Il reato di appropriazione indebita si consuma nel tempo e nel luogo in cui l’agente tiene consapevolmente un comportamento che oggettivamente ecceda la sfera delle facoltà ricomprese nel titolo del suo possesso e che sia incompatibile con il diritto del proprietario. Pertanto, ai fini della prescrizione del reato, è irrilevante il momento della certezza, da parte della persona offesa, della effettiva appropriazione del denaro o di altri beni da parte di terzi.
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 17901, depositata il 29 aprile 2014. Il caso. L’imputata, commercialista, si era appropriata di alcune somme, destinate al pagamento di contributi previdenziali ed assistenziali di una propria cliente, tra il gennaio 2001 ed il luglio del 2003. La Corte di Appello, tuttavia, aveva emesso sentenza di non doversi procedere stante la prescrizione del reato già nel corso del procedimento di primo grado , nonostante avesse ritenuto che la consumazione del reato fosse avvenuta in un momento successivo rispetto a quello contestato, aderendo ad un orientamento minoritario vedasi Cass. numero 48438/2004 , per il quale in tema di appropriazione indebita il reato si consuma quando «la manifestazione della volontà dell’agente di fare proprio il bene posseduto giunge a conoscenza della persona offesa e non nel tempo e nel luogo in cui si compie l’azione». Per tali motivi, aveva revocato le statuizioni civili. Consumazione del reato. Aveva, invece, proposto ricorso la parte civile, deducendo che, in realtà, il reato risultava commesso in un momento successivo, e cioè quando la stessa aveva avuto la certezza della effettiva appropriazione di tali somme da parte dell’imputata e che, pertanto, non poteva essersi prescritto già in primo grado come ritenuto dal giudice di appello. Consapevolezza della indebita appropriazione da parte di terzi. La quaestio sottoposta ai giudici di legittimità, dunque, è stata quella di stabilire se, ai fini della determinazione del momento consumativo del reato di appropriazione indebita, influisca o meno la conoscenza, da parte della persona offesa, dell’effettivo trasferimento del possesso del bene dal proprietario all’agente. Elementi costitutivi del reato di appropriazione indebita. Ebbene, è di tutta evidenza come i due elementi siano del tutto sganciati al fine di rispondere alla domanda posta. Infatti, il momento dell’avvenuta conoscenza del reato da parte della persona offesa è del tutto ininfluente ai fini della individuazione del momento prescrittivo del reato di appropriazione indebita, stante che tale requisito non costituisce un elemento costitutivo di questa fattispecie incriminatrice. D’altra parte, ha spiegato la Corte che il delitto di appropriazione indebita è un reato istantaneo che si consuma già con la prima appropriazione e, cioè, nel momento stesso in cui l’agente compie un atto inequivocabile di dominio sulla cosa altrui, con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria. Di conseguenza, ai fini della consumazione del reato e della decorrenza del termine previsto per la prescrizione è irrilevante il momento in cui la persona offesa ha cognizione piena dell’interversione del possesso. Tale elemento rileva, infatti, solo ai fini della decorrenza del termine per la proposizione della querela.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 10 – 29 aprile 2014, numero 17901 Presidente Fiandanese – Relatore Rago Fatto e diritto 1. Con sentenza del 28/02/2013, la Corte di Appello di Reggio Calabria, dichiarava non doversi procedere nei confronti di P.D. per il reato di appropriazione indebita di somme di denaro ai danni di I.A. protrattosi nel periodo compreso tra il gennaio 2001 ed il luglio 2003, perché estinto per prescrizione, e revocava le statuizioni civili in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, il suddetto reato si era prescritto già durante il giudizio di primo grado. 2. Avverso la suddetta sentenza, la parte civile I.A. ha proposto ricorso per cassazione deducendo la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui aveva ritenuto che il reato si fosse prescritto durante il giudizio di primo grado. La Corte, infatti, non aveva considerato che, in realtà, così come ritenuto dal primo giudice, il ricorrente solo nel 2006 aveva avuto esatta contezza del danno complessivo subito per l'omesso versamento, da parte della P., dei tributi e dei contributi previdenziali, come si desumeva sia dalla dichiarazione rilasciata dall'imputata in data 05/05/2004, sia dalle dichiarazioni rese dal commercialista dr S. che aveva affermato che il ricorrente lo aveva incaricato di accertare presso gli uffici delle Entrate l'effettiva situazione, solo nel 2006. Fino ad allora il ricorrente non aveva avuto alcuna certezza della circostanza che la P. si era appropriata delle somme che lui le consegnava perché provvedesse al pagamento dei tributi e contributi, in quanto la P., una volta che gli uffici finanziari gli avevano notificato le cartelle esattoriali, l'aveva rassicurato dicendogli che dipendeva tutto da un disguido dei suddetti uffici. 3. La Corte, nel disattendere quanto ritenuto dal primo giudice - che aveva fatto decorrere la data di consumazione del reato da una riunione avvenuta nel 2007 alla quale aveva partecipato l'imputata e nel corso della quale costei aveva sottoscritto un documento nel quale dichiarava di essere pronta a sistemare l'intera faccenda debitoria - ha motivato la sentenza nei seguenti termini «Il primo giudice riteneva che a tale momento bisognava fare riferimento per la decorrenza della prescrizione, considerato che in quel momento la persona offesa aveva avuto conoscenza certa e precisa del fatto criminoso. In realtà, dalla stessa sentenza impugnata si deduce che la parte offesa già nel 2003 si era resa conto che qualcosa nel suo rapporto con la commercialista non funzionava, in quanto aveva subito in quella data il fermo amministrativo dell'autovettura per una cartella esattoriale non pagata, e per la quale aveva corrisposto la somma alla P., che ammontava a euro 3500. Nel 2004 gli era stata notificata altra cartella esattoriale di euro 22.000, per tributi per i quali aveva già dato alla P. le somme necessarie al pagamento. Dopo aver preso visione di tale richiesta di pagamento i rapporti si erano incrinati e aveva deciso di trasferire la contabilità ad altro professionista. Dichiarava, però, che solo nel 2006 aver avuto esatta contezza de! danno complessivo procurato dalla P. per l'omesso versamento dei tributi e dei contributi previdenziali. Appare evidente dunque che la parte civile, si era resa conto già da tempo degli ammanchi procurati dalla professionista, ciononostante aveva preferito attendere prima di sporgere la denuncia. In realtà, l'accertamento della complessiva posizione contributiva poteva essere effettuato nel 2004, nel momento in cui aveva affidato la contabilità un nuovo commercialista». 4. La questione di diritto che pone il presente procedimento consiste nello stabilire se, ai fini della determinazione del momento consumativo del reato di appropriazione indebita, influisca o no la conoscenza che la parte offesa abbia dell'interversione del possesso effettuato dall'agente. Una giurisprudenza minoritaria e risalente peraltro fatta propria da entrambi i giudici di merito , ritiene che «in terna di appropriazione indebita l'evento del reato si realizza nel luogo e nel tempo in cui la manifestazione della volontà dell'agente di fare proprio il bene posseduto giunge a conoscenza della persona offesa, e non nel tempo e nel luogo in cui si compie l'azione» Cass. 48438/2004 Rv. 230354 Cass. 1119/1999 riv 212976. Questa Corte, però, ritiene di aderire alla dottrina e alla giurisprudenza assolutamente maggioritarie, le quali, in modo unanime sostengono che il reato di appropriazione indebita è un reato a consumazione immediata che si verifica nel momento e nel luogo in cui l'agente tiene consapevolmente un comportamento oggettivamente eccedente la sfera delle facoltà ricomprese nel titolo del suo possesso ed incompatibile con il diritto del proprietario sotto questo profilo, quindi, è del tutto irrilevante la conoscenza che ne abbia la parte offesa, elemento questo che, invece, pacificamente viene in rilievo ai fini del diverso problema della decorrenza del termine per proporre la querela ex articolo 124 cod. penumero dal giorno della notizia ex plurimis Cass. 22127/2013 riv 256055 Cass. 29451/2013 riv 257232 Cass. 26774/2010 riv 247955 Cass. 39873/2006 riv 235234 Cass. 26440/2002 riv 222657. Pertanto, nel caso di specie, la sentenza impugnata, sebbene con diversa motivazione, va confermata in quanto dalla medesima si desume che l'interversione del possesso era risultata pacifica dalla circostanza che l'Amministrazione finanziaria aveva inviato le cartelle esattoriali e la P., a fronte delle richieste di chiarimenti della parte offesa, aveva risposto che si trattava di un disguido quindi, quantomeno nel periodo indicato dalla Corte territoriale, erano pacificamente avvenute, da parte della P., ripetute appropriazioni di somme di denaro appartenenti all'Idone il che comporta che il reato si era perfezionato sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo come desumibile dalle risposte date dalla P. alla parte offesa . Irrilevante, ai fini della prescrizione, deve ritenersi la circostanza che il ricorrente a quella data non avesse ancora maturato la certezza dell'appropriazione proprio perché si tratta di un requisito che non fa parte degli elementi costitutivi del reato. Il ricorso, in conclusione, dev'essere respinto alla stregua del seguente principio di diritto «Il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa e, cioè nel momento in cui l'agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria. Di conseguenza, ai fini della consumazione del reato e della decorrenza del termine previsto per la prescrizione, è irrilevante il momento in cui la persona offesa venga a conoscenza della manifestazione di volontà dell'agente di appropriarsi della cosa, elemento questo che, invece, rileva al diverso fine della decorrenza del termine per la proposizione della querela». Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.