Il curatore, ex articolo 72 L.F., può liberarsi dal contratto preliminare di vendita così respingendo l'istanza ex articolo 2932 c.c. del promissario acquirente.
L'articolo 72 L.F. chiarisce che è facoltà del curatore scegliere se subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendone tutti gli obblighi, oppure liberarsi definitivamente dal medesimo contratto. Il risarcimento dei danni derivanti da occupazione illegittima non presuppone ne il possesso ne la detenzione, bensì, la privazione ingiustificata della disponibilità dell'immobile in danno del proprietario. Il caso. Una società avente come oggetto sociale la costruzione e vendita di immobili destinati a civile abitazione falliva nel periodo in cui era in bonis, aveva stipulato un contratto preliminare di compravendita di un appartamento, consentendo al promissario acquirente l'immediata immissione nel cespite. Successivamente non era mai stato stipulato il contratto definitivo. L'intervenuta curatela fallimentare, previo tentativo informale, conveniva in giudizio il promissario acquirente affinché fosse condannato alla restituzione del cespite ed alla refusione dei danni derivanti dalla illegittima occupazione. Parte convenuta si difendeva chiedendo la stipula del definitivo ex articolo 2932 c.c. e, in subordine, il risarcimento dei danni scaturenti dalla mancata stipula del contratto nonché il rimborso dei miglioramenti apportati all'immobile. Il Tribunale accoglieva la domanda di parte attrice condannando parte convenuta al risarcimento dei danni da illegittima occupazione a decorrere dalla data in cui era stato dichiarato il fallimento, nella misura del canone individuato dallo stesso giudice secondo logica di libero mercato. La corte d'Appello confermava parzialmente la sentenza del giudice di merito, riformando il termine di decorrenza che doveva essere computato non dalla dichiarazione di fallimento bensì dalla diversa e successiva data in cui era stato chiesto formalmente il rilascio dell'immobile. Parte convenuta proponeva ricorso per cassazione. Il preliminare determina la detenzione della res e non il possesso. Parte convenuta, in via gradata, chiedeva che fossero accertati i miglioramenti apportati al cespite e, a tutela del conseguente credito, fosse riconosciuto il suo diritto alla ritenzione dell'immobile in qualità di possessore in buona fede. La S.C. ha chiarito che il soggetto che acquisisce anticipatamente un immobile in ragione di contratto preliminare non è possessore bensì semplice detentore del cespite. Dunque, non esistendo una condizione di possesso non può esistere neanche un diritto di ritenzione, atteso che la prima condizione è presupposto essenziale del secondo diritto. Il curatore può liberarsi dal vincolo scaturente dal contratto preliminare stipulato dal fallito in bonis. L'articolo 72 L.F. chiarisce che è facoltà del curatore scegliere se subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendone tutti gli obblighi, oppure liberarsi definitivamente dal medesimo contratto. Detta facoltà potrà essere esercitata a condizione che il diritto non sia già stato trasferito. Detta norma, nel caso di specie, ha determinato l'inopponibilità alla curatela dell'obbligo di concludere il contratto definitivo così legittimando il diritto alla restituzione del cespite. Anche la detenzione legittima il diritto al risarcimento dei danni. Parte convenuta, richiamando la distinzione operata dal giudice di prime cure tra possesso e detenzione, formulava l'ipotesi difensiva a tenore della quale se la detenzione non legittimava il diritto di ritenzione non legittimava neanche l'opposto diritto al risarcimento dei danni da occupazione illegittima. La S.C. ha respinto seccamente la difesa, rilevando che il diritto al risarcimento sorge in ragione dell'occupazione, ovvero ancora, dalla circostanza fattuale per effetto della quale il legittimo proprietario è stato privato della disponibilità del cespite, ovvero è stato privato del reddito che avrebbe potuto ricavare dallo stesso. La Cassazione, confermando la decisione di merito, ha chiarito che il fatto stesso che il convenuto abitava all'interno dell'immobile, al di la di ogni circostanza amministrativa mancata agibilità-abitabilità o delle pessime condizioni dell'immobile, dimostrava la potenzialità reddituale ed economia del cespite ed il conseguente diritto di parte attrice al risarcimento dei danni. Risarcimento da occupazione illegittima, equo canone o canone libero. Il giudice di merito, per liquidare il risarcimento dei danni, rimettendosi alle valutazioni economiche acquisite mediante consulenza tecnica d'ufficio, aveva determinato il canone libero di locazione e conseguentemente liquidato il risarcimento dei danni. La S.C., pur ribadendo la legittimità del presupposto giuridico posto a fondamento del risarcimento, ha chiarito che, invece, la quantificazione totalmente a canone libero era errata. Infatti, il periodo temporale in cui si era protratta l'occupazione comprendeva la vigenza della legge numero 392/1978 equo canone e della successiva legge numero 431/1998 canone libero pertanto, la determinazione dell'importo doveva avvenire in ragione dei due criteri appena richiamati. Per tutte queste ragioni, la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale, riformandola nella sola parte afferente la quantificazione del risarcimento.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 24 aprile - 6 giugno 2013, numero 14362 Presidente Felicetti – Relatore Piccialli Svolgimento del processo Con atto di citazione del 23.2.1993 la curatela del fallimento della Edilcase s.numero c. convenne al giudizio del Tribunale di Catania G S. , promissario acquirente di un appartamento, con annessi sottotetto e garage, in omissis , detenuti in virtù di contratto preliminare stipulato con la società fallita, chiedendone la condanna al relativo rilascio, invano richiesto con lettera raccomandata del 12.7.94, oltre al risarcimento dei danni, in ragione del valore locativo, con decorrenza dalla data del fallimento. Costituitosi il convenuto, oppose la legittimità del proprio possesso, proponendo riconvenzionale ex articolo 2932 c.c. per l'esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, o in subordine per il risarcimento dei danni per la mancata stipula del contratto definitivo, oltre che per rimborso ed i miglioramenti apportati all'immobile, in funzione dei quali invocava il diritto di ritenzione. La domanda attrice venne accolta dall'adito tribunale con sentenza del 9.9.2003, rigettando le riconvenzionali e liquidando il danno in misura di complessive L. 625 000 mensili, pari al canone di locazione dell'immobile ritraibile in regime di libero mercato, a partire dalla data della dichiarazione di fallimento della società proprietaria. Appellata dal soccombente e, in via incidentale sull'importo delle spese del giudizio dalla curatela, la suddetta decisione venne confermata dalla Corte di Catania con sentenza numero 1225 dei 5.7-28.11.1006, salvo che in punto di decorrenza dei virtuali canoni locatizi, fissata dalla data della richiesta di rilascio, e rivedendo in aumento, in accoglimento del gravame incidentale, le spettanze difensive liquidate dal primo giudice alla parte attrice le spese di secondo grado venivano compensate per 1/4 e per il resto poste a carico del S. . Riteneva, tra l'altro e per quanto ancora rileva, la corte etnea che legittimamente il fallimento avesse preteso il rilascio dell’immobile, avendo, con la relativa richiesta, implicitamente manifestato la propria scelta, prevista dall'articolo 72 L.F., di sciogliersi dal vincolo contrattuale non ancora traslativo che, conseguentemente da una parte sussisteva l'obbligo di restituzione del bene promesso in vendita e di corrispondere l'indennizzo per la relativa restituzione, dall'altra quello di rimborso del prezzo versato, da far valere tuttavia nell'ambito del procedimento concorsuale che analogamente in tal sede soltanto avrebbero potuto farsi valere le richieste di rimborso delle addizioni e dei miglioramenti che la mancanza di rifiniture nell'immobile, come consegnato al promissario acquirente, non fosse ostativa alla richiesta di indennizzo proposta dalla curatela, la quale ben avrebbe potuto, se le fosse stato riconsegnato, utilizzarlo secondo i propri intendimenti e trame reddito, a nulla rilevando la mancanza dei certificati di abitabilità o agibilità, essendo il bene comunque idoneo ad essere abitato, come di fatto lo era stato dal convenuto che correttamente il valore locativo fosse stato ragguagliato al reddito medio ritraibile in regime di libera contrattazione e non di equo canone che soltanto fino alla data della ricezione della richiesta di rilascio il convenuto avrebbe potuto considerarsi possessore di buona fede, mentre per il periodo successivo aveva posseduto in mala fede, con conseguente impossibilità di opporre il diritto di ritenzione ex articolo 1152 c.c. a garanzia del credito vantato per le assunte spese di addizioni e miglioramenti. La suddetta sentenza è stata impugnata per cassazione dal S. con quattro motivi di censura, illustrati con successiva memoria. Ha resistito la curatela del fallimento Edil Case con rituale controricorso. Motivi della decisione Va anzitutto osservato che nessun conto può tenersi della deduzione, da parte della difesa del ricorrente, di un preteso giudicato esterno , di cui è menzione nella memoria illustrativa, che deriverebbe da una sentenza della Corte d'Appello di Catania la numero 877 del 2009 , non solo perché tale documento contrariamente a quanto si assume non risulta prodotto, né notificato ex articolo 372 c.p.c. all'altra parte, ma anche per l'inidoneità del contenuto dell'assunto decisum che avrebbe escluso dal fallimento della Edil Case un socio, cui apparterrebbe il suolo su cui sorge il fabbricato edificato dalla società , a spiegare effetti nel presente giudizio, avente ad oggetto una duplice azione di natura personale, tendente al recupero della detenzione del bene, previo scioglimento del rapporto contrattuale che ne costituiva il relativo titolo, domande come tali non esigenti ex parte actoris la sussistenza del diritto di proprietà sul bene in questione. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli articolo 1152, 2040 cod. civ. e 72 L.F., con riferimento a alla subita condanna alla riconsegna del bene e, per converso, al non riconosciuto diritto di ritenzione in funzione degli insoddisfatti crediti per addizioni e miglioramenti, che si assumono spettanti in considerazione della buona fede assistente il possesso, nonché sorretti da prova generica costituita dalla relazione del c.t.u. nominato in sede fallimentare, che sarebbero stati ammissibilmente azionati sia in ambito esofallimentare, nel giudizio di rivendicazione , con la domanda riconvenzionale, sia comunque nello stesso procedimento concorsuale, con specifica istanza di ammissione al passivo con precisa quantificazione b alla conseguente condanna al pagamento dell'indennizzo per il protratto possesso, successivo alla richiesta di rilascio, dell'immobile, la cui mancata consegna sarebbe stata giustificata dalle suesposte ragioni. Il motivo è privo di fondamento. La qualificazione del rapporto di godimento che si instauri, su di un bene oggetto di contratto preliminare di compravendita e di consegna anticipata al promissario acquirente, come è stato chiarito dalla Sezioni Unite di questa Corte con sentenza numero 7930 del 2008, non è quella di possessore, ma di detentore qualificato, che esercita il relativo potere di fatto sulla cosa per conto del possessore, promittente venditore. Sulla scorta di tale qualificazione è stato successivamente e specificamente escluso che al suddetto detentore possa spettare il diritto di ritenzione, opponibile alla domanda di restituzione, in funzione della domanda riconvenzionale di rimborso delle spese per le indennità ed i miglioramenti apportati alla cosa, che l'articolo 1150 c.c. attribuisce soltanto al possessore in buona fede Cass. numero 17245/10 . Tenuto conto della particolare natura, in quanto costituente una eccezionale forma di autotutela, della disposizione che tale diritto prevede, quello di ritenzione non può applicarsi analogicamente anche nei casi di detenzione, ancorché qualificata v. Cass. nnumero 18651704, 5948705 , quale che sia la componente psicologica che la connoti. Né può valere al riguardo, come si obietta nella memoriali giudicato interno, considerato che il riconoscimento contenuto nella sentenza di secondo grado della qualità di possessore in buona fede al promissario acquirente risulta funzionale soltanto alla reiezione della domanda di risarcimento danni con riferimento al periodo compreso tra la data del fallimento e quella della richiesta stragiudiziale di rilascio e di implicito scioglimento dal contratto ex articolo 72 L.F. . Solo su tale capo, m parte qua non oggetto di ricorso incidentale, detta qualificazione può fare stato tra le parti, mentre per il resto, non essendo ancora intervenuta una definitiva ed irrevocabile pronunzia sulla rimanente e prevalente parte del rapporto, ancora sub iudice con le relative conseguenze restitutorie e risarcitorie, non è configurabile la dedotta preclusione ex articolo 329 c.p.c., in ragione dell'assenza di autonomia della riferita argomentazione, di per sé sola inidonea ad assumere rilevanza decisoria sulla non configurabilità in siffatti casi del giudicato interno, v. tra le altre, Cass. nnumero 16583/12, 4732/12 . Il motivo va dunque respinto. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 221 R.D. 1265/1934 e dell'articolo 4 D.P.R. 425/1994, censurandosi, con richiamo a giurisprudenza penale, l’argomentazione, funzionale al riconoscimento alla curatela dell'indennità per mancato rilascio, secondo cui l'immobile sarebbe comunque stato fruibile anche senza i certificati di abitabilità e agibilità. Il motivo è manifestamente infondato, considerato che la privazione della detenzione o del possesso di un bene, comunque suscettibile di utilizzazione non necessariamente ed immediatamente abitativa è in re ipsa produttiva di danno per l'avente diritto v., tra le altre, Cass. nnumero 14222/12, 10498706, 1294703 . Il convenuto, peraltro, aveva eccepito di aver apportato egli stesso addizioni e miglioramenti all'immobile tanto da chiederne il rimborso , sicché ragionevole ed incensurabile deve ritenersi l'argomento reiettivo della corte di merito, secondo cui potendo presumersi che l'immobile fosse in concreto abitabile, ancorché sfornito del relativo del relativo certificato, ove lo stesso fosse stato consegnato alla curatela avente diritto, questa avrebbe potuto provvedere al relativo adempimento burocratico, al fine di poterlo legittimamente concedere in locazione. Con il terzo motivo si deduce insufficiente e contraddittoria motivazione, per travisamento della prova documentale, costituita dalla relazione di consulenza tecnica espletata in sede fallimentare, dalla quale sarebbe risultato che il reddito medio ritraibile sarebbe stato determinato con astratto riferimento ad un immobile in condizioni di piena commerciabilità ed utilizzabilità, quale non era quello in questione, in quanto privo delle certificazioni di agibilità e abitabilità. Sotto un secondo, subordinato, profilo si censura il riferimento al canone conseguibile in regime di libero mercato, senza tener conto della normativa originariamente vigente, prevedente la regola dell' equo canone , contenuta nella L. numero 392 del 1978, poi abrogata dalla L.numero 431 del 1998. Il motivo, infondato sotto il primo profilo sostanzialmente ripetitivo del secondo motivo , per le ragioni in precedenza esposte, lo è invece parzialmente nel secondo. Essendo, infatti, la richiesta di rilascio intervenuta in data 12.7.1994, quando era ancora in vigore la legge numero 392 del 1978 prevedente in via generale la regola del c.d. equo canone , per le locazioni abitative, salvo ipotesi eccezionali che non risultano ricorrere nella specie , l'argomentazione della corte, secondo cui si sarebbe dovuto tener conto del reddito medio ritraibile da immobili del tipo di quello in esame in base ad una libera contrattazione sul mercato , risulta palesemente apodittica, se non ingiustificata, non essendo corredata da alcun concreto riferimento ad eventuali caratteristiche dell'immobile tali da sottrarlo all'ordinario e generale regime legale in ordine alla misura del canone di locazione, rimasto in vigore fino all'entrata in vigore delle norme abrogati ve contenute nella nuova legge numero 431 del 1998, solo a partire dalla quale il criterio adottato avrebbe potuto applicarsi. La sentenza impugnata va pertanto cassata in parte qua, con rinvio sul punto ad altra sezione della corte di provenienza. Resta assorbito il quarto motivo, relativo al regolamento delle spese, sulle quali dovrà nuovamente pronunziarsi il giudice del rinvio, cui si demanda anche la statuizione su quelle del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso, accoglie nei limiti di cui in motivazione il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d'Appello di Catania.