Niente concorso tra il reato di pornografia minorile e quello di detenzione dello stesso materiale

La Cassazione ha ribadito che non è configurabile il concorso tra il reato di detenzione di materiale pedopornografico ed il reato di pornografia minorile.

Per questo, con la sentenza numero 22454/2013 depositata il 24 maggio scorso, ha accolto il ricorso di un imputato a cui era stata applicata la misura degli arresti domiciliari. La fattispecie. Il Tribunale del riesame, ritenuti sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico di un uomo in ordine alla produzione diretta di materiale pedopornografico, oltre alla sua detenzione, nonché del pericolo di reiterazione criminosa, in considerazione della pericolosità della condotta, confermava il provvedimento del Gip con cui era stata applicata la misura degli arresti domiciliari. C’ è il concreto pericolo di diffusione del materiale pedopornografico prodotto? A ribaltare il verdetto, però, è la Corte di Cassazione adita dall’imputato. Infatti, afferma la Corte, poiché il delitto di pornografia minorile, punito dall’articolo 600 ter, comma 1, c.p., «ha natura di reato di pericolo concreto, la condotta di chi impieghi uno o più minori per produrre spettacoli o materiali pornografici è punibile, salvo l’ipotizzabilità di altri reati, quando abbia una consistenza tale da implicare concreto pericolo di diffusione del materiale prodotto». No, nonostante l’ingente quantitativo del materiale. Nel caso di specie - si osserva – manca l’accertamento dell’esistenza di un concreto pericolo di diffusione dello stesso mediante la valutazione di tempi, modalità e mezzi tramite i quali sarebbe avvenuta la produzione delle fatto, nonostante l’ingente quantitativo del materiale pedopornografico. Niente concorso tra il reato di detenzione di materiale pedopornografico ed il reato di pornografia minorile. Inoltre, la S.C., con l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, ha affermato la non configurabilità del concorso tra il reato di detenzione di materiale pedopornografico ed il reato di pornografia minorile, dovendo applicarsi, «in virtù della clausola di riserva di cui all’articolo 600 quater c.p. detenzione di materiale pornografico , la più grave fattispecie di cui all’articolo 600 ter c.p. pornografia minorile , rispetto alla quale la detenzione costituisce, quindi, un “post factum” non punibile».

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 – 24 maggio, numero 22454 Presidente Squassoni – Relatore Lombardi Ritenuto in fatto 1. Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Catanzaro ha confermato il provvedimento del G.I.P. del medesimo Tribunale in data 29/12/2012, con il quale era stata applicata a C.A. la misura cautelare degli arresti domiciliari, quale indagato dei reati di cui agli articolo 110, 600 ter e 600 quater c.p., a lui ascritti per avere prodotto numerosissime fotografie riproducenti minori seminudi o completamente nudi, gran parte dei quali con l'esibizione del pene in erezione, e due fotografie raffiguranti giovani intenti a compiere atti sessuali, nonché per avere detenuto detto materiale. Il Tribunale del riesame ha affermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato in ordine alla produzione diretta del predetto materiale pedopornografico, oltre alla sua detenzione, nonché del pericolo di reiterazione criminosa, in considerazione della pericolosità della condotta, non altrimenti contenibile che con l'applicazione della misura restrittiva della libertà personale. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso l'imputato, tramite il difensore, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione. 2.1 Vizi di motivazione, nonché violazione ed errata applicazione degli articolo 292 c.p.p. e 600 ter c.p Si denuncia carenza di motivazione dell'ordinanza impugnata in relazione ai rilievi difensivi svolti dinanzi al Tribunale del riesame ed, in particolare, alle deduzioni riguardanti la configurabilità del reato di cui all'articolo 600 ter c.p Dalle indagini è esclusivamente emerso che l'imputato era autore di alcune foto aventi contenuto pedopornografico, peraltro in numero notevolmente inferiore a quello indicato nell'ordinanza, destinate ad uso strettamente personale. In assenza di un concreto pericolo di diffusione del predetto materiale non è configurabile il reato di cui alla contestazione. La fattispecie criminosa richiede che la condotta risulti inserita in un contesto organizzativo almeno embrionale e di destinazione anche potenziale alla diffusione del materiale pedopornografico. Elementi carenti nel caso in esame. Le foto inoltre risultavano realizzate negli anni 70-80 in epoca antecedente all'introduzione dell'articolo 600 ter c.p 2.2 Vizi di motivazione in relazione all'applicazione degli articolo 292 e 280 c.p.p Anche in ordine alla fattispecie di cui all'articolo 600 quater c.p. si denuncia carenza di motivazione dell'ordinanza con riferimento alle deduzioni difensive con le quali si era fatto rilevare che detta fattispecie criminosa costituisce norma di chiusura rispetto all'ipotesi di cui all'articolo 600 ter c.p In sede di riesame era stato contestato anche l'effettivo numero delle foto aventi contenuto pedopornografico con la conseguente insussistenza della aggravante dell'Ingente quantità. Peraltro, esclusa detta aggravante, la pena prevista per il reato risultava altresì ostativa all'applicazione della misura cautelare ai sensi dell'articolo 280 c.p.p Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato per quanto di ragione. 2. Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, che non appare sul punto in contrasto con le successive modificazioni dell'articolo 600 ter, primo comma, c.p., introdotte dall'articolo 2, comma 1 lett. a della legge 6 febbraio 2006 numero 38 e, di recente, dall'articolo 4, comma 1 lett. h numero 1 , della legge 1 ottobre 2012 n, 172, Poiché il delitto di pornografia minorile di cui al primo comma dell'articolo 600 ter cod. penumero - mediante il quale l'ordinamento appresta una tutela penale anticipata della libertà sessuale del minore, reprimendo quei comportamenti prodromici che, anche se non necessariamente a fine di lucro, ne mettono a repentaglio il libero sviluppo personale con la mercificazione del suo corpo e l'immissione nel circuito perverso della pedofilia - ha natura di reato di pericolo concreto, la condotta di chi impieghi uno o più minori per produrre spettacoli o materiali pornografici è punibile, salvo l'ipotizzabilità di altri reati, quando abbia una consistenza tale da implicare concreto pericolo di diffusione del materiale prodotto. Sez. U, Sentenza numero 13 del 31/05/2000, P.M. in proc. Bove, Rv. 216337 e, più recentemente, sez. 3, sentenza numero 1814 del 2008, Marchionni, Rv. 238566 sez. 3, sentenza numero 17178 del 11/03/2010, Flak, v. 246982 altre conformi numero 5774 del 2005 Rv. 230732, numero 27252 del 2007 Rv. 237204, numero 49604 del 2009 Rv. 245749 . Orbene, dall'ordinanza impugnata non emerge, pur a fronte dell'ingente quantitativo del materiale pedopornografico che si afferma essere stato prodotto dell'indagato, l'accertamento della esistenza di un concreto pericolo di diffusione dello stesso mediante la valutazione di tempi, modalità e mezzi tramite i quali sarebbe avvenuta la produzione delle foto. È appena il caso di rilevare sul punto che la contestazione del ricorrente, dedotta al fine di escludere l'aggravante dell'ingente quantità, in ordine all'effettivo numero delle foto che ritraggono minori in pose che ne mostrano gli organi sessuali o coinvolti nel compimento di atti sessuali non può trovare spazio in sede di legittimità. È, altresì, fondato il secondo motivo di ricorso limitatamente alla non configurabilità del concorso tra il reato di detenzione di materiale pedopornografico ed il reato di pornografia minorile, dovendo applicarsi, in virtù della clausola di riserva di cui all'articolo 600 quater cod. penumero , la più grave fattispecie di cui all'articolo 600 ter cod. penumero , rispetto alla quale la detenzione costituisce, quindi, un post factum non punibile. citata sez. 3, sentenza numero 1814 del 2008, Marchionni . L'ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio per un nuovo esame che tenga conto degli enunciati principi di diritto. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Catanzaro.