Il cittadino extracomunitario non può più rimanere in Italia se perde i requisiti

Se è rilevante la condanna penale riportata dal cittadino extracomunitario, il giudice può giustificare il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno senza che sia possibile valutare la pericolosità sociale dello straniero richiedente il titolo anche in rinnovazione.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 14727, depositata il 12 giugno 2013. Straniero, con inserimento lavorativo, non si arrende a lasciare l’Italia. Un cittadino extracomunitario ha presentato ricorso in Cassazione contro la conferma, decisa dal Giudice di Pace, del decreto di espulsione, contenente l’intimazione a lasciare il territorio italiano, emesso, nei suoi confronti, dal Presidente della Regione Valle d’Aosta. Lo straniero ha ritenuto il provvedimento di espulsione privo di motivazione, ha lamentato, infatti, che esso era stato emesso a seguito del rigetto dell’istanza cautelare, proposta nel giudizio amministrativo in corso davanti al TAR, relativo all’impugnazione del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno. Pertanto, il cittadino extracomunitario aveva chiesto e ottenuto la sospensiva del provvedimento, impugnato davanti al Giudice di pace, sino all’esito del giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo. Attesa della pronuncia del TAR. Il Giudice di pace ha respinto il ricorso avverso il decreto di espulsione, dopo aver rilevato che, essendo intervenuta la sentenza del T.A.R. di rigetto del ricorso contro il provvedimento di diniego della rinnovazione del permesso di soggiorno, poteva ritenersi accertata una situazione di non concedibilità del permesso di soggiorno, in quanto ricadente nell’ipotesi di cui all’art. 4, comma 3, d.lgs. n. 286/1998. Requisiti di ingresso. Tale articolo prevede la non ammissione dello straniero che non soddisfi i requisiti di legge o che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato,anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per reati previsti dall’art. 380, commi 1 e 2, c.p.p. ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite . Perdita dei requisiti di permanenza nel territorio italiano. Il ricorrente, in sede di controllo di legittimità, ha lamentato violazione dell’obbligo di motivare il mancato accoglimento del ricorso e ha chiesto se non vi fosse stata violazione del diritto di difesa, alla luce della mancata definitività della sentenza del TAR sul pregresso atto di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno. La Suprema Corte, però, ha rigettato il ricorso, ritenendo corretto il rilievo, effettuato dal Giudice di pace, del disposto normativo applicabile nella fattispecie concreta, tenuto conto che l’art. 5, comma 5, T.U.Imm, prevede che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato. Inoltre, gli Ermellini hanno aggiunto che non può sussistere alcuna violazione di legge in relazione alla pretesa, non accolta in sede di merito, di sospendere il giudizio sino alla definitiva conclusione del processo amministrativo, sulla cui eventuale prosecuzione in appello il ricorrente non ha fornito alcuna informazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 19 ottobre 2012 - 12 giugno 2013, n. 14727 Presidente Salmè Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. Con ricorso del 28 maggio 2010 S H. ha impugnato il decreto di espulsione numero /10 emesso il 19 maggio 2010 dal Presidente della Regione Valle d'Aosta in qualità di Prefetto e notificatogli, in pari data, dalla Questura di Aosta contenente l'intimazione a lasciare il territorio italiano entro quindici giorni dalla notifica del decreto espulsivo. Il ricorrente ha ritenuto il decreto privo di motivazione, contrario al disposto degli artt. 4 e 5 del decreto legislativo n. 289/1987 nella loro interpretazione giurisprudenziale consolidata e privo dei presupposti di legge. Ha rilevato infatti che esso era stato emesso a seguito del rigetto dell'istanza cautelare, proposta nel giudizio amministrativo in corso davanti al T.A.R. della Valle d'Aosta, relativo all'impugnazione del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno pronunciato dal Questore di Aosta. Il ricorrente ha chiesto e ottenuto la sospensiva del provvedimento impugnato davanti al Giudice di pace sino all'esito del giudizio davanti al T.A.R. 2. Il Giudice di pace, all'udienza del 15 febbraio 2011, ha respinto il ricorso avverso il decreto di espulsione e di contestuale intimazione a lasciare il territorio italiano entro 15 giorni dalla notifica del decreto, dopo aver rilevato che, essendo intervenuta la sentenza del T.A.R. n. 85/2010 di rigetto del ricorso di H.S. avverso il provvedimento di diniego della rinnovazione del permesso di soggiorno, poteva ritenersi accertata una situazione di non concedibilità del permesso di soggiorno in quanto ricadente nell'ipotesi di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo n. 286/1998. 3. Ricorre per cassazione S H. affidandosi a due motivi di impugnazione con i quali deduce a violazione dell'obbligo di motivare il mancato accoglimento del ricorso sulla base di tutte le censure esposte dal ricorrente e in particolare la violazione dell'articolo 5 comma quinto del testo unico n. 286/1998, in relazione alla pregressa situazione di regolarità nonché di inserimento lavorativo del ricorrente b violazione di legge processuale per mancata sospensione del procedimento relativo all'impugnazione del decreto di espulsione in assenza di sentenza amministrativa definitiva sul pregresso atto di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno. Il ricorrente formula i seguenti quesiti di diritto se, alla luce di quanto già contestato nel ricorso di merito, al caso di specie sia stato erroneamente applicato, il combinato disposto degli artt. 4 comma 3 e 5 comma 5 del T.U. n. 286/1998, in considerazione del difetto di motivazione rilevato nel provvedimento impugnato davanti al giudice amministrativo e non ancora passato in giudicato e richiamato nella motivazione del Giudice di pace di Aosta se, alla luce della mancata definitività della sentenza del T.A.R. della Valle d'Aosta sul pregresso atto di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno e di quanto già contestato nel ricorso di merito, non vi sia violazione del diritto di difesa in difetto di sospensione del procedimento da parte del giudice dell'espulsione. 4. Si difende con controricorso il Ministero dell'Interno ed eccepisce la inammissibilità e la infondatezza nel merito del ricorso. Non svolge difese la Regione Valle d'Aosta. Ritenuto che 5. Come già rilevato nella relazione ex art. 380 bis c.p.c., il ricorso è manifestamente infondato essendo rilevante la condanna penale riportata dal ricorrente al fine di giustificare il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno senza che sia possibile, ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 comma 3 e 5 comma 5 del decreto legislativo n. 286/1998, valutare la pericolosità sociale dello straniero che richiede il titolo di soggiorno anche in rinnovazione. Le ulteriori deduzioni, peraltro del tutto generiche, del ricorrente in merito alla motivazione sono conseguentemente assorbite dal rilievo del disposto normativo applicabile effettuato dal giudice di pace. Né può sussistere alcuna violazione di legge in relazione alla pretesa, non accolta dal giudice di pace, di sospendere il giudizio sino alla definitiva conclusione del giudizio amministrativo, sulla cui eventuale prosecuzione in appello il ricorrente, per altro verso, non ha fornito alcuna informazione. 6. Il ricorso va pertanto respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 1.500 oltre spese prenotate a debito.