebile. Proprio tale passaggio, ossia la riabilitazione ottenuta dal professionista, viene richiamato nel ricorso proposto per cassazione dall’aspirante avvocato. Questa la ‘carta’ giocata per rimettere in discussione il niet arrivato dal Consiglio nazionale forense alla risposta positiva dell’Ordine alla domanda di iscrizione. Ma il richiamo all’evoluzione della vicenda giudiziaria penale non ottiene l’effetto sperato. Secondo i giudici di Cassazione, difatti, è legittima la distinzione operata dal Consiglio nazionale forense tra «effetti penali di una condanna e dell’eventuale riabilitazione», da un lato, e «accertamento dei fatti storici», dall’altro, e, allo stesso tempo, è corretto considerare che «la valutazione deontologica, sottesa al provvedimento d’iscrizione nell’albo, operi su un piano diverso da quello del processo penale e della successiva riabilitazione». Seguendo questa linea di pensiero, è fondato il «giudizio negativo» espresso dal Consiglio nazionale forense in autonomia rispetto alle «pronunce dell’autorità giudiziaria», anche tenendo presente che la condotta censurata ha riguardato «aspetti propri dell’attività forense» e si è concretizzata in «comportamenti tenuti» dall’oramai ex aspirante avvocato quando «benché ancora praticante, era ormai in età sufficientemente matura per avere piena consapevolezza della gravità del proprio agire».
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 5 giugno – 4 luglio 2012, numero 11139 Presidente Rovelli – Relatore Rorodorf Esposizione del fatto Con ricorso del 26 agosto 2010 il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Palermo ha impugnato dinanzi al Consiglio nazionale forense la deliberazione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo che aveva iscritto nell’albo professionale il dott. I.A., quantunque egli avesse riportato condanna penale per falsità ideologiche commesse nell’anno 1996 durante l’esercizio della pratica forense. II Consiglio nazionale forense, con decisione depositata il 9 settembre 2011, ha accolto il ricorso perché ha stimato che i fatti addebitati al dott. A., benché risalenti nel tempo, siano tali da compromettere tuttora il requisito della “condotta specchiatissima ed illibata” cui l’articolo 17 del r.d. numero 1578 del 1933 subordina l’iscrizione nell’albo degli avvocati, non rilevando in contrario la circostanza che il predetto dott. A. abbia in seguito ottenuto a un provvedimento di riabilitazione penale. Il dott. A. ha proposto ricorso per cassazione, denunciando vizi di motivazione della decisione impugnata. Nessuno degli intimati ha svolto difese. Ragioni di diritto della decisione Il ricorso non è meritevole di accoglimento. La valutazione operata dal Consiglio nazionale forense, se immune da vizi logici e giuridici, non può formare oggetto di sindacato da parte di questa Corte, la quale deve limitarsi a controllare l’esattezza e la congruità della decisione senza possibilità di sostituirsi al Consiglio nell’apprezzamento della rilevanza, ai fini deontologici, dei fatti ascritti al professionista cfr. Cass. numero 20360 del 2007, numero 20160 del 2010 e numero 25932 del 2011 . Analogo principio dev’essere affermato con riguardo alla valutazione del requisito della “condotta specchhiatissima ed illibata” che il Consiglio nazionale forense è chiamato a verificare ai fini dell’iscrizione nell’albo professionale. La motivazione che, nel caso in esame, sorregge la decisione adottata non è affetta dai vizi d’illogicità che il ricorrente le addebita. Correttamente, infatti, il Consiglio nazionale forense ha distinto tra gli effetti penali di una condanna così come di un provvedimento di irrogazione di pena a seguito di patteggiamento e dell’eventuale riabilitazione, da un lato, e dall’altro l’accertamento dei fatti storici - qui, del resto, non contestati - sui quali quella condanna si è basata ed altrettanto correttamente ha considerato come la valutazione deontologica sottesa al provvedimento d’iscrizione nell’albo operi su un piano diverso da quello del processo penale e della successiva riabilitazione. Il giudizio negativo in ordine al requisito occorrente per l’iscrizione è stato pertanto espresso in modo del tutto autonomo, rispetto alle diverse pronunce dell’autorità giudiziaria cui sopra s’è fatto cenno, e la valutazione in base alla quale la passata condotta del dott. A. è apparsa ostativa alla sua iscrizione nel predetto albo - valutazione fondata sulla reiterazione dei comportamenti censurabili, sulla diretta inerenza di tali comportamenti ad aspetti propri dell’attività forense e sul rilievo che essi sono stati tenuti quando l’autore, benché ancora praticante, era ormai in età sufficientemente matura per avere piena consapevolezza della gravità del proprio agire - non appare né illogica né inadeguata. Aggiungasi che la conclusione cui il Consiglio nazionale è pervenuto non è in contraddizione con l’affermazione secondo la quale il professionista radiato per condanna penale può essere nuovamente iscritto se sia stato in seguito riabilitato ed abbia tenuto un’ottima condotta, perché nell’impugnata decisione è ben chiarito come, anche in tal caso, la riabilitazione operi quale condizione necessaria, ma non sufficiente, dal momento che il rinnovo dell’iscrizione pur sempre presuppone una valutazione della rilevanza deontologica dei fatti storici dei quali l’interessato si sia reso protagonista. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese di causa, non essendosi difesa la parte intimata. P.Q.M. La corte rigetta il ricorso.