Esenzione contributiva per le aziende che garantiscono la stabilità dell’impiego

La stabilità dell’impiego che, ai sensi dell’articolo 40 r.d.l. numero 1827/1935, comporta l’esclusione dell’obbligo di assicurazione contro la disoccupazione involontaria per i dipendenti delle aziende private sussiste quando ai lavoratori sia riconosciuto un determinato stato giuridico che garantisca loro di non essere costretti a lasciare il posto se non quando ricorra una giusta causa, ex articolo 2119 c.c., o dei giustificati motivi, tassativamente stabiliti a priori, attraverso criteri restrittivi.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza numero 11489, depositata il 3 giugno 2015. L’esonero dal versamento dei contributi per la disoccupazione involontaria. L’articolo 40 r.d.l. numero 1827/1935 e l’articolo 36 d.P.R. numero 818/1957 prevedono l’esonero dal versamento dei contributi per la disoccupazione involontaria per le aziende private che garantiscano la stabilità d’impiego ai propri dipendenti. Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione, l’INPS e un’azienda privata dibattono sul diritto all’esonero contributivo e sulla nozione di stabilità dell’impiego, di fronte ad un caso di licenziamento motivato dallo scarso rendimento della lavoratrice licenziata. Richiamando sue precedenti pronunce, la Suprema Corte precisa che l’esenzione dall’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria opera soltanto ove ai dipendenti sia garantita la stabilità d’impiego la stabilità d’impiego, ove non risultante da norme regolanti lo stato giuridico ed il trattamento economico, deve essere accertata dal Ministero competente, su domanda del datore di lavoro. In sostanza, se il contratto individuale di lavoro – che è l’insieme delle norme regolanti lo stato giuridico ed il trattamento economico del lavoratore - non è sufficientemente esaustivo sulle cause del licenziamento, non si può riscontrare il requisito della stabilità dell’impiego. Inoltre, la Corte di Cassazione aggiunge che le norme della contrattazione collettiva che indicano le fattispecie legittimanti il licenziamento hanno portata generale, pertanto non possono essere considerate come «norme che regolano lo stato giuridico ed il trattamento economico del lavoratore», di conseguenza da esse non può discendere direttamente la stabilità dell’impiego. È pertanto necessario l’intervento del Ministero del Lavoro. Il Ministero del Lavoro si fa accertatore. Nel caso di specie, l’azienda aveva licenziato una lavoratrice per giusta causa, motivando l’espulsione con lo scarso rendimento di quest’ultima, ipotesi esplicitamente considerata dal CCNL applicabile tra quelle legittimanti il licenziamento. Tuttavia, secondo la Suprema Corte, l’elencazione delle ipotesi di giusta causa non basta per la sussistenza della stabilità dell’impiego. È necessaria, infatti, anche una domanda di accertamento della stabilità d’impiego, rivolta dall’azienda al Ministero del Lavoro. Nel caso di specie tale domanda era stata presentata ed accolta. La Suprema Corte, quindi, riscontra la sussistenza di tutti i requisiti necessari per l’esonero contributivo, primo fra tutti, la verifica da parte del Ministero del Lavoro dell’esistenza di una stabilità dell’impiego, all’esito dell’interpretazione del CCNL applicabile. Alla luce di ciò, quindi, gli Ermellini affermano come la stabilità dell’impiego sussista quando ai lavoratori è garantito il diritto a mantenere il posto di lavoro, salvo licenziamento per giusta causa, ex articolo 2119 c.c., oppure per giustificati motivi tassativamente indicati a priori attraverso criteri restrittivi, in modo tale da conferire alla stabilità dell’impiego un’intensità maggiore di quella ravvisabile dalle norme dello Statuto dei Lavoratori. Non basta quindi che il contratto individuale richiami lo Statuto dei Lavoratori o il CCNL applicabile, per limitare il potere di licenziamento, ma è necessario che le cause di licenziamento vengano indicate in maniera tassativa ed a priori. Solo in questo caso è garantita la stabilità d’impiego che esonera l’azienda dal versamento dei contributi per la disoccupazione involontaria. Nel caso in cui non vi sia un’elencazione precisa ed ex ante della cause di licenziamento, è compito del Ministero del Lavoro accertare la stabilità dell’impiego analizzando i contratti individuali e collettivi applicabili. Viene , quindi, cassata la sentenza d’appello in cui la Corte territoriale aveva escluso la sussistenza della stabilità dell’impiego, poiché lo scarso rendimento benché previsto dal CCNL come giusta causa di licenziamento era insuscettibile di definizione oggettiva, ed anzi, presupponeva un’ampia discrezionalità del datore di lavoro, che faceva venire meno la garanzia di stabilità richiesta per l’esonero. Sulla valutazione dello scarso rendimento, la Corte di Cassazione precisa che il datore di lavoro debba riscontrare un’enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione e quanto effettivamente realizzato dal lavoratore.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, sentenza 26 febbraio – 3 giugno 2015, numero 11489 Presidente Curzio – Relatore Garri Svolgimento del processo La Corte di appello di Bologna ha accolto l'appello proposto dall'Inps avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto l’opposizione proposta dalla società HERA di Imola Faenza s.r.l., successivamente incorporata dalla HERA s.p.a. e dalla Hera Comma s.r.l. aventi ad oggetto i contributi di disoccupazione involontaria. La Corte territoriale ha infatti ritenuto insussistente il requisito della stabilità di impiego, necessario ai fini dell'esonero dalla contribuzione ai sensi dell'articolo 40 numero 2 del r.d.l. 4.10.1935 numero 1827, nel testo ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame, e non era supportato da un legittimo provvedimento di esonero da parte dell'amministrazione. Secondo la Corte territoriale, infatti, il decreto del Direttore Generale degli ammortizzatori sociali e degli incentivi all'occupazione del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale numero 42901 del 7.3.2008 era illegittimo e andava disapplicato in quanto i contratti collettivi Federambiente, Federgasacqua e Federelettrica Gas — Acqua non detterebbero norme in materia di recesso tali da garantire la stabilità di impiego. Per la cassazione della sentenza ricorrono la HERA s.p.a. e la Hera Comm s.r.l. sulla base di un unico motivo ulteriormente illustrato con memoria. Resiste l'Inps con controricorso. Motivi della decisione Con l'unico motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell'articolo 40 numero 2 del R.D. numero 1827 del 1935 e dell'articolo 36 del d.P.R. numero 818 del 1957 e la carenza di motivazione in relazione all'ari 360 comma 1 nnumero 3 e 5 c.p.c Sostengono le ricorrenti che erroneamente la Corte avrebbe ritenuto che le società, non fossero esonerate dalla contribuzione sulla disoccupazione involontaria nonostante tale esonero fosse stato accertato con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale numero 42901 del 7 marzo 2008 che aveva verificato alla luce della disciplina collettiva l'esistenza del requisito della stabilità di impiego. Evidenziano che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, l'articolo 51 del contratto Federgasacqua del 17 novembre 1995 non attribuisce al datore di lavoro discrezionalità nell'apprezzamento delle cause che possono comportare la risoluzione del rapporto di lavoro ed elenca casi specifici e puntuali di carattere oggettivo e ciò anche con riguardo al comprovato scarso rendimento dovendo cagionare la perdita totale dell'interesse del datore alla prestazione. Non si tratta di una clausola generale liberamente apprezzabile ma di una precisa ipotesi di risoluzione la cui applicazione presuppone la prova di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero la perdita totale dell'interesse alla prestazione. Altrettanto sostengono con riguardo al contratto Federambiente del 22.5.2003 in relazione al quale sottolineano che sebbene l'articolo 66 lett. g del contratto faccia riferimento all'esonero per giusta causa e giustificato motivo tuttavia nella nota a verbale è chiarito che la disposizione, confermativa della precedente disposizione del 1983, non ha innovato il principio di stabilità che assiste il rapporto di lavoro dei dipendenti delle aziende che applicano tale contratto di tal che la facoltà di recesso del datore può essere esercitata validamente solo nel ricorso delle specifiche ipotesi previste dalla precedente contrattazione collettiva c.c.numero l. 31.12.1995 . In ogni caso ribadiscono che i contributi non sono dovuti alla luce della circolare dell'Inps numero 63 del 6.5.2005, di cui il giudice di appello non ha tenuto conto, secondo la quale con effetto retroattivo non sussiste l'obbligo contributivo per CIG, CIGS, disoccupazione e mobilità per tutte le aziende industriali dello Stato e degli Enti Pubblici il cui capitale sia stato anche in parte privatizzato. In numerose pronunzie, questa Corte, richiamata la normativa di riferimento, all'epoca costituita dal R.D.L. numero 1827 del 1935, articolo 40 e dal D.P.R. numero 818 del 1957, articolo 36 bis ha affermato che dalla coordinata lettura di tali norme si evince anche in relazione al personale dipendente delle aziende esercenti pubblici servizi che - l'esenzione dall'assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria opera soltanto ove ai dipendenti sia garantita la stabilità d'impiego - la stabilità d'impiego, ove non risultante da norme regolanti lo stato giuridico e il trattamento economico, deve essere accertata dal Ministero competente su domanda del datore di lavoro, con decorrenza dalla data di tale domanda. cfr. tra le tante Cass. 8.10.2014 numero 27428 . Va poi rammentato che, in difetto di disposizioni di legge o regolamentari specificamente riguardanti la tipologia d'impresa cui appartengono le ricorrenti, diviene irrilevante, per le finalità presenti, accertare se alla stessa debba o meno essere riconosciuta la qualifica di azienda esercente un pubblico servizio, posto che, anche in ipotesi affermativa, da ciò non potrebbe farsene derivare, de plano, l'invocata esenzione contributiva. Allo stesso modo, poiché le clausole pattizie di cui alla contrattazione collettiva di diritto comune non rientrano tra le norme regolanti lo stato giuridico e il trattamento economico , l'eventuale stabilità d'impiego garantita da detta contrattazione collettiva non potrebbe di per sé condurre all'esenzione contributiva in difetto di domanda di accertamento al riguardo da parte del datore di lavoro e di conseguente riconoscimento di detta stabilità da parte dell'Autorità amministrativa competente cfr. sul punto, tra le tante, Cass. nnumero 18455, 28022 e 20139 del 2014 e numero 24524 del 2013 . E tuttavia nel caso in esame le ricorrenti non solo hanno presentato domanda per ottenere il riconoscimento amministrativo della stabilità di impiego ma tale riconoscimento è pure intervenuto con d.m. Lavoro e Previdenza numero 42901 del 7.3.2007. La Corte di appello in esito all'esame della disciplina collettiva ha ritenuto che il provvedimento amministrativo era illegittimo e, come tale, doveva essere disapplicato. In particolare sul rilievo che la disciplina collettiva applicabile non garantiva quella stabilità che faceva venir meno la ratio stessa dell'obbligo contributivo. Occorre, in primo luogo premettere che le censure sono ammissibili. La contrattazione collettiva richiamata nel corpo del ricorso ccnl Federgasacqua e ccnl Federambiente , oltre che già contenuta nei fascicoli dei gradi di merito ritualmente richiesto, risulta ritualmente allegata allo stesso cfr. docomma 3 e 4 fascicolo di cassazione . Ciò posto rammenta la Corte che ai fini dell'accertamento del requisito della stabilità di impiego, in presenza - come nel caso in esame - di un provvedimento di esonero rilasciato a domanda dell'interessato dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale al giudice ordinario è data la facoltà di verificarne la legittimità ai sensi dell'articolo 5 della L. 20.3.1865 numero 2248, all. E disponendone la disapplicazione ove ne riscontri l'illegittimità. La giurisprudenza di questa Corte, quanto meno a partire da Cass. SU 21 settembre 1970, numero 1646 è ferma nel ritenere che il controllo sulla legittimità degli atti amministrativi e dei regolamenti devoluto al giudice ordinario, sia pure al solo fine della loro disapplicazione, è consentito per accertare non solo se la PA da cui l'atto promana avesse in astratto il potere di emetterlo, ma anche se ricorressero i presupposti di legge per la sua emissione, nonché per accertare l'osservanza della legge durante lo svolgimento del procedimento amministrativo, estendendosi così sia alla forma, sia al contenuto degli atti . Al predetto potere di controllo va ravvisato un solo limite, quello della impossibilita per l'AGO di sindacare le valutazioni della PA, che involgano apprezzamenti discrezionali vedi, tra le tantissime Cass. 16 giugno 1983, numero 4143 Cass. 21 marzo 1985, numero 2066 e di recente, in senso analogo Cass. 1 aprile 2010, numero 7997 Cass. SU 30 novembre 2011, numero 2273 Cass. 7 luglio 2014, numero 15427 ed infine anche recentemente Cass. numero 9112 del 2015 . Tanto premesso va rammentato che il presupposto per il riconoscimento del diritto all'esonero contributivo è la verifica, da parte del Ministero del Lavoro e della previdenza, dell'esistenza di una situazione di stabilità di impiego, in esito all'interpretazione della disciplina collettiva che regola il rapporto di lavoro, che la autorizzi ai sensi dell'articolo 36 del d.P.R. numero 818 del 1957. Ciò posto la ricostruzione operata dal giudice di appello non appare condivisibile. Premesso che secondo l'interpretazione data da questa Corte, e richiamata anche dal giudice del gravame, La stabilità di impiego che, ai sensi dell'articolo 40 del R.D.L. 4 ottobre 1935 numero 1827, comporta l'esclusione dell'obbligo di assicurazione contro la disoccupazione per i dipendenti delle aziende private, sussiste - dovendosi essa interpretare in senso pubblicistico - quando, tenuto anche conto dell'accertamento in sede amministrativa ex articolo 36 del d.P.R. numero 818 del 1957, ai lavoratori sia riconosciuto un determinato stato giuridico che garantisca loro di non essere costretti a lasciare il posto se non quando ricorra una giusta causa, a norma dell'articolo 2119 cod. civ., oppure vi siano altri determinati e giustificati motivi, non soltanto genericamente indicati cfr. Cass. 16.2.2000 numero 1744 come si verifica per la disposizione dell'articolo 3 della legge numero 604 del 1966 - ma tassativamente stabiliti a priori con criteri restrittivi, così da conferire alla suddetta stabilità un'intensità maggiore anche di quella enucleabile dal regime disciplinato dallo statuto dei lavoratori . cfr. Cass. 12.3.2012 numero 3863 rileva la Corte che diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale il contratto collettivo Federgasacqua del 1.3.2002 e Federgasambiente del 31.10.1995 con specifico riferimento ai casi di risoluzione del rapporto prevedono una disciplina che assicura quella stabilità d'impiego intesa in senso pubblicistico , individuando con criteri restrittivi e tassativi i casi di estinzione, di tal che sono ravvisabili i presupposti per l'esonero richiesto. In particolare il comprovato scarso rendimento del dipendente , previsto dall'articolo 51 lett. f del c.c.numero l. gas acqua del 17.11.1995 richiamato nel protocollo d'intesa in data 11.3.2003 allegato al c.c.numero l. federgasacqua del 2002, ritenuto dalla Corte di merito una situazione insuscettibile di definizione oggettiva , integra invece una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente - ed a lui imputabile - conseguente ad un'enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, avuto riguardo al confronto dei risultanti dati globali riferito ad una media di attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione cfr Cass. 22.2.2006 numero 3876, 22.1.2009 numero 1632 e 4.9.2014 numero 18768 e per l'abnormità del comportamento richiesto per addivenire ad una risoluzione del rapporto. Come è noto infatti il rendimento lavorativo inferiore al minimo contrattuale non integra, di per sé, l'inesatto adempimento ed impone - ai fini dell'affermazione del grave inadempimento rilevante per l'esistenza della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo - il confronto del grado di diligenza richiesto dalla prestazione con quello usato dal lavoratore. Il datore di lavoro è, dunque, onerato della dimostrazione del notevole inadempimento, mediante la prova di elementi tali che consentano al giudicante di mettere a confronto il grado di diligenza normalmente richiesto per la prestazione lavorativa con quello effettivamente usato dal lavoratore, nonché dell'incidenza della organizzazione complessiva del lavoro nell'impresa e dei fattori socio-ambientali Cass. 10.11.00 numero 14605, Cass. 9.09.03 numero 13194, 9.08.04 numero 15351 ed anche 11.10.2012 numero 17737 . In definitiva al datore di lavoro non è attribuito alcun potere discrezionale di recesso che resta limitato ad ipotesi ben definite e tassativamente elencate dalle quali, solo, può derivare l'estinzione del rapporto di lavoro. La nota a verbale allegata al contratto collettivo Federambiente del 22.5.2003, che all'articolo 66 elenca una serie di ipotesi tipiche di risoluzione del rapporto raggiunti limiti di età, morte, dimissioni, esonero per superamento del periodo di comporto, per comprovata incapacità lavorativa e per motivi disciplinari ai sensi dell'articolo 65 , conferma poi che la pur ampia formulazione della norma deve essere interpretata nel senso che l'estinzione del rapporto di lavoro è consentita, quanto ai motivi disciplinari,nel senso precisato dalla precedente disciplina collettiva articolo 36 come richiamato dall'articolo 41 del ccnl igiene ambientale 31.10.1995 . Infatti testualmente dice che Le parti si danno reciprocamente atto che l'articolo 66, comma 1, lettera g del presente CCNL, di conferma della previgente normativa contrattuale del 1983, non ha innovato il principio di stabilità che assiste il rapporto di lavoro dei dipendenti delle Aziende che applicano il presente contratto . Ciò posto, l'intervento del giudice ordinario nel verificare la legittimità di un provvedimento amministrativo ai fini della sua disapplicazione, anche sotto il profilo dell'eccesso di potere, deve restare circoscritto alla legittimità e, pertanto, può implicare un controllo sulla rispondenza delle finalità perseguite dall'amministrazione con quelle indicate dalla legge, non, invece, un controllo attinente al merito circa l'idoneità delle scelte dell'amministrazione stessa a realizzare gli scopi contemplati dalla legge. In sostanza il giudice ordinario non può disapplicare l'atto amministrativo quando, a tal fine, il suo sindacato debba necessariamente effettuarsi sull'uso del potere discrezionale, con apprezzamenti di merito a lui non consentiti dal vigente ordinamento, che li riserva alla sfera giurisdizionale del giudice amministrativo, che è il giudice degli interessi. In conclusione, e per le ragioni esposte, poiché nell'interpretazione del contratto collettivo la nota a verbale, reiterata nei testi contrattuali nel tempo succedutisi, è confermativa della volontà delle parti sociali di mantenere un regime di stabilità dell'impiego originariamente garantito ritiene la Corte che permangano le condizioni per l'esonero dalla contribuzione per la disoccupazione involontaria, originariamente previste. Alla luce delle esposte considerazioni il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può essere decisa nel merito nei termini di cui alla sentenza di primo grado. L'esito complessivo del giudizio consiglia la compensazione delle spese per l'intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito annulla le cartelle di pagamento INPS numero omissis e numero omissis . Compensa tra le parti le spese dell'intero processo.