Se la condotta del legale, chiamato a neutralizzare le conseguenze pregiudizievoli dell’errore di altro avvocato, costituisce fatto dotato di efficacia causale autonoma, in quanto di per sé preclude che i propri clienti ottengano una sentenza ad essi favorevole, a prescindere dall’errore del primo legale, viene interrotto il nesso causale tra condotta del primo difensore e danno lamentato.
Il caso. A seguito di un incidente stradale, in cui era morta una donna, i congiunti di questa chiedevano che conducente e proprietario del veicolo che aveva cagionato il decesso fossero condannati al pagamento dei danni. La domanda, tuttavia, veniva dichiarata improponibile, in quanto l’avvocato che rappresentava i congiunti aveva omesso la costituzione in mora, ai sensi dell’articolo 22 della legge numero 990/1969 Legge abrogata dal D.Lgs. numero 209/2005 , dei responsabili del sinistro. Il giudizio veniva proseguito in secondo grado con altro legale poiché, però, i parenti non ottenevano quanto sperato, veniva iniziata una azione contro l’avvocato che aveva omesso la costituzione in mora, per sentir riconoscere la responsabilità professionale di questi. La domanda veniva rigettata in primo grado con sentenza confermata in grado di appello. I congiunti della defunta, quindi, ricorrevano per cassazione, sostenendo che il danno da loro subito non si sarebbe verificato in caso di mancato errore dell’avvocato. L’errore del secondo legale. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso. A seguito della sentenza che dichiarava improponibile la domanda dei congiunti, a causa della mancata costituzione in mora dei responsabili del sinistro ai sensi dell’articolo 22 della legge numero 990/1969, il legale aveva prospettato ai propri clienti due strade alternative proporre appello soluzione che, aveva chiarito, presentava scarse possibilità di successo o, dal momento che il termine di prescrizione non era ancora decorso, riproporre la domanda in primo grado. I congiunti si erano rivolti ad altro legale che, come già detto, aveva percorso la via dell’appello. La Corte di Cassazione, nella sentenza in rassegna, ha chiarito che correttamente il giudice che si è occupato della responsabilità professionale ha ritenuto che la scelta di proporre appello avverso la sentenza che aveva dichiarato improponibile la domanda di risarcimento fosse stata, di per sé, idonea ad interrompere il nesso causale tra condotta negligente e danno subito dai congiunti, sulla base della considerazione fattuale che la scelta professionalmente corretta fosse invece quella, ancora possibile, di riproporre l’azione risarcitoria. È proprio rispetto a questa premessa che va considerata la capacità della scelta alternativa di interrompere il nesso causale tra la pregressa negligente condotta professionale del difensore ed i danni lamentati la Corte d’appello ha considerato in modo adeguato come la condotta del legale, chiamato a neutralizzare le conseguenze pregiudizievoli del pregresso errore, non si è collegata a quest’ultimo in modo da aggravarne le conseguenze ma si è caratterizzata come omissione di quell’unica scelta possibile e professionalmente dovuta che avrebbe consentito ai ricorrenti di conseguire la condanna al pagamento del conducente e del proprietario dell’autotreno investitore. L’omissione della proposizione ex novo dell’azione risarcitoria costituisce fatto dotato di efficacia causale autonoma, in quanto di per sé ha precluso quella condanna che solo quella scelta avrebbe consentito, a prescindere dall’errore del primo legale. Ne deriva che la scelta di non riproporre l’azione risarcitoria costituisce non concausa, ma causa unica dei danni subiti dai ricorrenti.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 marzo – 20 aprile 2012, numero 6277 Presidente Amatucci – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1.- L M. , D.G.V. , nonché M.C. , G.M. e M.R. convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano l'avv. M S. per chiederne la condanna al risarcimento dei danni, quantificati nella somma di Euro 450.000,00, che assumevano causati dalla negligenza del difensore, il quale aveva omesso la costituzione in mora ex articolo 22 della legge numero 990/69 dei responsabili del sinistro che aveva causato la morte della loro congiunta A M. . Gli attori dedussero che l'azione da loro proposta, con l'assistenza dell'avv. S. , nei confronti del conducente e del proprietario dell'autotreno investitore, nonché, dopo il fallimento della compagnia assicuratrice San Marino S.p.A., nei confronti della SAI S.p.A. e quindi della MAA Assicurazioni quale impresa designata per il FGVS , era stata dichiarata inammissibile per inosservanza della norma su citata che, ottenuto il versamento della somma di lire 75 milioni da parte dell'impresa designata corrispondente al massimale di polizza , avevano, dopo la sostituzione del difensore, proposto gravame avverso la sentenza di primo grado ed avevano ottenuto, in parziale riforma, la condanna del conducente al pagamento della somma di lire 500 milioni, che non avevano però potuto riscuotere a causa dell'irreperibilità e dell'insolvenza del responsabile che avevano richiesto il pagamento della somma di Euro 437.773,66 alla Zurigo Assicurazioni in qualità di compagnia assicuratrice dell'avv. S., ma questa aveva declinato la relativa copertura assicurativa. Si costituì il convenuto, resistendo alla domanda. Con sentenza numero 2467/07, il Tribunale di Milano rigettò la domanda, compensando tra le parti le spese di lite. 2.- Avverso la sentenza del Tribunale gli attori soccombenti proposero appello. Costituitosi l'appellato, la Corte d'Appello di Milano ha rigettato il gravame e confermato la sentenza impugnata ha compensato le spese del grado. 3.- L M. , V D.G. , nonché M.C. , G.M. e M.R. propongono ricorso per cassazione a mezzo di tre motivi. Si difende con controricorso l'avv. S.M Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo è dedotto vizio di motivazione per avere la Corte territoriale riconosciuto importanza decisiva al contenuto della missiva del 10 ottobre 1997 indirizzata dall'avv. S. al Dott. L M. e per avere concluso che, alla luce di questo contenuto, non appariva possibile addebitare all'avv. S. l'esito di scelte processuali adottate dal legale nominato successivamente. Questa conclusione sarebbe, secondo i ricorrenti, apodittica. Ancora, sarebbe irragionevole l'ulteriore notazione della Corte secondo cui si sarebbe dedotto dalla missiva che lo studio S. si era dichiarato disponibile a fornire ogni più ampia delucidazione. Ed, invero, secondo i ricorrenti, il tenore della missiva sarebbe tale da doversi invece interpretare nel senso che l'avv. S. aveva indicato come percorribili due vie impugnare la sentenza ricominciare il processo ed addirittura aveva anticipato quelle che avrebbero potuto essere le scelte del nuovo difensore. 1.1.- L'analisi che i ricorrenti fanno della motivazione della sentenza, letta con riguardo al contenuto della comunicazione dell'avv. S. interpretata dal giudice a quo, tiene conto soltanto di una parte di questa e ne trascura più di un passaggio ulteriore ed una seconda parte invece fondamentali parti, che il giudice d'appello, che ne ha integralmente riportato il contenuto in sentenza, ha mostrato di avere adeguatamente valutato. Dopo aver prospettato la prima via astrattamente percorribile impugnare la sentenza relativamente all'estensione dell'improponibilità anche alle posizioni D. e Sa. , il legale ne evidenzia le scarse possibilità di successo In tal senso, vi sarebbe, però, solo un'isolata pronuncia di merito, mentre per quanto riguarda MAA non disponiamo, effettivamente, di alcun ragionevole margine per appellarci e quindi prosegue nell'enunciare la via alternativa e nell'illustrarne i possibili esiti favorevoli. Alla stregua di siffatto letterale tenore, nonché della situazione processuale quale illustrata nella parte iniziale pagg.7-8 della motivazione, non appare affatto illogica o giuridicamente errata la conclusione raggiunta dal giudice d'appello circa l'insussistenza del nesso di causalità tra l'opera professionale svolta dall'avv. S. fino alla pronuncia di primo grado ed il danno lamentato dagli attori “determinato con riguardo a tutte le fasi processuali in concreto esperite” pag. 9 né appare apodittica la conclusione circa la non riconducibilità di tale danno alla scelta processuale iniziale dell'avv. S. ovvero irragionevole la considerazione che alle scelte processuali successive non contribuì l'avv. S. , il quale, con la detta missiva, si era offerto di fornire “ogni più ampia delucidazione” senza con ciò avere in alcun modo concorso a determinare l'esito del giudizio di appello, e dovendosi quindi - secondo il giudice a quo - limitare il danno derivato dalla condotta negligente del primo legale tutt'al più alla prima pronuncia sfavorevole cfr. pag. 10 . Il vizio di motivazione denunciato col primo motivo è per. 7 ciò insussistente. 2.- Col secondo motivo di ricorso è denunciato il vizio di motivazione per non avere la Corte d'Appello considerato che il danno lamentato dai ricorrenti non si sarebbe veri-ficato se non vi fosse stato l'errore dell'avv. S. e quindi per non avere dimostrato che il danno si sarebbe egualmente verificato senza l'antecedente rappresentato dal mancato rispetto - ad opera del'avv. S. - delle condizioni dell'articolo 22 della legge numero 990/69. 2.1.- Col terzo motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione degli articolo 41 cod. penumero e 1223 cod. civ., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 cod. proc. civ., per non avere la Corte milanese apprezzato la condotta negligente dell'avv. S. sotto l'aspetto del concorso di cause, assumendo i ricorrenti che la scelta professionale del nuovo difensore di interporre appello si configurerebbe come causa sopravvenuta , che, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, non sarebbe capace ex se di determinare il danno di cui si discute. 3.- I motivi, che pongono sostanzialmente la medesima questione, sotto i due differenti profili del vizio di motivazione e del vizio di violazione degli articolo 41 cod. penumero e 1223 cod. civ., vanno esaminati unitariamente. La Corte di merito ha ritenuto che la scelta di interporre appello avverso la sentenza che aveva dichiarato improponibile la domanda fosse stata di per sé idonea ad interrompere il nesso causale sulla base della considerazione fattuale che la scelta professionalmente corretta fosse invece quella, ancora possibile, di riproporre l'azione risarcitoria, non essendo questa all'epoca prescritta cfr. pag. 8 . Orbene, è rispetto a tale premessa che va considerata la capacità della scelta alternativa di interrompere in nesso causale tra la pregressa negligente condotta professionale del difensore ed i danni lamentati vale a dire che, contrariamente a quanto fatto in ricorso pagg.17-18 , il carattere anormale, eccezionale ed atipico della causa sopravvenuta non va certo considerato in astratto, ma tenuto conto delle circostanze del caso concreto, nel cui ambito la causa sopravvenuta viene a collocarsi. Orbene, la Corte d'Appello ha adeguatamente considerato che la condotta del legale, chiamato a neutralizzare le conseguenze pregiudizievoli del pregresso errore imputabile all'avv. S. , non si è collegata a quest'ultimo in modo da aggravarne le conseguenze ma si è caratterizzata come omissione di quell'unica scelta possibile e professionalmente dovuta che avrebbe consentito agli attori di conseguire la condanna non soltanto del conducente dell'autotreno investitore ma anche del proprietario del mezzo l'omissione della proposizione ex novo dell'azione risarcitoria è fatto dotato di efficacia causale autonoma per la semplice considerazione, sottesa al ragionamento del giudice d'appello, che, di per sé, ha precluso quella condanna del Sa. che soltanto quella scelta avrebbe consentito, a prescindere quindi dal pregresso errore dell'avv. S. - il quale, anzi, rispetto alle conseguenze di tale omissione, appare addirittura privo di efficacia causale. In conclusione, la scelta di non riproporre l'azione risarcitoria ancora possibile non è concausa, ma appunto causa unica dei danni, così come lamentati dagli attori mancata possibilità di ottenere una condanna di un secondo soggetto responsabile, oltre il conducente, già dimostratosi irreperibile ed insolvente . 4.- Il ricorso va rigettato. Avuto riguardo alla ritenuta sussistenza di una condotta comunque negligente dell'avv. S. , sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso compensa le spese del giudizio di cassazione.